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Autore: GioGiaMon    14/03/2012    1 recensioni
Equinozio di primavera;i pensieri Luthien, Elfa dalla bellezza fuori dal tempo, vanno all'ormai lontana Battaglia condotta contro l'oppressore. Una figura si delinea nella sua mente; ricordi dal sapore dolceamaro della sua amica combattente umana.
Di Jocelyn rimanevano ormai solo della pergamene ingiallite, su cui la donna scrisse brevemente i suoi pensieri e riflessioni.
Nota: è la prima originale che pubblico; è stata il mio primo esperimento, forse non troppo riuscito. Critiche sono ben'accette.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pergamena IV


Alla fine feci ritorno al luogo in cui avevo trascorsi degli anni sereni: col cuore colmo di speranze e gli occhi pieni di terrore stavo tornando dove avevo scoperto chi ero. Arrivata al limite che divide il mondo degli uomini da quello degli Elfi, mi sentii una bambina smarrita e confusa, come la prima volta.

Sembrava che in me, nulla fosse cambiato.

Chiusi gli occhi, respirai lentamente; il vento mi sussurrava parole in Quenya, la lingua di quel meraviglioso popolo, che all’udito non mi erano così straniere come un tempo.

Varcai di nuovo quella soglia e, di nuovo, vidi quel mondo meraviglioso.

Non ci fu bisogno di parole, Luthien si palesò a me e dal suo volto capii che le erano noti gli avvenimenti che stavano sconvolgendo il mio mondo. Era incredibile, non era invecchiata di un giorno, la sua espressione sempre serena: il suo volto sembrava non conoscere né gioia né sofferenza.

– Avrei preferito rivederti in circostanze migliori, Jocelyn; ma il fato ci concede solo questo momento. So cosa stai per chiedermi – disse, prendendomi le mani.

Quelle parole sollevarono il mio animo: in tutta sincerità, non ero certa di riuscire a pronunciare una tale richiesta a voce alta.

– Tuttavia non posso concederti l’appoggio dei miei arcieri: è mio compito rispettare l’equilibrio del mondo e la nostra fede nelle pace. Ma avrai i migliori archi e i migliori maestri d’armi possibili: il tuo mondo ha rinnegato la Natura e non ha rispetto per la terra che calpesta. Gli umani hanno preferito credere alla Chiesa, piuttosto che nella benevolenza e ricchezza della Madre Terra: ne abusano senza alcun ritegno. Per questo non posso concedere l’appoggio del mio popolo – come darle torto? Basti pensare a tutte le nefandezze compiute da coloro che millantavano la pace. In verità preparavano questa guerra da anni.

– Luthien, sarà il Duca Thomas LaBranche a guidare la battaglia e io ho il dovere di essere al suo fianco, al loro fianco. Ho il compito di portare speranza, che tutta questa assurda barbarie finirà. Che, alla fine di tutto, sarà la libertà e la giustizia a trionfare – la mia volontà era ferma ma la mia voce era spezzata.

Le mie ginocchia erano troppo deboli, mi sentivo debole.

Sì, in fondo ero solo una povera creatura: appartenevo più al mondo degli Elfi che a quello degli uomini ma non potevo dimenticare le mie origini. Non potevo chiudere gli occhi di fronte a una simile strage. Non riuscivo ad essere indifferente a Thomas: già, non l’avrei mai ammesso a voce alta, ma era anche per lui che io mi esponevo così.

Era un nobile, ma il suo titolo ormai serviva solo per riempire la bocca; una vana parola, ecco come l’aveva definito. Non potevo essere più d’accordo. Per me meritava molto di più del titolo di Duca: il suo valore lo dimostrava ogni giorno sul campo. Generoso, sempre in prima linea, sapeva infiammare gli animi.

Si batteva in nome della giustizia e dell’uguaglianza, per la pace e la tolleranza. Inutile negarlo, ero attratta da lui, come lo sono ora.
Tornai dai superstiti:  questa volta la loro accoglienza fu decisamente migliore.

Ci rintanammo nella Foresta Oscura, facendo perdere le nostre tracce agli Evocatori.

Araton egli altri guerrieri erano davvero straordinari: grazie alle loro doti e ai loro insegnamenti, presto tutti gli uomini impararono a tendere quegli archi così potenti e magici: il legno proveniva dalla Foresta Sacra, a nord della terra Elfica. Il morale era alto, risate risuonavano alte come da tanto, troppo tempo non accadeva.

Si avvicinava la primavera e l’addestramento era ultimato: decisi di partire con Araton e i suoi: avevo bisogno di un confronto con Luthien, mi sentivo insicura e debole.

– Madonna, dunque avete deciso di partire di nuovo? –, i suoi occhi avevano il colore del mare sconvolto da una tremenda e implacabile tempesta.

– Sì, ma tornerò presto. Non vi lascerò soli nel momento del bisogno – mi affrettai a rassicurarlo.

– Sapete, detesto dirvelo, anche perché è davvero sconveniente – il suo sguardo aveva calamitato  tutta la mia attenzione; mi perse le mani.

– Madonna Jocelyn, temo di non rivedere più il vostro splendido volto. Siete stata voi a darmi coraggio: irrompeste nel bel mezzo dell’inverno, quando credevo che tutto era perduto. Se non foste arrivata voi, penso che avrei sicuramente preferito scomparire nel gelo della neve. Ma siete arrivata voi, con la stessa veemenza e sfacciataggine del fuoco e avete sciolto ogni brutto pensiero. Siete la fiamma che arde in questo mare di tenebre, vi prego. Non lasciateci, non lasciatemi – non sapevo davvero che cosa dire o fare.

Rimasi per un po’ a fissarlo, domandandomi se davvero tutto questo fosse reale: ero una povera popolana, venuta da una terra lontana, avevo poteri che andavano al di là della sua comprensione eppure non era spaventato da me. Né mi riteneva una creatura da tenere vicina ma non troppo.

Ero confusa; di solito ridevano o mi schernivano. Scappavano, mi odiavano, non mi comprendevano. Ma egli no; il mio cuore ci sperava ma la mia razionalità mi diceva che era troppo bello per essere vero.
Abbassai lo sguardo, ritirando le mani dalle sue.

– Non preoccupatevi, tornerò. È una promessa – mi limitai a rispondergli. Gli girai le spalle; non volevo vedere l’espressione del suo volto.

Per tutto il tragitto, davanti ai miei occhi vi era il suo viso: scavato, con una leggera barba ma curata. La sua mascella quadrata e forte gli conferiva un aria distinta e reale ma nei miei occhi vedevo solo un uomo distrutto non solo dalla guerra ma anche dalla donna che amava.

Sì, credo che già allora mi amasse senza riserve. E gli avevo voltato le spalle, troppo vigliacca per vivere quel sentimento.
Avevo paura di soffrire; temevo che una volta assaggiata quel dolce sapore che ha la felicità, ne sarei stata assuefatta e dopo ogni delusione sarebbe stata troppo aspra, troppo greve.

Ne parlai con Luthien.

Ella, nella sua infinita saggezza, impose la sua mano sulla mia fronte: non capivo cosa volesse fare.

– Jocelyn, bambina, il tuo animo non è sereno. Hai paura di fallire. Temi di non riuscire nel tuo intento e hai congelato il tuo animo in questo limbo: ti rifiuti di vivere. Sai, vivere significa rischiare per ciò in cui si crede con tutti se stessi. Anche si persegue una meta così ambiziosa e così irta di ostacoli, come la tua, si deve avere il coraggio di accettare sia la pioggia che il sole. Ogni giorno, ogni momento, ogni respiro è un dono prezioso, non sprecarlo perché potrebbe essere l’ultimo. E lo si deve vivere con determinazione e  convinzione, dandogli un giusto significato. Il tuo animo è fuoco, bambina. Questa è la tua forza e il tuo limite: comprendilo ed accettalo – rimasi folgorata dalle sue parole. E il mio primo pensiero fu per Thomas.

Sentivo un peso al cuore quando pensavo a lui, volevo tornare, dovevo.

Ma prima di andare mi diede la spada Anglachel, la spada che era stata di mia madre. Anch’essa aveva un temperamento indomabile ma aveva preferito coniugare le arti magiche con quella della spada. Gli Elfi costruirono quest’arma solo per le sue mani e ora solo io, sangue del suo sangue, potevo toccarla senza essere ustionata.

Salutai commossa Luthien; i suoi occhi erano leggermente velati, evidentemente sapeva che quello era il nostro ultimo incontro.

Corsi verso il campo, verso Thomas; quando lo raggiunsi era la notte del l’equinozio di primavera.

Vi era un grande falò, i soldati stavano festeggiando, l’indomani era il giorno prefissato per la battaglia.

Illuminata solo dai fuochi e dalla luna piena, smontai da cavallo e corsi.

Non sapevo dove stavo andando ma avevo l’impulso di correre; senza neanche accorgermene, inciampai e finii tra le braccia di qualcuno.
Seccata mi divincolai ma poi alzai gli occhi: era Thomas.

– Duca, siete voi? – dissi, quasi senza fiato.

– Siete tornata! Questo mi riempie di gioia, Madonna Jocelyn! – avrei voluto dire, ma quale Madonna, sono solo Jocelyn, una povera sciocca che fa cose sciocche, altro che Madonna.

– Sapete, non ci speravo quasi più. Ma poi mi sono ricordato di come siete fatta: apparite e sparite all’improvviso. Tutto ciò che vi circonda è magico e meraviglioso – i giochi di ombre prodotti dall’enorme falò guizzavano impetuosi sul suo volto. Ancora una volta rimanevo lì a guardare invece che agire ma mi perdevo nel contemplare il suo volto.

Ancora stretta tra le sue forti braccia, mi scostai un po’ e gli presi le mani.

– Non siete il solo ad avere paura, Duca. Io sono letteralmente terrorizzata; la battaglia non sarà facile e ogni tanto mi domando se forse avrei avuto qualche altra scelta. E la risposta che mi sono data è no: non potevo rimanere in disparte quando la mia gente muore, quando subisce ingiustizie, no, non posso. La mia indole è per natura irruenta e, a volte, sgraziata. So di avervi ferito; mi avete aperto la vostra anima, offerto il vostro cuore e tutto quello che ho fatto è stato girarmi dall’altra parte. Per rimediare, ora vi sto offrendo il mio – quindi poggiai entrambe le sue mani sul mio petto.

– Sentite, ascoltate. Sì, temo per domani, ma non per questo mi impedirò di vivere oggi. Thomas, il mio pensiero è rivolto costantemente a voi, ogni battito che ascoltate è per voi. So bene che non è usanza che una donna, per di più di infimo rango parli così ad un nobile ma … – non ebbi il tempo di terminare.

In un istante, le sue labbra premevano sulle mia: anelavo quel bacio. Fu come dissetarsi ad una fronte fresca dopo aver attraversato le lande aride del Sud; anche il Duca agognava quel bacio. Mi stringeva a sé con tutta la sua forza per paura che io svanissi tra le nebbie.

Quella notte, la notte della fertilità, complice l’incertezza del domani, ci appartammo nella stessa tenda.

– Jocelyn, non sapete quanto ho immaginato e bramato questo momento –
– Avete finito di sognare e fantasticare, mio Duca. Cogliamo il nostro amore ora, che il destino ce lo concede. Non v’è certezza alcuna che vi sarà un’altra opportunità – quindi mi sdrai tra le pelli insieme a lui e le nostre bocche si unirono ancora, con passione e amore.

Quella notte diventammo amanti e sposi, condividendo sia il nostro amore che le nostre pene. Diventammo un unico essere come quando il Dio del Cielo scende sulla terra per unirsi alla Dea, diventando un unico essere.
  
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