Due vite che si incontrano e si scontrano. Due vite lontane e distinte che non possono fare a meno di trovarsi e unirsi fino a chiedersi: "Come faccio senza te?".
Storia scritta da due autrici.

Mi alzo e mi siedo accanto a lei sul divano. La bacio di nuovo, a lungo, lei risponde al bacio, la sua lingua intrecciata alla mia. Sbottono il maglioncino e la camicetta e glieli tolgo, poi è il turno della cintura e dei pantaloni. Mi spoglio anche io. Completamente. Bacio ogni centimetro di pelle che lascio scoperta a mano a mano. Le mie mani si insinuano sotto il suo corpo, sulla sua schiena, per sganciare quel meraviglioso reggiseno rosa. A cavalcioni sopra di lei, la bacio ancora, sento la sua pelle pulsare sotto la mia: mi vuole. Stava mentendo. Le sfilo le mutandine ed entro in lei. È già bagnata.
Chiude gli occhi per il piacere e sussurra "che bello". È stupenda.
"Amami. Ti prego amami e basta. Non ti chiedo altro." Le dico fermandomi un attimo.

La felicità è desiderare quello che si ha. Ho comprato un segnalibro con questa scritta quando avevo circa 12 anni, ma non ne capivo davvero il significato. L'ho comprato perché era violetto e sopra c'era una colomba con un arcobaleno.
Ora lo capisco.
Non sono mai stata così felice in vita mia e non vorrei nulla di diverso, solo quello che ho. Guardare con la coda dell'occhio la persona che amo e sentire gli occhi che bruciano e calde lacrime che mi rigano le guance: sono troppo felice.
Ora il film che sto guardando dice: troviamo la felicità in luoghi inaspettati. Non c'è nulla di più vero.

È buio, a stento riesco a vedere dove metto i piedi, ma non posso curarmene, devo correre. Sono in una foresta, piena di insidie, di notte, ma non basta. Non so come sono arrivata qui, so solo che non posso fermarmi, altrimenti mi prenderà, e Dio solo sa cosa ne sarà di me. Lo sento ansimare alle mie spalle, sono riuscita ad ottenere un po' di vantaggio forse solo per la mia corporatura esile, ma la mia resistenza non può competere con la sua: sto perdendo sempre più terreno, lentamente e inesorabilmente mi sto avvicinando sempre di più alla stretta di quella mano forse mortale.

"Dove mi porti?" la sento sussurrare alle mie spalle, ma non rispondo, determinata ad avere ciò che voglio. Una volta entrate nel piccolo bagno, però, sembra che lei abbia capito perfettamente le mie intenzioni, e rovescia la situazione, sbattendomi contro la porta, che ha chiuso rapidamente alle nostre spalle.
Mi bacia con passione, il suo corpo spinge sempre di più contro il mio, le sue mani sono ovunque. Mi tira su la maglietta e sento la sua mano farsi strada lungo la mia schiena, le sue unghie mi graffiano, affondano nei miei fianchi. Mi fa male, ma non mi importa.

6:31 a.m., Lunedì.
Suona la sveglia. Perché alle 6:31? Perché noi non ci svegliamo mai con i numeri pari. Perché? Non lo so nemmeno io. Chiedete a lei. Io mi accontento di dire che noi siamo alternative.
Mi giro e la guardo, in questo momento vorrebbe prendere la sveglia a martellate. È girata di schiena, mi avvicino e la circondo con le braccia. Le dò un bacio sul collo.
"Buongiorno amore mio... su, è lunedì, lavoro...", le sussurro dolcemente.
"Buongiorno piccola mia... non ancora... letto un pochino...", mugugna, ancora insonnolita.

Ciao. Io sono Rebecca, sono una ragazza un po' particolare. Nella mia vita ne ho passate tante. Davvero tante. Ho solo vent'anni e non avete idea di quello che ho passato negli scorsi anni. Ora però sono felice, ed è la cosa più importante.
Vi spiego come sono andate le cose.