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Autore: Luffies    09/03/2012    4 recensioni
Strinse il lenzuolo sotto di sé mentre le lacrime scendevano senza sosta. Non cercava di trattenere i singhiozzi. Voleva solo morire. Come Ace.
Si morse il labbro con violenza e sentì il pungente sapore del sangue stuzzicargli la lingua.
Valeva la pena continuare ad amare, se poi doveva subire un dolore così insopportabile?
Forse No. Si rispose mentre le lacrime gli offuscavano la vista.
AcexRufyxZoro
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Della serie a volte ritornano XD eccomi qui! Di nuovo con voi! Vorrei chiedere scusa ai lettori che mi hanno visto sparire un giorno e poi non mi hanno più rivisto per mesi! Mi dispiace tanto! E stato molto scortese sparire così da parte mia.. Spero che mi perdonerete! Grazie a tutti coloro che hanno votato siete magnifici!
SAPPIATE CHE OGGI E’ UN GIORNO IMPORTANTE PER ME.. NON PERCHE’ HO DECISO DI TORNARE MA PERCHE ESATTAMENTE UN ANNO FA PUBBLICAVO IL PRIMO CAPITOLO DI QUESTA STORIA… ORA SONO A 30 CAPITOLI.. SPERO CHE UN GIORNO CON IL VOSTRO AIUTO RIUSCIRO’ A CONCLUDERLA <3

Un amaro risveglio.

- Ma si può sapere come fai a dormire in un momento come questo!?- Sbraitò Iva battendo le manone sulla scrivania. - Cappello di Paglia _Boy rischia di morire in questo preciso istante e tu stai qui a non fare niente! Che Razza di uomo sei!?-
L’ individuo in questione sembrò non aver recepito il messaggio e continuò la sua beata pennichella. Si passò una mano tra i folti capelli neri, schiuse gli occhi un istante e subito dopo li richiuse sbadigliando sonoramente come se la cosa peggiore che potesse capitargli al momento fosse non trovare più comoda la poltrona sulla quale era largamente spaparanzato.
- Di grazia, pensi almeno di rispondermi?- Aggiunse la regina degli Okama, incrociando le braccia al petto con aria stizzita.
L’ uomo gli rivolse uno sguardo che la lasciò interdetta. Aveva lo sguardo assente, come immerso in un oceano di pensieri, Iva si sentì quasi in colpa per le dure parole che gli aveva rivolto.
- Perdonami, non dovevo. Sarai sicuramente più preoc_-
- Secondo te è ancora aperta la cucina, Iva? Mi sta venendo un certo languorino.-
Per poco Iva non si soffocò con la propria saliva. Annaspò sconvolta, rimanendo a bocca aperta poi sentì le orecchie prendere fuoco per la collera e il disappunto.
- Ma ti ha dato di volta il cervello?! Brutto zuccone, il ragazzo rischia di perdere la vita! Lo capisci dannazione?!..-
L’ uomo si alzò prendendo a girare per la stanza con aria pensierosa.
- Potrei prepararmi un panino..-
- ..Smettila di dire stronzate! Da quando e qui non sei andato a vederlo neppure una volta! Ma ti sembra normale?!..-
- ..oppure potrei vedere se c’ è ancora un po’ di riso a curry..-
-.. Vuoi starmi a sentire?! Persino tuo padre sembra preoccupato mentre vuoi farmi credere che a te la cosa non fa ne caldo ne freddo?!..-
- Oppure..-
- ..Puoi almeno fingere di volergli bene!?- Sbraitò infine Iva con occhi spiritati e tutta la voce che gli rimaneva.
L’ uomo si voltò di scattò verso di lei, senza pronunciare un suono. Aveva gli occhi stretti in due fessure così piccole che nemmeno la più minuscola delle chiavi avrebbe potuto accedervi, e la mascella tesa come una corda di violino. Tremava, anche se Iva non capì in preda a quale emozione, mentre la giugulare pulsava come a voler esplodere da un momento all’ altro. In un battito di ciglia, l’ Okama vide il tormento e la stanchezza in ogni ruga, ogni solco di pelle di quel viso che conosceva da una vita. Un viso che ora gli sembrava invecchiato di anni in un solo giorno. Pentita, rimase in silenzio trattenendo persino il respiro.
L’ uomo deglutì, si voltò ancora ed imboccò la porta lasciandola chiusa alle proprie spalle.
Il corridoio davanti a sé era deserto e lugubre, proprio come piaceva a lui. Sospirò, volergli bene? No, dopo quello che gli aveva fatto non ne aveva più il diritto.

***

Per un tipo come Ace, sempre circondato da baldoria e schiamazzi, urla e battute; il silenzio era annientante. Gli feriva le orecchie con forza facendogli sanguinare la testa e l’ anima. Lo aveva sempre accoppiato con la solitudine. Brutta bestia anche quella. Ci aveva passato l’ infanzia, triste e tormentata infanzia, era quasi arrivato a considerarla una compagna di giochi mite e silenziosa. Poi erano arrivati Sabo e Rufy.
Due piccoli e apparentemente insignificanti raggi di pallida luce che gli avevano fatto venire voglia di viverla quell‘ esistenza tanto assurda e odiata. Ripensandoci ora gli veniva quasi da sorridere. Come avesse fatto a passare dal considerarli così velocemente due mocciosi senza speranza _ soprattutto più Rufy che Sabo _ ai suoi adorati fratelli non ne aveva la più pallida idea, ma andava bene lo stesso. Dopotutto aveva sempre pensato Ace, che i miracoli non avessero mai un vera e propria spiegazione. Sì perché il suo era stato un miracolo. Uno dei più grandi, uno dei più belli che il mondo avesse mai visto. Sì, ne era pienamente convinto.
Sospirò passandosi una mano sugli occhi stanchi e arrossati.. Normalmente ripensare a quando erano bambini gli metteva serenità, ma in quel frangente non mutò niente nel suo cuore. Ancora quella tremenda… non sapeva nemmeno come chiamarla quella sensazione.. Forse ansia, o angoscia o dolore.
Guardò di nuovo il fratellino, quasi gli sembrava di non fare altro da giorni.. probabilmente era proprio così. Oramai conosceva a memoria il suo viso, ecco perché vederlo in quello condizioni era così devastante per lui.
Tese una mano verso la fronte tremante dell’ altro, portando all’ indietro i capelli umidi di sudore gelido e l’ ennesima fitta gli artigliò il cuore.
Ace maledisse se stesso e la sua gelosia. Maledisse ogni cosa, ma non mosse un muscolo. Non aveva la forza di farlo, era ritornato la creatura schiva e apatica di un tempo. Soffriva come un cane ma sentiva che tutto quel dolore non era abbastanza. Aveva passato due anni a cercarlo e ricercarlo in ogni angolo del mondo, quasi poteva dire di averlo girato tutto oramai. Era quasi buffo, in 5 anni di pirateria ne aveva passato 1 a trovare una ciurma che lo amasse per quello che era, 2 alla ricerca di un uomo che potesse placare la sua sete di vendetta e i rimanenti per ritrovare Rufy.. Tutto quello da cui avrebbe voluto allontanarsi un tempo. In sostanza la sua era stata fino ad ora un’ avventura piuttosto solitaria e sconclusionata a buon rendere. Ma Ace non era quel tipo di persona che sta a guardarsi indietro e a tirare le somme della propria esistenza. No davvero. Se C’ era una cosa che Rufy e i suoi “ altri fratelli” gli avevano insegnato era proprio questa: “Mai guardarsi indietro, guarda sempre avanti, Ace. Al futuro, a tutte le cose che ancora ti aspettano.” In quel preciso istante non riusciva a guardare né indietro né avanti. Non avvertiva nemmeno il presente. Era come in uno stato di trance, bloccato in un limbo da cui aveva paura di uscire per non dover affrontare quello che sarebbe venuto.. Allora pensò ai suoi compagni, di sfuggita ma con una punta di nostalgia. Forse se fossero stati accanto a lui ora non si sarebbe sentito così. Rifletté su questo un istante. Improbabile visto l’ amore che nutriva per il fratello.
Fremette. Chissà come stavano tutti al momento.. Non ne aveva idea. L’ ultima volta che li aveva visti era stato a Marineford dopodichè aveva deciso di non avvicinarsi più a loro.. Era grato per quello che avevano fatto per lui ma era convinto che così non li avrebbe arrecato più danni di quelli che già li appesantivano.. Tuttavia continuavano a mancargli.
Gli mancavano i suoi sottoposti ed i loro festini improvvisati.
Gli mancava Marco, quell’ uomo freddo ed inespressivo che lo aveva fatto sentire a casa dopo tanto tempo. Colui che ormai doveva aver preso il posto di Barbabianca. Già.. Il suo adorato Babbo. Lui gli mancava più di tutti, in un modo particolare, non come un amico o fratello ma come un appiglio.. Esattamente come un padre che lascia un figlio troppo presto.
Non sapeva il motivo per cui era finito col pensare a queste cose.. Forse per non dover affrontare pensieri peggiori. Quelli da cui probabilmente non sarebbe uscito sano di mente per il troppo dolore. Ace tentava di ignorare l’ evidenza ma lui lo sapeva. La dura verità gli appariva davanti con un insistenza tale da non poterla ignorare,
Ogni ferita sul corpo di Rufy ne era il muto testimone che tuttavia urlava a gran voce. E gridava e si dibatteva.
Ogni singulto da parte di quel corpo stanco e provato equivaleva alla prova più schiacciante.
Persino ogni singolo, doloroso respiro che usciva dalle sue labbra sembrava volerlo accusare ancora e ancora in un circolo infinito e spietato.
Gli parve quasi di sentire il tonfo sordo del martelletto del giudice battere con forza sul legno urlando “ Colpevole, Colpevole!” . Ace da quella voce non poteva scappare.. Perché era la sua.
- Ehi.- Una voce lo distolse dai suoi pensieri. Non si girò nemmeno verso di essa sapendo già a chi essa apparteneva. Pugno di fuoco non rispose, non gli andava di fingere che tutto andasse bene. La figura, allora, prese ad avanzare verso il letto fermandosi proprio accanto al ragazzo che non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
L’ uomo sospirò incrociando le braccia al petto con lo sguardo serio rivolto verso Rufy. - Come va?-
Ace scrollò le spalle vago: - Come al solito. Non migliora e non peggiora.-
L’ altro sistemò distrattamente il berretto da Marine sulla testa puntando poi gli occhi sull’ altro giovane.
- Non mi riferivo a lui.-
Non poteva crederci. Rufy era ad un passo o forse meno dalla morte e quel maledetto vecchiaccio chiedeva di lui. Roba da pazzi. Al ragazzo per un’ istante venne voglia di appenderlo al muro e spaccargli il muso a suon di pugni. Ma si trattenne pensando a tutto quello che quell‘ uomo aveva fatto per loro.
- Io sto bene.- Mormorò atono come una corda di chitarra scordata.
- Certo ma se continui a non mangiare potrebbe durare ancora per poco, non trovi?-
- Non mangio perché non ho fame.-
- E non dormi perché non hai sonno, dico bene?- Ribeccò ancora l’ individuo.
Lo sguardo di Ace, quello apatico e nervoso che usava ormai da giorni, si incrinò un poco mentre andava ad abbassarsi sul pavimento. Cosa che fu notata immediatamente dall’ altro che sbuffò. - Senti Ace a me non me ne può fregar di meno se non mangi o non dormi o che altro, sei un’ uomo e devi provvedere da solo a queste cose, ma non mi va di badare alla tua salute oltre che alla sua.- Concluse con il solito tono burbero facendo un cenno a Rufy.
Rimasero in silenzio per una manciata di secondi mentre il continuo e fastidioso suono dell’ encefalogramma spezzettava l’ aria tesa come un coltello.
- Ace, mi sta ascol_-
- Dimmi una cosa..- Lo interruppe il ragazzino in un soffio di voce. - ..Ma prima giurami che sarai sincero.-
L’ individuo si bloccò interdetto da quella pallida reazione, sembrava tornato il bambino smarrito e triste di un tempo. Quando finalmente Ace si decise a guardarlo negli occhi per accertarsi che non mentisse, il vecchio finse di non vedere la vergognosa paura che gli distorceva il volto che gli riportava alla mente ricordi di vita e di era passata.
- Credi.. Che si sveglierà?- Mormorò come se Rufy stesse solo dormendo e lui non volesse disturbarlo.
L’ anziano sostenne il suo sguardo per un po’, davanti a sé nemmeno l’ ombra di quel ragazzo pieno di vita che giocava a sfidarlo regolarmente, ma solamente un ragazzino spaventato dall’ idea di perdere la cosa che più cara gli è al mondo e di certo non lo biasimò per questo. Prese a fissare la sacchetta di sangue da trasfusione davanti a sé, aveva un colore scuro; quasi grumoso. Un brivido gli attraversò la schiena mentre il punto dalla quale lo avevano prelevato tornava a pizzicare sotto le bende. Gliene avevano portato via un sacco e dire che non era stato nemmeno l’ unico donatore. Sospirò. Un sospiro stanco ma pieno di fiducia.
- Sì. Penso che si sveglierà.- Non lo disse per rincuorare Ace o sé stesso, semplicemente era più che convinto della forza d’ animo d’ animo del suo Rufy. Non lo avrebbe preso sotto la sua ala, altrimenti. Ne lo avrebbe allenato. - Non so dirti il motivo ma so che è così.. Credo in lui e dovresti farlo anche tu. Non è il tipo che molla.. Dovresti saperlo meglio di me.- Concluse con un sorrisino quasi paterno.
Vide con la coda dell’ occhio l’ annuire pensoso di Ace e credette di aver detto la cosa più giusta. Ci furono ancora pochi attimi di silenzio prima che Pugno di fuoco parlasse di nuovo, con una nota un filo più serena nella voce.
- Lui non viene a vedere come sta?- Chiese riferendosi al Capitano della nave sulla quale erano imbarcati.
Il Marine si limitò ad alzare le spalle vago.
- Tz.. Vallo a capire quello..lo conosco da una vita ed ancora non riesco a capire che gli frulla in quella zucca..-
- Sarà genetico..- Fece Ace - Comunque se eri venuto qui solo per questo ora te ne puoi anche tornare di sopra, vecchio.-
L’ uomo in questione si infervorò e tentò dal mollare uno dei suoi famosi destri sulla testa del più giovane ma si trattenne permettendosi solo uno scapellotto semi-affettuoso e una scompigliata ai capelli.
- Non parlarmi un questo modo, moccioso!-
Ace si scostò sbuffando.
- E non trattarmi come un bambino!-
- Ti tratto come mi pare e piace invece, signorina!-
- Bastaaa!-
L’ uomo ghignò appena lasciandolo andare e dirigendosi di nuovo verso la porta mentre Ace si ricomponeva. Stava per uscire dalla porta e tornare da quel degenerato per riferirgli le condizioni del ragazzo quando Pugno di Fuoco disse qualcosa che lo fece trasalire.
- Ehi… Grazie di tutto, Nonno..-
Garp , a quelle parole, sentì chiaramente una corrente calda partire dallo stomaco scorrere tra le arterie e le ossa fino ad arrivare alla parte alta del petto. ..“Nonno”.. quella parola, detta da uno dei suoi nipoti lo scuoteva sempre nel profondo.. Se poi si aggiungeva ad una situazione del genere, la commozione era quasi d’ obbligo.
Decise di non rispondere per non far sentire al ragazzo l’ incrinarsi della sua voce e uscì di fretta dalla stanza credendo, o meglio sperando, che Ace non avesse notato la sua debolezza ma non andò come sperò. Dopotutto, Pugno di fuoco non era di certo un idiota qualunque e soprattutto conosceva i tasti giusti per far crollare l’ apparente facciata da duro del vecchio. Ma come questi gli aveva ben insegnato restò in silenzio, per lasciare dignità all’ avversario sconfitto.
Quando la porta fu chiusa ed Ace si ritrovò nuovamente solo con il fratello era forse un pò più sereno, forse no.
Prese la mano di Rufy e la strinse.
- Sentito, Ru? Anche lui crede in te.. Non vorrai mica deluderlo?-

***

Rufy non aveva mai temuto la morte. Gli metteva tristezza, certo. Ma temerla No. Non considerava nemmeno l’ idea del paradiso o dell’ inferno, non perché non ci credesse ma solamente per il fatto che riconduceva il perire all’ incoscienza. Quella completa. Come un lungo sonno senza sogni. Immobile, nero ed impenetrabile. E lui non la temeva affatto, dopotutto non era molto diversa dal riposo. Molte persone si sarebbero sentite soffocare in una desolazione tale ma non lui. Questo era quello che pensava..Fino a quel momento. Ora gli appariva chiaro di quanto la morte lo terrorizzasse. Avrebbe preferito la solitudine alla tremenda tortura che stava subendo. La cosa più brutta fu che l’ indicibile dolore che provava dopo il combattimento con Kizaru diventò la parte più “leggera” della sua agonia.
La sua mente era così piena di immagini da fargli credere che sarebbe potuta scoppiare da un momento all’ altro. C’ era sangue. Tanto sangue. E c’ era Zoro. C’ era Ace. C’ erano i suoi compagni. E urlavano. Urlavano tutti. Voci arrabbiate, altre disperate da far venir la pelle d’ oca. E poi incubi senza trama alternati all’ oblio più inespugnabile. Rufy vedeva volti orribili, a volte solo ombre. Gli stavano davanti facendosi scappare sussurri incomprensibili.
Dov’ era la rassicurante desolazione?
Dov’ era la pace dell’ animo?
Lui queste sensazioni non era riuscito a sfiorarle nemmeno con un dito da quando era in quel ‘luogo’. Gli pareva di trovarsi li da tutta la vita, a toccare il fondo della disperazione.
Quando, dopo interminabili incubi e pene, schiuse finalmente gli occhi gli sembrò di uscire da anni ed anni di continue torture.
Era abbastanza certo di essere disteso, forse su qualcosa di morbido. Intorno a lui solo buio rischiarato appena da una luce biancastra che proveniva da chissà dove, magari ciò che sentiva al momento non era altro che l’ ennesimo sogno, ma qualcosa gli suggerì che non fosse così.
Il suo respiro suonava amplificato alle sue orecchie, ma non era l’ unico rumore che riuscisse a percepire. Il silenzio era spezzato da un “bip” ritmico e acuto che gli sembrava di aver già sentito in passato.
Mentre quella eterna litania continuava, cercò di riordinare in parte le idee, impresa alquanto ardua visto la testa dolente e i muscoli intorpiditi. Strinse gli occhi sforzandosi poi di tenerli aperti e quando vi riuscì la prima cosa che vide di fronte a sé fu un soffitto di legno, scuro e apparentemente solido, ma sconosciuto.
Si sentiva confuso e_ nonostante si fosse appena svegliato_ stanco. Mortalmente stanco. Il suo respirò tremò. La mente ottenebrata da strani e indistinti pensieri di cui non aveva memoria, non voleva saperne di dirgli cosa era successo prima del suo risveglio. Strinse appena le mani su sé stesse. Una artigliò il lenzuolo, l’ altra venne a conoscenza di un contatto ben più piacevole. Caldo e confortante come una tiepida giornata marzo, quando l‘ inverno pareva sciogliersi al sole di una nuova e attesa primavera.
Fece per voltare la testa_ non con poco affaticamento, visto la fitta tremenda al collo della quale non riusciva ancora a ricordare la provenienza_ e infine lo vide lì, al suo fianco, chinato sulla sponda del letto con il viso tra le braccia incrociate.
Il suo cuore perse un battito, il respiro si fermò in gola e tutte le domande e le ipotesi sul perché si trovasse lì sparirono come lavate via da un onda del mare. Schiuse le labbra immobili da tanto, forse da giorni, tentando di pronunciare il suo nome.
- Ace.- Mormorò così piano che quasi non si sentì neppure lui, al contrario il compagno sembrò avvertirlo benissimo.
Ace non stava dormendo affatto _ come avrebbe potuto d’altronde?_ lo stava solo aspettando, come si era ripromesso di fare. Boccheggiò alzandosi di scatto come se si fosse scottato, sgranò gli occhi castani facendo notare a Rufy le profonde ombre nere sotto di essi. Erano occhi sfiniti, ma brillanti di gioia. Immobile mosse le labbra come per dire qualcosa che il minore interpretò come “ è un miracolo.”poi, con impeto si lanciò contro di lui.
Rufy gemette per la sorpresa e per il dolore alle ferite mentre si lasciava abbracciare dal fratello che sembrava volerlo soffocare tanto lo stringeva stretto.
- Ace, ma che_?-
- Lo sapevo, Ru.- Lo interruppe subito il maggiore. - Sapevo che ti saresti svegliato.- Mormorò con voce spezzata.
Rufy, istintivamente, contraccambiò la stretta, accarezzando distrattamente i capelli del fratello. Si sentiva frastornato e confuso, come se si trovasse in una realtà parallela. Non riusciva ad elaborare un pensiero coerente tante erano le domande e i pensieri che gli affollavano la mente.
Ace si scostò e sorrise radioso guardandolo negli occhi, Rufy notò che erano lucidi e lacrimanti.
- Piangi fratellone?- Chiese accarezzandogli una guancia.
Ace rise tra le lacrime. - Iniziavo a pensare che non mi sarei più sentito chiamare così.-
Il più giovane non capì la sua risposta, ma non ci fece caso. Si guardò meglio intorno ma la stanza gli appariva ancora sconosciuta.
- Perché mi trovo qui?!- Domandò voltandosi ancora verso il compagno in cerca di risposte. - E soprattutto dov’è “qui”?! Cos‘è successo?!-
- Ehi, Ehi quante domande! Hai dormito 5 giorni di fila, per ora è meglio che non ti sforzi e te ne resti tranquillo, Fratellino!-
Rufy rimase sconcertato.
- Cin_Cinque..-
- Già.- Rispose sorridendo amaramente Ace. - Quando ti ho trovato eri praticamente morto.-
- Quando mi hai trovato?-
Portughese annuì gravemente, poi abbassò la testa come se si vergognasse.
- Sono stato un idiota.- Ammise. - Non avrei mai dovuto comportarmi .. Da stronzo.- Sospirò. - Non riesco a non pensare a quello che sarebbe potuto succederti se non ti avessi trovato.. Non ho fatto altro che metterti nei guai e farti stare male, io e la mia stupida gelosia!-
Rufy a quell’ ultima parola sentì una scarica elettrica attraversargli il cuore. Si sentiva come se tutti i pensieri confusionari nella sua testa andassero a spartirsi per formare una linea pulita e profonda nella sua memoria.
Aprì la bocca come per dire qualcosa ma nessun suono uscì da essa. Strinse gli occhi cercando di ricordare.

“ TU DEVI STARE LONTANO DA LUI!”

Frasi ed immagini diventavano più nitide, secondo dopo secondo.

“Dici di amarlo.. Ma non sei disposto a rinunciare a tuoi sogni per lui.”

I ricordi vennero a galla facendo tremare la superficie d’ acqua che poco prima pareva dovesse stare immobile per sempre.

“Perché metti me è lui sullo stesso piano!? ! Spiegami perché!”

Riconobbe la voce di Ace in quella cacofonia di urla e parole apparentemente senza senso logico. Si portò una mano alla testa che sembrava scoppiare. Avevano litigato di questo si ricordava. Avevano litigato per .. ?

“Non devi preoccuparti per me. Sto bene.”

Per cosa?.. Per CHI?

“Mi dispiace per aver messo le mani addosso a tuo fratello. È stato un gesto stupido e insensato.”
“Altrochè se lo è stato. Sono comunque contento che te ne sia reso conto.. Spero che non riaccada più..”
“Stanne pure certo.”


Ricordava quella conversazione, quella voce profonda e calda era famigliare come nessuna altra. Una fitta terribile ed un capogiro lo colsero impreparato facendolo piegare leggermente su se stesso.
Ace trasalì prendendolo per le spalle. - Rufy! -
Cappello di paglia ansimò.

“ Voglio venire con te.”

Quella voce..

“ Non ti azzardare a toccare il mio Capitano!”

A chi diavolo apparteneva quella voce!? Sentiva come se la risposta fosse ovvia ma allo stesso tempo irraggiungibile.
Vide una lama davanti a sé. L’ aveva già vista prima. Gli sembrò di avvertire un dolore sfibrante alla base del collo, poi alla spalla, poi al braccio e ancora a tutto il corpo.

“Questo ti farà male, Cappello di paglia.” Disse qualcun altro.

Gemette forte, gli mancò il respiro.
- Rufy!- Ripeté Ace in allarme. - Che hai?!-
Il ragazzino si accasciò in avanti premendo la fronte accaldata sul petto del fratello. Ace lo strinse a sé, mortalmente preoccupato.
- Ace.. La caverna.. Il pugnale.. Lui ..-
- Non sforzarti Rufy! Non ci pensare, sei ancora troppe debole!- Lo pregò il compagno, ma Rufy non poteva non pensarci più e basta. Oramai i ricordi avevano preso il sopravvento. Era come in uno stato di trance.

“ Non dirlo nemmeno!”

In appena 30 secondi Rufy stava rivivendo una nottata intera. Una terribile nottata.

“A_anche se sto per morire.. Sono.. Sono contento di essere con te, ora.”

“Contento di stare con chi? Con chi!?” Si chiese.
- Chi?- Mormorò perso in un mondo suo.
Ace non sapeva più cosa fare. - Rufy, basta. Ti farai solo del male.- lo scosse debolmente come se dovesse svegliarlo. - Smettila di pensare.-
Ma Rufy non riusciva più a sentirlo, aveva perso il senso della realtà. Era vicino alla risposta, lo sentiva.

“ ..Moriremo…non è così?”
“ No… Tu vivrai.”


La patina opaca che opprimeva i suoi ricordi andava scemando. E lui che prendeva coscienza dei fatti. Sentiva l’ angoscia salire come un fiume in piena verso il petto.

“ Se proprio devo morire.. Tanto vale farlo con il tuo sapore sulle labbra.”

A quelle ultime parole fu come se in Rufy scoppiasse una bomba.
Spalancò gli occhi fino a farsi male. - No!- Urlò affondando le unghie nella propria carne.
Abbassò il capo come se qualcosa lo avesse colpito alla base della nuca. Si portò le mani alla testa, rigido come un manico di scopa.
- No!- Ripeté con voce spezzata.
Ace mandò giù la saliva, ansimante. Doveva calmarlo a tutti i costi, non poteva sopportare di vederlo in quello stato.
Prese tra le mani tremanti il viso del fratellino che sulle prime provò a sottrarsi a quella presa.
- Rufy!- Lo chiamò Ace. - Guardami Rufy..-
Cappello di paglia cercò di divincolarsi ancora una volta.
- Guardami! - Disse più deciso il maggiore vincendo la sua resistenza e costringendolo a rivolgere lo sguardo verso di lui. Gli occhi di Rufy fecero rabbrividire Ace, erano così.. Tormentati e vuoti. Sembrava un bambino che si è appena svegliato da un incubo tremendo. Dove era andata a finire quella luce che amava tanto?
Sospirò, tentando l’ unica manovra che conoscesse per tranquillizzarlo. Si avvicinò con moderata lentezza e lo baciò tentando di infondergli una sicurezza che stava perdendo pure lui stesso.
Rufy a quel contatto sentì il cuore frantumarsi in milioni di pezzi. Chiuse gli occhi e chissà per quale motivo la sua memoria si accese come una lampadina, portandolo all’ ultimo bacio che aveva avuto. Tutto divenne finalmente chiaro come il sole cocente ed un ultima dolorosa frase gli risuonò nella testa.

“ Ricordati che ti amo.”

Trasalì quasi strozzandosi con il suo stesso respiro e aprì gli occhi di scatto. Per un istante gli sembrò di star baciando un’ altra persona , si staccò brutalmente rimanendo comunque vicino per poterlo guardare meglio
Quando il compagno che apri gli occhi, Rufy credette di essere impazzito. Davanti a sé non vide più le iridi castane di Ace ma quelle verde brillante di qualcun’ altro che conosceva molto bene. Insieme al suo viso duro ma dolce.
L’ illusione dirò un battito d’ ali, poi si infranse ed Ace tornò quello di sempre, preoccupato ed in attesa, ma sempre lui. Rufy lo osservò ancora un istante mentre il nodo che aveva in gola si scioglieva in lacrime. Aprì la bocca sussurrando, in modo quasi impercettibile, la risposta che aveva tanto cercato, la x nella sua memoria che fino a quel momento non era riuscito a trovare.
- Zoro.-


______________________________
Angolo dell’ autrice: mia buona gente spero che questo capitolo vi sia piaciuto! MI RACCOMANDO CONTINUATE A VOTARE! PER IL MOMENTO LE ZOLUISTE SON IN VANTAGGIO! ACELUFYSTE! CHE FATE??? FATEVI AVANTI OIBO!

Grazie a tutti che mi seguono recensiscono e così via.. Vi amo <3

Continuo: Venerdì 23 Marzo 2012














  
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