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Autore: Iurin    29/02/2012    14 recensioni
Harry Potter sta camminando per le vie di Londra, intento a tornare a casa, quando, improvvisamente, vede un uomo dall'aria piuttosto familiare camminare non troppo distante da lui. Non si sarebbe neanche sorpreso più di tanto, non fosse stato che quell'uomo, in teoria, sarebbe dovuto essere morto.
Siamo nel 2027, e a quanto pare Severus Piton è inspiegabilmente ancora vivo, in un mondo dove la vita è andata avanti per tutti: Harry Potter, per esempio, ha la sua famiglia, con i suoi tre figli, James Sirius, Albus Severus, e Lily Luna.
Sì: Lily Luna.
E Severus Piton è vivo.
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Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Lily Luna Potter, Severus Piton | Coppie: Lily Luna/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo, Da Epilogo alternativo
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Salve, gente!
Ebbene... Siamo qui, alla fine della storia, dunque, difatti quello che andrete ora a leggere è veramente l'ultimo capitolo.
Ringrazio davvero tutti quanti per l'entusiasmo dimostrato, nonostante, come già detto all'inizio, questa long è stata un esperimento vero e proprio: prima di tutto per la coppia, dato che è stata la prima volta che ho scritto su di loro. In più questo non è il mio solito modo di scrivere... Cioè, io scrivo così, effettivamente, è il mio stile (xD), però io sono molto, molto, molto più... logorroica xD E chi mi conosce credo lo sappia benissimo xD Però, dato che ho voluto fare una prova, con questa fanfiction, mi è sembrato opportuno non allungare troppo il brodo, ma far nascere e concludere il tutto nel giro di pochi capitoli. Nonostante ciò, però, ho notato che questa storia vi è piaciuta (almeno fin'ora), perciò direi che più o meno l'esperimento è riuscito, e chissà che non torni a scrivere qualcosa si Lily Luna e Piton (ah, su quest'ultimo sicuramente, l'incognita è Lily xD).

A proposito di questo, volevo anche dirvi che, effettivamente, non ho la più pallida idea di quando ricomincerò a pubblicare qualcosa. Ho mille idee in mente, questo è vero, un'altra long da continuare (e possibilmente concludere) più ancora un'altra long di cui ho strutturato tutti i capitoli ma di cui ho scritto solo il prologo. Più altre idee appuntate su vari foglietti in giro per camera mia xD Nonostante questo, però, ho anche un altro enorme progetto (che probabilmente non porterò mai a termine ._.) tra le mani, perciò voglio concentrarmi su quello. Solo dopo tornerò a scivere fanfiction, ma - ehi! - non vi libererete tanto facilmente di me xD .......Il che non so quanto possa importarvi, ma tant'è :P

Ma veniamo al capitolo, che già mi sto dilungando troppo!
Dunque... Questa fanfiction è nata tanto tanto tempo fa, anche se l'ho pubblicata solo da relativamente poco, e la prima cosa che ho scritto è stato il titolo, e poi... la fine. Di cui, peraltro, mi sono sorpresa io stessa O.o Insomma, questa fanfiction è nata dalla fine, perciò è nata per finire così, è stata pensata in questo modo sin dall'inizio ^_^ Non vi anticipo nulla, ovviamente, ma ho scritto questo solo per dirvi che... boh, insomma, spero vi piaccia, dato che è stato questo capitolo che ha fatto partire tutto (ma tutto cosa, poi? Vabbè xD).

Insomma, la sto facendo melodrammatica (?) e noiosa, e non mi pare proprio il caso, quindi mi eclisso qui, augurandovi buona lettura e facendovi i complimenti se siete giunti a leggere fin qui xD
Un bacio, gentaglia, ci si becca in giro!! :D
Ciao, nì!! <3





Capitolo 8



Lily si trovava a vagare per la periferia londinese; quella brutta, stavolta, però. Si guardava intorno come se si trovasse in un altro Paese, come se si fosse irrimediabilmente persa, nonostante, invece, fosse proprio lì che doveva andare. Incrociò le braccia al petto e continuò a camminare, circospetta, fino a quando, finalmente, non vide una targa con su scritto ‘Spinner’s End’. Tirò un sospiro di sollievo, nell’accorgersi di essa. E così, almeno, il suo vagare era finito; più o meno… perché a quel punto prese ad avvicinarsi ad ogni casa di quella strada per leggere il nome scritto sulla cassetta della posta o sul citofono. Ci mise un bel po’ a trovare la casa di Piton, in effetti. Anzi, se avesse dato retta al suo istinto ci avrebbe messo anche di più. Quando infatti era passata di fronte a quella casa decadente e malconcia, non si era presa la briga di controllare chi potessero esserne i proprietari. Semplicemente credeva che fosse una casa abbandonata – cosa neanche troppo difficile da trovare, in una periferia del genere. Poi però era tornata indietro, e per scrupolo aveva dato un’occhiata, accorgendosi così di come stesse per fare un grande errore di valutazione.
Guardò l’abitazione inclinando la testa da un lato, osservando quanto fosse malridotta. Era così diversa dall’altra casa di Piton, in campagna… Quasi stentava a credere che quella casa fosse davvero di proprietà dell’uomo che aveva conosciuto. Ma a che serviva pensarci su? Quella era la casa che doveva trovare, e l’aveva trovata, perciò, proprio per questo, vi si avvicinò ulteriormente, fino a trovarsi ad un palmo dalla porta. Bussò, a quel punto. Dovette attendere un paio di minuti prima che qualcuno le venisse ad aprire.
“Sei in ritardo.” fu la prima cosa che le disse Piton.
“Davvero?” rispose lei “Mi dispiace, ma non ho un orologio, con me.”
Piton sbuffò, ma alla fine la fece entrare.
Lily si guardò immediatamente intorno, e il primo pensiero che le venne fu di come l’interno della casa rispecchiasse l’esterno. Se sua nonna Molly avesse fatto un salto lì dentro, sarebbe svenuta.
“E’ molto che non viene qui, vero?”
“Esattamente.” rispose Piton “E considerando che ho anche messo un po’ a posto…”
Lily lo guardò sorpresa, prima di avvicinarsi al divano. “Posso sedermi o rischierò di morire soffocata?”
“Non c’è una Tentacolo Velenoso nascosta tra i cuscini, ergo…”
Lily gli fece un sorriso di ringraziamento e si sedette, a quel punto. Si sentiva l’odore di vecchio, ma per lo meno non le venne né da tossire né da starnutire.
“Perché non l’ha messa in affitto o… non so, venduta direttamente?”
Piton rispose dopo essersi seduto sul divano, alla destra di lei – causando un impercettibile moto di sorpresa da parte di Lily.
“Non potevo. E comunque nessuno viene più ad abitare in questa zona, quindi sarebbe stato inutile. E i vicini non hanno mai visto con… simpatia questa casa, e le male voci girano.”
“Capisco…”
E calò un breve silenzio, a quel punto.
L’atmosfera, percepiva Lily, era un po’ diversa da quella abituale che c’era tra loro due; forse perché si trovavano in un luogo diverso dal solito? In quella casa decadente?
“Signor Piton…” lo chiamò allora lei, e attese che lui si voltasse verso di lei per continuare “Perché siamo venuti qui?”
Era una domanda più che lecita, in effetti.
Piton rispose solo dopo un paio di secondi. “Perché voglio farti vedere che non è tutto oro quel che luccica.” fece una piccola pausa “Io sono come questa casa. Io sono questa casa, in effetti. La vedi com’è? È… in degrado, sporca, marcia.”
La fissò bene negli occhi, Piton, attendendo una risposta. L’espressione di lui era tra le più serie che Lily gli avesse mai visto in volto. Ma non era solo seria, era… era come se lui volesse farle capire qualcosa.
“Oh, lei è tutto tranne che marcio, signor Piton.” rispose però lei, con un breve sorriso, al che Piton sbuffò appena, poco prima di poggiare un gomito sul bracciolo del divano e di portarsi la mano al mento.
Calò di nuovo il silenzio.
Lily sentiva perfettamente che c’era qualcosa che non andava.
Di solito stavano molto spesso in silenzio, sì, ma adesso era… diverso. E lei non capiva quale fosse la causa di quella sensazione.
Così decise di cambiare nettamente argomento, qualunque fosse stato quello di prima, comunque.
“Posso chiederle una cosa?”
“Cosa?”
“Lei – uhm… Porta sempre cose a collo alto perché ha la cicatrice proprio lì, non è vero?”
In effetti le era venuta una certa curiosità, a riguardo.
Piton si voltò nuovamente verso di lei, con un sopracciglio alzato. Lily quasi si mise a ridere per la sua espressione.
“Allora?”
“Sì, Potter, è per quello.” borbottò lui, e poi si voltò di nuovo per guardare di fronte a sé.
“E perché la nasconde?”
L’uomo sbuffò ancora, ma Lily non ci fece neanche caso.
“Non è un bel vedere.”
“E’ sul lato sinistro o destro? E le fa male?”
“Ma che cos’è, Potter, un interrogatorio?”
Stavolta Lily si mise a ridere veramente. “Avanti, sto solo chiedendo. Allora?”
“Sinistro.” rispose alla fine Piton, dopo un po’ “E no, non mi fa male, mi dà solo… fastidio.”
“Ho capito.” sembrò concludere Lily, prima di, però, avvicinarsi appena “Quindi è proprio qui, più o meno…” aggiunse, allungando una mano, e facendo scorrere un dito sulla parte sinistra del collo di Piton, sopra la stoffa scura.
Piton non si mosse per niente. Semplicemente era rimasto… impietrito. Semplicemente non se lo aspettava.
Colpa sua, che ancora non aveva affrontato nessun discorso serio con la giusta scelta di parole e di disciplina. Ma poi… Poi avvertì che la mano di Lily si era ormai disinteressata alla stoffa del suo collo e che gli stava toccando senza pudore la pelle della guancia.
“Lily.” la ammonì lui, voltandosi ancora e guardandola con un’occhiata che forse voleva essere più torva in quanto invece sembrasse in realtà.
“Cosa c’è?”
“Non fare la stupida.” fu tutto quello che disse Piton, e lei capì all’istante.
Lily non rispose, rimanendo con gli occhi scuri fissi in quelli altrettanto bui di lui.
“E’ meglio che tu vada.” aggiunse allora Piton, serio, nonostante lei fosse entrata in casa sua solo da qualche misero minuto.
Lily si allontanò definitivamente da lui, a quel punto – non poteva fare altrimenti, e si alzò dal divano. Gli diede le spalle, rimanendo praticamente immobile, con i pugni stretti lungo i fianchi.
Non voleva arrabbiarsi. Non lo voleva assolutamente, ma stavolta… stavolta era davvero in collera, per quell’ennesimo rifiuto da parte dell’uomo. Perché era un altro rifiuto, non c’era dubbio, seppur velato come lo era stato il primo. Lily allora si voltò di scatto, trovandolo ancora seduto sul divano, che ancora la fissava.
E la stava fissando con quegli occhi. Quelli accesi.
Lily non ci vide più; velocemente percorse la poca distanza che ancora li separava, si chinò su di lui, e infine lo baciò.
Piton sgranò gli occhi, non appena si rese conto di cosa stesse avvenendo proprio lì, nel suo salotto, ed istintivamente serrò le labbra quando il calore di quelle di lei gli penetrò fin sotto la pelle. Subito le afferrò i polsi, allora, e la spinse via da sé, come se avesse tra le mani qualcosa con la quale avrebbe finito con lo scottarsi, se l’avesse toccata troppo a lungo.
Lily si sentì spintonata via violentemente, e non essendo in grado di opporsi dovette per forza allontanarsi, e rimettersi a schiena eretta. Quando vide l’espressione di Piton pensò che sarebbe stato opportuno fare anche un passo indietro.
Piton, dal canto suo, era scattato in piedi, tutti i muscoli facciali contratti in un smorfia che si sarebbe detta di rabbia o, più semplicemente, di frustrazione.
“Ti avevo chiesto di andare via.” disse subito, duro, Piton “Ma adesso mi vedo costretto a dirti di non tornare più.”
Lei ci mise un po’ ad assimilare quelle parole.
“Che… Che cosa?” disse poi, flebilmente, prima di scuotersi leggermente, decidendo che fosse il momento, ormai, di ‘partire alla carica’ “Perché?”
“Perché sta succedendo qualcosa, qui. E non deve.”
“Non deve…” ripeté Lily, pensierosa “E perché no?”
“Non fare la stupida.” ridisse lui “Devo cominciare ad enunciarti tutte le varie problematiche che comporterebbe una cosa del genere? Tutti i vari fattori che anche tu, se ci pensassi bene e con razionalità, riterresti più che sufficienti per piantarla con questa sceneggiata?”
“Cosa?! Oh, per favore. Quali problematiche, poi? Non mi venga a dire che è per… per l’età!” esclamò Lily “Perché a me non interessa l’età. Sono maggiorenne, e se lei provasse qualcosa per me, non importerebbe neanche a lei! Sia sincero, per una volta.”
Sincero?” si sentì rispondere Piton con lo stesso tono della ragazza che aveva di fronte a sé “Osi dubitare del fatto che…”
“Oh, la smetta!” lo interruppe Lily, cosa che mai nessuno si sarebbe sognato di fare con Severus Piton “Me lo dica in faccia, perché, a dispetto di quanto ho pensato fin’ora, non riesco più a sopportare di… crogiolarmi nel dubbio per poi venir mandata via da lei, quando tento di fare qualcosa!” prese aria, riempiendosi i polmoni “Me lo dica una volta per tutte, che lei… lei non prova veramente niente, per me, e che ha passato tutto questo tempo in mia compagnia, che ha rischiato sul serio di assecondare – e quasi oserai dire ‘ricambiare’ – quello che… oh, che diamine… questo, solo perché io sono uguale a… a mia nonna.”
Ecco. L’aveva detto. Ora non le rimaneva che aspettare.
Piton, dal canto suo, non rispose, probabilmente trovandosi spiazzato, per l’ennesima volta, in pochissimo tempo. E lo fu di nuovo – ancora – un attimo dopo, quando vide le guance di Lily bagnarsi, inevitabilmente.
“Lo ammetta.” continuò allora lei “Mi dica che ha deciso di vedermi non perché sono io, ma perché le ricordo mia nonna. Me lo dica e poi la lascerò in pace sul serio.”
E a questo punto Piton si ritrovò indiscutibilmente in silenzio.
Voleva che lei lo lasciasse in pace?
Ma certo. Era vissuto per anni, ed anni, ed anni senza nessuno. Cosa pretendeva, lei? Lei si era infilata a forza nella sua vita; e l’aveva fatto neanche due settimane prima. Due settimane non potevano cambiare una vita così lunga.
Ma allora perché istintivamente Piton si era ritrovato a voler quasi… consolare la ragazza?
… Stava proprio invecchiando seriamente, era evidente.
“E’ vero.” si ritrovò però a dire, infine, Piton. Perché era meglio così.
Dopo tutto quel silenzio la voce di Piton sembrò quasi rimbombare, in quella stanza spoglia. E rimbombò anche nel cuore di Lily, fin troppo incline alla rottura, in quel momento.
“Quando, in quei momenti di assoluta debolezza, ho accettato di vederti, Lily, è stato proprio perché assomigliavi terribilmente a lei.” continuò Piton, quasi tranquillamente, come se l’emozione precedente fosse momentaneamente sparita; ma il respiro leggermente affannoso finiva col tradirlo “Persino ora le assomigli fin troppo.”
Che rumore fa un’anima infranta? Perché Lily, mentre ascoltava l’uomo di fronte a sé, fu assolutamente certa che non fosse stato il cuore ad essersi spezzato e ad averle causato quel dolore così intenso. No, qualcosa di persino più profondo e importante stava soffrendo.
Piton socchiuse le palpebre, abbassando lo sguardo sul pavimento di quella casa ormai abbandonata. Perché aveva chinato il capo? Rammarico? Semplice incapacità nel guardarla? Ma in fondo – in fondo – lui non era nel torto, lo sapeva: stava parlando con sincerità, anche se quella era solo una piccola parte delle verità che Piton si teneva dentro. D’altronde, se le avesse detto tutto, per caso non avrebbe sofferto? Ma guardandola di nuovo, alzando gli occhi,  poteva dire che, se le avesse rivelato il resto, Lily avrebbe sofferto meno? Come, quando colei che aveva davanti in quell’istante sembrava solo lo spettro della ragazza che aveva tentato di baciarlo?
Forse continuare a parlare non sarebbe stato così terribile, né per lei, né per lui, che sentiva quasi che, se le cose fossero rimaste così, non se lo sarebbe mai perdonato.
“Eppure…” riprese Piton, allora, con infinita cautela, e Lily, a quella singola parola, parve quasi risvegliarsi.
Quella parola – quell’‘eppure’ – lasciava aperte molte, troppe possibilità sospese.
Piton la fissò nei suoi occhi umidi e, mentre parlava, cominciava di già a maledirsi. “Eppure” ripeté “non sei… totalmente uguale a lei, e non è per questo che ti ho scostata.”
Gli occhi di Lily sembravano diventare più grandi.
Piton fece un sospiro, rassegnato all’evidenza delle sue stesse parole.
“Tu avresti scelto me. Lei non l’ha fatto.”
Lily trattenne il respiro; forse allora c’era davvero uno spiraglio, una possibilità… un qualcosa.
“Non dovrebbe…” cominciò lei, ma poi si bloccò, e si corresse “Non dovresti usare il condizionale.” lei allora coprì , per la seconda volta, quella distanza che si era venuta a creare tra di loro. “Io ho scelto te.”
Oh, adesso sì che sarebbe stato difficile. Lo era già. Ma il discorso doveva essere portato a termine, per quanto difficile e straziante potesse essere. Ma straziante per chi, poi?
Forse entrambi.
“Sarebbe una cosa inutile, Lily.”
“Perché lo sarebbe?”
“Perché…” Piton ci pensò un attimo, prima di finire la frase, ma poi decise di continuare “Perché sto per andarmene.” rispose, infine.
“Cosa?” esclamò Lily, che, a sentirlo, fu presa dal panico “No!”
“Mi spiace.”
Lei cominciò a guardarlo come se le mancasse il mondo sotto ai piedi, e per un momento il suo cuore mancò un colpo.
“Non… Non puoi andartene.”
“Devo.” rispose.
“Ma perché?”
Piton chiuse per un momento gli occhi, raccogliendo i pensieri.
“Sono stanco, Lily.” ammise poi Piton, riprendendo a guardarla, ormai davvero sincero “Sono stanco.”
Lily lo guardò, non capendo perché avesse utilizzato quelle parole come risposta alla sua domanda, ma rimase comunque in silenzio, ad ascoltarlo.
“Durante la mia vita non ho fatto altro che portare le mie colpe sulle spalle, un masso volutamente scelto, ma non per questo meno greve.” continuò allora Piton “Mi sono caricato dei destini di tante persone, e del peso che hanno comportato anche le colpe di molti altri. E il rimorso non ha fatto altro che aggiungere chilo su chilo. È stato così per tutta la mia vita, Lily. Ancora adesso li sento su di me. E sono stanco. Terribilmente stanco. Le mie gambe non mi reggono più.”
Lily continuava a non capire cosa c’entrasse quel discorso, a dirla tutta, ma poi, alla fine, tutto le parve così infinitamente, dolorosamente chiaro nell’esatto momento in cui Piton fece un piccolo sorriso amaro.
“Sto andando via.” concluse lui.
La ragazza, capendo, sgranò gli occhi d’istinto, in un’espressione di panico. E quando si è presi dal panico, molto spesso, si ha bisogno di aggrapparsi a qualcuno, anche se quel qualcuno – l’unico presente nella stanza in quel momento – è colui che aveva finito con il causarlo, quell’attacco di panico. Fu così, infatti, che Lily si precipitò letteralmente addosso a Piton, che dovette attutire il colpo, oltretutto, non aspettandoselo assolutamente.
“No, no, per favore.” mormorò Lily “Non puoi dire così! Come fai ad accettarlo? Non… Non…”
La ragazza emise una sorta di lamento, e presto Piton capì che stava piangendo. Come darle torto… Era stato troppo – troppo – per lei. Ma ormai non aveva potuto farne a meno, di dirglielo. Gliel’aveva chiesto lei, sì, e lui avrebbe potuto rifiutarsi di farlo, data la gravità dell’argomento, ma non c’era riuscito.
Non era che non avesse voluto; semplicemente non c’era riuscito.
“E poi…” riprese allora lei, facendo respiri molto pesanti “E poi lo pensi tu, non è mica detto. Non… Non è detto.”
Lily alzò la testa verso di lui. Erano di nuovo così maledettamente, tremendamente, dolorosamente vicini. Ma Lily non si sarebbe mossa più di così. Non doveva muoversi.
Non che non avesse voluto; semplicemente non poteva.
“Non è vero?” gli chiese, con quegli occhi così ancora da bambina.
Piton le passò una mano dietro la testa, tra i capelli rossi.
“Lily.” fece lui, quasi sentendosi colpevole, senza esserlo, in realtà.
Era solo successo così. Era capitato così. Era così.
“Ho raggiunto il punto di non ritorno anni fa.” concluse, togliendo la mano da quei capelli, quando Lily, a quelle parole, aveva riappoggiato, sconsolata, la testa sul suo petto, di nuovo.
 
Alla fine non avevano potuto fare altro che rassegnarsi. Entrambi.
E Lily, allontanandosi da quella casa, camminava di spalle, piano, per poter ancora vedere il profilo di quell’edificio quasi abbandonato. Perché non se ne andava di corsa? Cosa aspettava? Magari che quell’uomo aprisse la porta e velocemente la raggiungesse, infine?
E invece… Non riusciva neanche a capire se lui la stesse guardando da una finestra, mentre andava via. Quella era davvero l’ultima volta in cui si sarebbero visti; e lei non riusciva a scorgerlo, da lì.
Si sentì di nuovo pizzicare gli occhi.
Alla fine aveva dovuto rinunciare. Aveva dovuto costringersi a dirgli addio, senza lasciare che i suoi sentimenti ostacolassero ciò che sarebbe stata la cosa migliore per tutti e due.¹
E allora perché si sentiva così male, e triste?
Guardò ancora quella casa, probabilmente per l’ultima volta. Voleva immaginarsi che lui la stesse guardando da una di quelle finestre sporche, prima di andare davvero via. Voleva immaginarsi che anche lui, alla fine, stesse male, almeno un po’. Non perché lo odiasse, non perché sperasse che soffrisse. Dopo quello che aveva saputo, come poteva? Non voleva augurargli niente di brutto. Solo che… Solo che, se lui si fosse sentito una fastidiosa e dolorosa stretta al cuore, come la stava sentendo lei, ciò avrebbe voluto dire che, almeno, anche lui aveva tenuto a lei.
Ma in fondo era così. Non gliel’aveva detto apertamente, ma lei l’aveva capito.
Lily sorrise, rivolta alla casa, in particolare alle finestre del salotto, immaginando che lui fosse proprio lì. Alla fine, scomparve con un ‘pop’.
 
“Ciao, Lily, tua madre mi ha detto se puoi scendere da lei.” le giunse all’orecchio l’inconfondibile voce di Luna Lovegood, e allora Lily si alzò in piedi.
Non appena però la ragazza si voltò verso la madrina, questa le fece un sorriso e le chiese, tranquilla:
“Cos’è c’è che non va, Nargillina?”
Lily si lasciò scappare un debole sorriso. Era sempre così, con sua ‘zia’ Luna.
“E’ tutto okay, zia, non c’è niente che non va.” rispose comunque Lily, ma Luna non parve darle ascolto affatto, perché entrò nella stanza e richiuse la porta alle spalle.
Lily, a quel punto, si lasciò ricadere seduta sul proprio letto, e poco dopo la donna le si sedette accanto.
“Allora.” disse a quel punto Luna, iniziando ad accarezzare la schiena della ragazza “E’ successa una cosa tanto brutta?”
“Si vede tanto?”
“Mmh, meno di quanto pensi, comunque.” rispose, con un sorriso.
Lily sospirò. “E’ che… E’ che…” non fece in tempo ad aggiungere altro che sentì gli occhi inumidirsi di nuovo “Perché le cose devono andare sempre storte?”
“Dipende da che punto di vista le guardi, piccola.”
Lily la guardò, seria. “Stavolta no, zia. È… E’ difficile…” Lily non disse nient’altro, più che altro, forse, per la paura che potesse mettersi di nuovo a piangere. Non sarebbe mai potuta essere una cosa buona, quello che sarebbe capitato a lui. Mai.
E poi fissò lo sguardo a terra, contraddicendo tra sé e sé, a mente e di nuovo, quello che la donna le aveva appena detto. Non dipendeva da niente. Era una cosa orribile e basta. Tremendamente, ingiustamente, dolorosamente orribile.
Luna, però, riprese a parlare:
“Per esempio tu adesso ti senti tanto male, però forse quell’altra persona così male non sta.” La carezza di Luna passò dalla schiena alla testa di Lily.
La ragazza non ebbe neanche la forza di domandarsi a quali conclusioni stesse giungendo Luna.
“Come puoi dirlo?”
“Almeno, ora, quell’altra persona adesso ha capito che, anche se solo per un po’, c’è qualcuno, al mondo, che le ha voluto tanto bene.”
Lily si girò e la guardò di nuovo, mentre sentiva il labbro inferiore tremare, ma mentre sentiva anche qualcos’altro che le faceva battere il cuore un po’ più velocemente.
“Ma non è… non è giusto, comunque.”
“Forse quello che per te non è giusto non lo è per l’altra persona…”
“No, invece!” una piccola lacrima scese giù “Non deve.”
“Forse è stato meglio così, piuttosto che rimanere sempre soli. Ha avuto un po’ di compagnia, alla fine.” provò a dire Luna, ancora.
Lily non rispose, ma rimase con lo sguardo fisso davanti a sé, come in contemplazione di qualcosa.
Luna allora si alzò da letto, e si diresse nuovamente alla porta della camera, aprendola leggermente.
“Ci penso io a Ginny: oggi la convincerò a lasciarti in pace.” fece lei, guardando Lily con la testa inclinata da un lato “E comunque” precisò poi “sono sicura che anche lui ti vuole tanto bene. E che anche dopo te ne vorrà.”
Lily si voltò verso di lei, e quest’ultima si congedò con l’ennesimo sorriso, prima di uscire definitivamente dalla camera.
Lily non poté fare a meno di pensare, con un amaro sorriso sulle labbra, che sua zia avesse già capito tutto quanto, su di lei e sull’‘altra persona’. E non si era arrabbiata, anzi, l’aveva aiutata, l’aveva consolata. A modo suo. D’altronde – e ormai Lily l’aveva capito – Luna era Luna.
La rossa si alzò in piedi e si diresse alla propria finestra, e poi vi guardò fuori; osservò il giardino di casa propria, la strada, gli alberi, le nuvole, il cielo plumbeo.
Sospirò.
Forse anche lui stava guardando in alto. Forse stavano guardando la stessa cosa, in quel momento.
Forse, dopotutto, non erano ancora così lontani.

 

~ Mi ameresti,
sono certo: mi ameresti.
Come è vero che col tempo capiresti
che il sorriso che ho da darti sufficiente non sarà,
perché ha già viaggiato tanto, quanto è stanco non si sa.
(Renato Zero – Mi ameresti) ~

 

Fine




¹ Sergio Bambarén
   
 
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