Capitolo 9
Arrivai a Los Angeles
alle prime luci dell’alba. In aereo avevo viaggiato per parecchie ore,
considerando da dove ero partito: l’Australia.
Anche se ero stanco morto
ero molto felice di essere di nuovo in America.
Dopo quasi un anno avrei
rivisto Noemi, la mia migliore amica. Io e quel diavoletto c’eravamo conosciuti
in Sardegna quattro anni prima, regione dove lei è nata dalla bellezza
inspiegabile.
Il nostro incontro fu al
quanto movimentato: ero in spiaggia, sdraiato su una comoda sdraio a prendere
il sole di luglio. Lei stava passeggiando distrattamente , sorseggiando la sua
granita alla menta e ascoltando musica dal suo lettore cd attaccato al pareo
bianco legato alla vita.
Io ho il terribile vizio
di allungare le gambe, lei non vide i miei piedi e ci inciampò cadendo,
versandomi la gelida granita addosso, anche in posti dove non doveva entrare.
Scattai in piedi
togliendomi i pezzettini di ghiaccio con le mani. Lei non sapeva come scusarsi,
si tolse il pareo e mi asciugò il petto e il viso nervosamente. Aveva un
espressione così dolce che non potei fare a meno di sorridere. La rassicurai,
dicendole che non era affatto colpa sua e che ero io quello che doveva scusarsi
con le per averla fatta cadere.
Dal quel giorno
cominciammo a frequentarci. Inizialmente ci vedevamo solo in spiaggia, poi
cominciarono le prime uscite serali, lo scambio del numero di telefono e le
lettere.
Fu lei ad incoraggiarmi a
partecipare ai provini de “Il Signore degli Anelli”. Le avevo raccontato più
volte della mia grande passione per il cinema e la recitazione e altrettante
lei mi aveva spronato per farmi partecipare alle selezioni.
Quando ottenni la parte di
Merry fu la prima a saperlo. La invitai a cena e la obbligai a venirmi a
trovare ogni tanto in Nuova Zelanda, cosa che però non avvenne per i numerosi
impegni che anche lei aveva.
Ogni sera ci sentivamo al
telefono e le raccontavo dettagliatamente tutto quello che succedeva dentro e
fuori dal set, dalle sfuriate di PJ per le mie trovate stravaganti e per i
dispetti che facevo un po’ a tutti e delle gare a chi bevevo più rum in
mezz’ora.
Lei non era molto
d’accordo sul fatto che mi ubriacassi, ma allora stesso tempo ci rideva sopra
pensando a tutte le stupidate che potevo sparare in quello stato pietoso.
“Siamo arrivati, signor
Monaghan” mi disse il taxista fermandosi davanti alla lussuosa villa.
“Grazie e tenga pure il
resto” gli dissi tendendogli 50 $.
Scesi e mi incamminai
alla porta della villa. Guardai l’orologio e solo allora capii che erano appena
le 7:30 del mattino e per di più era domenica.
Noemi mi aveva parlato di
questo film a sprazzi: mi aveva raccontato del provino, della parte per cui
doveva essere selezionata e , dopo un mese, che era stata presa. Era entusiasta
e non stava più nella pelle. Io ero felice per lei, almeno così ci potevamo
vedere un po’ più spesso alle feste mondane, anche se lei non ambiva a quello
ma a rendere reale il suo sogno del cassetto: diventare una grande attrice.
In più avrei rivisto quel
pazzo scatenato di Orlando. Da quello che mi aveva detto Noemi, era scontroso,
un pavone altezzoso, un grande scassa palle.
Io le avevo detto che non
era possibile, che quello non poteva essere Orlando e di informarsi bene se
fosse realmente lui, ma ottenni una sfuriata allucinante che per poco non mi
ruppe un timpano.
E questo era anche il
secondo motivo della mia visita a Noemi: vedere che passava per la testa al
lunatico elfo.
Entrai, avvicinando a
passo deciso alla reception “Buongiorno! Sa dirmi dove alloggia la signorina
Noemi Milano?” chiesi in tono formale, che non mi si addiceva per niente.
“La signorina Milano
alloggia nella camera numero venti. E’ un po’ presto ma avviserò la signorina
del suo arrivo, signor….” Mi rispose esitando sul nome. Alzai un sopraciglio
infastidito dal fatto che non mi avesse riconosciuto “Monaghan, sono Dominic
Monaghan. So che è un po’ presto, ma conosco la mia amica e so che a quest’ora
è già in piedi. Non l’avvisi, voglio farle una sorpresa” calcai il mio nome
sorridendo beffardo.
L’uomo mi squadrò un
attimo e tossii lievemente “Come desidera, signor Monaghan” e riprese a
sfogliare la rivista sportiva che teneva aperta sulla sedia accanto.
Per la fretta non avevo
chiesto a che piano si trovasse la stanza ma, per fortuna, attaccati al
muro vi erano 2 targhette: una con scritto il numero del piano e la seconda con
le stanze che vi si trovavano.
La stanza di Noemi era al
secondo piano nel bel mezzo del corridoio.Mi sistemai alla meglio i capelli e
il pizzetto e bussai più volte alla porta, ma non ebbi alcuna risposta.
Abbassai la maniglia e notai che la porta non era chiusa a chiave. Sapevo bene
che Noemi non la chiudeva mai di giorno, ma di notte lo faceva sempre.
Entrai piano. La casa era
avvolta nella semi oscurità se non per uno spiraglio di luce che penetrava
dalla tenda leggermente aperta.
Mi sentivo un po’
disorientato, non ero abituato a tutto quel silenzio, non quando si è a casa di
Noemi. Ricordo benissimo tutte le volte che andavo a farle visita: la sua casa
era piena di luce e la musica era assordane, invece adesso sembrava di stare in
un obitorio.
Forse stava ancora
dormendo, così mi avvicinai all’unica porta chiusa. Bussai una volta e cercai
di entrare ma era chiusa.
Bussai ancora una volta
“Ehi, pazzoide! Sveglia! Il sole è alto e il gallo ha cantato da un pezzo!”
scherzai sapendo benissimo che si sarebbe precipitata ad aprire.
Non ottenni nessuna
risposta e la cosa mi preoccupò “Noemi? Noemi ci sei? Apri per favore, sono
Dominic!” bussai più volte sta volta e senti un leggero rumore proveniente
dalla stanza.
“Va via!” fu come un
leggero soffio di vento ma capii quello che aveva detto.
“Noemi ti senti bene? Ti
prego aprimi!” ora bussavo più forte alla porta.
Sentii la chiave girare
nella toppa e un gran trambusto.
Respirai profondamente ed
entrai. La camera era quasi più buia del salone e di Noemi nessuna traccia.
Mi tolsi la giacca di
pelle, rimanendo con una maglietta nera a maniche corte.
“Noemi dove sei? Avanti
non fare la bambina ed esci fuori” ci risi sopra, sapevo quanto fosse
giocherellona.
“Ti ho vista!” le dissi
ridendo notando la suo chioma bionda sbucare da una lato del letto.
Feci per raggiungerla ma
mi bloccai di colpo: Noemi era seduta per terra, teneva le ginocchia strette al
petto e tremava. Aveva i capelli scarmigliati e il viso sulle ginocchia.
“Che hai?” mi avvicinai
di colpo e feci per toccarla ma mi scanso bruscamente.
“Noemi che ti prende?
Parlami per favore!” mi stavo agitando. Non sapevo che aveva e non mi piaceva
vederla così.
All’improvviso mi spinse
indietro con forza facendo cadere “Vattene! Non mi devi toccare, hai capito?”
aveva la voce rotta e tremava ancora di più. Ora potevo notare gli occhi rossi
e gonfi cerchiati da evidenti occhiaie nere.
Doveva esserle successo
qualcosa e dovevo scoprire cosa.
Mi alzai da terra
avvicinandomi lentamente a lei. Era sconvolta e forse non capiva cosa stava
dicendo e facendo “Noemi, sono io, sono Dominic. Non sono qui per farti del
male! Se ci sediamo e mi racconti cosa ti è successo forse ti sentirai meglio e
io portò aiutarti. Cosa ne dici? Ti và?” stavo usando un tono molto tranquillo
e dolce.
Vidi i suoi occhi
spalancarsi e si mise una mano sulla bocca “Dominic? Dom….oh mio Dio sei tu!”
disse in un soffio. Solo allora sembrò riconoscermi perché si avvicinò e mi
abbracciò forte, quasi per sentirsi al sicuro, protetta.
Sentii subito che si
stava rilassando e che non tremava quasi più.
La scostai da me
delicatamente per poterla vedere negli occhi “Cos’è successo?” le chiesi
dolcemente e lei abbassò lo sguardo. I suoi occhi erano diventati d’un tratto
lucidi e iniziò a singhiozzare “Non piangere, ti prego! Sai che non lo
sopporto” le dissi “Sediamoci e dimmi cosa ti ha sconvolto tanto”. Lei annui e
si sedette cautamente sul letto guardandolo quasi spaventata.
Mi raccontò in vari tempi
l’accaduto: tra pianti e tremolii capii che la colpa era di Orlando.
Aveva cercato di abusare
di lei in maniera animalesca e alla fine del racconto ero furioso, sconvolto,
schifato.
“Quel bastardo non la
passa liscia!” sibilai più a me stesso che a Noemi.
“NO!Ti prego, Dom! Non
fare niente, non fare niente ti prego!” mi implorò lei prendendomi le mani tra
le sue. Vidi il terrore nei suoi occhi. Quel viscido verme l’aveva terrorizzata
a tal punto da non farla reagire.
“Tu hai paura di lui!” le
dissi quasi arrabbiato con lei.
Noemi abbassò lo sguardo
“Ho paura di perdere il lavoro, ho paura che rigiri la storia a suo vantaggio.
Lui non mi può soffrire dal primo giorno in cui ci siamo incontrati!” mi disse
senza guardarmi, ma fissando un punto vicino al comodino.
“Ma non puoi star zitta e
lasciargliela passare! Ha tentato….ha….ha tentato di violentarti, Noemi! Ti
rendi conto?” non riuscivo quasi a pronunciare quella parola. Una cosa del
genere non me la sarei mai aspettata da Orlando, un ragazzo che venerava e
rispettava le donne.
“Si, lo so! Ma non voglio
fare niente, non voglio vendetta o ritorsioni nei suoi confronti. Ti prego,
Dom!” ora mi stava fissando con quegli occhi a cui non sapevo di re di no.
Chiusi un attimo gli
occhi e decisi di assecondare momentaneamente i desideri di Noemi. Le diedi un
bacio sulla fronte “Va bene, ma mi devi promettere che oggi te ne stai buona
buona a letto a riposare. Non sei nelle condizioni di andare in giro, ok? Io
sarò il tuo schiavetto per tutto il giorno, ma vedi di non approfittarne
troppo, chiaro?” gli dissi seriamente per poi scoppiare a ridere.
Lei mi fissò ridendo e si
mise sotto le coperte per poi abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.