Non era questa la poesia che mi aspettavo, la sorpresa è stata completa considerando anche la suspence che c'era sul "tema", io ero proprio in alto mare con le mie ipotesi (che non ti avevo voluto dire, battaglia di Matapan a parte. E a proposito di Matapan, ho almeno sorprendentemente indovinato l'anno, lol).
Oggi 'recensisco' questa tua poesia con l'Eine kleine Nachtmusik come sottofondo. Sensazione stranissima, le tue parole galleggiano fra le note di Mozart e allo stesso tempo le mie vi si fanno spazio, cercando di cogliere il loro nucleo, di riassemblarle. Aw.
Beh, inizio col dire che non ne sapevo nulla del suicidio di Virginia Woolf. Forse l'avevo letto durante gli anni di liceo, ma in ogni caso questo dettagli, che dettaglio non è, si era rimosso dalla mia memoria (avrei dovuto segnarlo su un taccuino). A scelte del genere io attribuisco grandissima importanza: mi fa sempre tanta impressione sapere che uno scrittore, un filosofo, un poeta, un personaggio che io ammiro ha scelto di suicidarsi. E la mia ammirazione, forse morbosamente, si fa ancora più intensa; nonostante io mi ritenga "cristiano" (mah, ci sarebbe da discuterne) non sono affatto contrario al suicidio, nel senso che rispetto una tale scelta. Per certi versi la capisco.
Ecco, sai cosa m'ha deluso oggi della tua poesia? Mi aspettavo, andava bene anche fra le note, citazioni dirette dai diari di V. Woolf che tu hai letto, avresti potuto aiutare il lettore nel cercare di capire le ragioni di una scelta così coraggiosa e drammatica e folle. Come hai cercato di capirle tu, immagino. O forse volevi incuriosire il lettore e spingerlo ad informarsi? Perché in effetti adesso io sono curiosissimo, vorrei avere quei diari fra le mani (btw, a me piace leggere i diari; trovo sia come svestire una persona, è un atto platonicamente romantico e sensuale insieme, seppure si crea una comunione intima ma unilaterale).
L'unico indizio è questo:
“E il vostro romanzo?”
“Oh caccio una mano dentro il sacchetto e tiro su quel che viene”
“Ecco la cosa meravigliosa. Ed è sempre diverso.”
“Sì, io sono venti persone diverse.”
E in quelle parole potrebbe esserci la chiave di tutto, ma potrebbe anche non esserci. Dipende da te. Potrebbero essere parole tue, potrebbe essere un estratto scelto da te. Credo sia il secondo.
Ammesso che sia una citazione, potrebbe essere solo un frammento come altri. Oppure potrebbe essere la chiave di lettura di tutto, la ragione prima che tu hai ritrovato in quei diari, quello che secondo te l'avrebbe spinta a mettere fine alla sua esistenza corporea (Virginia Woolf era credente?). Dipende sempre da quello che hai scelto, da quello che volevi inserire, quindi il dubbio mi resta.
Certo è che il suo essere venti persone insieme non sia poi tanto meraviglioso come il suo interlocutore crede. I suoi romanzi saranno meravigliosi, ma annunciano anche quella contesa interiore che l'autrice evidentemente crede insolubile, tanto da spingerla al suicidio.
Non ho avuto occasione di dirtelo, ma alcuni giorni fa ho iniziato a leggere Le Onde e in questo romanzo il suo essere venti persone insieme è sicuramente evidente, Peraltro sono incappato, leggendo, in una difficoltà. Non capisco in quale personaggio mi immedesimo maggiormente, in quale ritrovo me stesso. Prima credevo fosse Susan. Ne ero convinto. Dopo mi sono convinto fosse Bernard, come se avessi avuto un'illuminazione chiara. Mi sono detto, mentre leggevo un suo pensiero, "Ma no, è evidente, io sono (come) lui!". Poi è successo ancora, nello stesso identico modo (ps. sto facendo una cosa stupida, sto battendo i tasti a ritmo di Mozart, lol) con Rhoda, Neville e infine Louis. A volte sono anche tornato indietro, ad un personaggio precedente (e non ti nascondo d'essere anche tornato indietro nel testo, nelle parti in cui annotavo qualcosa, per capire cosa mi aveva spinto prima ad una identificazione diversa). Al momento sono Louis.
Ti racconto questo perché la complessità interiore di V. Woolf è presente in questo libro. Ieri, quando ho finito di leggere (sono arrivato a metà) mi sono detto "Avrei voluto conoscerla". Virginia Woolf, intendo.
Argh, sto dilagando terribilmente, me lo permetto solo perché tu dici sempre che non è un problema. Ma adesso passo alla poesia, che mi è piaciuta. E no, non è tagliente. D'altro canto non avrebbe potuto esserlo (eccetto il caso in cui tu avessi deciso di fare un'arringa di V. Woolf contro qualcosa o qualcuno). Mi ha colpito tantissimo questa strofa:
"Desolata, annoiata, felice,
triste, torturata, afona;
la mente prosegue a lavorare nonostante tutto;
è testarda ed impila un’idea su un’altra,
un pensiero sopra l’altro,
un’emozione dentro un brivido;
e tutto sfugge e crolla, inglobando la vita,
l’essenza stessa dell’esistere."
Scrivere come un'attività senza sosta, scrivere come se non ci fosse scelta. C'è una cosa che mi torna in mente, te la mando fra poco. La scrittura è un modo per svagare, per sfuggire al mondo, la scrittura è anche una serrata rassegna di parole che prendono il posto della vita stessa.
"È una scossa brusca, quella creativa:
esplode ed implode, si disfa e si ricompone:
un lavorio incessante e tormentato, tortuoso."
Bellissima descrizione.
"Tu riesci a sottrarti da questa morsa frenetica
e così dolce insieme – i tuoi sensi ne sono avviluppati –
boccheggiando ed ansimando, all’irrazionale ricerca
dell’ambrosia fresca, pura e lussureggiante.
Ed è bella la vita!
È densa e odora di buono;
d’amore coniugale, di un’intesa proibita;
tintinnano melodie e ballate
e le risate ti gonfiano le viscere.
E com’è splendida la vita;
il sole che perfora le nubi,
riversando rugiada e gocce di luce sul tuo scrittoio.
Attorno a te e dentro di te c’è una quiete irreale,
perfetta nella vaga illusione di un sogno."
Questa parte, che è la seconda parte della poesia, per come l'ho letta io, mi pare rappresenti un momento della vita dell'autrice. Anche in questo caso vado alla cieca, non ricordo niente della sua biografia, mi lascio guidare dalle tue parole e della maniera in cui le interpreto. In un certo senso, cerco di conoscere V. Woolf attraverso te (e attraverso i tuoi versi, come ti fa sentire questo? Voglio dire, sei come testimone d'un profeta e la tua testimonianza trasmette una fede). E mi pare d'intuire che abbia ricercato un equilibrio psicofisico, che lo abbia raggiunto faticosamente, in una vita coniugale di cui doveva essere soddisfatta, nonostante un'intesa proibita, e in genere di una vita che cercava di vivere. Non dici che era felice, no, però la vita era bella.
"Ma ecco il dubbio che s’insinua insidioso:
e le voci irreali si fanno più prepotenti, più turpi, più violente;
e le labbra lacrimano e gli occhi singhiozzano;
non riesci più a scorgere il margine frastagliato
della lettera, della tua ultima lettera,
vergata con inchiostro struggente, doloroso,
sconquassato dal quel tormento mentale che
strappa, logora, dilania le proposizioni:
non c’è ordine, non c’è rigore, non c’è pace.
Lo specchio dell’acqua è sottile, duttile, però;
incanta ed irretisce insieme
– e spaventa anche un po’, non trovi?"
Adoro queste tue "interrogazioni". Come una sottile lastra di ghiaccio, la vita s'incrina. E la sua interiorità tormentata ha la meglio, c'è solo un modo per mettere pace e quella lettera sarà l'ultima sua opera scritta. Meraviglioso il modo in cui rendi il suo tormento, le seu ansietà, il suo malessere, così difficile da esprimere. Sei strepitosa nell'esplicare l'indicibile.
C'è di più. e le voci irreali si fanno più prepotenti, più turpi, più violente. Mi sembra più che l'ennesimo sintomo di quell'interiorità combattuta, mi pare quasi un riferimento ad una sua malattia mentale (sebbene tra le due cose il confine sia difficile da stabilire), mi sbaglio forse? Non mi stupirebbe, anzi considerando il tuo "interesse" in merito, sarebbe una ragione in più, per te, per interessarti a lei.
"S’odono i primi fruscii primaverili,
il verso degli uccelli,
i pettirossi che si crogiolano
tra i deboli spasmi delle corolle floreali
accarezzate dalla brezza leggera.
Le pietre lisce, levigate, forti,
pesano sul palmo rugoso delle mani sfibrate
e, con il loro peso,
soffocano la morbida stoffa delle tasche dell’abito.
In compenso l’acqua è frizzante;
scorre attorno alle caviglie, ai polpacci,
alle cosce e al ventre.
L’acqua è fredda, ora, tra la carne sensibile dei seni,
delle braccia e del collo.
L’acqua è ghiacciata nella mucosa
irrorata e bollente del naso e della bocca.
L’acqua ostruisce, s’insinua,
giù, sempre più a fondo,
nei meandri intimi del corpo e dello spirito;
le dita ossute afferrano il nulla liquido per riflesso,
ma le pietre sono macigni insormontabili
e tu leggiadramente affondi,
delicata come un desiderio mormorato a labbra schiuse;
affondi nei fluttui, gorgheggi nel ventre piatto delle onde."
Dovrai aiutarmi ancora una volta tu, perché cercare su internet mi sembra, a questo punto, quasi scorretto. Muore annegata? Sul serio? Con delle pietre nelle mani? L'istinto di sopravvivenza non dovrebbe prevalere e "costringerla" a lasciare andare le pietre (che immagino debbano anche essere piuttosto consistenti per raggiungere lo scopo)? Forse vi si è legata?
Le tue parole sono davvero dolci nel descrivere i suoi ultimi attimi di vita. L'hai ritratta con fierezza, con una serenità, nelle ultime battute, che crea un forte contrasto con il resto del testo. Complimenti, una bella poesia, splendido tributo ad una grande scrittrice.
Unica constatazione "negativa":
"Anneghi placidamente, infine;
la mente sazia ed immobile e stabile
come mai prima di allora.
(Le tue parole vibrano ancora,
nel lamento silenzioso della mancanza.)"
Questi due pezzetti mi sono sembrati superflui. ^^ |