LadyMorgan
Membro dal: 19/06/08
Recensore Veterano (204 recensioni)


Scena: Morning Room sui toni del bianco in casa di LadyMorgan. Porta a lato e caminetto in stile impero in marmo bianco. Tavolino dal ripiano in vetro al centro, con due vasi con fiori sopra e alcuni libri. Divani di colore avorio con cuscini ricamati. Molti e vari quadri alle pareti.

LadyMorgan e vicina ad una finestra e guarda fuori spostando appena le tende con aria assente ed assorta. Sbatte a mala pena le palpebre.

 

 

 

Entra Ambrogio (fido maggiordomo di famiglia)

 

Ambrogio: Milady è disponibile questo pomeriggio?

LadyMorgan (voltandosi): Mio buon Ambrogio, sapete che oggi sono in casa solo per una persona…

Ambrogio: Sì, Milady. Posso quindi introdurre l’intervistatore?

 

LadyMorgan annuisce appena e si dirige verso il primo divano.

 

Ambrogio (inchinandosi): Bene, Milady.

LadyMorgan (trattenendolo con un gesto): Ah, Ambrogio? Ricordate di portare il rinfresco all’ora convenuta, non è bene passare troppo tempo solo a parlare.

Ambrogio: Sì, Milady. (Esce)

 

LadyMorgan si accomoda sul divano e guarda la porta. Entra Ambrogio.

 

Amrogio: Il signor E.P. Cowper, giornalista di professione, per lei, Milady.

 

Entra il signor E.P. Cowper. Esce Ambrogio.

 

Signor Cowper: Buongiorno, LadyMorgan.

LadyMorgan (alzandosi): Buongiorno, signor Cowper. Posso augurarmi che il suo viaggio sia stato piacevole?

Signor Cowper: Così è stato, Milady, la ringrazio.

LadyMorgan (invitandolo con un cenno a sedere): Prego, faccia come se fosse a casa sua.

 

Entra Ambrogio con un vassoio.

 

LadyMogan: Grazie, Ambrogio. Gradisce qualcosa, signor Cowper? Tè? Caffè?

Signor Cowper: Una tazza di tè andrà più che bene, la ringrazio.

 

LadyMorgan versa il tè e glielo offre. Bevono con qualche chiacchiera sul più e sul meno, poi il signor Cowper tira fuori blocco per appunti e matita e guarda la sua ospite.

 

Signor Cowper: Milady, come certamente lei sa sono qui per questioni di lavoro. In molti, al nostro giornale, si sono chiesti: “Chi è mai questa donna che crede di poter scrivere quello che vuole su argomenti del genere?”

LadyMorgan (inarcando un sopracciglio): Argomenti del genere? Signor Cowper, io mi limito solo a scribacchiare quelle poche storie che la mia limitata fantasia mi suggerisce.

Signor Cowper: Certamente, Milady, e… appunto per questo, volevamo sapere… perché scrive? Cosa la spinge a scrivere? (Alza la matita)

LadyMorgan (incrociando le dita ed accavallando le gambe): Be’, credo sia più che altro la sensazione di trovarmi in un elemento familiare. (Sorride appena) Sì, so che forse sto usando l’aggettivo con troppa libertà, ma devo dire che scrivere… mi fa sentire a casa. A casa mia. Come entrare in un posto sapendo di esserci sempre appartenuta. Mi fa sentire libera, mi fa stare bene, mi rende felice. Inoltre, quando – forse raramente, ma capita – mi sembra di aver potuto scrivere qualcosa che non sia completamente da cestinare, si aggiunge anche un certo orgoglio personale. Cosa ci vuole fare, per quanto riguarda la scrittura sono una creatura essenzialmente arrogante. (Sorride con aria strafottente)

Signor Cowper (interrompendo i suoi frenetici appunti): Quando lei dice… “per quanto riguarda la scrittura”… intende negare di essere arrogante in altre circostanze? (Si accorge di essere stato troppo brusco e comincia a balbettare) V-voglio dire… cioè, insomma… lei…

LadyMorgan (ridendo): Non si agiti, è una domanda più che legittima. No, non intendo negare di essere arrogante anche in altre circostanze, ma devo dire che la scrittura me ne da più motivi. Semplicemente, negli altri casi l’arroganza diventa più che altro un’arma difensiva. Spesso a doppio taglio, e di cui non credo di essere ancora riuscita a farne un uso intelligente, ma comunque…

Signor Cowper (ancora un po’ nervoso): Va-a bene. (Scorre un attimo i suoi appunti) A quanto ci è dato sapere, “LadyMorgan” è il suo pseudonimo. È possibile sapere il suo nome completo?

LadyMorgan (storcendo appena il naso): Preferirei di no. Non amo molto il mio nome, ce l’hanno troppe persone. E per quel che riguarda il mio cognome, ha un suono talmente deplorevole che mi rifiuto di pronunciarlo. (Sospira un attimo) Mi perdonerà, ma cerco sempre di parlarne il meno possibile. E poi, che importanza ha? Ai fini del suo giornale, le basta il mio pseudonimo per chiamarmi.

Signor Cowper (un po’ deluso): D’accordo, Milady, sarà come vuole lei. (Abbassa gli occhi) Data di nascita?

LadyMorgan: Oh, questa è facile. 19 marzo, come regalo per mio padre, credo, e maledizione per mia nonna.

Signor Cowper (spiazzato): Maledizione per sua nonna?

LadyMorgan (divertita): Sa, mia nonna si chiama Giuseppina – anche se nessuno usa più quel nome da anni – e il 19 marzo è il suo onomastico. Solo che il mio compleanno ha offuscato l’evento, sebbene riceva sempre i miei auguri più sentiti.

Signor Cowper (vagamente stralunato): Ehm… certo, capisco. (Si riprende) Ma comunque, pesci, giusto? Si considera lunatica?

LadyMorgan (tentennandosi col capo): Un po’. Alcuni dicono di sì. Io direi che dipende.

Signor Cowper: A che ora è nata?

LadyMorgan (inarcando nuovamente un sopracciglio): A mezzogiorno e un quarto, perché?

Signor Cowper (con nonchalance): Oh, niente, volevo solo avere un quadro generale… (Attimo di silenzio) Dunque, cosa ci può dire sui suoi gusti in fatto di lettura?

LadyMorgan (con approvazione): Oh, una domanda sensata! Allora, credo di aver sviluppato un amore abbastanza irrazionale per Harry Potter da quando – ero in terza elementare, mi capirà – l’ho letto per la prima volta. È senz’altro un’assurdità, ma mi ha aperto un mondo intero, e cioè quello della lettura. Prima non mi piaceva, si figuri! E infatti devo dire che non sopporto gli ultimi libri, in particolare il settimo, perché mi hanno fatto crollare un mito durato dall’infanzia. (Minuto di silenzio) Nel frattempo, ovviamente, ho sviluppato altre passioni. Adoro Oscar Wilde – non credo di aver incontrato un’ironia così particolare in nessun altro libro di mia conoscenza – in particolare Il ritratto di Dorian Grey, Il ventaglio di Lady Windermere e Il Fantasma di Canterville, e Georgette Heyer. Sì, immagino si stia chiedendo chi è, non sono molti a conoscerla. È un’autrice inglese che ha scritto romanzi storico-romantici ambientati nel primo Ottocento o nel tardo Settecento. Ma questo non conta. Anche lì, è l’ironia il fattore più strepitoso. Le battute, i personaggi…

Signor Cowper (con un piccolo colpo di tosse): Ehm, Milady? Per tornare ad autori un po’ più… ecco… noti?

LadyMorgan (con una punta di alterigia): Mi ha chiesto lei i miei gusti in fatti di lettura, mi pare.

Signor Cowper (annuendo freneticamente): Sì, sì, ovvio, solo che… per poterla seguire meglio…

LadyMorgan (rassegnata): Dumas?

Signor Cowper: Ehm… prossimo?

LadyMorgan: Christian Jacq?

Signor Cowper: E… dopo?

LadyMorgan: Shakespeare?

Signor Cowper: Riserviamolo per dopo.

LadyMorgan: Almeno Tolkien me lo risparmi!

Signor Cowper (con sollievo): Sì, sì, Tolkien va benissimo.

LadyMorgan: Allora… devo dire che di Tolkien ho visto prima il film. E dopo ho letto il libro. Mi è piaciuto, di tendenza, anche se non l’ho mai riletto, come invece mi capita spesso con quasi tutti i libri che adoro. (Occhiataccia verso l’intervistatore) Ma non credo che ci scriverei mai sopra. Devo confessare che per scrivere FanFiction, come mi è capitato ultimamente, trovo che il mondo più stimolante sia quello di Harry Potter. Forse perché, appunto, più ancora che un libro Harry Potter è proprio un mondo. Che varia da persona a persona, in base a come ognuno lo interpreta. Ecco, credo che la magia più grande di quella straordinaria strega della Rowling sia stata aprire un mondo intero a più generazioni. Un mondo su cui ognuno può ricamare ciò che più gli piace, i paring più assurdi, le storie più pazzesche…

Signor Cowper (cercando disperatamente di stare in pari): Quali sono i suoi personaggi preferiti?

LadyMorgan (senza esitazione): I Malandrini, senza dubbio, a parte la pantegana, che friggerei volentieri nell’olio bollente! (Notando lo sguardo dell’intervistatore per l’eccessiva veemenza e controllandosi) Insomma, è un personaggio orribile che ha distrutto la più grande amicizia mai creata dalla Row – e ce ne sono state parecchie, mi lasci aggiungere! E poi… chi altro? Ah, sì, Hermione – anche se la ucciderei per essersi sposata con Ron, che decisamente non è alla sua altezza – e Harry stesso, direi. Oh, e Piton e Silente, ora che mi viene in mente, anche se il preside ha un po’ un calo negli ultimi libri. (Sospira) Ma non importa. (Tace un attimo concentrandosi) E aggiungerei anche Tom Riddle, sebbene ogni tanto non rimanga fine a sé stesso. Insomma, diventa troppo umano!

Signor Cowper (guardando l’orologio da taschino): Milady, temo che ci rimanga abbastanza poco tempo… c’è qualcos’altro che vorrebbe dire su di sé?

LadyMorgan: Su di me me o sui miei gusti?

Signor Cowper (agitando la mano): Scelga lei, la prego, Milady, senz’altro sa come possiamo meglio far capire chi è.

LadyMorgan (parlando a velocità forsennata tanto da far schizzare gli occhi fuori dalle orbite al povero signor Cowper): Allora, di tendenza non mi piacciono le serie televisive – o meglio, alcune sì ma non sto ad elencarle perché evidentemente non abbiamo tempo – i miei film preferiti sono (ma me ne scorderò qualcuno): Star Wars – eccone un altro che ha creato un mondo –, The Phantom of the Opera – e in generale devo ammettere che Lloyd Webber è talmente un mito da rendere fantasmagorico qualunque cosa rechi la sua illustre firma –, Casanova – sì, è un’idiozia anche questa ma le idiozie sono il sale della vita –, King Arthur – a essere sincera non so neanche perché, visto che sono una patita dell’Impero romano… sarà perché era già in decadenza, sappia che per me l’Impero è caduto nel 313 con quello stupidissimo editto di Milano che quel cretino di Costantino ebbe la brillante idea di far emanare –, Titanic – tranne quando mi ricordo come va a finire. Se me ne vengono in mente altri glieli farò sapere. La prima cosa che noto in una persona ed apprezzo di più fisicamente sono gli occhi, che preferisco freddi… sa, sul celeste o il grigio, anche se pure neri non mi dispiacciono, e caratterialmente il senso dell’umorismo. O meglio ancora il senso del ridicolo. Se ho in comune con una persona il senso del ridicolo, non riesco a litigarci. Amo l’Inghilterra – anche se la sua cucina mi fa letteralmente schifo –, non sono una fan degli Stati Uniti – anche se confesso che da quando hanno eletto Obama hanno fatto un grandissimo passo avanti nella mia stima –, vorrei trasferirmi in Australia o Nuova Zelanda – ma solo quando sono troppo scoraggiata da quello che succede in Europa –, adoro Venezia, Roma e Firenze, non necessariamente in quest’ordine, non ho una predilezione assoluta per la pizza, sono convinta di essere nata con due secoli esatti di ritardo, nel paese sbagliato e con le credenziali sbagliate, adoro sopra ogni altra cosa la mia famiglia, e voglio ricordare particolarmente mia madre, mia cugina Maggie (a proposito, lo sapeva che anche lei è su EFP?) e mia sorella Mary (vedi parentesi precedente). I miei eroi preferiti sono Cesare ed Elisabetta I – una fantasia che mi spacca, proprio. Ah, e dimenticavo Richelieu e Machiavelli, non esattamente come eroi ma come personaggi che stimo. Invece non sopporto Pompeo, Mosè, Luigi XIV, Robespierre e un sacco di altri personaggi che non sto a elencare. Per me la storia interessante finisce nel 1848, quindi tutto quello che viene dopo non verrà per principio messo fa le mie cose preferite. E…

Signor Cowper (vagamente morto): Sì, Milady, credo che per il giornale sia abbastanza.

LadyMorgan (con un’occhiata sadicamente dolce): Vuole qualche rinfresco, signor Cowper? Non ha l’aria di stare troppo bene…

 

Dieci minuti dopo. Entra Ambrogio.

 

Ambrogio: Ebbene, Milady, è un nuovo record.

LadyMorgan (battendo le mani deliziata): Davvero? Quant’è, Ambrogio?

Ambrogio (tirando fuori un orologio): Meno di mezz’ora, Milady.



Semplicemente, io


Dalla trattativa di Silla in oriente con gli ambasciatori del regno dei parti e il re Tigrane. La risposta alla domanda dell’ambasciatore parto Orobazo su come Roma potesse essere diventata quello che era senza il governo di un re.

 «Roma è il nostro re, sebbene noi usiamo per Roma la forma femminile e la designiamo col pronome “lei”. I greci si sono subordinati ad un ideale. Voi vi subordinate ad un uomo, il vostro re. Ma noi Romani ci subordiniamo a Roma e solo ad essa. Noi non ci inchiniamo di fronte a nessun essere umano, Orobazo, non più di quanto ci inchiniamo di fronte a qualcosa di astratto come un ideale. Roma è il nostro dio, il nostro re, la nostra stessa vita. E sebbene ogni romano lotti per migliorare la propria reputazione, lotti per apparire grande agli occhi dei suoi concittadini Romani, tali azioni finiscono, nel corso del tempo, per andare a vantaggio di Roma e della sua grandezza. Noi adoriamo un luogo, Orobazo. Non un uomo. Né un ideale. Gli uomini vanno e vengono, i loro passaggi sulla terra sono fugaci. E gli ideali vengono modificati e vacillano al minimo mutare del pensiero. Ma un luogo può essere eterno, a condizione che coloro che vivono lì ne abbiano cura, lo alimentino, lo rendano ancora più grande. Io, Lucio Cornelio Silla, sono un grande romano. Ma al termine della mia vita, qualsiasi cosa io abbia fatto andrà ad accrescere la potenza e la maestà del luogo in cui ho vissuto: Roma. Oggi, io sono qui non a nome mio, né a nome di qualsiasi altro uomo. Sono qui a nome di quel luogo: Roma! Se noi concluderemo un trattato, questo verrà depositato nel tempio di Giove Feretrius, il tempio più antico di tutta Roma e là rimarrà: non sarà mia proprietà, non porterà neppure il mio nome. Sarà un testamento della potenza di Roma.»
[…]
«Ma un luogo, Lucio Cornelio» disse Orobazo, «è solo un insieme di oggetti! Se è una città, è un insieme di edifici. Se è un luogo sacro, è un insieme di templi. Se è una campagna, un insieme di alberi, rocce e campi. Come può un luogo generare tali sentimenti, tale nobiltà? Voi adorate un insieme di edifici – perché so che Roma è una grande città – e fate tutto questo per amore di quegli edifici?»
Silla protese la mano eburnea. «Questa è Roma!» Poi toccò il muscoloso avambraccio, bianco come la neve, che le stava dietro. «Questa è Roma!» Poi spostò le pieghe della toga per mostrare le gambe della sedia, intarsiate e curvate a formare una croce. «Questa è Roma, Orobazo.» Stese il braccio sinistro, appesantito dalle infinite pieghe della toga, e ne pizzicò il tessuto lanoso. «Questa è Roma!» Fece una pausa per fissare negli occhi ciascuno dei suoi ascoltatori, che lo guardavano dal basso, e al termine della pausa disse: «Io sono Roma! E lo è ogni uomo che può chiamarsi romano. Roma è uno spettacolo che dura da mille anni, da quando un fuggitivo troiano chiamato Enea pose piede sulle coste del Lazio e vi diede origine  a una razza che fondò, seicentosessantadue anni fa, un luogo chiamato Roma. E, per un certo periodo, Roma fu davvero governata da re, fino a quando gli uomini di Roma non rifiutarono il concetto che un uomo potesse essere più potente del luogo che lo ha allevato. Nessun uomo dovrà mai considerarsi più grande del luogo che lo ha cresciuto. Nessun uomo deve neppure considerarsi più grande del luogo che lo sta crescendo. Nessun romano è più grande di Roma. Roma è il luogo che cresce grandi uomini. Ma tutto ciò che essi sono – ciò che fanno – è per la sua gloria. È il loro contributo allo spettacolo che continua. E io vi dico che Roma durerà fino a quando i Romani avranno più cara Roma di loro stessi, più cara dei propri figli, più cara della loro reputazione e del loro successi.» Silla fece un’altra pausa, poi tirò un lungo sospiro. «Fino a quando i Romani avranno più cara Roma di un ideale o di un solo uomo.»
«Ma un re rappresenta tutto ciò di cui stai parlando, Lucio Cornelio» obbiettò Orobazo.
«Un re non può essere tutto questo» ribatté Silla. «Un re si preoccupa prima di tutto di sé stesso, un re crede di essere più vicino agli dei che a tutti gli altri uomini. Alcuni re credono di essere dei. Dei molto concreti, Orobazo. I re usano i loro regni per alimentare sé stessi. Roma usa i Romani per alimentare sé stessa.»
Orobazo sollevò le mani in un antichissimo gesto di resa. «Non capisco quello che dici, Lucio Cornelio.»

Per quanto in molti ci abbiano provato, e per molti ci siano anche riusciti, Roma non morirà fino a quando ci sarà un solo uomo su questo mondo che senta ancora il cuore battere, a distanza di secoli, a sentire cosa Roma fu, è, sarà e rappresenta. Le persone si corrompono, gli ideali si guastano. I luoghi, se curati, sopravvicono in eterno.
Perché questo è quello che siamo.


La libertà è ed è sempre stata un concetto relativo, per lo più usato a proprio vantaggio da chi poteva appieno comprenderne l’utopica natura. Per una promessa di libertà, seppure relativa come può essere quella dell’essere umano, molti sarebbero disposti ad uccidere. Probabilmente senza scopo, ma finché lo scopo esiste nelle loro menti, esiste anche nella realtà.
Gli scopi e gli ideali sono per lo più fasulli come concetto, ma il semplice poter trasportare delle persone con quegli stessi ideali li rende reali. Un ideale è una lama a doppio taglio, può indiscriminatamente uccidere o sollevare. Ma se uccide, è come un veleno anestetico, che prima di uccidere calma, tranquillizza. Perché dà l’impressione di essere morti per qualcosa, anche se il qualcosa non esiste nella realtà. Se solleva, è come un vino molto forte, che prima rallegra e poi esalta. Perché dà l’impressione che lo scopo sia stato raggiunto, il fine ultimato. Può dare un senso di appagamento o di perdita completare un ideale.
In base a questo, come si può dire se credere, vivere e morire per un ideale sia da sciocchi o da lungimiranti? Probabilmente è più facile. Sicuramente più appagante. Ma un ideale stesso sottrae la libertà, subordina ad un’idea che può variare al minimo mutamento della mente.
Una consapevolezza estrema di tutte le sfaccettature di quest’arma può dare la libertà. Ma solo la libertà di scelta.

Siamo tutti nella fogna, ma alcuni guardano le stelle.



La democrazia è come la libertà un concetto utopico, fa bene pensarci, si può pensare di averla raggiunta ma a causa di alcune imperfezioni che inevitabilmente esistono in un gruppo sarà costantemente imperfetta.
La democrazia implica la capacità da parte di tutto il popolo di scegliere i propri rappresentanti. Tutto il popolo, in qualunque società si viva, non potrà mai essere pienamente in grado di farlo. Ciò non sarebbe un gran male se questa unità non costituisse la maggioranza. Ma quando la maggioranza non è in grado di governarsi, allora come si può dire che la democrazia sia un fattore positivo? Come si può permettere ad un concetto di essere applicato se non c’è nessuno in grado di applicarlo per il meglio? E come si può permettere, in base al concetto democratico, che quel nessuno si possa rapidamente mutare in un tutti, se quel tutti può diventare un tutto restando tuttavia un nessuno?
Una volta dissero che servirebbe una patente per poter votare. Che prima di poter far sentire la propria opinione, si dovesse dimostrare che si ha un’opinione da far sentire. Ovviamente sarebbe troppo svantaggioso per chi da quel nessuno ne ricava tutto.
Ma, come disse una volta un grande saggio, «Perché il mio voto deve contare come quello di un cretino?»






     








Estate 2010

Attenzione: importante per tutti i lettori!

A partire da questo Agosto, io me ne andrò a studiare negli Stati Uniti per un anno, per la precisione fino alla fine del prossimo Giugno, il che vuol dire che in questo periodo è assai improbabile che riuscirò a scrivere, aggiornare o quant’altro comprenda la vita EFPiana.

In teoria avevo cominciato a scrivere una storia a capitoli da pubblicare durante la mia assenza la cui gestione, pur su questo account, sarebbe stata lasciata a mia sorella, ma visti i come e i quando l’ipotesi è ancora in forse.

Ne approfitto quindi per salutare tutti coloro che mi hanno seguita fin’ora e per rassicurarli: la mia situazione non è permanente, per vostra disgrazia io tornerò e continuerò ad ammorbarvi con le mie storie (anche se dovrete perdonarmi l’italiano probabilmente sgrammaticato dei primi tempi xD).

LadyMorgan



For the Greater Good (Ultimo aggiornamento)
Due grandissimi personaggi a confronto in quella che, per bocca stessa della Rowling, fu "la più grande tragedia nella vita di Albus Silente". Un rapporto che li cambiò entrambi, in modi diversi e profondamente.
La mia visione di questo rapporto, nel corso del tempo, da vari, e a volte diversi, punti di vista.
[ Autore: LadyMorgan ] [ Categoria: ] [ Storie: 9 ]
[ Rating generale: Giallo ] [ Generi principali: Generale, Drammatico ] [ Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald ]
[ Aggiornata: 22/07/12 ] [ Completa? - No ]

Deficienti si nasce (Ultimo aggiornamento)
Alcune delle mie storie sui Malandrini visti come studenti ancora senza pensieri di guerra, battaglie, morti e distruzione.
"Prima che tutto fosse".

[ Autore: LadyMorgan ] [ Categoria: ] [ Storie: 7 ]
[ Rating generale: Giallo ] [ Generi principali: Commedia ] [ Personaggi: I Malandrini ]
[ Aggiornata: 24/12/10 ] [ Completa? - No ]

Cosa era...? (Ultimo aggiornamento)
Drabble e flash-fic che credo verteranno tutti a proposito dello stesso personaggio, Lily Evans poi in Potter.
Nate quasi tutte su post-it adesivi, cercheranno di rendere l'idea che ho io di questo persoanggio. Spero sia condivisibile.
[ Autore: LadyMorgan ] [ Categoria: ] [ Storie: 9 ]
[ Rating generale: Giallo ] [ Generi principali: Introspettivo ] [ Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Lily Potter, Severus Piton, Voldemort ]
[ Aggiornata: 22/12/10 ] [ Completa? - No ]

I Rimpianti del Principe (Ultimo aggiornamento)
Alcune delle mie vecchie shot sui pensieri di Severus Piton dopo la morte di Lily, con pochissimi altri personaggi più o meno variabili.
[ Autore: LadyMorgan ] [ Categoria: ] [ Storie: 6 ]
[ Rating generale: Giallo ] [ Generi principali: Triste, Song-fic ] [ Personaggi: Lily Potter, Severus Piton ]
[ Aggiornata: 10/08/10 ] [ Completa? - No ]