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Autore: phoenix_esmeralda    11/03/2012    2 recensioni
Vera è la futura regina di Katathaylon e Allegra non vede l'ora di accompagnarla nel suo mondo, per assistere al matrimonio con il principe Alexen. Ma qualcosa di strano succede nel regno che Allegra ha sempre sognato di visitare, e la ragazza si ritroverà travolta nella grande avventura che ha sempre sognato di vivere... Un libro, un racconto, una favola... questo è "La valle dell'altro mondo", una storia fra l'avventuroso e il fantasy, tra il romantico e l'introspettivo, alla scoperta dei 4 personaggi principali, ciascuno con il suo piccolo mondo interiore da proteggere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sacco in spalla, cartina alla mano, dritta verso est. Mi avevano offerto una cavalcatura che avevo dovuto rifiutare a malincuore, a causa della mia completa ignoranza nell’ambito dell’equitazione. Così camminavo ormai da cinque ore, quasi senza sosta, attraverso un intrico di sentieri sconosciuti.
Non mi avevano proibito di mostrarmi allo scoperto, anzi…avevo con me anche un sacchetto di soldi per fermarmi a dormire nelle locande. Ma dal modo in cui me l’avevano consegnato e dalle raccomandazioni che ne erano seguite, mi era stato più che chiaro come preferissero che mi facessi vedere poco in giro.
Parlavo il thaylonese e conoscevo le usanze del luogo, non ero così facilmente identificabile… ma restavo pur sempre una straniera. E gli stranieri non transitano facilmente a Katathaylon. Se fossi stata scoperta, avrei messo il popolo in allarme.
Così eccomi ad affrontare i fruscii sotterranei e le ombre lugubri della foresta, decisamente inquietanti per una persona che aveva vissuto ventitre anni in zona marittima.
Nonostante il coraggio che mi avevano sempre imputato e nonostante io per prima evitassi di mostrare le mie debolezze, era chiaro a me stessa che per nulla al mondo avrei voluto dormire in questo posto da sola!
Se il misterioso Khail non si fosse fatto vivo prima di sera, mi sarei fermata a pernottare in un minuscolo paesino segnato sulla carta. La foresta traboccava di una solitudine che mi lambiva le ossa e mi avvelenava il cuore. Troppi rumori improvvisi mi facevano sobbalzare, senza che riuscissi mai a individuare la causa di un certo fruscio, di un tonfo, di un grido animalesco.
La fiducia che Vera e la sua famiglia mi avevano mostrato mi aveva imbaldanzita, nel momento in cui mi era stata affidata la missione ero stata trafitta da una scarica adrenalinica carica di ottimismo. La sicurezza di Vera aveva sovrastato le normali rimostranze che ogni umano cervello avrebbe avanzato. E io mi ero concentrata semplicemente sull’emozione di vivere una vera avventura, mi ero focalizzata sull’euforia di vedermi assegnare una missione importante quanto quella dei fantasy che leggevo abitualmente.
Non avevo la più pallida idea di quale stato d’animo avrebbe prevalso nel cuore dell’eroe, quando infine si fosse trovato completamente solo e senza certezze attraverso un cammino sconosciuto.
Improvvisamente stavo diventando consapevole delle spaventose responsabilità, delle difficoltà, delle possibilità di errore che avevo. Non è facile essere un eroe… gli eroi si salvavano sempre per il rotto della cuffia e arrivavano in fondo alla storia in fin di vita o, se andava proprio bene, con qualche pezzo sfasciato. E loro erano eroi seri.
Quindi, volendo fare un ragionamento lucido e sensato, io stavo andando incontro a un fallimento certo.
Nel mio intimo iniziavo a implorare la comparsa di quel misterioso Khail, che avrebbe condiviso con me le responsabilità della missione.
Dov’era finito? Non doveva incrociare il mio cammino?
Cosa stava aspettando?
Mi fidavo delle premonizioni di Vera, ma temevo che potessero non essere così precise.  Forse avrei incontrato Khail direttamente ad Arco d’Oriente, oppure addirittura lungo il viaggio di ritorno. Purtroppo non era detto che avremmo condiviso l’avventura fin dal principio.
Sospirai.
Dovevo rassegnarmi, la disposizione d’animo migliore era la tolleranza. Mi avrebbe permesso di abituarmi velocemente a quella misera e solitaria condizione.
 
 
Sul tardo pomeriggio sedetti sotto un albero sgranocchiando un pezzo di pane, mentre meditavo sul da farsi. Se volevo dormire in una locanda, questo era il momento giusto per uscire dalla foresta e riallacciarmi al sentiero principale. Tuttavia esitavo. Decidere di trascorrere la notte in un villaggio equivaleva a dichiararsi falliti in partenza e questo mi faceva sentire debole e codarda. Anche se non c’erano testimoni visibili della mia vigliaccheria, non potevo nasconderla a me stessa.
Ero sempre stata considerata una persona forte, coraggiosa, dotata di grinta… e questa era avvenuto perché era ciò che volevo. Avevo lavorato a lungo sulle mie paure, a volte affrontandole, a volte ignorandole, altre ancora negandole. Essere considerata una femminuccia era pari a un disonore per me, che non mi reputavo inferiore agli uomini in nulla, neppure fisicamente.
La situazione in cui mi trovavo ora, pungolava acutamente il mio orgoglio precipitandomi in una situazione di stallo.
Mi alzai lentamente, ancora indecisa sul da farsi, e mi nascosi dietro a un cespuglio per soddisfare un ingente bisogno corporale. Nonostante non avessi incontrato anima viva per l’intera giornata, mi sarei sentita a disagio mettendomi a far pipì in bella vista!
Tornando sui miei passi per recuperare la sacca però, venni accolta da una spiacevolissima novità. Un serpente lungo e corposo color marrone bruciato, stava strisciando sinuosamente attorno al mio zaino.
Non era già lì da prima, vero? – mi chiesi, inorridendo.
Non avevo mai visto un serpente così grosso!
Non ne avevo proprio mai visti,  volendo dirla tutta. Non sarei stata in grado di distinguere una biscia innocua da un cobra neppure nel mio mondo, figuriamoci tra le speci anomale di Katathaylon.
L’indecisione mi paralizzò. Non potevo abbandonare la mia sacca, conteneva il cibo e i soldi, i vestiti di ricambio e il rotolo di carta sigillato che Vera e Tala avevano scritto per la Punta. Allo stesso tempo però, aspettare che il serpente si allontanasse poteva diventare altrettanto sgradevole. Se non fossi uscita dalla foresta entro una mezzora, non avrei raggiunto il villaggio prima del buio. E ora che avevo un’idea più specifica delle creature che si annidavano in quei luoghi, non sarei riuscita a dormire sola in quel bosco neppure imponendomelo.
L’indecisione sfociò repentinamente in angoscia. Sapevo che sarebbe andato tutto a rotoli…lo sapevo! L’avevo capito appena avevo messo piede in quella foresta.
Il serpente, indifferente alle mie  difficoltà, strisciava amabilmente attorno al mio zaino. Non sembrava intenzionato ad allontanarsi.
Forse posso fargli paura – pensai all’improvviso. Sapevo che la mia amica Amanda, quando andava in montagna, portava con sé nelle escursioni un lungo bastone  che batteva vigorosamente a terra per spaventare le vipere. Quella era l’intenzione, per lo meno.
- Va bene, proviamo!
Il suono della mia stessa voce mi rincuorò. Mi chinai a terra e raccolsi il primo ramoscello che mi capitò sotto mano, poi tirai un lungo respiro e feci per avanzare incontro al serpente.
- Ferma, non ti muovere!
Sobbalzai come una pallina di gomma e il bastone mi scivolò di mano.  Mi guardai intorno precipitosamente, analizzando la foresta deserta e immobile. Non potevo aver immaginato quella voce, l’ avevo sentita chiara e forte.
- Ci penso io – sussurrò nuovamente all’improvviso.
Sussultai di nuovo, ma stavolta perché i rami dell’albero sotto cui giaceva il mio zaino avevano iniziato a scuotersi. Subito dopo, dalle foglie vidi sbucare un viso capovolto.
Arretrai di qualche passo, spaventata, e impiegai qualche secondo a mettere a fuoco la situazione.
C’era qualcuno appeso ai rami a testa in giù!
Si teneva aggrappato per le ginocchia, lasciando penzolare verso terra le braccia.  Rimase sospeso immobile una decisa di secondi valutando la situazione, poi all’improvviso allungò una mano e afferrò lo zaino con un gesto fluido, evitando il serpente. Lo sollevò da terra e poi, come fosse il movimento più naturale del mondo, tornò a issarsi sul ramo.
Sbigottita, rimasi con la faccia rivolta verso l’alto osservando il misterioso individuo passare da un ramo all’altro con disinvolta agilità. Infine si lasciò cadere, atterrando con leggerezza al mio fianco.
- Ecco – disse, porgendomi lo zaino con un sorriso. E mi trovai a fissare due occhi azzurri, cristallini come l’acqua del mare più pulito.
Non ci credo – pensai –È biondo e ha gli occhi azzurri! Perché  mamma non è qui?
Afferrai la sacca con un  gesto meccanico, senza mollare un secondo il suo sguardo.
- Il marho è un serpente piuttosto aggressivo, se cerchi di spaventarlo è probabile che attacchi – spiegò lui senza smorzare il sorriso.
- Oh. Grazie…
Naturalmente ero stata bloccata sul punto di mettere in atto l’azione meno indicata.
- Ma… da dove sei arrivato?
Non mi ero accorta di lui, se non nel momento in cui si era fatto notare volontariamente.
Lui sorrise di nuovo. Non era il ragazzino che mi era sembrato in principio, doveva perlomeno avere la mia età.
- Ero in cima a quell’albero – disse, indicando con il mento i rami da cui era sbucato – Salgo spesso in cima quando ho bisogno di orientarmi. Mi aiuta a non perdermi. Ma scendendo, mi sono accorto di te e ho visto che eri in difficoltà.
- Non ero in difficoltà! – ribattei, già offesa – In qualche modo me la sarei cavata!
Inaspettatamente il suo sorriso si allargò, come se non considerasse il mio puntiglio un atto di maleducazione. Sentii il bisogno di essere più gentile.
- Comunque sei molto agile – aggiunsi.
- È una cosa che faccio da quando ero bambino.
Aveva un viso gentile, vivace. Doveva essere Khail… volevo che fosse lui.
Ma per appurarlo, dovevamo passare alle presentazioni.
Allungai la mano verso di lui.
- Io sono Allegra.
Lui rimase incerto a fissare la mia mano.
Accidenti, che scema!
La ritirai velocemente. Lui continuò a fissarmi pensosamente.
- Quello è un gesto del Mondo Di Fuori – mormorò.
Brava Allegra, complimenti!
- Sì…beh… Ecco…
- Chi sei?
Non era minaccioso. Curioso, forse un po’ sulla difensiva, ma non minaccioso.
- Dimmi prima il tuo nome - contrattaccai
Lo colsi di sorpresa e per un momento esitò. Dovevo sembrargli una pazza.
- Ho bisogno di saperlo! – insistetti, pur sapendo che non poteva trovare logica nelle mie parole.
Lui spalancò gli occhi e sembrò sul punto di ribattere. Invece, sorprendendomi, mi rispose.
- Mi chiamo Khail.
Khail!
Era fatta!
Tirai un sospiro di conforto. Se fosse stata un’altra persona sarei stata nei pasticci, non avrei saputo come giustificare la mia presenza a Katathaylon.
Lui dovette cogliere il mio sollievo, perché la sua espressione si fece ancora più confusa.
- Mi conosci?
- A dire il vero ti aspettavo. Mi chiedevo quando saresti arrivato.
- Non capisco. Vieni dal Mondo Di Fuori vero?
- Sì. Sono amica di Vera, è stata lei a dirmi che ti avrei incontrato. Mi ha chiesto di aiutarla a risolvere la crisi in atto e di recarmi ad Arco d’Oriente a recuperare Shia.
Khail rimase impietrito, il suo sguardo si congelò in  un’espressione di attonita preoccupazione.
- Immagino che sarai stupito – dissi – È una situazione delicata e so che chi viene… dal Mondo Di Fuori non dovrebbe avere nulla a che fare con tutto  ciò. Ma Vera ha visto nel futuro e pensa che io possa essere d’aiuto. Ha previsto il nostro incontro e mi ha detto che anche tu intendi fermare il progetto di conquista del principe Edhuar!
- Aspetta… - Khail finalmente parve scuotersi dalla sua immobilità – Di quale Vera stai parlando? E… quale progetto di conquista?
Per un istante restai senza parole.
Che Vera si fosse sbagliata?
- Vera è la promessa sposa del principe Alexen – dissi lentamente, per dargli il tempo di capire – Ha vissuto per tutti questi anni nel Mondo Di Fuori. Siamo amiche.
- E adesso ti ha trascinata fin qui?
- Mi ha chiesto di aiutarla quando ha saputo della rivolta del principe Edhuar… Ma non puoi ignorare cosa sia successo ad Arco d’Occidente se stai cercando Shia!
- Io intendo recuperare Shia per ripristinare l’equilibrio – rispose lui, con semplicità – Non so nulla di quanto avviene a Palazzo.
- Ma se il sigillo è stato spezzato, è chiaro che qualcosa non sta funzionando ad Arco d’Occidente!
Lui si strinse nelle spalle e sedette a terra, in mezzo all’erba.
- Non sono tenuto a sapere cosa combinano i pezzi grossi. L’unica cosa che mi interessa è riunire Shiarah prima che la situazione diventi pericolosa.
La sua ignoranza non era così bizzarra, Akeron aveva detto che la rivolta era stata silenziosa e che niente era trapelato dalle mura del Palazzo.
- Allora come hai saputo di Rah? – domandai.
Khai mi lanciò un’occhiata sfuggente. Non aveva ancora deciso se poteva fidarsi di me. La sua prudenza era ragionevole, eppure m’irritò.
- Mi ha informato un amico che lavora a Palazzo…mi ha avvertito appena il sigillo è stato spezzato, Lui non poteva allontanarsi da Arco d’Occidente a lungo senza che la sua assenza venisse notata, così ha chiesto a me di agire in qualche modo, e io ho pensato di rivolgermi alla Punta.
- E questo amico non ti ha detto della rivolta? – chiesi, incredula.
Khail mi rivolse un’occhiata strana.
- Credo che di fronte al pericolo che corre il mondo intero, le magagne dei reali passino in secondo piano.
Mio malgrado arrossii. Cosa credeva, che la mia fosse passione per il gossip?
Mi chinai a terra di fronte a lui.
- Dovrebbero interessarti invece! Edhuar ha spezzato il sigillo e intende raggiungere il potere tramite Rah. Se riesce a trovarla prima del nostro arrivo saranno guai seri!
- Dici che è stato il principe a spezzare il sigillo? – fece lui, sorpreso – Come fai a sapere queste cose?
- È stato il padre di Vera a spiegarci cos’è accaduto, è riuscito a fuggire da palazzo per miracolo!
Khail rimase in silenzio per un lungo momento, non mi staccò gli occhi di dosso un istante valutando la situazione. Valutando se fidarsi o meno del cataclisma che gli era capitato senza preavviso fra capo e collo!
Se mi avesse rifiutata, non l’avrei mai perdonato!
- Sicché siamo entrambi diretti ad Arco d’Oriente… - meditò.
Assentii con un colpo secco della testa.
- Non mi è chiara una cosa – aggiunse – Perché questa Vera ti ha portata con sé? Perché ti stai accollando una responsabilità così pesante? È a Katathaylon che è stata affidata Shiarah.
La domanda mi colse alla sprovvista.
Già… perché?
- Non è una questione che riguarda solo Katathaylon, tutto il mondo sta rischiando! – ritorsi – E poi Vera mi ha parlato di questo mondo fin da quando eravamo bambine, per me è quasi un dovere aiutarla!
Khail sembrò sbalordito dalla mia risposta, dopodiché scoppiò in  una risata fresca.
- È pazzesco! – commentò, come se fosse tutto tremendamente divertente.
- Sono io che ti faccio ridere? – domandai, piuttosto irritata – Mi trovi tanto comica?
- No, non sei comica – ansimò, cercando di frenare l’accesso di risa – È… è l’intera situazione! Tu sei straordinaria!
Straordinaria?
Stava parlando di me?
- Va bene, proseguiamo il viaggio insieme! – mi disse – Come hai detto di chiamarti?
- Allegra… - risposi, ancora annichilita.
- Allegra… Nessuno si chiama in questo modo a Katathaylon. E nessuno ha capelli di quel colore, o… puntini in faccia come i tuoi!
Si avvicinò, incuriosito dalle mie lentiggini, e io arretrai.
- Mi dispiace, non riesco a coprirle in alcun modo! – ribattei d’impulso, mascherando il mio imbarazzo.
- Non passerai inosservata. Continueremo a camminare nel fitto della foresta, è più sicuro.
Annuii, considerando che anche lui stava viaggiando a piedi. Se avesse avuto un cavallo saremmo arrivati a destinazione molto prima.
Lui parve leggermi nel pensiero.
- Purtroppo ho perso il mio cavallo – si scusò – Ho avuto… un brutto incontro e sono riuscito a salvare a malapena me stesso!
- Credevo che a Katathaylon non esistessero cose come i brutti incontri!
Lui aggrottò la fronte mentre si rialzava.
- Certo che esistono. Katathaylon non è il regno delle favole!
Ah no?
Mi alzai a mia volta, ignorando la mano che aveva teso per aiutarmi.
Era importante che sapesse fin dal principio con chi aveva a che fare. In questa storia non ero la donzella debole e indifesa, ma l’eroe.
- Dove avevi in programma di trascorrere la notte? – mi domandò, mentre ci incamminavamo fianco a fianco.
- Sono attrezzata per dormire ovunque, tu dove pensavi di fermarti?
- Sono in viaggio da ieri, ho dormito all’addiaccio. Pensavo di restare nella foresta anche stanotte.
- Per me va bene.
La mia natura tendenzialmente onesta mi fece intimamente arrossire. Neppure mezzora prima ero terrorizzata all’idea che il serpente non mi permettesse di uscire dalla foresta prima del tramonto!
Camminammo ancora per un’ora. L’emozione del mio primo giorno a Katathaylon si stava mutando in stanchezza ora che la responsabilità del viaggio era divisa con Khail. L’improvviso crollo dell’adrenalina mi faceva percepire con chiarezza la rigidità alle gambe e il fastidio doloroso dello zaino sulle spalle.
Naturalmente non mi sarei mai lamentata con Khail, avrei preferito morire camminando!
Lui esaminò a lungo la zona attorno al sentiero, avevo l’impressione che fra gli alberi si trovasse bene. La cosa più saggia era lasciare a lui la scelta del luogo di sosta.
Da quando camminavamo insieme, la foresta si era trasformata in un ambiente meno estraneo, meno silenzioso e pericoloso. Questo bastonava il mio orgoglio, ma tranquillizzava quella parte della mia anima più intimorita e impressionabile.
- Possiamo fermarci qui – disse a un tratto Khail – Sembri veramente esausta!
Immediatamente raddrizzai le spalle.
- Posso camminare ancora per ore, non c’è problema!
Lui mi rilanciò quel suo sorriso radioso che sembrava abbracciare buona parte di quello che lo circondava.
- Io non posso andare avanti ancora molto a lungo invece, e questo posto è perfetto per sostare!
Accanto al sentiero si stendeva un tratto erboso con pochi alberi. Senza aspettare il mio consenso si inoltrò battendo i piedi a terra con forza, per spaventare le vipere. Infine scelse un piccolo cerchio di terra brulla delimitato da tre alberi e gettò a terra il suo sacco.
- Ora controllo la nostra posizione!
Detto ciò, lo vidi scomparire tra i rami dell’albero più vicino. Si arrampicava ad una velocità impressionante, come se nella sua vita non avesse fatto altro.
Quando mi riscossi dallo stupore, gettai il mio sacco accanto al suo e mi lasciai cadere a terra. Si era levato un vento bizzoso che  zufolava tra le foglie, facendomi rabbrividire di freddo e inquietudine. Cercai un maglione pesante nel sacco pur dubitando che sarebbe stato sufficiente a scaldarmi durante la notte. L’umidità mi stava trapanando le ossa.
All’improvviso Khail piombò di fronte a me cadendo dal cielo.
- Tutto a posto – annunciò, pulendosi le mani dalla polvere – La direzione è quella giusta. Hai freddo?
Aveva notato il maglione e le mie spalle tremanti.
- Ti accendo subito il fuoco!
Con sorpresa lo vidi radunare sul terreno tutte le pietre grosse che gli capitavano a tiro. Avrei voluto aiutarlo, ma il mio corpo non si mosse di un centimetro, ormai pesante come cemento rappreso.
Khail sistemò in cerchio le pietre, radunò la legna e si dedicò ad accendere il fuoco nel modo più antico dell’universo. E ci riuscì.
Nella penombra del crepuscolo, le fiamme si alzarono crepitanti, portandomi un’inaspettata vampata di calore.
- Va meglio? – domandò, sedendosi al mio fianco.
Assentii, mentre, al calore del fuoco, i miei occhi iniziavano già a chiudersi.
- Mangia qualcosa, prima di dormire.
La sua voce era calda, gentile. Avevo trovato pochissime persone, finora, capaci di comportarsi in modo così squisito, delicato.
Mangiammo in silenzio, assorti nei nostri personali pensieri, poi stendemmo le coperte accanto al fuoco e ci sdraiammo sospirando di soddisfazione.
- Khail? E i serpenti? O i lupi? Che rischi corriamo? – domandai assonnata, nell’ultimo barlume di lucidità.
- Non preoccuparti, nessuno ci disturberà. Se ci fossero problemi ci penserò io.
-  Non ho paura.
- Sì, lo so. Non hai paura di niente tu.
Anche senza aprire gli occhi potevo percepire il suo sorriso.
Forse mi stava prendendo in giro, ma il sonno mi travolse prima che potessi analizzare nel dettaglio la sua risposta.
 
  
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