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Autore: FRC Coazze    25/02/2012    3 recensioni
E se in una notte di fine ottobre 'qualcuno' fosse corso in aiuto ai Potter? E se questo qualcuno fosse riuscito a salvare la giovane Lily? E se sempre questo qualcuno fosse una persona innamorata da sempre di lei? E se Harry fosse scomparso?
Troverete risposta (forse) a queste domande nelle mia ff!
Dal primo capitolo: "Silente si era accostato ancora. La sagoma che giaceva accanto alle ginocchia della professoressa ora aveva un volto… e, per la miseria, anche un nome! Oh, Albus conosceva bene il colore di fuoco di quei lunghi capelli… conosceva bene i lineamenti freschi di quella giovane donna: Lily Evans giaceva lì, sul freddo pavimento, svenuta e con una sanguinante ferita sul petto… ma viva!"
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Principe della Notte'
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Premessa: questo capitolo è diviso un due parti. Ho dovuto farlo perché è lungo la bellezza di venti pagine. Ora capite perché ho fatto un capitolo in più la volta scorsa… Scusatemi per il ritardo e buona lettura!

*******

 

Capitolo 37

LA SPADA DI GRIFONDORO

(Parte I)

 

“Non vorrei fare il guastafeste…” disse una voce poco lontana dai due ragazzi, “ma un aiuto sarebbe gradito.”

Severus allentò appena la presa sulla ragazza che si stringeva a lui, alzando lo sguardo verso Sirius e Remus ancora incatenati al muro. Anche Lily si voltò. Non appena la voce di Remus aveva fatto breccia nella sua mente si era sentita improvvisamente catapultata nella realtà, costretta ad abbandonare il sogno in cui era sprofondata mentre stringeva a sé Severus, ancora incapace di credere che tutto ciò stesse davvero accadendo. E invece no. Non era un sogno… e nemmeno un incubo. Era la realtà, la pura, semplice e terribile realtà.

La figura nera di Severus fu come un sipario. Un sipario che si alzava rivelando il palcoscenico della realtà. E mentre Severus si alzava gli occhi verdi di Lily colsero una piccola figura su quel palcoscenico. Una creaturina piccola, impaurita, un bimbo confuso e spaesato, i cui occhi, i suoi stessi occhi, la osservavano lucidi.

Lily si alzò lentamente e si precipitò verso il bambino, inginocchiandosi dinnanzi a lui. Lo strinse forte a sè. Ancora. Una volta di più.

“Va tutto bene, Harry.” Sussurrò dolcemente cercando di calmare il bimbo. “Va tutto bene.” Poggiò dolcemente la guancia sul capo scarmigliato del bambino, accarezzandone i capelli neri, stringendolo forte, quasi a volerlo far penetrare dentro di lei, al sicuro, nel suo cuore.

Severus aveva intanto estratto la bacchetta e si era avvicinato ai due Malandrini. Conosceva l’incantesimo utilizzato da Voldemort. Lo aveva visto molte volte. Troppe. Conosceva la formula per rompere quelle catene nere di ghisa.

Poggiò appena la bacchetta nera su uno degli anelli scuri che stringevano i polsi di Lupin. Sussurrò alcune parole, con voce lieve, quasi impercettibile. La pesante catena nera ebbe un sussulto. Sibilò contorcendosi su sé stessa come un serpente astioso, poi prese lentamente a indietreggiare vero il muro liberando il braccio di Remus. Severus continuava a ripetere la formula, come in una cantilena, con voce sempre più decisa. Sembrava esserci una vera e propria lotta tra lui e la catena nera. Quest’ultima stava lentamente ritirandosi sempre di più sotto le intimazioni del ragazzo, sempre di più, liberando le gambe di Remus, l’altro braccio, il collo… finchè la catena non svanì, con uno stridio irato, all’interno del muro, lasciando cadere in avanti il ragazzo che teneva prigioniero.

Severus afferrò prontamente Lupin per un braccio evitandogli di crollare in ginocchio sul pavimento di pietra.

“Grazie.” Lo ringraziò Remus frettolosamente, ma sinceramente, mentre recuperava l’equilibrio. Severus non gli rispose, gli gettò soltanto un’occhiata cupa di rimando.

“Ehi, Mocciosus.” Esclamò Sirius duramente attirando su di sé l’attenzione di Severus. “Vedi di tirarmi giù di qui!”

Severus alzò lo sguardo verso di lui. I loro occhi si incrociarono. Nero e azzurro.

Severus non si mosse, non fece alcun cenno di voler liberare Sirius. Vedeva quegli occhi azzurri fissarlo con odio, disgusto, uno spruzzo argentato di sfida a macchiare le iridi.

Perché doveva liberarlo? Stava così bene lassù avvolto da quelle catene nere. Che cosa doveva lui a Black? Un ragazzo tronfio e arrogante che non aveva fatto altro che ferirlo, prenderlo in giro ed emarginarlo per sette anni. Provava un sadico compiacimento a vederlo ora imprigionato e impedito, proprio come lui era stato per sette anni a scuola. Stretto da catene invisibili, senza potersi difendere davvero dagli insulti e dagli attacchi dei Malandrini, senza poter fuggire, costretto a subire sempre e comunque. Ora le parti si erano invertite.

Poteva lasciarlo lì. Poteva abbandonarlo. Negargli il suo aiuto. Sarebbe stato il giusto contrappasso per tutto ciò che lui aveva dovuto subire. Il giusto modo per sfogare il suo odio e il suo rancore verso Black.

“Liberami!” Gli intimò Black, mentre si agitava nel tentativo di allentare le catene.

Ma Severus non fece nulla. In pochi istanti che sembrarono eterni, rimase fermo a guardare Black, a vomitargli addosso tutto l’astio che si dibatteva nei suoi occhi neri. Poteva affogarlo, distruggerlo, annichilirlo con quelle onde nere.

“Severus.”

Severus si voltò di scatto verso destra. Lily era lì, Harry in braccio, la mano libera poggiata dolcemente sulla sua spalla. Lo guardava con occhi tranquilli, che racchiudevano in loro una muta richiesta. Muta, ma Severus la lesse perfettamente negli occhi verdi della ragazza.

Sospirò rassegnato, quindi si avvicinò a Black e prese a recitare di nuovo la formulare per scacciare le vive catene nere. Non sapeva perché lo stava facendo. Black avrebbe meritato di rimanere lì appeso a marcire per i secoli a venire. Lo avrebbe lasciato là. Lo avrebbe lasciato tra le spire nere se fosse stato per lui. Ma aveva visto la richiesta di Lily negli occhi freschi della giovane, l’aveva vista.

Severus si allontanò da Black con un movimento svelto non appena le catene lo ebbero rilasciato e il ragazzo cadde in avanti, in ginocchio, le mani puntate contro il pavimento per cercare di attutire la caduta.

“Lurido Mangiamorte!” Ringhiò subito Black contro Severus, dopo essersi rialzato. Si portò di fronte a Severus, il volto distorto dall’ira, il labbro appena alzato a scoprire i denti bianchi.

“Sirius!” Cercò di trattenerlo Remus, avvicinandosi all’amico.

Sirius aveva intanto afferrato Severus per il bavero, stringendo spasmodicamente nel pugno la stoffa nera della giacca del ragazzo. Costrinse Severus ad indietreggiare di qualche passo verso il muro.

“Sirius, smettila.” Lo rimproverò subito Lily, ma l’altro sembrò ignorarla completamente mentre puntava i suoi occhi azzurri in quelli neri di Severus. Occhi neri che erano calmi, silenziosi, seppure colmi di rancore verso i mari azzurri di fronte a loro, e questa cosa faceva irritare ancora di più Sirius.

“Tienilo sotto tiro, Remus.” Disse Black al compare Malandrino, dopo aver notato che questi aveva recuperato le loro bacchette dal pavimento dove giacevano abbandonate. Remus lo guardò allibito. Non capiva perché l’amico si comportasse così. Non riusciva a capire cosa fosse scattato nella mente di Sirius.

“Basta, Sirius. Ti stai rendendo ridicolo.” Intervenne Lily, interponendosi tra lui e Severus e posandogli una mano sul braccio per cercare di calmarlo, sebbene nella voce della ragazza fosse perfettamente percettibile l’irritazione e il rimprovero, così come si proiettavano limpidamente nei suoi occhi verdi.

“Lascialo andare.” Gli intimò poi.

Sirius portò subito lo sguardo su di lei, gli occhi azzurri increduli e confusi. La presa sulle vesti di Severus si allentò appena.

“Ma…” Balbettò incredulo. “Lily… non possiamo fidarci di lui.” Non capiva. Come potevano essere sicuri che si fosse davvero liberato della maledizione Imperius? Come potevano sapere che non li avrebbe ricondotti dritti tra le grinfie di Voldemort?

“Sirius. Dobbiamo fidarci di lui. Per favore.” Gli disse Lily tranquillamente. “Lascialo andare.”

“Ma Lily, ha consegnato Harry a Voldemort.” Cercò di argomentare Sirius.

“Sì.” Convenne Lily. “Ma allora non sapeva quello che faceva.”

Sirius guardò per qualche istante la ragazza, poi i suoi occhi balzarono su Severus. L’altro giovane lo guardava in silenzio, in attesa… Sirius lo guardò attentamente. Forse Lily aveva ragione… forse si era davvero liberato della maledizione… oppure era solo un bravo attore.

“Sirius”, intervenne Remus, “non possiamo rimanere qui in eterno. Lascialo andare.”

Black sospirò, abbassando appena il capo. La sua presa sulla giacca di Severus si allentò del tutto, liberando il giovane. Fece un passo indietro, osservando ancora per un istante Severus con occhi sospettosi, quindi si voltò di scatto vero Lupin e afferrò la sua bacchetta dalla presa dell’amico con un gesto rude.

“Andiamo a concludere questa faccenda.” Disse deciso avanzando vero le scale di pietra dei sotterranei, sotto lo sguardo degli altri tre ragazzi.

“Qualcuno deve portare via il bambino.” Intervenne improvvisamente Severus, costringendo Sirius a fermarsi di colpo e voltarsi indietro, incontrando le occhiate piene di aspettativa di Lily e Remus. Li guardò perplesso e interrogativo, sollevando appena le sopracciglia.

“Non possiamo certo portarlo in battaglia.” Gli spiegò Severus in tono leggermente sarcastico.

“Beh, io non ho alcuna intenzione di perdermela, la battaglia, Mocciosus.” Gli rispose Sirius, accentuando quel nome con tutto l’astio e il disgusto che poté caricarvi.

“Lo porto via io.” Si propose allora Remus.

Lily lo guardò insicura per un attimo. Non voleva lasciare di nuovo suo figlio, ma non poteva certo portarlo con sé in battaglia, Severus aveva ragione. Rimase pensierosa per un attimo. Toccava a lei portarlo via, toccava a lei. Ma non voleva andarsene. Non voleva lasciare Severus e non voleva lasciare che altri vendicassero suo figlio e suo marito.

“Lily.” Disse Severus poggiandole una mano sulla spalla. “Non abbiamo tempo.”

“D’accordo.” Disse la ragazza, mordendosi appena il labbro inferiore. Quindi alzò gli occhi verso Lupin che la osservava in attesa con i suoi occhi calmi e dorati. Poteva fidarsi di Remus. Era la persona più adatta a cui affidare suo figlio.

Lentamente allontanò Harry dal suo petto, con dolcezza, guardando teneramente gli occhi improvvisamente colti dal panico del bambino. Harry la guardò con gli occhi spalancati, la bocca semiaperta mentre sentiva nuovamente il calore della madre allontanarsi. Di nuovo separato da lei. Di nuovo…

“Stai tranquillo, Harry.” Gli disse dolcemente Lily mentre Remus lo afferrava con delicatezza, allontanandolo da lei.

“Remus ti porta via di qui. Ti porta al sicuro.” Gli disse ancora Lily, carezzandogli dolcemente i capelli neri e sfiorando appena la manina tesa verso di lei. Sorrise, cercando di istillare un po’ di sicurezza in quegli occhioni spaventati. E Harry sorrise, titubante, mentre Remus migliorava la presa su di lui, stringendoselo al petto.

“Tranquillo, Harry. Lo zio Remus si prenderà cura di te.” Disse Remus al bimbo, sorridendogli dolcemente, mentre lanciava un’occhiata rassicurante a Lily.

“Sai da dove passare per uscire.” Disse Severus a Lupin accennando col capo al passaggio che dava sulla galleria. “Lupin, questa volta i Mangiamorte ci saranno eccome là fuori. Vedi di non farti beccare.” Gli disse poi duramente.

“Tranquillo, ce la caveremo.” Gli rispose risoluto Lupin.

“Allora, ci muoviamo?” Li incitò improvvisamente Sirius. “Non ci tengo ad aspettare il ritorno di Voi-sapete-chi!”

***

“Albus!” Chiamò Alastor Moody mentre si riparava dietro l’angolo della villa, mentre un incantesimo si frantumava contro di esso schizzando schegge di intonaco dappertutto.

Albus Silente si trovava poco più in là, alle prese con un Mangiamorte che era sbucato improvvisamente alle sue spalle. Il vecchio preside gettò un’occhiata azzurra verso l’amico auror mentre si proteggeva dagli attacchi del Mangiamorte.

“Questo posto è peggio di un formicaio! Che facciamo, ora?” Gli chiese Moody, schivando appena in tempo un secondo incantesimo.

Silente si liberò del suo avversario colpendolo in pieno petto con uno Schiantesimo. Si guardò intorno. L’aria era uno sfrigolio di incantesimi, fatture e maledizioni che sibilavano nell’aria colorando il crepuscolo grigiastro di schiocchi di verdi e rossi e bianchi saettanti e pericolosi. Le grida dei combattenti ne accompagnavano le scudisciate, le voci di un coro su un balletto di colori, le voci delle Valchirie sul capo di battaglia. Oh, le Valchirie avrebbero fatto una buona caccia quella sera. I loro occhi affamati baluginavano nelle code degli incantesimi, il suono roboante dei loro corni si spandeva tra i combattenti e tra loro si scorgeva la danza macabradi Urlo, Grido e Furore, là tra i fuochi della battaglia.

Non lo sapeva. Non sapeva cosa avrebbero dovuto fare ora. L’effetto sorpresa aveva terminato i suoi effetti, i Mangiamorte stavano riorganizzandosi e ne arrivavano sempre di più… sempre di più. Metà dei membri dell’Ordine erano rimasti indietro, pizzicati tra un gruppo agguerrito di Mangiamorte e la cinta della villa. Tra loro c’erano anche Hagrid e Brix che combattevano spalla a spalla, un’insolita coppia che avrebbe potuto risultare comica se non fosse stato per il contesto.

Gli uomini dell’Ordine erano combattenti esperti. Ma i Mangiamorte erano tanti. Troppi. Più di quanti Albus Silente si fosse aspettato. Il vecchio preside gettò un’occhiata verso Moody ancora arroccato dietro lo spigolo della casa, la schiena premuta contro il muro.

Un incantesimo sibilò a pochi centimetri dall’orecchio del preside. Albus si voltò di scatto scagliando  una fattura alla cieca. Con sua somma sorpresa riuscì a colpire il Mangiamorte alla spalla. L’uomo ondeggiò insicuro per un istante sotto la botta dell’incantesimo, ma prima che Silente potesse colpirlo nuovamente, il Mangiamorte inclinò la schiena all’indietro con un gemito, quindi crollò in avanti giacendo immobile.

“Albus, dobbiamo entrare lì dentro!” Disse Aberforth perentoriamente, la bacchetta ancora levata di fronte a sé, una lieve stria di sangue gli macchiava la tempia.

“Sotto la scalinata!” Li richiamò Alastor Moody, attirando la loro attenzione con gesti ampi delle braccia.

“Minerva!” Gridò allora Albus alla collega rimasta isolata poco distante, divisa da loro da tre Mangiamorte che non le lasciavano un attimo di respiro. Aberforth intanto si era già precipitato vero la grande scalinata di marmo dell’ingresso, unendosi a Moody.

“Sono un tantino occupata al momento!” Rispose piccata la professoressa McGranitt, schivando appena in tempo una fattura e riuscendo a colpire al ventre il Mangiamorte che l’aveva scagliata.

“Expelliarmus!” Gridò allora Silente. Un secondo Mangiamorte fu sbalzato in avanti quando l’incantesimo del preside lo colpì in piena schiena.

Minerva approfittò dell’attimo di distrazione dell’altro avversario per schizzare in avanti, correndo verso Albus. Silente ne coprì la ritirata colpendo anche l’ultimo Mangiamorte, mandandolo a gambe all’aria dopo un volo di alcuni metri.

“Andiamo!” Disse alla McGranitt poggiandole appena una mano sulla spalla.

Corsero entrambi verso la scalinata mentre incantesimi e maledizioni sibilavano sopra le loro teste, mancandoli per pochi centimetri. Una fattura volò su di loro andandosi ad abbattere sul muro della villa. Una forte esplosione li investì, scagliando su di loro polvere e schegge di pietra, che ferirono la guancia di Silente incidendone la pelle in piccoli graffi. Minerva fece in tempo a sollevare il braccio sinistro per proteggersi il volto, le scintille di pietra le si conficcarono nella manica della veste, pungendole la pelle sottostante.

“Avanti. Avanti!” Fece loro Moody, agitando forte il braccio per incitarli. Sia lui che Aberforth erano riusciti già a ripararsi sotto la grande gradinata d’ingresso, e il secondo stava ora difendendo la postazione dagli attacchi di due Mangiamorte.

Albus e Minerva raggiunsero in tre balzi la scalinata, rintanandosi sotto l’arcata dove si trovavano i loro due compagni. Silente poggiò la schiena contro la pietra martoriata dagli incantesimi e riprese fiato. Davvero, non aveva più l’età per certe cose. E nemmeno Minerva che, come lui, si era abbandonata contro il marmo, ansimante.

“Spero che i ragazzi se la stiano cavando.” Osservò Moody, gettando un’occhiata al preside, giusto un attimo prima di scagliare un incantesimo contro un Mangiamorte che si era avvicinato troppo.

Silente sussultò. Già, i ragazzi. Si era completamente dimenticato di loro nella furia della battaglia. Infilò svelto una mano nella tasca della veste azzurra, ormai lacerata in più punti, e ne estrasse lo specchio doppio-senso. Trasse un sospiro di sollievo quando notò che era ancora tutto intero.

“Lily.” Sussurrò.

***

“Attenti.” Sussurrò Severus, premendosi contro il muro polveroso e scrostato del corridoio e facendo segno a Lily e Sirius poco più indietro di lui, di fare lo stesso. I due ragazzi avevano seguito Severus lungo l’angusta scala di pietra della cripta ed erano sbucati nei sotterranei della villa; l’intenzione era raggiungere i membri dell’Ordine che combattevano all’esterno, aiutarli ad entrare per quanto potevano.. Lily aveva con sé il Cappello Parlante, arrotolato e infilato nell’orlo dei pantaloni. Non aveva voluto lasciarlo là, gettato a terra come un inutile straccio… e poi… aveva la sensazione che sarebbe in qualche modo tornato utile.

Severus li aveva condotti lungo un corridoio buio, colmo fino al soffitto di aria asfittica che odorava di oblio, di muffa. Un luogo dimenticato da tutti erano i sotterranei di Villa Riddle… oppure, un luogo volutamente abbandonato, donato come un giocattolino alla polvere perché potesse giocarci e dimenticare ciò che era intorno a lei. Un luogo lontano dalla realtà, avvolto dall’indifferenza… indifferenza di una bambina grigia e muta.

Una bambina a cui non interessavano quei tre ragazzi che si erano improvvisamente premuti contro i muri del suo giocattolo. Non le importava dei loro ansiti, il loro cercare disperatamente di rallentare la corsa dei loro cuori. Non le importava dei passi forsennati, delle grida, del frastuono della battaglia che filtrava attraverso i muri come un muto messaggero.

Due Mangiamorte sbucarono dall’angolo del corridoio che si intersecava con quello in cui si trovavano i tre ragazzi, i mantelli neri svolazzanti dietro di loro mentre correvano verso le scale, le bacchette strette in mano, la maschera d’argento a coprire i lineamenti.

Severus aspettò che i due avessero imboccato le scale, sbirciando oltre l’angolo del muro, il cuore in gola che batteva forte per la tensione.

Si voltò verso i due ragazzi dietro di lui.

“Muoviamoci.” Sussurrò deciso, ma fece appena in tempo a fare un passo avanti che una voce alle sue spalle lo fece sussultare, costringendolo a voltarsi con un scatto del capo.

“Lily!”

La ragazza era anch’ella sobbalzata quando quella voce profonda aveva chiamato il suo nome, dalla tasca dei cuoi pantaloni. Sotto lo sguardo ancora spaventato e confuso di Severus, Lily infilò la mano nella detta tasca e ne estrasse lo specchio a doppio senso.

“Che cos’era?” Le chiese Severus in un sussurro, stringendosi nuovamente contro il muro.

“Credevi che fossimo venuti qui senza avere un contatto con l’Ordine, Moccy?” Fece allora Sirius sottovoce, mentre apriva sul volto un sorrisetto sarcastico.

Severus lo fulminò con lo sguardo e stava per rispondergli quando Lily li zittì entrambi.

“Sst!” Fece loro duramente, quindi tornò a posare gli occhi sullo specchio il cui vetro stava lentamente offuscandosi, ondeggiando come acque d’argento sotto il peso di un sassolino. Lentamente, il viso di Albus Silente comparve nello specchio, un Albus Silente ben diverso da quello che era comparso soltanto un’ora prima in quello stesso specchio. Il volto di quel Silente era altero, saggio, gli occhi azzurri splendenti e astuti, la barba bianca liscia e curata; il viso che era ora comparso era invece quello di un vecchio combattente con i capelli scarmigliati, il viso graffiato e sporco di terra e polvere, gli occhiali a mezzaluna inclinati sul naso con una lente crepata, ma gli occhi azzurri perfettamente focalizzati, limpidi, decisi.

“Albus. Come sta andando?” Gli chiese Lily sottovoce.

“Ce la caviamo. Voi dove siete?” Le rispose e domandò Silente, la voce rotta dal fermento della battaglia.

“Nei sotterranei. Stiamo venendo verso di voi.” Gli rispose allora Lily.

“Bene. Abbiamo bisogno di qualche bacchetta in più.” Disse allora Silente, sorridendo. “Harry?” Si informò poi.

Il volto di Lily scattò improvvisamente verso destra, sobbalzando ad un rumore improvviso. Severus sbirciò di nuovo verso le scale. Nulla. Il ragazzo si voltò di nuovo verso Lily.

“Veniva da sopra.” Le disse, riferendosi alla battaglia.

“Lily?” Fece Silente. “Tutto bene?”

La ragazza si voltò di nuovo verso lo specchio. “Sì, tutto bene.” Gli rispose, la voce ancora mozzata dal sobbalzo di poco prima. “Harry è con Remus.” Disse poi, rispondendo alla domanda del preside. “Lo sta portando fuori. Dalla galleria da dove siamo entrati.”

Silente annuì col capo, deciso. “Bene. E Severus?”

Il ragazzo di fianco a Lily sussultò quando sentì il suo nome sussurrato con apprensione dal preside. Si protese verso lo specchio per cercare di cogliere lo sguardo di Silente, sorrise appena quando i suoi occhi incontrarono quegli azzurri del suo mentore. Albus non poteva vederlo, lo specchio mostrava soltanto la persona di cui era stato pronunciato il nome, ma non importava.

Lily sorrise a sua volta, gettando un’occhiata verso il ragazzo.

“Severus è qui con noi. Cosciente e tutto intero, per ora.” Disse lei, senza staccare gli occhi dal giovane, che continuava a guardare l’immagine nello specchio. Severus vide Albus sospirare, chiudere appena gli occhi mentre il sorriso sul suo vecchio volto si allargava.

“Grazie al cielo.” Sopirò. “Dov’è Tom?” Chiese poi deciso, riaprendo gli occhi in uno scintillio di blu.

Lily scosse il capo riportando lo sguardo sul preside. “Non lo sappiamo.” Gli rispose.

“Non importa.” Disse allora Albus. “Ora l’importante è che riusciate a raggiungerci. Fate attenzione.” Detto questo, la sua immagine ondeggiò appena prima di sfumare nel grigio e scomparire ingoiata dal vetro.

***

“Allora?” Si informò Alastor Moody, dopo che Albus ebbe ritirato lo specchio tra le pieghe della veste.

Silente alzò gli occhi verso di lui, improvvisamente proiettato di nuovo nella battaglia, gli occhi invasi dalle scie degli incantesimi, le orecchie inondate dagli schianti e dalle grida.

“Stanno venendo verso di noi.” Disse all’auror. “Severus è con loro. Lupin sta portando via Harry, passando dalla galleria.”

Moody si ritrasse improvvisamente mentre una maledizione gli schizzava di fianco sfiorandogli la spalla destra.

“E’ una buona notizia.” Osservò poi, mentre si voltava deciso, poco prima di scagliare una fattura contro il Mangiamorte che l’aveva quasi colpito.

Silente si alzò stancamente in piedi, avanzando verso Moody, Aberforth e Minerva che continuavano a proteggere la postazione dall’assedio di una decina di Mangiamorte. Si chinò di fianco all’auror, scagliando un incantesimo verso il Mangiamorte più vicino.

“Dobbiamo stanare Tom.” Disse alzando la voce più che poteva per farsi sentire anche da Aberforth e da Minerva sopra al fragore della battaglia. Entrambi si voltarono un attimo verso di lui, tenendo sempre un occhio sui Mangiamorte, attendendo di udire il piano del preside.

“Come pensi di entrare?” Gli chiese il fratello con fare deciso, mentre si riparava dietro il pilastro di marmo della piccola arcata.

“Alastor.” Disse allora Silente voltandosi verso l’amico auror, giusto di fianco a lui. Moody fece appena un cenno col capo, troppo preso dalla sua personale lotta contro un Mangiamorte per poter rispondere al preside. Scagliò un incantesimo contro il suo avversario, ma questi lo schivò.

“E fatti beccare!” Ruggì l’auror, mentre ripeteva l’attacco.

“Alastor!” Esclamò di nuovo il preside, cercando di distoglierlo per un istante dalla battaglia.

“Vi copro io!” Disse allora Moody, pur senza alzare gli occhi verso il preside.

Albus annuì seccamente. Quindi si voltò verso Minerva e Aberforth, anche loro occupati a tenere a bada i Mangiamorte, ma un occhio attento ad ogni suo movimento, in attesa di muoversi.

“Andiamo!” Disse loro Albus. Quindi superò Minerva e balzò fuori dal loro rifugio seguito a ruota dalla professoressa e dal fratello. L’attenzione dei Mangiamorte si focalizzò subito si di loro ed i tre vennero improvvisamente sommersi dai lampi e dai crepitii degli incantesimi, alcuni rischiarono seriamente di colpirli, altri volarono alti sulle loro teste. Ma fu solo per un attimo perché una forte esplosione investì improvvisamente i loro avversari scagliandone a terra alcuni e sommergendo gli altri di fumo e polvere.

Moody scattò in avanti, approfittando del diversivo che aveva creato per raggiungere i suoi compagni, mentre i Mangiamorte ancora storditi, tossivano e si agitavano, alcuni portandosi il braccio al viso per pulirlo dalla polvere irritante che aveva loro ferito gli occhi.

I quattro balzarono in fretta sui gradini di marmo, molti dei quali spaccati dalla forza degli incantesimi vaganti. Avevano quasi raggiunto il portone d’ingresso di Villa Riddle quando qualcuno gridò alle loro spalle, costringendoli a voltarsi per un secondo. Il tempo per vedere Hagrid sbracciarsi verso di loro, gli incantesimi che gli rimbalzavano addosso, alcuni allontanati dal suo sangue di gigante, altri deviati dal piccolo elfo Brix che trotterellava al suo fianco. Poco dietro di loro, che scagliava incantesimi e proteggeva le spalle ai due, c’era Arthur Weasley; la chioma rossa scarmigliata e un profondo taglio sanguinante sul braccio sinistro.

“Andate avanti! Vi copriamo noi!” Gridò loro Weasley.

Silente annuì appena, quindi lui e i suoi compagni ripresero la corsa su per la scalinata, decisi e sicuri, ora che sapevano che qualcun altro avrebbe preso il loro posto sotto la scalinata. Tuttavia, quello che non si aspettavano fu che Brix comparisse improvvisamente al loro fianco con il pop della smaterializzazione ingoiato dal frastuono della battaglia. Il piccolo elfo gettò un’occhiata svelta ad Albus, sorridendogli deciso. Gli occhi castani scintillanti di eccitazione e angoscia, le dita cariche di magia pronte a scattare.

***

Remus migliorò la presa sul corpicino di Harry, che gli stava lentamente scivolando tra le braccia, mentre si affrettava lungo la galleria buia, illuminata soltanto dalla luce azzurra della sua bacchetta. L’acqua schizzava ovunque sotto i suoi passi, ma al ragazzo non importava: doveva affrettarsi ad uscire da lì, portare via Harry… in fretta.

Balzò su per la ripida scala di pietra, rischiando di cadere in avanti quando il piede scivolò sulla superficie viscida di un scalino. Riprese in fretta l’equilibrio e continuò a salire. Si fermò un istante, poco prima di uscire allo scoperto nel giardino. Rimase per un attimo in ascolto mentre riprendeva fiato. Silenzio. Si sentivano appena i rumori della battaglia, attutiti, dall’altro lato della casa.

Harry mugugnò qualcosa mentre si stringeva di più al suo petto.

“Sst.” Fece allora Remus, tranquillamente, sfiorando appena la fronte del bimbo con la mano che reggeva la bacchetta.

Il ragazzo prese un lungo respiro, cercando la forza per uscire allo scoperto. Strinse forte la bacchetta, quindi balzò fuori, deciso, puntando la bacchetta di fronte a sé, pronto a colpire chiunque avesse incontrato.

Si guardò intorno circospetto per qualche istante. Non c’era nessuno: tutti i Mangiamorte erano occupati ad affrontare i membri dell’Ordine. Di fronte a lui ci estendeva il giardino, ormai immerso in un crepuscolo nerastro e fuligginoso, e, al di là di esso, il cancelletto da cui erano entrati. Non sapeva se le barriere si fossero richiuse sulla villa, non sapeva se poteva smaterializzarsi da lì: doveva uscire.

Ebbe appena il tempo per fare un passo in avanti, deciso a correre verso l’uscita, quando due Mangiamorte sbucarono improvvisamente dall’angolo della villa inseguiti dagli schianti di alcuni incantesimi. Remus li vide appiattirsi contro il muro per ripararsi, non sembrava si fossero accorti di lui e Harry.

In silenzio, fece un passo indietro, deciso ad infilarsi nuovamente giù per la scala, ma non ebbe l’occasione.

“Ma guarda, guarda, guarda…” Fece una voce femminile dall’angolo in cui si trovavano i Mangiamorte. Remus si voltò di scatto, gli occhi d’ambra spalancati dalla sorpresa e dallo spavento. Uno dei due Mangiamorte lo stava fissando: una donna, alta, i capelli neri scompigliati dalla furia del combattimento, gli occhi scuri brillanti dietro la maschera d’argento.

“Expelliarmus!” Gridò Remus. L’incantesimo sibilò verso la donna, ma prima che potesse raggiungerla, un secondo Mangiamorte afferrò Remus alle spalle, costringendolo a lasciare la resa sulla bacchetta che cadde inerme sull’erba.

La donna si avvicinò a lui a grandi passi, togliendosi la maschera dal volto per rivelare un sorriso malvagio e soddisfatto.

Bellatrix osservò a lungo il volto di Remus, studiandolo in ogni particolare mentre l’altro Mangiamorte stringeva la presa su di lui. Harry aveva cominciato a piangere, in silenzio; Remus sentiva le sue lacrima bagnargli la camicia e non sapeva cosa fare… si era fatto beccare come un idiota. Bel Malandrino era!

“Bene, bene.” Disse Bellatrix puntando la bacchetta alla gola del ragazzo. “Il Signore Oscuro non sarà felice di questo vostro exploit.” Ghignò, gli occhi scintillanti.
 

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