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Autore: willbeyoungforever    06/03/2012    6 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la prima FF che fa parte di un progetto più vasto (che spero tanto di portare a conclusione!). L'obiettivo è quello di rileggere in chiave attuale e il più veritiero possibile le storie delle principesse Disney ma con protagoniste le ship di Glee, in particolare Klaine - Brittana e Faberry! Ecco a voi quindi la prima Fan Fiction che fa parte di questo progetto che ho intitolato Disney!Gay, ispirata alla Bella e la Bestia!
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Il giovane Kurt Hummel, nel tentativo di aiutare il padre, viene fatto prigioniero dall'inquietante padrone Blaine Anderson e dalla sua assurda servitù nella Villa Dalton.
Tuttavia lo scorrere degli avvenimenti porteranno Kurt ad avvicinarsi sempre più a Blaine...
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Disney!Gay'
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Ciao a tutti! Eccomi qui con il secondo capitolo della FF...
Ho solo alcune informazioni di servizio prima di lasciarvi alla lettura:

DLIN DLON
* Ho cambiato Nick, ma sono sempre io, Ottavia. Il cambio è dovuto al fatto che presto pubblicherò una FF di un'altra ragazza, e il vecchio nick era troppo personale XD
* é stato veramente difficile rendere Blaine una bestia credibile, perchè lui è tutto fuorchè mostruoso (anche fisicamente non incute timore nemmeno a una mosca, povero cucciolo!) quindi diciamo che più che una bestia cattiva ho cercato di renderlo inquietante e misterioso...rimanendo sempre nel limite del credibile!
*Ci tenevo a specificare che quando parlo di occhi gialli/dorati mi riferisco a  questa  particolare sfumatura degli occhi di Darren, non immaginatevi Blaine tipo Edward Cullen
 
COMUNICAZIONE DI SERVIZIO TERMINATA!
e ora a voi il capitolo!
 
 
Capitolo 2 – The Beast
 
Accadde tutto velocemente. Troppo velocemente. Kurt non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che si ritrovò in ospedale. Il padre, a un giorno della partenza per la villa Dalton, aveva avuto un leggero infarto. Fortunatamente si era già ripreso. I dottori avevano dato la colpa al troppo stress, alla mancanza di sonno e ai ritmi serrati che l’uomo stava sostenendo da qualche giorno. Burt aveva dovuto mettersi sotto per ultimare tutti i suoi lavori arretrati in vista della lunga assenza. 
Kurt in quest’occasione non riuscì proprio a mantenersi calmo; non appena gli fu permesso di incontrare il padre, nella sua stanza d’ospedale, gli urlò contro in lacrime. 
“Te l’avevo detto!” Quella dannata villa! Quel maledetto ragazzino viziato! Ti ha messo pressione e ansia…è tutta colpa sua! Io me lo sentivo! Basta è deciso…tu non ci vai! Nemmeno quando ti sarai rimesso!”
“Kurt…figliolo…” Burt stava cercando di rispondere ma il ragazzo era fuori di sè.
“Papà non sai che spavento mi hai fatto prendere! Gli Anderson si scorderanno degli Hummel prima ancora di averli incontrati!”
“Kurt…siediti -” disse il padre con un filo di voce. Il ragazzo obbedì stava per aprire ancora la bocca quando il padre aggiunse “ – in silenzio.”
“Figliolo, ascoltami.” Iniziò Burt dopo un lungo momento di silenzio intervallato solo dal respiro pesante del giovane. “So che sei parecchio sconvolto. Lo capisco, e mi sento anche molto responsabile. Forse ci ho dato troppo dentro in questi ultimi giorni…però ascoltami, senza protestare. Gli Anderson sono una famiglia veramente importante. Ho un favore da chiederti. Non posso assolutamente dargli buca così. Soprattutto dopo il tono della lettera ricevuta. Per questo, lo so che odierai la mia richiesta, ma fallo per il tuo vecchio….dovresti andare personalmente in villa Dalton a scusarti e a spiegare la situazione. Stai sul vago, dì solo che non sai effettivamente quando mi rimetterò e che appena possibile  mi farò personalmente vivo.”
Kurt spalancò gli occhi e la bocca contemporaneamente. Poi afferrò la mano del padre molto vigorosamente e gli sussurrò “ Tu non metterai piedi in quella villa. Io te lo impedirò. Fosse l’ultima cosa che faccio. Te lo assicuro. Però…” aggiunse il ragazzo distogliendo lo sguardo dagli occhi del padre “se ti può far star meglio l’idea di porgere delle scuse direttamente a quel ragazzo…d’accordo, lo farò. Per te. Sfiderò la neve e andrò in quella stupida villa a spiegare a quell’idiota viziato che per colpa sua e del suo insulso progetto, mio padre è in ospedale.”
“Grazie Kurt” rispose Burt stringendo forte la mano del figlio che aveva ricominciato a singhiozzare.
 
*
 
Kurt il mattino seguente si svegliò molto presto, si coprì bene in quanto fuori stava ancora leggermente nevicando e uscì in macchina. Destinazione: villa Dalton.
Il viaggio durò più del previsto. Le strade erano tutte innevate e il ragazzo era costretto a circolare a velocità molto moderata. Durante il tragitto continuava a ripetersi mentalmente il discorso che si era preparato nella notte. Avrebbe sbattuto la notizia in faccia a quell’idiota senza nemmeno mettere piede in casa. Gli avrebbe detto di scordarsi di suo padre e di trovarsi qualcun altro per i suoi giochetti; e poi se ne sarebbe andato. Trionfante e molto compiaciuto. 
Quando finalmente Kurt vide la villa in lontananza gli mancò leggermente il fiato. Così tutta bianca e innevata era ancora più bella. La sua mente incominciò subito a fantasticare: si immaginò seduto presso un camino a leggere un bel libro sorseggiando una tazza di the.
Dovette scuotere vigorosamente la testa per risvegliarsi da quel sogno ad occhi aperti e ripetersi ad alta voce: “Kurt ricordati il motivo per cui sei qui.”
Parcheggiò vicino al cancello d’ingresso e suonò il campanello dopo aver tirato un grosso respiro. Dopo pochi secondi l’inferriata scattò automaticamente permettendo al ragazzo di entrare. Attraversò il più velocemente possibile il vialetto che conduceva alla porta, ma era coperto da quasi 20 centimetri di neve. Sembrava che nessuno fosse uscito da quella villa da quando aveva iniziato a nevicare. Kurt arrivato sull’uscio si scosse i pantaloni e i capelli tutti pieni di neve. Mentre stava facendo questa operazione la porta si aprì e un gruppetto di individui chiassosi lo accolsero a braccia aperte.
“Ah Signor Hummel entri prego, prego! La stavamo aspettando!” disse un ragazzo molto alto trascinandolo di forza in casa e calciando la porta con il piede. “Il padrone sarà felicissimo di vederla e….wow!” continuò il ragazzo “ma non ci avevano detto che il Signor Hummel era così giovane a aitante! Quanti anni avrai? Non più di 17….”
“Effettivamente sei veramente sexy così tutto innevato….” Aggiunse una ragazza ispanica dai lunghi capelli corvini, che doveva essere una cameriera. “Già il padrone si era immaginato di passare il suo tempo con un vecchio, invece eccoti qui….potresti anche essere il suo tipo….” Continuò la ragazza girando attorno al povero Kurt sfilandogli il cappotto.
“Signorina Lopez la smetta! Cerchi di non spaventare il nostro ospite prima del previsto…” una voce rimbeccò la cameriera che subito ebbe da ridire “Madre de Dios….non si può nemmeno scherzare in questo posto….”. 
“Ma che scherzare e scherzare…. da quanto tempo non ci capita di avere un ospite? Dobbiamo essere…carini” continuò a parlare l’ultimo arrivato avvicinandosi a Kurt. Era un ragazzo giovane con gli occhiali e in sedia a rotelle.
“Signor Hummel” iniziò a parlare “Siamo mooolto lieti di averla con noi….mi scuso in anticipo per i miei chiassosi colleghi….in particolare per il signor Hudson…non riesce mai a trattenersi…è un bambinone….”
Il ragazzo alto che aveva trascinato con forza Kurt in casa stava per aprire la bocca e protestare quando fu subito interrotto da un gesto secco della mano del ragazzo in sedia a rotelle. “Finn non provare a dire che sto sbagliando! Comunque. Caro signor Hummel io sono Artie Abrams uno dei custodi della villa Dalton, quella ragazza laggiù è la signorina Santana Lopez e come avrà capito il mio collega alto si chiama Finn Hudoson.”
“possiamo chiamarla Burt?” intervenì Finn avvicinandosi a Kurt e tirandogli una forte pacca sulla schiena.
Il ragazzo per poco non cadde a terra. Era totalmente frastornato. Menomale che si era ripromesso di non mettere nemmeno piede in quella casa. Invece ora si trovava circondato da un gruppo di pazzi che lo avevano scambiato per suo padre. 
“Io…ehm…” balbettò il ragazzo.
“Ehi ma dove hai la tua valigia?” continuò Finn. “L’hai lasciata in macchina? Devo andare a prendertela Burt?”
Kurt finalmente riuscì a formulare una frase di senso compiuto e a farsi valere. Certo, aiutò anche il tono di voce particolarmente acuto che utilizzò per sovrastare il frastuono che quei pazzi stavano facendo. “Ehi ragazzi…RAGAZZI! Ascoltatemi….io non sono il signor Hummel….nel senso sono un Hummel, ma non sono Burt….sono Kurt suo figlio….sono venuto per parlare di una cosa importante con il padrone di questa casa.” 
A quelle parole calò immediatamente il silenzio. Tutti lo fissavano senza dire nulla e Kurt si guardava attorno spazientito.
“….il signor Burt Hummel quindi non è venuto…” sussurrò finalmente Artie con un tono particolarmente sconvolto.
“No” rispose secco Kurt.
“Pe-perché” domandò Santana titubante.
“Questo non vi interessa. Vi chiedo solo di chiamare il vostro padrone e dirgli che sono qui. Avrei fretta. Voglio tornare a casa prima che ricominci a nevicare”. Santana, Artie e Finn si guardarono velocemente negli occhi e poi fu Finn a ricominciare a parlare:
“Forza…prendi la tua giacca, se-sei ancora in tempo a scappare! Torna a casa, prendi tuo padre e cambia città, anzi stato, così sei più sicuro…” e dicendo questo il ragazzo alto stava spingendo Kurt verso la porta d’ingresso. 
“Ehi Ehi Ehi…ma siete impazziti? Io devo parlare con il Signor Anderson….ho un messaggio da parte di mio padre…” urlò Kurt dimenandosi. 
“Shhh non urlare così forte oppure il padrone ti sentirà…” lo rimbeccò Artie sottovoce guardandosi attorno.
Troppo tardi.
Una porta alle loro spalle si aprì vigorosamente e il gruppetto si girò di scatto. Immediatamente i tre inservienti corsero in silenzio e a testa bassa di fronte alla figura che stava procedendo con passo lento verso Kurt. 
Il ragazzo capì immediatamente che quello doveva essere il Signor Anderson. Eppure non gli era chiaro come potesse incutere così tanto terrore e riverenza una figura così piccola. Kurt lo squadrò velocemente. Ad occhio e croce doveva avere circa la sua età. Si accorse subito che era addirittura più basso di lui. Il suo fisico era prestante, certo, ma non possente come quello di Karofsky per esempio.
Tutto fu più chiaro solo quando il ragazzo giunse proprio di fronte a Kurt e sollevando lo sguardo lo fissò intensamente. I suoi occhi erano tendenti al giallo e totalmente inespressivi. Le folte sopracciglia incorniciavano lo sguardo del ragazzo dandogli un’aria truce, accresciuta dalla barba incolta che gli ricopriva tre quarti del viso. Kurt non poté tuttavia evitare di notare quanto fossero belli i lineamenti di quel ragazzo, nonostante fossero induriti da quell’espressione corrucciata. 
Dopo un momento sospeso di silenzio, il padrone di casa iniziò finalmente a parlare. Kurt non riusciva a capire come mai desiderasse così tanto sentire la voce di quel ragazzo. 
“E così ho sentito bene….tuo padre non è qui.” Disse con tono rude e graffiante. Non era una domanda, ma un’affermazione. Eppure Kurt si sentiva in dovere di rispondere, ma le parole non gli uscivano di bocca. Cercò di far mente locale e di ricordarsi come posizionare la lingua per articolare qualche frase di senso compiuto, eppure niente. Era troppo spaventato. Quegli occhi, quello sguardo così intenso lo avevano sconvolto. Si sentiva attratto ma nello stesso tempo impaurito. Voleva scappare subito, uscire da quella casa e andarsene per sempre; dimenticare quella mattinata tornando a immergersi in uno dei suoi libri. Ma quegli occhi erano li, immobili e inchiodati nei suoi. Kurt dovette prendere un grosso respiro e pensare intensamente a suo padre prima di riuscire a ricordarsi anche solo il suo nome. Perché quel ragazzo gli faceva quello strano effetto? Si voltò verso la servitù e incrociò lo sguardo di Artie. Il custode con un cenno della testa gli fece capire di dire qualcosa. Così Kurt ci riprovò. Aprì la bocca e facendo molta attenzione a non indugiare troppo sul volto del ragazzo che si trovava proprio di fronte a lui iniziò a biascicare qualcosa.
“Ehm…signor Anderson…io sono Kurt Hummel…il –il figlio di Burt. Mio padre mi ha mandato qui per darle una notizia….è…è molto dispiaciuto, ma…ma ieri ha avuto un infarto ed è costretto a letto per qualche tempo…lui…lui si scusa tantissimo per il disagio…”
Ma cosa stava facendo? Si stava scusando? Ma se era colpa di questo ragazzo se suo padre ora si trovava in una stanza d’ospedale e aveva quasi rischiato la vita! Dov’era finita tutta la risolutezza della sera prima? Kurt non riusciva proprio a capire da dove gli fossero uscite quelle parole.
Impassibile. Il padrone di casa era rimasto impassibile. Kurt non riusciva a leggere nulla negli occhi di quel ragazzo. Fino a quando non lo vide serrare le labbra e schiocchiare le dita. Finn si avvicinò e afferrò Kurt dalle spalle. Il ragazzo era interdetto. Non capiva cosa stava succedendo ma era stato colto di sorpresa. Iniziò a dimenarsi scalciando e urlando. Il padrone di casa rivolse uno sguardo a Finn e con il suo tono di voce piatto ordinò a Finn: “Portalo di sopra, e sedalo se necessario.” Poi si girò di nuovo verso Kurt e incatenò i suoi occhi in quelli del ragazzo. Dopo qualche secondo pronunciò queste parole: “Mi era sembrato di essere stato abbastanza chiaro. Avevo preso degli accordi con tuo padre, l’avevo avvertito. Se lui non potrà esserci, rimarrai tu. Nessuno disobbedisce agli Anderson. Nessuno”.
 
 
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato la FF, che l'hanno inserita tra le seguite/preferite/ricordate o che l'hanno solo letta!
Fatemi sapere se vi va cosa ne pensate di questo capitolo, e soprattutto ditemi se riuscite a individuare  a chi corrisponde ogni personaggio...in caso contrario nel prossimo capitolo faccio una bella lista, così vi è tutto più chiaro!
Ottavia
   
 
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