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Autore: Adoxia    03/03/2012    2 recensioni
 Blush. Rossore.
 Per ogni lettera della parola 'Blush', si ha una one-shot riguardante una coppia iniziante proprio con quella lettera.
In ogni coppia uno dei due innamorati si dichiarerà attraverso una lettera, data senza mezzi termini o attraverso trucchetti...particolari.

'Cosa avrei concluso, raccontandoti tutti questi aneddoti qui ad Hogwarts? Niente,ho solo enfatizzato il mio concetto de ‘tutto fumo e niente arrosto’.
Ma forse, qualcosa di piccolo e di minuto, il quale mi manca più di ogni altra cosa al mondo, spero possa nascere grazie a questa pergamena ingiallita: il tuo splendido sorriso, che non vedo da troppo tempo, ormai.
 
Con amore paradossale,
Blaise Zabini.'
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dolores Umbridge, Lily Evans, Lucius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Blaise/Pansy, Lucius Malfoy/Lily Evans
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Avvertimenti: Capitolo decisamente OOC, raiting Arancione per motivi ovvi e con una buona dose di fantasia e idee complicate. Lucius ha un solo anno di differenza, in questa fanfiction, rispetto a Lily. Quindi, Lily è al sesto anno, mentre Lucius è al settimo.  



‘Late night sex, smokin’ cigarettes 
I try real hard but I can’t forget 
Now in a heartbeat, I would do it all again’

-The Pretty Reckless-




Il freddo pungente di inizio Febbraio sferzava continuamente il volto arrossato della giovane Lily Evans, che, tutta infreddolita, se ne stava rannicchiata nel suo mantello nero dagli alamari d’argento, tentando di ripararsi il più possibile dietro un enorme albero di quercia.
Erano ormai più di trenta minuti che attendeva l’arrivo di James, il suo fidanzato, e iniziava a preoccuparsi del suo evidente ritardo; certo, il ruolo di Prefetto era molto impegnativo e richiedeva del tempo aggiuntivo senza preavviso, e Lily tentava di convincersi che fosse proprio quella la ragione della sua proroga.
Sfogliava sempre con più nervosismo il libro di Astronomia che stringeva fra le dita intirizzite dal freddo, mordicchiandosi il labbro impazientemente. Il suo sguardo cercò conforto volgendosi verso l’immensa distesa di acqua ardesiaca del Lago Nero, che si stagliava con imponenza lambendo quel tetro angolo di Hogwarts.
Fortunatamente, non c’era vento che potesse arruffare i lunghi capelli rossi della studentessa del sesto anno, la quale iniziò a torturarseli sulle punte con agitazione, attraverso movimenti frenetici delle dita.
Si alzò dalla panchina dove era comodamente seduta per guardarsi attorno e cercare di scorgere l’esile figura di James, magari in preda al respiro trafelato e ad una corsa talmente rapida da essere indescrivibile.
Eppure, niente di tutto ciò.
Aveva ancora fra le dita il biglietto che le era arrivato dopo pranzo, circa verso le 14:00, fra una lezione e l’altra.

‘Tesoro,
ti aspetto alla nostra panchina sulla riva del Lago Nero, oggi stesso, alle 17:00. Devo parlarti.
Non portare libri, sarò lì puntuale e non ci sarà bisogno della loro presenza, almeno per stavolta!
James’

Lily accartocciò infastidita quel messaggio dallo sfondo parzialmente schernente, ritornando alla sua interessantissima lettura sulla costellazione di Orione, la quale era la costellazione maggiormente visibile durante le notti freddi e terse invernali.
Giunta circa al quinto rigo di lettura, una voce dal tono glaciale e sfacciatamente impertinente, interruppe l’attenzione della ragazza, a quel punto, impossibile da recuperare.

«Ti ha dato ancora buca, vero?»

Lo sguardo inquisitorio ed agghiacciante di Lucius Malfoy squadrò da capo a piedi l’esile ed aggraziata figura di Lily Evans, la quale, per tutta risposta, ricambiò quell’aria schizzinosa rispondendogli tono a tono
«…Scusami? Non credo siano affari che ti riguardino» e subito la ragazza si stupì di quanto fu semplice esporre verbalmente i suoi pensieri; di solito le risultava difficile, pertanto restava zitta la maggior parte delle volte.
A Lucius scappò una risatina sferzante, inarcando un sopracciglio con aria snob, e, allibito dalla risposta pronta della ragazza dai fulvi capelli rossi, le disse superbo: «Troppo coraggiosa per una sola Grifondoro».

E come se Lily non avesse più messo freno alla sua ira nei confronti del ragazzo dai capelli color avorio, ricambiò con la stessa moneta:  «Troppo viscido per un solo Serpeverde ».
E tornò al suo libro, come se non fosse successo niente, facendo finta che non le importasse affatto.
Appunto.
‘Facendo finta’.

Era dall’inizio dell’anno che quello studente di Serpeverde di un anno più grande di lei la tormentava con sguardi e sorrisini inopportuni, nonostante la costante presenza di James nei paraggi, pronto a puntare la sua bacchetta contro l’invadente ‘ammiratore’.
Eppure Lily non sapeva spiegarsi il motivo di quell’ossessiva persecuzione: era una ‘lurida mezzosangue’, come affermava lui stesso, e non sprecava occasione per offenderla e sfigurarla, anche davanti a tutta Hogwarts.
Nemmeno in quell’attimo così imbarazzante, ebbe il tempo di ragionare su come sarebbe stato gratificante stampargli un sonoro ceffone sull’immacolata guancia sinistra.

Accadde l’impensabile, in una frazione di secondo.
Improvvisamente, il terreno iniziò a cederle sotto i piedi, come se un terremoto limitato solo all’aria circostante la panchina dov’era seduta scavasse un varco sotterraneo.

Magia arcana, inspiegabile, anche per la più diligente delle studentesse di Grifondoro.
E più il terreno tremava vertiginosamente, più Lily sentiva il panico montarle dentro; non era preparata ad un’occasione del genere, e riuscire ad estrarre la sua bacchetta dal mantello parve, in quel momento, un’impresa titanica.
Lucius, spaesato ancor di più, fissava incredulo il terreno scosso, che da lì a momenti sarebbe crollato proprio sotto i loro piedi.
In un attimo, il buio.

Lucius e Lily sprofondarono in un tunnel sotterraneo, scavato in pochi secondi da una magia non esercitata da nessuno dei due studenti appena menzionati.
Magia arcana, appunto.

Il tunnel sotterraneo si faceva via via più stretto, più buio, e ricco di radici e piante selvatiche, mentre i due studenti scivolavano gridando, sempre più giù.
Giù, e ancora giù.
Lily, inconsapevolmente, strinse il braccio di Lucius, il quale era proprio davanti a lei, mentre cercava di proteggersi il volto con le braccia.
E ancora, scivolavano.
Per quanto tempo e per quanti metri, questo non lo seppero nemmeno loro.
Lily si sentiva soffocare; l’ossigeno pareva assentarsi quasi del tutto, il buio le ostruiva la vista e tutto ciò che riusciva a percepire era lo scrosciare rumoroso delle pietre al suo passaggio, le sue urla impaurite e i mozzati singhiozzi di Lucius.
D’un tratto, un tonfo rimbombante di arresto.
Poi, il silenzio.

Lily si massaggiò dolorante la caviglia destra, mentre Lucius faceva lo stesso con il braccio sinistro.
Entrambi avevano i mantelli completamente logorati dalle piante spinose che si ergevano dappertutto in quel dannatissimo tunnel sotterraneo, e Lily intravide di sfuggita una moltitudine di graffi sanguinanti sugli avambracci del magnanimo studente di Serpeverde, che pur di proteggerla si era esposto a rischi piuttosto dolorosi.
Con evidente sofferenza, Lucius strappò dei lembi dal mantello per in fasciarsi le ferite che grondavano copiosamente di sangue vermiglio, che goccia dopo goccia produceva un rumore sordo e riecheggiante, il quale si diffondeva distintamente nella fine della galleria nel sottosuolo.

Lily non ci badò più di un minuto, piuttosto si soffermò ad osservare il luogo in cui si trovavano: era molto scuro, la luce solare filtrava ben poco dalla buca sulla superficie, e dovevano trovarsi in una sorta di ‘stanza scavata nel sottosuolo’.
C’erano radici ed erbe selvatiche dappertutto, e le ortiche disseminate ovunque non facevano che irritare ancor di più la pelle sensibile della ragazza, la quale si grattava con sofferenza su braccia e gambe.

Solo dopo che Lucius riprese il controllo della situazione, mormorò flebilmente: «Dove…Dove siamo?»
Lily lo guardò con aria stizzita, poi gli rispose: «Dove credi di essere? In un albergo a cinque stelle? Non vedi che siamo rinchiusi fra quattro ‘mura’ pericolanti e prive di ossigeno e di luce? Se non usciamo subito di qui…Oh, non voglio nemmeno immaginarlo! » gridò tutto d’un fiato, esasperata, dimenandosi a destra e a manca.

«E’ colpa tua, immensamente colpa tua!» riprese, ormai senza freni, la giovane studentessa dai capelli rossi «E’ colpa tua se siamo finiti in questo casino! Non potevi evitarmi, una buona volta? Non potevi semplicemente ignorarmi e lasciarmi in pace?» gli puntò contro un dito con aria accusatoria.
Lucius non fece altro che ridacchiare divertito: forse non dava a vedere la sua motivata preoccupazione, eppure l’ira che esprimeva Lily con chiarezza cristallina non faceva altro che alleviare la tensione.
Almeno era in compagnia di un altro cervello, per di più un altro, ottimo cervello.

Lily continuava a blaterare infastidita, poggiandosi su di un masso abbastanza grande da fungere come ‘sedia’.
«E qui ci sarà il mio letto, ora, che ne pensi? Ottimo direi, giusto? Un arredamento perfetto per una fossa sotterranea comparsa nel nulla! Dì la verità, l’hai fatto apposta! Non vuoi far altro che rovinarmi la vita, vero, Malfoy?»
Ancora una risatina.

Poi, finalmente, una risposta: «Non ne so niente, Evans. Davvero. Non è che star qui sia altrettanto piacevole, per me. A quest’ora avremo già dovuto essere a cena: il Sole è ormai calato e fra poco non ci resterà che una manciata di panico e le successive, ultime ore della nostra vita.»
Sospirò, ma aveva tutt’altro che l’aria ansiosa, come voleva far credere.
Lily si lasciò sfuggire un grido acuto di nervosismo quando perquisì a fondo il suo mantello e trovò la sua bacchetta di Salice spezzata in due palesi metà.

«Meraviglioso, perfetto, aggiungerei! E ora come faccio ad uscire di qui? E dire che non posso nemmeno praticare l’incantesimo Ascendo…Ti odio, e te la farò pagare! Oh, sì, certo che te la farò pagare, io…» esclamò furiosa Lily, camminando avanti ed indietro per tutta la lunghezza della ‘stanza’.
«Evans, annodati quella fottutissima e irrequieta lingua, io sto studiando.»
E con uno scatto improvviso e stranito, Lily si voltò verso Lucius, il quale era disteso per terra, poggiato con la testa su di un masso, le braccia dietro la nuca a mo’ di ‘posa da spiaggia’, e lo sguardo rivolto verso l’incantevole distesa di stelle e costellazioni che si ergeva oltre il buco di provenienza.

Uno squarcio di cielo.

E tutto ciò bastò per tranquillizzare, almeno momentaneamente, la frenesia di Lily, la quale si diresse verso Lucius e si stese accanto a lui, pur di ammirare quel paesaggio indescrivibile.
Ogni stella che componeva la costellazione di Orione non poté far altro che illuminare di un intenso bagliore il tunnel sotterraneo, imperlando divinamente il volto compatto ed angelico del ragazzo.
Per un attimo, Lily si incantò nell’osservarlo con scruto, e rabbrividì leggermente, forse per il freddo o per l’emozione. Ma non poteva restare un minuto di più rinchiusa in quella buca sotterranea, e la sua unica speranza era compiere l’incantesimo Ascendo.
E se la sua bacchetta, in quel momento, era impossibile da utilizzare, ne avrebbe usata un’altra.
L’unica, altra bacchetta esistente in quell’angusto e sconosciuto angolo di Hogwarts.

E l’avrebbe ottenuta a tutti i costi, pur di ritornare sulla terraferma, lontana dai pericoli e dall’infrazione delle regole.
«Quindi…Cosa sarebbe questo groviglio di lucciole nucleari?» mormorò Lucius, interrompendo quel silenzio glaciale fra i due, sforzandosi di ricordare la forbita spiegazione della professoressa di Astronomia, due notti precedenti a quella sera.
«E’ la Costellazione di Orione, non vedi la cintura?» ribatté con aria saputella Lily, mentre indicava le tre stelle più luminose che lei avesse mai visto, oltre a Sirio, ovviamente.

«Vedi queste tre stelle?» riprese a spiegare «Sono Mintaka, Alnilam e Alnitak, dette più comunemente ‘I tre re’, o ‘I Re Magi’, a seconda della tradizione. Grazie a loro è facile individuare la costellazione, e per non sapere una nozione così elementare, non puoi esser altro che distratto durante le spiegazioni.» lo ammonì con sguardo inquisitorio.
Lucius fece spallucce e riprese a parlare, indicando il resto della costellazione «Beh, professoressa, allora…Se proprio non mi sbaglio, la stella in alto a destra è Betelgeuse, quella a sinistra è Bellatrix, quella in basso a destra è Saiph, quella a sinistra è Rigel. Non sono tanto incompetente, o sbaglio?»

«Per stavolta potrei accontentarmi.» soffiò superflua Lily.
Lunghi attimi di silenzio seguirono quell’affermazione. Subito dopo, a Lily tornò in mente il suo scopo fondamentale: l’uscire da quella buca, rubando la bacchetta a Malfoy.
Sarebbe stata disposta a tutto, pur di tornare al Dormitorio femminile di Grifondoro.
Disposta…anche a quello.
In un attimo, chiusi gl’occhi, la mano di Lily iniziò a perquisire freneticamente l’addome di Lucius, tastando bene con le dita finché non avesse trovato quel sacrosanto pezzo di legno.
Lo sguardo di Lucius si incupì, ma al tempo stesso, mostrò interesse perverso.
Fissò la rossa dritta negl’occhi, sbalordito da un’azione che mai, pensò, riuscisse a compiere la ‘studentessa modello-impeccabile-perfettina di Grifondoro’.

Ma lo sguardo di Lily non resse per molto l’aria disinvolta, e si adattò ad un aspetto più imbarazzato che spontaneo. Non le balzarono in mente scuse plausibili, così mormorò qualcosa di incomprensibile, ritraendo la mano ed arrossendo vistosamente.
Un sorriso, che assomigliava più ad un ghigno soddisfatto, comparve sul volto di Lucius, il quale mormorò a bassa voce, a fior di labbra «Se proprio devi perquisirmi, fallo con un tocco più erotico che impacciato, ok?»
Lily rimase sbigottita, iniziò a smaniare la mano con la quale aveva toccato l’addome di Lucius, arrossendo sulle gote. Per un attimo pensò di dover ringraziare il lato più negativo di quel posto: l’oscurità. Ma dovette rassegnarsi quando si rese conto che il suo volto era ben esposto ai flebili, eppure incantevoli, raggi della Luna.
La ragazza maledì il suo rossore improvviso, quando poi tentò di giustificarsi «Certo che sei proprio un ingrato! Ho semplicemente provato a spostare quelle ortiche dalle tue braccia già perfettamente infettate dai germi! Non mi sorprende affatto che il tuo pensiero sia sempre rivolto alla perversione.»

Lucius ridacchiò, eppure aveva già compreso le intenzioni della ragazza.
Con un gesto disinvolto dei polsi, si lasciò scivolare lungo la robusta corporatura  il mantello nero, dove all’interno si nascondeva, ben al sicuro, la sua bacchetta di olmo.
«Sei un’ingenua, Lily Evans.»
Appena un sussurro.
Uno scrosciare di foglie e di sassi, gli ‘uh uh uh’ dei gufi appollaiati sugli alberi, poi la quiete notturna.
E Lucius tornò a guardarla, volgendole uno degli sguardi più penetranti che mai avesse ricevuto.

«Non avresti dovuto essere qui. Avresti dovuto prendere la bacchetta dal primo istante, scappando via da me, lasciandomi solo. A marcire. In questa fossa comparsa dal nulla.»
E intanto camminava con le braccia conserte.
«…Ma, vedi…Tutto accade per una ragione. Se sei ancora qui senza provare ad uccidermi o a scappare disperatamente, c’è un motivo. La verità è che a te non dispiace essere in mia compagnia, stasera, vero?»
Lily rimase folgorata da quella domanda: quale risposta sarebbe stata più plausibile, più sensata?
Era vero, la presenza di Lucius, anche a un miglio di distanza da lei, la irritava parecchio.

Eppure, c’era qualcosa.
Qualcosa di inspiegabile, di ossessivo.
Qualcosa di celato, di proibito.
Un’attrazione.
Un’attrazione che non doveva esistere, non dopo le attenzioni e le lusinghe di James, non dopo quel fidanzamento, non dopo la felicità.
Una felicità che aveva costruito con sangue e sudore, che aveva coltivato giorno per giorno, alimentando ciò che contava davvero per lei, cancellando le frivolezze e i perditempo.
E Lucius non avrebbe mai potuto vanificare tutti quegli sforzi.
Almeno così credeva che fosse.

«Sono chiacchiere! Futili, infondate, insensate chiacchiere! Non hai niente su cui basarti per render valida questa tua tesi! E ti sbagli, sai? Non sono un’ingenua, posso cavarmela da sola, posso uscire di qui anche a mani nude…Non ho bisogno della magia!»
«Fallo, allora.»
«…Cosa,scusa?»
«Scalare una decina di metri e poco più a mani nude non dev’esser un problema per te, dico bene?» l’aria di Lucius divenne più competitiva che apprensiva.

E a Lily tutto questo non piacque.
Nonostante ciò, non poteva dimostrare, per l’ennesima volta, che era solo un’incapace, buona a nulla, dipendente incallita dalla magia. Aveva forza di volontà da vendere, e sarebbe uscita di lì con le sue forze e la sua determinazione. Niente di più, niente di meno.
Rivolse uno sguardo provocatorio al giovane studente di Serpeverde, gli voltò le spalle con aria altezzosa, si rimboccò le maniche, e poggiò i palmi contro il terreno gelido ed arso della parete.
Era pronta per scalarla, sapeva che ce l’avrebbe fatta, prima o poi.
Bastavano pochi sforzi, e la libertà le sarebbe corsa incontro a braccia aperte; Lily non attendeva altro.

Espirò, inspirò. La Luna le donava riflessi carmini ai capelli, spettacolo impagabile che Lucius non poté che apprezzare.
Si diede una piccola spinta, poggiando prima il piede destro e poi il sinistro su alcune piccole, instabili rocce che puntellavano qua e là la parete.
Instabili. Troppo instabili.
Dopo pochi secondi dall’aver poggiato i piedi su di esse, le pietre crollarono giù dalla parete, e Lily cadde vistosamente per terra, dolorante.
Ma non si diede per vinta.
Ancora una volta, ma cadde.
Un metro più in su della volta precedente, ma cadde.
Non si arrese: ci provò ancora, malgrado le ferite sanguinanti sulle gambe nude, non più protette dalle calze logorate dalle spine.
Quante volte tentò e tentò ancora, questo non le seppe neanche lei.
Dovette intervenire Lucius per fermarla da quel rituale disperato, il quale provava un senso d’angoscia e di compassione, ma al tempo stesso di competizione irrefrenabile nei confronti della rossa.

«…Ancora una volta…Posso…Posso farcela…» ansimò Lily, esanime, trattenuta dalla presa sicura di Lucius.
…Basta.
Avrebbe dovuto metter fine a quel supplizio.
Metter fine, certo. Ma a modo suo.

E stava pianificando quel momento dal primo istante che l’aveva vista, che aveva visto i suoi meravigliosi capelli rossi ondeggiare a destra e a sinistra, seguendo il ritmo del clop clop delle sue ballerine.
«E’ la nostra sera, Lily. Non dovresti affaticarti.» Non era un tono dolce.
Lily si voltò, cercando i suoi occhi, e notò in essi una strana intenzione.
Intenzione che non riuscì a negare con facilità.
«…Malfoy…Io…» Lily non aveva più la spavalderia dell’inizio della serata; piuttosto, essa stava cedendo a poco a poco, ma specialmente con lo sguardo penetrante di Lucius.

Il ragazzo le si avvicinò lentamente, come un felino dai tratti sinuosi che punta la sua preda.
Poi, colpì.
«Anche i demoni vogliono divertirsi, il sabato sera. Fammi divertire anche tu, angelo baciato dalla Luna e dalla tentazione.»
In un attimo, l’oblio.
Le labbra di Lucius spinsero forte contro quelle di Lily, sfacciatamente, senza pudore.
Ogni minimo ed abile movimento di lingua s’insinuava sinuoso nella casta e minuta bocca della ragazza, serpeggiando insolentemente lungo tutto il palato, istigando la fanciulla a rabbrividire da un piacere proibito.
Lei non avrebbe mai potuto sottrarsi a quel richiamo allettante.
In un attimo si fece sua: si lasciò cingere dalle sue braccia dalla presa inquisitoria, e lentamente le mani di Malfoy scorsero lungo la schiena percorsa da palpiti improvvisi di Lily, sotto il mantello nero e, in un certo senso, impediente.
Non esitò un attimo a sfilarglielo di dosso, facendo scattare il bottone attorno al collo e lasciando che si  adagiasse cautamente sul terreno gelido.
Lily parve, per un attimo, contrariata alle intenzioni di Lucius.
Eppure, per lo stesso motivo per il quale non ebbe mai saputo spiegarsi l’ossessione nei suoi confronti di Malfoy, si era lasciata abbindolare dalle sue parole seducenti.
Lucius interruppe il bacio per sorriderle maliziosamente.
La Luna illuminava il suo volto dandogli un’aria sinistra, eppure accattivante.
Lily si morse le labbra. Non ne seppe nemmeno lei il motivo.
Aveva ancora bisogno dei suoi baci? Oppure tutto ciò che voleva era cancellare quella fonte di peccato lussurioso?

Un altro verso contrariato, poi le dita di Lucius fecero scattare i bottoni dalle asole corrispondenti della camicia bianca come la luce della ragazza.
Lily si morse ancora le labbra.
Lei non avrebbe mai voluto sottrarsi a quel richiamo allettante.
Le sue mani erano paralizzate: né riusciva a ricambiare l’azione di Lucius, né riusciva ad impedirla.
Immobile. Gelida.
Eppure, il suo cuore urlava di dolore.

*Tlac*. L’ultimo bottone della camicia.

Poi, essa cadde a terra.

…Era rimasto l’ultimo fragile ostacolo per godere appieno delle meraviglie celate spesso sotto un coprente mantello scuro.

Il richiamo del demone era incessante. Persisteva, ancora ed ancora.   Lily iniziò a mugugnare dei ‘no’ infastiditi, ma ormai il demone le si era avvinghiato addosso.

E non se ne sarebbe andato prima di lasciare un segno del suo passaggio.
Un altro rumore sordo, poi Lily sentì che i suoi seni non erano più sostenuti come qualche minuto precedente.
L’attaccatura era stata slacciata, e il demone si era approvvigionato della sua anima.
Ormai Lily era in balia di una condizione conflittuale fra la lussuria e la castità: il demone si era insinuato dentro di lei. E mai più sarebbe riuscito a cacciarlo.
Il reggiseno cadde a terra con un fruscio appena accennato, lo stesso che producono le piume che s’adagiano sul pavimento.
Nemmeno nel silenzio le urla di Lily riuscirono ad emergere: dalla sua gola provenivano solo ‘basta’ e ‘no’ sofferenti, ma il suo cuore le suggeriva di urlare al mondo il suo dolore lancinante, prima che il demone s’insidiasse anche in esso.

Ma Lily non ci riuscì.

Lucius era avviluppato ai suoi seni, mordicchiando i capezzoli e stuzzicandoli con le dita. Li leccava e li stringeva fra le mani, gioioso d’aver ottenuto la più grande meraviglia che gli si potesse mai concedere.
Ma il demone sentì l’impulso di andar oltre a queste raffinatezze: la sua mano iniziò a scorrere lentamente verso l’inguine dell’angelo.
D’un tratto, acqua.

Seppur una goccia microscopica, Lily pensò stesse affluendo dell’acqua dal ‘soffitto’ di terreno.
Ma quella goccia salata non proveniva da lì.
I suoi occhi grondavano lacrime.
Lacrime silenziose, lacrime invisibili. Le sentiva urlare, bruciare contro le gote arrossate, logorarle l’anima dai sensi di colpa.
Ma avrebbe posto fine, in un modo o nell’altro, a quel supplizio.

Il demone non udì le sue preghiere bagnate; lei fu costretta ad urlare.

Si distaccò con tutta la forza possibile da quella presa avvinghiante, afferrando il mantello di Lucius dal terreno. Lo perquisì da cima a fondo e non le fu difficile trovare ciò che cercava dall’inizio di quella vicenda.
«…STAI INDIETRO!» lo intimò, puntandogli contro un pezzo di legno d’olmo, che in quel momento rappresentava la sua salvezza.
La bacchetta di Lucius era fra le dita affusolate di Lily: le mani le tremavano, come la sua voce.

Le lacrime non esitarono a rigarle copiosamente le guance, mentre i singhiozzi le si acutizzavano man mano che il tempo trascorreva.
Teneva la bacchetta pronta per attaccare, il braccio teso, l’espressione livida e sofferente, ma al contempo abbastanza determinata da porre fine ad uno degl’incubi maggiori che visse fino a quel momento.

I capelli rossi le ricadevano sulle spalle e sui seni nudi, accarezzandone i lineamenti imperlati dalla Luna.
E fu solo in quel momento che il demone non vide altro che l’angelo più incantevole della sua vita.
I respiri irregolari e singhiozzanti di Lily non parevano calmarsi da soli, e necessitavano di un consiglio o semplicemente di un sostegno morale di uno dei suoi amici di Grifondoro.
…Di James.

Aveva bisogno di lui più di ogni altra persona al mondo, in quel momento.
Ma il demone aveva portato in lei un senso di colpa incancellabile: Lily, pur controvoglia, aveva acconsentito ai richiami insistenti di Lucius.
E ciò era un peccato che mai si sarebbe perdonata…O che avrebbe dimenticato.
Il demone la fissò.

La sua espressione era cupa, fra il pentimento logorante, la mortificazione, e la voglia di continuare.
Non aveva la forza di parlare. Gli sembrava tutto così folle, così irreale. La sola presenza di un angelo seminudo davanti a lui lo faceva sentire come un pazzo in preda ad una scossa elettrica.

«…Mi dispiace.»

Un attimo di silenzio.
Un’ultima lacrima, poi un sorriso poco abbozzato, quasi un ghigno.

«…Dispiace anche a me, per questo, Lucius.»

Lily puntò in alto la bacchetta di olmo, verso la buca di ingresso al tunnel.

Uno sguardo.
Diverso da un angelo innocente.
Assomigliante più ad un’imminente vendetta rancorosa.

«Ascendio.»
Un fascio di luce accecante illuminò la cavità buia nella quale si trovavano Lucius e Lily, diretto verso la superficie.
Poi, il buio più assoluto.
E in un silenzio, che in quel momento sembrava andare a braccetto con l’oscurità, accadde l’imprevedibile.

Il demone pianse per aver ballato troppo, quel sabato sera.
 

***

Il mattino dopo un cinguettio insistente di passerotti e un fruscio di foglie, che scorreva lungo il tunnel fino alla cavità interna, svegliò Lucius.
Strabuzzò gli occhi per la luce accecante, la stessa che la sera precedente l’aveva abbandonato del tutto.
Si guardò attorno.
Era solo. Lei era andata via.
Cosa peggiore, con la sua bacchetta, lasciandolo bloccato in quel vicolo cieco.
Poi rivolse lo sguardo verso il terreno che fungeva da ‘pavimento’.
La sua bacchetta di olmo spiccava con evidenza sulla coltre scura del terriccio rossastro.
C’era qualcosa di diverso, però.
La bacchetta era stretta con sicurezza da un nastrino di raso rosso, ad una busta da lettere di carta ingiallita.
La ceralacca rossa assicurava che nessuno l’avesse mai aperta, ad eccezione del destinatario.
Una ‘L’ era impressa sul timbro ardente. Una firma elegante e perfettamente comprensibile.
Lucius lasciò perdere la sua amata bacchetta di olmo, prese la busta, la aprì e il suo cuore prese un ritmo altalenante.
L’angelo adirato gli aveva fatto visita.


Lucius Abraxas Malfoy.
‘Innumerevoli persone commettono un errore. Ma se hanno un minimo di buon senso, non lo ripetono.
I miei genitori babbani mi ripetevano in continuazione questa frase, di un autore che probabilmente non conoscerai, di nome Frances Parkinson Keyes. Sono sempre stata molto legata a questa citazione, e non vi è caso migliore dell’inserirla in quest’evento.
E’ stato un errore, Lucius.
Tutto.
Dal primo sguardo, a ieri sera.
Dalla prima provocazione, a ieri sera.
Dai primi contatti fisici…a ieri sera.
Dai primi silenzi, a questa lettera.
Questo sarà l’ultimo errore che compirò a causa tua, Lucius.
Non ci sarà altro; né sguardi, né sorrisini, né istigazioni.
Tuttavia, non posso incolparti totalmente dei tuoi sbagli. Ieri sera, non avrei mai dovuto.
Mai dovuto farmi ingannare da un demone come te.
Ed è questo che ho intenzione di fare: scappare via.
Da te, da tutto ciò che è successo, dai ricordi, piacevoli o meno che siano.
Una volta macchiato il telo bianco col sangue, la macchia non verrà mai via completamente.
Potrai provarci con tutti gli incantesimi, Lucius, con tutti quelli che conosci.
La macchia non verrà mai via.
Ed è così che mi sento: sporcata da un peccato che non avrei mai dovuto compiere, da una tentazione alla quale non ho saputo resistere un minuto in più.
Non importa se non tornerò il telo incontaminato di qualche giorno fa.
Io proverò a cancellare tutto, Lucius. Ogni singolo ricordo.
Mi sento logorata dai sensi di colpa, da un demone insidiatosi dentro di me che mi istiga ad essere quella che non sono.
Tu lo sai, Lucius.
Io non sono questa, e non lo sarò mai.
Dimentica tutto.
Dimentica ieri sera, e quelle precedenti, ogni minimo incontro.
Dimentica me.
Dimentica Lily Evans.
All’Inferno non c’è posto per gli angeli, come al Paradiso non c’è posto per i demoni.

Per l’ultima volta, Lily Evans.
 

 
Lucius si sentì mozzare il respiro da una forza arcana, da un elemento inspiegabile anche con la magia.
Qualcosa che lo afferrò e che non gli diede più pace, torturandolo e straziandogli l’anima.
L’amore per una Nata Babbana.

Prese la bacchetta, la lettera, puntò la buca in alto e mormorò «Ascendio».
Uscì fuori.
C’era luce, tanta luce. Eppure erano all’incirca le 7 del mattino di una giornata autunnale, un po’ cupa.
Ma no.

C’era luce nel suo cuore.
Ed era quella la luce che avrebbe lasciato accesa per il resto della sua vita.
Guardò richiudersi la voragine del tunnel sotterraneo, che si contrasse su se stessa, tornando ad essere il terreno poco smosso che ebbe sempre visto dal primo anno ad Hogwarts.
Sospirò.

Strinse la lettera fra le dita.

Tutto finì: per l’ultima volta, osservò le porte dell’Inferno chiudersi con un tonfo rimbombante.

***

Quella cupa mattina autunnale sembrò non finire mai.
Lily Evans era nel bagno femminile al secondo piano.
Tremava.
Erano passate poche ore da quando aveva lasciato la lettera e la bacchetta di Lucius nella buca.
Tutti erano a pranzo, lei era l’unica in quel gelido postaccio poco frequentato.
Sentiva le goccioline d’acqua scorrere e produrre un rumore riecheggiante, tonfando sui lavandini impeccabilmente puliti.
Si fissava allo specchio. Il suo respiro era irregolare.

Stringeva con le dita una ciocca enorme di capelli, con l’altra mano teneva delle forbici aperte.
Le avvicinò ai capelli con lentezza e indecisione.

Le appoggiò delicatamente.
Poi, con uno scatto fulmineo, le dita si richiusero e le forbici fecero lo stesso.

Ciocche immensamente incantevoli di capelli rossi caddero sul pavimento silenziosamente.
E non fece altro che continuare.
Tagliò, ancora. E ancora. E ancora.

I capelli cadevano a fiotti per terra, con un grido gelante di sofferenza.
Lily avrebbe dovuto ripulirsi da quella macchia, in un modo o nell’altro.
Le lacrime scorrevano: ormai le goccioline d’acqua che filtravano dal soffitto non erano le uniche ad adagiarsi sul lavandino.
Continuò a tagliare.

Finché, presa da una morsa infernale di frustrazione, scagliò lontano, con un grido agghiacciante, l’arma in metallo che aveva fra le dita.
Si adagiò a terra.
Singhiozzò liberandosi di tutti i sensi di colpa che ebbe accumulato.
Poi si fissò allo specchio.

E si rese conto che il demone, dentro di lei, la portò solo ad un gesto folle.
Bruciò le ciocche sul pavimento, poi, guardandosi allo specchio, diede una sistemata ai ciuffi ribelli che le ricadevano di una quindicina di centimetri sul volto.

Sospirò, poi sorrise, inclinando un po’ la testa e si fissò.
Il demone portò qualcosa di nuovo, nella sua vita.

Sia esso un taglio di capelli, un gemito di piacere, una lacrima gelida, una lettera da sfogo, un nuovo sentimento.
La tentazione verso qualcosa di proibito.
Lily sentì il demone dimenarsi dentro di lei.

Si stava accrescendo, o stava togliendo il disturbo, recandosi verso qualche altr’anima.



*Spazio autrice*
A parte qualche giorno di ritardo, spero siate soddisfatti! Non l'ho nemmeno letto una seconda volta prima di pubblicarlo, tanta era la voglia di far sapere al mondo di EFP dell'aggiornamento! Ci ho messo secoli pur di ottenere un risultato 'soddisfacente', eppure ciò che davvero può darmi conferma della mia soddisfazione...sono le vostre recensioni!
Ne ho bisogno: il terzo capitolo sarà molto impegnativo, e avrei intenzione di continuare, se permettete! U_U
Ringrazio Anolethros (la mia cara ScreamingHeart, continua fonte d'ispirazione) e Madeline_95, nuova 'appassionata' di questa fanfiction ^.^ Spero che abbiate entrambe la pazienza di leggere questo nuovo capitolo, non è da tutti riuscire a sopportare più di 10 pagine di Word come supplizio!
Attendo con ansia anche le nuove recensioni, magari di lettori/autori mai dichiarati 'seguaci' di Blush!
Un ringraziamento speciale anche a coloro che leggono ma non recensiscono ^^
Al prossimo capitolo (sempre se gradite!).

Vostra Adoxia (ex Phob

  
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