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Autore: Bethesda    22/03/2012    3 recensioni
"Nonostante fossi stato sposato non riuscii ad avere figli e comunque non ero mai stato attratto dall’idea di avere per casa dei piccoli urlatori, capaci di distruggere i miei scritti o strumenti lavorativi. Osservando il bambino però mi domandai come si potesse abbandonare una creatura tanto fragile come quella."
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi voltai verso di lui con sguardo incredulo, incontrando un sorrisino vittorioso che spesso andava a incurvare le sue labbra quando trovava un qualche indizio edificante per un caso.
«Quel tipo era boemo? Ma quindi…»
Non mi diede il tempo di finire che si gettò verso una pila di vecchi articoli di giornale, risalenti anche a un anno prima, e cominciò a sfogliarli con energia febbrile.
« Che sciocco che sono stato, Watson ! Un completo idiota! Se qualche mese fa non fossi stato così impegnato con la questione che voi avete definito “L’avventura del piede di diavolo” non avrei lasciato in mezzo a questo ciarpame ciò che mi avrebbe permesso di risolvere questo ca…trovato! Eccolo qui! Sapevo di averlo conservato da qualche parte!»
Con aria vittoriosa estrasse un articolo risalente al Marzo dell’anno precedente e me lo porse.
 
LUTTO IN BOEMIA
Con grande rammarico annunciamo la dipartita della sovrana
 del regno di Boemia, giovane consorte del sovrano Wilhelm
Gottsreich Sigismond von Ormstrein.
La coppia reale avrebbe festeggiato fra non molto i nove
 anni di matrimonio ma una malattia ormai da mesi stringeva
 nelle proprie spire la regina.
[…]

 
Prima che potessi andare avanti prese il giornale e si alzò, arrotolandolo e brandendolo come se fosse una spada.
«Tutto quadra! Il sovrano, nostra vecchia e alquanto sgradita conoscenza, è rimasto vedovo!»
«La madre del bambino è quindi…»
«Irene Adler, ovvio! Questo deve essere il frutto suo e di –come si chiamava?-…ah, sì! Di Norton!»
«Ma perché mai il sovrano vorrebbe far del male a lei e al bambino?»
«L’uomo è capriccioso ed egoista, Watson. E il fatto che costui sia un sovrano non le eleva certo al di sopra della propria miserrima condizione umana.»
Questa risposta sibillina mi lasciò dubbioso ma sapevo che quando il mio amico non voleva sbottonarsi su un caso non lo avrebbe fatto neanche se la regina in persona glielo avesse chiesto.
 
 
Holmes ritenne che il bambino fosse estremamente in pericolo adesso che sapevano con certezza dove si trovava e, facendo leva sul fatto che cominciassi davvero ad affezionarmi a Charles,  mi spinse a spostare tutti gli appuntamenti con i miei pazienti –e pazienti molti lo erano davvero visto il numero di volte in cui, durante i miei anni divisi fra indagini e medicina, li avevo affibbiati a un collega o costretti ad attendere giorni per la visita- per badare al piccolo.
Fu così che mi trovai barricato in casa, attento al minimo rumore e teso come una corda di violino ogni qual volta la signora Hudson entrava per rifornire sia me che il pargolo di cibo.
Holmes, d’altra parte, continuava ad indagare e la nuova scoperta lo rendeva in uno stato di eccitazione costante che lui esprimeva andando avanti e indietro per tutta Londra, travestito ora da mendicante, ora da stalliere.
I nostri incontri avvenivano principalmente di sera, quando lui tornava affamato, con le solitamente bianche gote arrossate e lo sguardo da predatore.
Tre giorni dopo il tentato rapimento, mentre si stava rifocillando di cacciagione fredda che la signora Hudson aveva pazientemente preparato, gli chiesi come procedessero le indagini.
«Come mi ha già dimostrato in passato la signora Adler è furba ed estremamente intelligente. Ha badato bene di non lasciare indizi che la portassero a lei...ma ovviamente questo tentativo di nascondersi non era nei miei confronti.»
«Vuol dire che l’ha trovata?!»
Ridacchiando in maniera chioccia abbandonò il tavolo da pranzo e si lasciò sprofondare in poltrona, le lunghe gambe distese verso il caminetto.
«Diciamo che sono sicuro che si farà vedere al più presto…»
Lo fissai cercando di fargli dire qualcosa di più sulle novità ma sembrava deciso a non parlare.
Era insopportabile quando cercava di dare un “effetto sorpresa”.
Feci per ribattere e oppormi, affermando che ormai in quella storia eravamo invischiati grandemente entrambi, quando bussarono alla porta e notai una scintilla illuminare gli occhi d’acciaio del mio amico.
«Watson, può farmi la gentilezza di andare ad aprire?»
Non mi opposi solo perché avvertii nella sua voce una nota eccitata, impercettibile per tutti tranne che per me.
Uno sbuffo uscì comunque spontaneo quando mi diressi ad aprire.
Con mia grande sorpresa non vidi davanti a me la bella Irene e neanche un qualche rapitore Boemo dalla lama facile. Magro e ben vestito stava davanti a me un ragazzo con una bombetta calata sugli occhi a coprire i capelli castani pettinati all’indietro. Il bavero del cappotto era tirato su, probabilmente per proteggersi dal freddo della notte che incombeva.
«Desidera», domandai mantenendomi comunque pronto ad un eventuale attacco.
«Lasci entrare il nostro ospite, Watson. Dubito che parlerà prima di essere completamente al sicuro, con la porta ben chiusa.»
Corrugai le sopracciglia ma lasciai comunque entrare quell’uomo che, mi resi conto in quel momento, era piuttosto basso. Chiusi la porta alle mie spalle, girando la chiave nella toppa come mi aveva chiesto di fare il mio amico e mi avvicinai al nuovo venuto.
«Può togliersi il travestimento, signora Norton: le assicuro che qui dentro è al sicuro.»
Sobbalzai incredulo: avevo sentito bene?
«Non ne dubito, signor Holmes. Se non mi fossi fidata della sicurezza della casa e dei valori dei propri abitanti non avrei mandato mio figlio qui.»
La mano guantata dell’ospite andò a togliere la bombetta, scoprendo gli occhi azzurro cielo della bella Irene Adler. I capelli, che prima avevo pensato essere corti, erano semplicemente raccolti sulla nuca.
Holmes le fece segno di accomodarsi, ma prima che questa lo facesse la vidi guardarsi intorno con apprensione.
«Dorme in camera del Dottore. Sta bene.»
La donna sospirò di sollievo e si lasciò cadere nella poltrona, senza però togliersi il cappotto.
«Vi sono estremamente grata. La situazione che si è andata a creare mi ha costretta a girare per Londra sempre travestita in questo periodo e ciò non ha reso semplici tutte le operazioni che ho fatto. Cominciavo a credere che non sarebbe risalita a me, signor Holmes. Quando questa mattina ho trovato il suo biglietto mi sono grandemente rinfrancata.»
Il mio sguardo passo dalla signora Norton al mio amico. Biglietto?
«Purtroppo sono arrivato tardi alla conclusione a causa della mancanza di materia prima che mi aiutasse a risolvere il caso. E inoltre avevo dei dubbi sul come contattarla e ho dovuto continuare a indagare per qualche giorno in più del previsto.»
«Sapevo però che ci sarebbe arrivato.»
«Quando sono venuto a scoprire che la sua vecchia dimora qui a Londra era all’asta e temporaneamente senza abitanti ho avuto l’illuminazione. Sapendo che ormai dovevo aver capito che Charles era suo figlio di sicuro sarei anche giunto alla conclusione che l’unico modo per contattarla era lasciarle la conferma nel posto in cui aveva nascosto la foto compromettente che ritraeva il sovrano di Boemia con lei.»
Un sorriso un po’ triste fece capolino sulle labbra della donna ma io mi sentivo piuttosto confuso.
«Perché vogliono Charles», domandai cercando di ritrovare il bandolo della matassa.
«Credo che entrambi vi siate già fatti un’idea. Sicuramente sapete che la regina di Boemia, consorte di Wilhelm, è morta lo scorso Marzo. Non diedi gran peso alla cosa: in quel periodo ero a Edimburgo con mio marito e a Luglio finalmente diedi alla luce mio figlio. Tutto sembrava andare per il meglio e mio marito ricevette anche un’offerta di lavoro per l’America. Avevo il bambino da appena due mesi che fu costretto a partire per preparare quella che sarebbe dovuta diventare casa nostra a Boston, lasciandomi a Edimburgo fino a che non fossi stata pronta a intraprendere la traversata e, sinceramente, non la ritenevo una scelta saggia quella di affrontare l’oceano con un neonato. Ah, fossi partita!
Non so ancora come riuscì ad arrivare a me, fatto sta che un giorno di Settembre alla mia porta vidi il re di Boemia in persona, avvolto nel suo pacchiano mantello e con la sua solita aria di superiorità.»
Holmes annuì impercettibilmente a quell’affermazione e lasciò che continuasse.
«Ero allibita: non lo vedevo da anni e in quel momento era alla mia porta, con un mazzo di rose e un sorriso vittorioso in faccia. Sapete cosa mi disse? “Ormai sono un uomo libero e non ho intenzione di sbagliare ancora: Irene, son venuto qui per donarti il mio cuore.”»
Una smorfia di disprezzo le attraversò il bel volto.
«Il corpo di sua moglie giaceva ancora caldo nella tomba e lui osava infangarlo così. E non solo! Non mi chiese di sposarlo, sarebbe stato troppo vergognoso per lui e per il suo rango. Mi domandò esplicitamente di diventare sua amante. Credo possiate immaginare la mia risposta a quell’affronto! Ma purtroppo il mio semplice rifiuto non bastò. Passò una buona mezz’ora ad alternare rabbia e suppliche finchè non si allontanò, giurandomi che avrebbe ottenuto ciò che voleva.»
«Fu allora» iniziò Holmes «che cominciò a tormentarla.»
«Esattamente. Alternava minacce a lodi e il sapere mio marito lontano lo rendeva ancora più audace. Può immaginare di quali mezzi disponga un sovrano, signor Holmes. A Dicembre capì che doveva far presa sul bambino e cercò più volte di rapirlo e solo per grazia divina sono riuscita a tenerlo lontano dalle sue fameliche grinfie. Mi son dovuta dare alla macchia quando, tentando di partire per l’America e raggiugere mio marito, mi hanno detto che per me sarebbe stato impossibile, che per qualche strana ragione non mi era concesso uscire dal paese. Decisi di andare a Londra, lì di sicuro avrei trovato un modo per uscire da questa brutta situazione. Ma come potevo aggirarmi per la città con Charles? Era troppo rischioso, anche travestita. Così mi venne in mente lei.»
Ero estasiato dalla forza d’animo e dal coraggio della donna e anche Holmes, che aveva assunto la sua tipica posizione di quando ascoltava qualcuno esporre un caso –le lunghe gambe distese e le punte delle dita unite-, pendeva dalle sue labbra.
«Lasciai qui il bambino e passai i giorni a cercare un modo per partire, anche falsificando i documenti e facendo leva sulle mie vecchie conoscenze. E posso dire di esserci riuscita: la mia nave parte domani. In America non potrà tormentarmi.»
«Immagino che la foto che vi ritrae insieme si sarebbe rivelata inutile in questa occasione.»
Annuì.
Holmes si alzò e lentamente si diresse verso la cesta in cui era riposto il piccolo.
Gli occhi della madre, a quella visione, si illuminarono e inumidirono.
Prese Charles fra le braccia e portò le labbra rosee sulle sue guance, sussurrando parole consolanti.
Quel momento di tenerezza durò poco perché il pendolo scoccò le dodici e la donna si allarmò.
«Devo andare a prendere il treno per Southampton o perderò l’unica mia via di scampo!»
A quella notizia Holmes e io ci proponemmo come scorta e a nulla valsero le proteste della donna: avremmo protetto lei e il bambino ad ogni costo.
 
Fu un viaggio di parecchie ore e quando alle sei del mattino arrivammo a Southampton notammo con gioia, fin dalla stazione, il pennacchio di fumo della moderna nave che madre e figlio avrebbero utilizzato per la traversata.
Sempre guardinghi ci dirigemmo verso il porto e con grande gioia non trovammo intoppi.
Quel gigante di metallo era lì a pochi metri e stava ingurgitando gli ultimi passeggeri.
Un suono cupo annunciò che da lì a poco sarebbe partita e la donna si voltò verso di noi.
«…farò meglio ad imbarcarmi.»
Annuimmo entrambi e lo sguardo andrò subito verso il bambino nella culla, gentilmente donata dalla signora Hudson.
Charles ci guardava con gli occhi spalancati, avvertendo l’eccitazione del momento.
Holmes mi avrebbe sicuramente dato del sentimentale dopo ma non potei fare a meno di abbassarmi per dargli un bacio sulla fronte, ottenendo in cambio una tirata di baffi da quelle piccole manine.
«Questa volta credo che sarà davvero l’ultima in cui ci vedremo, signora Norton.»
«Almeno questa volta  non sono stata una sua avversaria.»
«Se tutti i miei avversai fossero come lei il mio lavoro sarebbe uno dei più gradevoli al mondo.»
Irene sorrise per quel particolare complimento e si voltò verso di me accennando ad un inchino al quale risposi con garbo.
«Ringrazio entrambi di cuore. Senza di voi mi avrebbero tolto Charles e non so davvero come avrei fatto.»
«Dovere e piacere. Ma ora le consiglio di andare o rischierà di perdere la nave.»
Annuì e si voltò per consegnare a un facchino il proprio bagaglio e in quei brevi istanti vidi Holmes allungare la mano verso la culla per accarezzare il bambino e sorridergli con dolcezza.
 
 
La nave stava uscendo dal porto lasciandosi dietro una colonna fumosa che si univa alla bassa nebbia del porto, donandogli un’aria triste e pittoresca.
Ci incamminammo verso la stazione, Holmes già alla quarta sigaretta per rifarsi dei giorni di astinenza.
«…mi mancherà», ammisi con mestizia.
«Andiamo, Watson. Era un caso come un altro.»
Lo guardai male per pochi istanti, lasciando che un ghigno mi si stampasse poco dopo sul volto.
«Ah sì? Non l’ho mai vista accarezzare i clienti con aria triste alla conclusione di ogni caso.»
Aspirò con forza un’altra boccata di fumo, riducendosi al silenzio per un po’ di tempo.
Solo quando fummo nel nostro scompartimento sul treno di ritorno aprì la bocca per ribattere.
«Anche se fosse ora è con la madre, al sicuro.»
«Ciò non toglie che stesse cominciando ad abituarsi ad avere un infante per casa!»
«E dunque? Mi sta proponendo di adottare?»
«…so che vicino a Piccadilly c’è un convento che accoglie gli orfani…»
Holmes si portò l’ennesima sigaretta alla bocca.
«Watson?»
«Sì?»
Alzò lo sguardo verso di me, distogliendolo dal fiammifero ormai spento e congelandomi con i suoi occhi grigi.
«Non ci pensi nemmeno.»




Ecco qui l'ultimo capitolo di questa fan fiction! Chiedo scusa per il ritardo: speravo di postarla ieri ma mi son data ad altre faccende e non son riuscita a concludere, ma come potete vedere...TADAAAAAN! Spero che vi piaccia e vi invito a commentare! 
Un bacio, 
Beth
   
 
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