Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: PaperMoonRouge    04/03/2012    0 recensioni
Uno scontro. Un caso oppure uno sbaglio. Un furioso uragano di storie che si intrecciano.
Inizia tutto nel più totale mistero in una camera d’ospedale. Un fragile personaggio che ripercorre i suoi passi insieme ad altri strani figuranti.
In un finto pianeta di plastica: la vita.
-Perché quel che è successo rimarrà tra noi-
-Per sempre-
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bob Dylan - Mr. Tambourine man
 
Il mattino seguente pioveva.
Le nuvole giocavano tra di loro con le loro mille sfumature tra il nero, il grigio ed il bianco. Un lampo in lontananza illuminò la stanza ed il fulmine mi fece rabbrividire.
-Abbiamo girato tutto l’ospedale per trovarti- esclamo una voce.
Un ragazzo con un sorriso brillante mi si piazza davanti seguito da altri due con un’evidente espressione sollevata di vedermi ancora tutto intero. Il tipo sorridente era Louis compreso anche di due occhi grandi come biglie azzurre che con ironia coloravano quella stanza vuota.
-Ragazzi!- fortunatamente coglievano il mio primo guizzo di vivacità.
-Sei tutto acciaccato come un rottame da buttare mio caro- il sincero Niall puntualizzò.
In compenso ha un’aria maledettamente rattristata forse consapevole ma non mi va di rifare lo stesso errore di ieri.
-Ora non sfociamo in similitudine ovvie- Louis si toccò il mento in una posizione da sapientone.
Il gruppo scoppiò a ridere e si buttarono contemporaneamente su di me in un abbraccio pieno di conforto.
Si disposero ai lati del mio letto con gli occhi fissi su di me; trovo in loro, finalmente, un misero momento di pace in bilico ma sufficiente.
Allungo il braccio verso l’ultimo rimasto; quello con cui non ho ancora incrociato lo sguardo.
Gli stringo il polso proprio dove c’è il suo tatuaggio. Alziamo la testa alluni sono e ci scambiamo una strana smorfia che mi rende più sicuro della sua e della loro amicizia; una parola che vale e pesa come un macigno.
Viaggio ancora dentro i suoi occhi e mi accorgo d’essermi perso.
-Ohi- esclama riportandomi alla realtà.
Annuisco delicatamente; sembro un matto ma cerco di trattenermi.
-Non t’imbambolare- richiamando ancora la mia attenzione.
-Grazie di essere venuti- rispondo cercando di sviare il discorso.
Lo sanno e non cercano di fermare i miei modesti ringraziamenti ….
-Su ora muoviti- incita il biondo saltando giù da letto e cercando, goffamente, di farmi scendere dal letto senza che io mi affatichi troppo, anche se sono rinato.
-Si torna a casa?-
-Esattamente ma non puoi uscire conciato così. Ti abbiamo portato dei vestiti puliti!- Louis mi porge una borsa che ha tenuto in mano per tutto il tempo. Intravedo un paio di jeans sgualciti, scarpe, intimo, una felpa nera e una maglia bianca a righe azzurre; un capo che di certo non poteva mancare se viene dall’armadio di Louis.
Storco il naso ma mi accontento ed a tentoni provo ad arrivare al bagno.
Mi accorgo d’aver bisogno di una doccia e non ci penso due volte; aspetteranno. L’acqua comincia lenta e calda a scorrere sulla mia pelle torturata e contusa. Cerco strategicamente di non bagnarmi la ferita in testa ancora coperta dalle bende, ma è un’impresa impossibile; comincia a bruciarmi come se mi prendesse fuoco il cervello.
M’infilo i vestiti e mi fisso allo specchio sorpreso.
Sono proprio diverso. La faccia sciupata mi fa sembrare più vecchio e mi vergogno; non sono più me stesso con lo sguardo da bambino spaesato ed allo stesso tempo sicuro.
I tempi peggiori arrivano oppure si vivono.
 
-Axel ci sei?- chiese Zayn chiamandomi dall’altra stanza.
-Si, ho fatto- uscendo prontamente dal bagno pensando: “Quello sono io!”…
I tre non calcolarono minimamente la mia uscita trionfale finalmente con un aspetto presentabile; guardavano l’infermiera anziana sulla porta con una faccia imbufalita.
-Lei si è già vestito ed io devo ancora togliere le fasciature!- esclamò acidamente.
-Può farlo benissimo, anche se sono vestito-
La sua faccia si rilasso e tornò quella con cui mi ero sentito al sicuro il giorno prima. Mi fece cenno di sedermi e comincio a togliermi le bende, mise un qualche genere di crema o disinfettante sulle ferite e mi controllo mentre continuavo a mugugnare.
La donna si alzò e mi fisso intensamente, come se mi volesse trasmettermi un messaggio, per poi congedarsi con un sorriso d’addio non prima d’aver messo sul tavolino, affianco al letto, un foglietto di carta color ambra.
Non l’aveva notato nessuno?
Gli altri erano occupati ad ammirare il lento cambiamento delle nuvole ma io no; mi avvicinai e scrutai il foglietto. C’era scritto: “Per Axel!”. Io.
M’infilai nella tasca della felpa il messaggio e mi rivolsi agli altri.
-Penso che possiamo andare ora- si mossero tutti e abbandonano la stanza. Compilai un paio di moduli per poi svoltare in mille corridoi, scendere altrettante scale ed arrivare al parcheggio dell’ospedale.
-Noi torniamo a piedi- interruppero il silenzio Niall e Louis. Salutammo gli altri due e ci avviammo alla macchina.
Quindi avrei parlato dell’accaduto con Zayn?, rabbrividì.
 
La vecchia Mustang rosso sbiadito di Zayn apparse tra le altre centinaia di vetture. Facemmo una corsa sotto la pioggia e partimmo a tutta velocità. Zayn fumò una sigaretta avidamente ad ogni semaforo; il suo atteggiamento mi rendeva più nervoso e vulnerabile.
-Dovrò pure sapere chi mi ha fatto questo? Vero?- esordì ansioso del suo parere.
La sua risposa avvenne dopo un lungo tiro di sigaretta; proprio come quando nei processi si aspetta un verdetto.
-Si- esclamò senza battere ciglia.
Dondolai sul sedile. Non era comunque di quello che volevo parlare: mi avevano abbandonato o cos’altro.
-Dio mio ma perché non smettete di girarci intorno e mi dite come ho fatto a finire così?- sbottai.
-Axel, hai tutto il diritto di dire così ma non ci accusare! Noi ecco …. ti abbiamo perso di vista-
Aspettai qualche seconda ma poi risi come non avevo fatto mai in vita mia. Risi di gusto con una voglia spontanea mentre lui era serio, preoccupato, forse in colpa.
Non mi fermò e capì che avevo esagerato; però ancora non comprendevo quella frase.
-È veramente …. - mi bloccai senza un preciso perché ma vidi la sua voglia di controbattere guizzare nei suoi occhi grandi.
-Tu non potrai mai capire. Sai quanto ci siamo vergognati? Lo sai?. Puoi credere che sia una scusa pessima e impensabile ma è così!- La sua ira m’indusse a voltarmi verso il finestrino indignato.
-Com’è successo? Spiegamelo- lo costrinsi.
-Pensavamo al peggio. Il fiume, cazzo, c’era quel maledetto fiume. Potevi benissimo essere affogato o essere stato rapito!-
-Ti ho chiesto un'altra cosa Zayn- puntualizzai innervosito.
-La polizia era esclusa. Eravamo chissà in che stato …. disastroso- rispose sterzando bruscamente l’auto.
-Qualcuno l’ha chiamata fortunatamente- sbuffai.
-Dio solo sa quanto abbiamo sperato che tornassi sano e salo. Axel … -
Non trovavo ancora una spiegazione logica e c’era qualcosa che non mi quadrava; tutto mi serbava così strano, annebbiato e sbiadito.
Ci fermammo davanti a casa mia ed un silenzio, già provato, mi avvolse.
-Vi credo. Io vi credo- bisbiglia.
Lui chino il capo in segno di ringraziamento e perdono. Non vedevo un’altra via di fuga; era l’unica soluzione.
 
Scesi dalla sua auto e mi avviai per il vialetto della mia abitazione mentre Zayn partiva dietro le mie spalle.
Aveva smesso finalmente di piovere e l’aria era densa di un’umidità che mi restringeva la gola e mi lasciava senza respiro. Mi abbottonai il cappotto fino al collo per poi stringermelo quasi in uno strangolamento suicida; mi guardai attorno.
Che lusso, una casa, un giardino e la mia vicina, che odio profondamente, che si avvicina …. perfetto.
Minnie.
Aveva una strana gonna a fiori, persino a campana stretta sotto il petto, gli stivali da pioggia e sulle spalle un cardigan della nonna. I capelli lisci rossi gli arrivavano in vita, la frangia spessa ricopriva la fronte seguita da due grandi paia d’occhiali con la montatura nera e le lenti chiare; paperino pensai ma gli occhi che sbucavano da quella mascherata erano minuscoli, sporgenti ma melliflui come una bambina.
Camminava a passi svelti verso di me tenendo in mano un vassoio colorato. Deducevo che, sì, erano i suoi famosi muffin al cocco con scaglie di cioccolato bianco; odiavo il loro sapore troppo dolce e zuccherato perché avevo avuto l’occasione di assaggiarli spesso e con la stessa malavoglia di sempre. La sua bontà, la sua carità, compassione o in qualunque modo si possa chiamare dilagava ed eccedeva in abbondanza.
 Ed ecco; il suo sorriso mi accecò subito.
-Oddio avevo pensato al peggio Axel! … ma ora va tutto bene spero!?- mi accolse con un altro suo sorriso ma più pacato.
Guardai il prato pensando a quando questa conversazione sarebbe finita.
A bassa voce cercai di parlare alzando lo sguardo.
 –Minnie non devi preoccuparti e stata ..mh, solo una brutta serata- cercando, ora, di allontanarmi ed avvicinarci alla porta.
-Axel!... – facendomi diventare sordo –questo è per te- portando in avanti, verso di me, il vassoio.
Il profumo di cocco mi rintronò; fastidioso per i miei gusti.
-Grazie tante …- tagliai corto.
-Allora, quindi, famm…-
-Ora devo andare, grazie mille. Sei stata molto gentile- presi i muffin e mi voltai verso la porta.
-Non ti scusare. Era per cortesia- si giustificò mentre io entravo come un topo che sfugge dal gatto in casa.
Scovai velocemente le chiavi nella tasca del cappotto e con rapidità le girai nella serratura.
Sgattaiolato dentro tirai un forte sospiro di sollievo; quasi di salvezza.
Avevo nutrito per quella ragazzina, ormai donna, un forte disprezzo a cui non davo spiegazione e risposta.
Odiavo i suoi muffin, il suo sorriso e il suo modo di gesticolare timidamente.
Odiavo le sue amicizie, la sua famiglia e la serenità che la circondavano.
Odiavo la sua calma e la sua dolcezza.
Odiavo il suo senso d’imbarazzo celato.
Odiavo la facilità con cui si sapeva far amare.
Corsi in cucina, aprì il cestino e gettai i dolcetti in uno scatto d’ira. Lancia il vassoio sul tavolo e mi coricai sul divano.
Mi rannicchiai in posizione fetale.
Ah no c’era una risposta; era quella sensazione di gelosia che mi divorava.
 
*************************************************************************************************************************************
Cari lettori,
Scusatemi.
È stato veramente un travaglio partorire questo capitolo; anche se le mie scuse non servono proprio a nulla. Ho ospitato un ragazzo straniero in casa per una settimana e non ho avuto neanche un secondo per scrivere purtroppo.
Spero che il capitolo vi aggradi però non ho, ovviamente, fatto ancora decollare la storia ma non posso di certo partire col botto subito. Almeno qualche personaggio in più è comparso.
Vi auguro una buona settimana e, incrociando le dita, auguro a me stessa di muovermi ha scrivere il prossimo capitolo.
Grazie a tutti quelli che leggono.
Un bacio.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: PaperMoonRouge