Recensioni per
Gorgoglìo.
di hiccup

Questa storia ha ottenuto 269 recensioni.
Positive : 267
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Veterano
28/01/14, ore 18:42

Non ho resistito fino a stasera, volevo leggere un'altra tua poesia. La mente talvolta è più debole della carne, ehssì.
E poi sono curioso di arrivare al tredici gennaio.

A proposito di carne, più vado avanti con le tue poesie più mi accorgo che avevi ragione: i tuoi riferimenti "biologici" sono frequenti e spesso si fanno insistenti nei tuoi componimenti (in senso positivo). In questi versi mi è parso proprio evidente come tu faccia risaltare il lato più umano e in una certa maniera trovo sia un'operazione doverosa e che approvo, non solo perché mi piace, ma anche perchè penso che la rivalutazione del corpo sia legittima, visto che spesso passa in secondo piano nella poesia, che rigetta la fisicità stessa (niente di male pure in tal senso, perchè si sa, sono scelte dettate da condizioni diverse). A primo impatto la poesia trasmette, in maniera netta, un messaggio forte: il bisogno di avere di più, di accaparrarsi quanto più possibile, che sembra non basteare mai, verso qualcosa che si esaurisce troppo in fretta. La mancanza mi pare un tuo caratteristico topos: anche in questo caso è poco definita, sfocia in una ricerca ossessiva (che forse tradisce una certa paura, anche stavolta, come in quelle fiammelle tremolanti) e si risolve in contrasti irrisolvibili: muore, infine, dopo l'illusione. L'incapacità di parlare, di pronunciare le parole giuste o trovare il coraggio di "uscire fuori" è il primo atto drammatico di questo componimento, che s'inserisce fra la lussuria umana, fra le stelle - onnipresenti in un modo o nell'altro anche loro nelle tue poesie -. "Senza fine, senza inizio" mi ha fatto pensare ad un circolo, in cui qualunque punto è cominciamento, ma mi ha fatto anche venire in mente l'idea di infinito che spesso, in un peccato di lussuria, attribuiamo a noi stessi e alle cose che reputiamo nostre. E il contrasto fra tale atteggiamento superbo e l'innocenza dei bambini, poco più in alto, crea l'ennesimo fortissimo contrasto. La conclusione era ed è inevitabile.

Che altro dire? Di solito esalto i contenuti, mi prendono di più, ma non credere che non faccia caso all'attenzione che riponi nella forma, sei minuziosa e certosina. Magari "dal vivo" risulterai anche un tantino irritante (o sei più permissiva?), ma qua è assolutamente appropriata la tua precisione. Complimenti, secondo me sei veramente brava e molto portata per la poesia!


 

Recensore Veterano
28/01/14, ore 13:00

Ti sei confrontata con il tema catulliano dell'odi et amo nei termini di una descrizione di un tramonto tormentato che rende tantissimo. Non solo, hai anche reso, con la tua poesia, l'immagine del sentimento ambivalente, di paura e repulsione da un lato e curiosità e fascino dall'altro, dell'uomo nei confronti di una natura talvolta benefica e meravigliosa e talvolta malvagia e tempestosa, nel vero senso della parola.

Orrore e meraviglia possono forse coesistere
in armonia?

Pare proprio di sì! Il che può apparire sorprendente, ma tant'è.

E le costellazioni sono vive
- tanto quanto una pennellata densa
sulla tela increspata –
rassicurano l’errante Vagabondo
e l’ombra perduta del Pazzo
sulla terra stagnante.

Qua mi sfugge qualcosa. Ci ho riflettuto a lungo ma non trovo un possibile abbinamento per la coppia Vagabondo/Pazzo. La prima sensazione mia è stata quella di collegarli a due costellazioni, ma ad una seconda rilettura mi sono reso conto che era improbabile e che più verosimilmente si trattava di due soggetti reali, perché stanno "sulla terra stagnante". La seconda cosa che mi è venuta in mente è la possibilità che il collegamento sia con l'arte figurativa: chi meglio di un pittore può rendere una costellazione viva? Eppure per quanto mi sforzi non ricordo alcun artista che rientri nella descrizione - sebbene metaforica - di Vagabondo o Pazzo. Quindi ho riflettuto e, forse, tu pensavi ad un altro tipo di espressione artistica: perché dopotutto le impressioni racchiuse in un quadro sono troppo statiche per rendere la dinamicità abbagliante di un cielo in subbuglio. Che ti rifessi a due poeti? Mi son domandato quali e sono partito dal Pazzo, o meglio, dalla sua ombra perduta. Fosse stato solo Pazzo avrei pensato ad uno dei poeti "maledetti", ma tu parli di un'ombra perduta. E sarà che sono perdutamente innamorato delle sue poesie, ma ho ricordato che l'ombra è ricorrente in Montale e cercando fra le sue poesie trascritte (e sono parecchie) ho ritrovato questi versi :

Se un'ombra scorgete, non è
un'ombra - ma quella io sono.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.

Però non mi convinceva. Vorrebbe donare la sua ombra e non perderla, perchè lui è quella stessa ombra e offrirla significa anche offrire quello che di lui è più nascosto e difficoltoso da intravedere, il suo vero "io". A quel punto ho continuato a scorrere le poesie e tra gli altri autori ho trovato Neruda con "ora all’arrivo nella mia vita del tuo aroma scarlatto/tremò la mia memoria nell’ombra perduta come se nel bosco" ma l'ombra perduta non è la sua.
Sono passato a Vagabondo. Molti poeti, per un motivo o per un altro, furono erranti, in vita o in poesia, difficile dire chi possa essere il prescelto. Mi è venuta in mente una poesia di Bukowski dall'omonimo titolo, ma solo per via appunto dell'omonimia, perchè in verità Bukowski sarebbe più adatto all'altro ruolo secondo me.

Quindi mi arrendo: è stata una ricerca interessante ma, ti prego, illuminami! C'era in effetti qualcosa da trovare o questa caccia al tesoro l'ho inventata io?

Odio e Amore;
stringono le gracili dita ai polsi,
soffiano requiem tra le labbra tumide
di desiderio.

Qua mi sembra che il tramonto tormentato si intrufoli nei cuori, parimenti tormentati, in un gioco di corrispondenze fra orrore e odio, amore e meraviglia, natura e singolo individuo. E questo capovolgimento, questo passaggio dal naturale all'umano, mi pare ridia dignità (nonostante la nostra imperfezione, testimoniata dalle gracili dita) al nostro piccolo mondo interiore, non meno sconvolgente. Mi sono chiesto: il soffiare requiem è una sorta di congedo dal tramonto e dal lettore? O è un riferimento al velleitarismo delle nostre ambizioni e dei nostri desideri, che nonostante tutto resteranno inappagati dopo aver ammirato uno squarcio d'infinito, rinchiusi nella nostra genetica finitezza?

Comunque sia, comincio a sentirmi prevedibile, ma ti faccio i miei più sinceri complimenti, la poesia come si sarà capito mi piace proprio tanto. ^^

Recensore Veterano
27/01/14, ore 21:00

Commentare questa tua poesia è un po' più complicato del solito, perché mi sembra banale tutto quello che potrei dire. Fra quelle che ho letto finora è di sicuro la mia preferita, forse per l'ambientazione, così reale, forse per quella flebile richiesta di aspettare, che come un topos si ripete più volte, è il motivo che funge da colonna portante di questi versi e che li chiude, in una richiesta quasi disperata che sembra destinata a rimanere inascoltata (forse perché, in fin dei conti, quelle parole sono solo pensate e non pronunciate). In questa poesia scorgo la paura di vivere, la sorpresa nello scoprire il mondo, che c'è sempre stato e che d'un tratto si è rivelato sotto una nuova, inedita luce.

Oh,, dico a lei, non vada ad aprire, la prego;
mi permetta di godere di questa sensazione
di completezza umana;

Basta una cosa da nulla a volte, un caffè al bar, per riportarci in vita e per sentirci liberi, che poi è lo stesso. Le piccole cose ci rendono felici talvolta: una sensazione sfuggente, che mai si prolunga più dell'indispensabile, quella della felicità. Assurdo come possa impossessarsi di noi così all'improvviso, pure in territori di nessuno - i luoghi pubblici, e come sia difficile tanto da decifrare quanto da interpretare.


Percepisco l’universo inveire
contro le serrande scolorite, la tempesta fuori si accanisce.
Ma qui regna unicamente il silenzioso mormorio dei cervelli:
decine di anime perse e ritrovate
in casuali pomeriggi malinconici.
 
Solo un istante in più, la prego.

Toglie il fiato, lo giuro.

Non aggiungo altro per non rovinare la magia delle tue parole. Complimenti!

Recensore Veterano
27/01/14, ore 17:52

Bellissima poesia, costruità su analogie, climax, chiasmi, paronomasie, affinità. Con dolcezza infinita hai descritto uno stato emotivo interiore di sofferenza, che sfocia soltanto alla fine in una esplicita ammissione di malessere. Un malessere che non riesce neppure ad esprimersi, che non riesce neppure a spiegare il perché di tutto ciò. Come quando ci svegliamo chiedendoci - perchè il mondo è così? E poi cambiamo la domanda e la tramutiamo in un più onesto - perchè io sono così? La solitudine sa essere dolce e usare termini soffici, come quelli su cui l'hai posta tu, ma poi si rivela per quello che è, un parassita benvoluto che risucchia ogni energia vitale, lasciandoci in balia di noi stessi - e noi stessi siamo troppo spesso per noi stessi una pessima compagnia.

Meravigliosa, complimenti.

Recensore Veterano
27/01/14, ore 17:37

Questa tua pagina domenicale non mi è sembrata poi così inutile.

La prima parte della poesia alterna espressioni delicate e leggere ad altre più crude e forti, formano una sorta d'altalena e hanno il pregio di rendere le une inaspettate dopo le altre.


Si condensano le parole
in deliziose bolle opache;

Questi versi sono stupendi. Se ci fai caso potrebbe essere un'ottima descrizione del fare poesia: tentare di racchiudere e condensare in formule brevi intere prospettive, desideri, passioni, per farne un ricettacolo di attimi dopo attimi che si susseguono in questa vita che viviamo. Ma sono costruzioni effimere e fragili come bolle: si frantumano al primo soffio. E tuttavia, sono deliziose, come negarlo? Una splendida tentazione. Baricco direbbe una sporcheria. Però: dolcissima.

E’ una sera fredda
- più gelida delle altre, dici tu –
e il sole mugola di un proibito piacere
celato dalle nubi pregne di nevischio,
pronte una volta ancora a sanguinare in un tramonto screziato
- ci si potrebbe riempire una tavolozza intera,
con quei toni caldi, dico io –

Descrizione fantastica e dialogo muto che si incastra perfettamente, non c'è altro da aggiungere.

coperte d’ombra fluida e tangibile.

Bellissima immagine contraddittoria, quella di un'ombra liquida che si può toccare con mano dinnanzi ai suoi occhi, mentre al contempo parli dei tuoi definendoli fatui. E poi parlare dei tuoi e dei suoi occhi così, in una poesia realizzata sul vuoto di una domenica vuota, è geniale. Sembra quasi che si sia creato un buco nero in quella giornata che ha risucchiato con sé ogni espressione, lasciando solo riflessi e gesti dovuti.

E’ un’altra domenica inutile
e vuota
tanto quanto le pagine del presente.

Il finale è forse il punto debole di questa poesia, per l'esattezza è l'ultimo verso a non convincermi.
La poesia è stupenda ma quell'ultimo verso mi è sembrato quasi scontato. Ma complimentissimi, perché tutto il resto mi ha fatto impazzire, davvero.

Recensore Veterano
26/01/14, ore 21:47

Splendide le citazioni che hai scelto e altrettanto splendida è la poesia che hai loro interposto. Un omaggio ad Ofelia, certo, ma a me è sembrato di vederci anche tante altre sfaccettature. Se è vero che la storia è sempre storia contemporanea, che la filosofia parte sempre da problemi attuali, allora forse è anche vero che la poesia raramente può trascendere il proprio autore e ignorare il suo presente. Quando apri dicendo:

Camminiamo ad un passo dall’oblio,

Non posso non pensare che tu parli di te e di me e di molti altri, di tutta la nostra razza umana che si costringe a marciare, in fila ordinatamente, verso l'oblio. Senza dubbio qualcuno avrà una gloria che gli sopravviverà, ma ammesso (e non concesso) che ciò avvenga, la razza umana non dovrà un giorno giungere alla resa dei conti? Se con un Dio o con la Storia (o semplicemente con il riscaldamento globale) non saprei con certezza, ma ciò non cambia i fatti. E se anche non dovesse giungere la famigerata resa dei conti, ciò che resta di noi è una traccia, che in nessun modo mi pare possa ripagare il nostro trascinarci ogni giorno con testardaggine nel corso della vita. Fede esclusa, s'intende!

E’ cedevole e superbo
l’ultimo capitolo;
la resa dei conti,
la fine della tragedia,
l’atto finale.

Il superbo mi ha colpito e non ti dico che voli pindarici mi hai fatto fare. Anzi sì, te ne dico uno! Mi ha fatto pensare alla superbia con cui noi tutti guardiamo al futuro, senza tener conto, spesso, della nostra contingenza e della fine che si fa sempre più imminente: e che ci struggiamo per cose di poco conto, quando un giorno potremmo rimpiangere quello che abbiamo avuto sotto gli occhi e a cui abbiamo sempre dato poca importanza, scarso valore, che erroneamente davamo per scontato. E credo che tu per superbo intendessi altro in questo caso, ma leggendolo non ho proprio resistito!
Piccola osservazione: la E' scritta in questo modo è sbagliata, so che è più comoda (la utilizzo così anche io molto spesso), ma sarebbe più corretto scrivere È (alt+0200).

oltre quelle fronde profumate
e quelle nuvole plumbee ci sarà la pesa dei sentimenti.

Aww.

Ma singhiozza il tramonto

Awww.


O forse no, e crollerà 
una volta ancora
nell'inganno.

La tua poesia non finisce sul serio. Questa conclusione mi pare un volerti riallacciare all'inizio, dando avvio ad una ciclicità interna alla poesia e che forse si ripercuote nelle nostre stesse vite, che toccano sempre argomenti già citati, che percorrono strada conosciute e che, in fondo, sappiamo già che conducono verso un finale tragico ed inevitabile. La tua mi è sembrata tanto una poesia sul destino. E mi rendo conto d'averla più letta così che non come quello che poi era realmente nelle tue intenzioni, ma io trovo che se dei versi ti riescono ad aprire infinite possibilità, allora sono dei bei versi. No matter what.

Ah, dimenticavo: complimentissimi, questa poesia è, per usare un tuo termine, superba nel suo ondeggiare fra rassegnazione e speranza, fra delusione e non-corrispondenza, fra cinico realismo e distruttiva illusione.

Recensore Veterano
26/01/14, ore 21:08

Questo non posso fare a meno di vederlo come il reportage di una nottataccia, con la differenza (non di poco conto) che hai pensato di scriverlo in versi. Il risultato secondo me è convincente: le parole scivolano via e allo stesso tempo sono pesanti, come l'umore di chi sta male, poco attento al tempo che fluisce eppure insofferente ad ogni elemento fuori posto, come quando dici:

Un latrato lontano, oltre la finestra socchiusa,
e una risata virtuale,
tra veglia e oblio in soffici coltri,
scuotono prepotentemente le membra abbandonate;

Musicalmente la poesia la trovo davvero ben costruita: hai privilegiato i suoni aspri che ben rendono il cattivo stato di salute, e questa allitterazione della t è fantastica:

la pelle cianotica e le pareti striate da ombre distorte.

Non ho potuto fare a meno di notare che è già la seconda volta che utlizzi il termine "orbite", non proprio comune in poesia, in questa raccolta. Sai cosa? Non lo l'ho trovato ripetitivo, ma suggestivo, perché quella parola lascia ogni volta spazio all'universo, come gli occhi lasciano spazio a pianeti e mondi interi. E tu parli spesso anche di occhi. E io non posso non apprezzare questi tuoi riferimenti, e forse te lo farò notare anche quando sarà fuori luogo, quindi perdonami in anticipo (ho un'ossessione per la triade universo, cielo, occhi).

Questa poesia, sebbene non aulica, dimostra poi quanto tu sia brava a trattare la materia, di qualunque tipo, e plasmarla in versi mai artificiosi. Scrivere sull'amore, sulla libertà, sulla guerra, è (relativamente) facile; scrivere una poesia del genere non lo è. Complimenti!

ps. grazie per il benvenuto e grazie per la gentilezza delle tue risposte. Leggo le tue poesie perché mi piace il tuo fare poesia, per questa ragione ti assicuro che non ci vuole alcun coraggio (hai detto a me d'avere coraggio quando io l'avevo già detto a te - ma t'assicuro, ancora, che io non sono affato coraggioso). È tra l'altro curioso risponderti qua, mentre viaggio a ritroso in questa tua raccolta.

Recensore Veterano
26/01/14, ore 15:59

Meravigliosa. Ho letto il titolo, Credere, e mi sono domandato per quale ragione tu lo abbia scelto. Intendi dire che lo scrittore - se in versi o in prosa poco conta in questo caso - crede in ciò che scrive? Magari al punto da lasciarsi andare all'immedesimazione più totale? Al credere forse che l'ideale possa in qualche modo immettersi nel reale? Che non ogni utopia è destinata a restar tale? O forse crede che il suo scrivere abbia un senso, un perché più o meno visibile e/o profondo, che si allaccia ad un disegno d'ordine superiore, ben più in alto del sole? O crede di poter racchiudere la realtà in una storia o in una metafora e creare una singolarità di universo celata fra delle parole? In cosa crede lo scrittore, al punto da spingerlo a farsi estraneo al mondo stesso?

ma tu non senti nulla, non t’importa di niente:
hai una pagina bianca innanzi al naso congestionato
e questo ti basta.
 

Recensore Veterano
26/01/14, ore 15:07

Mi piace il tuo modo di far poesia e l'ho capito sin dal primo tuo verso che ho letto. Trovo bellissima anche questa, è una onesta ma viva immagine dell'amizia quella che risulta dalle tue parole, un'esaltazione della vera amiciza, insostituibile ed imperfetta, capace tanto di scaldare il sangue quanto di gelarlo.

"ti fanno sentire meno incompleta,
meno sfumata – senza contorni ben delineati."

Un bisogno essenziale, quello di sentirsi meno sfumati - eppure non perfettamente delineati. Un bisogno di essere qualcosa di ben preciso e imprevidibile, in un'apparente contraddizione, una delle tante che lacerano le anime umane, imperfette. Come le amicizie.

Si lotta per mantenere le cose importanti.
Sempre.
Nonostante il male.

Sono d'accordo con te. Bella chiusa. Complimenti! ^^

Recensore Veterano
26/01/14, ore 12:15

La seconda parte mi piace molto più della prima. L'inizio, leggendolo, ho subito pensato fosse un po' incerto, forse per via del tema utlizzato così spesso! La scelta. Lo ammetto, è un bel tema, uno di quelli che ti spinge a scrivere e a farlo anche più volte, perchè davvero è incomprensibile che a noi sia affidato un tale peso, quello di scegliere. E non tanto per la scelta in sé e per sé, quanto perché ogni voluntas è anche noluntas e ogni decisione esclude qualcosa, come fare a non pensarci? Come fare a non chiedersi "e se..." "forse avrei potuto...", come fare a non accumulare rimpianti su rimpianti e nostalgie su nostalgie? Qualcuno ci riesce, è vero. Molti fanno finta di riuscirci. Altri sperano che qualcuno decida per loro. E infine c'è chi accetta ciò che siamo e facciamo, nel bene e nel male, senza rinnegare i dubbi e i what if, ma con la consapevolezza che vivere, dopotutto, è un'avventura che va vissuta e ogni scelta implica rischi che vanno corsi. E qua arriviamo alla seconda parte, ancora una volta ho avuto l'impressione che tu sia coraggiosa: nonostante la nebbia, la pioggia, poggi i piedi sulla dolcezza che incontri strada facendo.

Non vedo chiaramente la mia meta
- c’è nebbia e piove sulle mie orbite spaventate –;
eppure si continua a posare un piede davanti all’altro
sul terreno umido e profumato di brina e resina dolce.

[...]

Non conosco la fine,
ma è avventura.

Non conoscerla è un bene (chi non odia gli spoiler?), basterebbe soltanto avere delle indicazioni nette strada facendo. Ma così, è vero, non sarebbe avventura e non avrebbe il sapore di conquista. Quindi sì, accontentiamoci di quest'avventura, consapevoli che potrà sfumare in un nulla di fatto o portarci verso i confini di una nuova El Dorado.

Così è come l'ho letta - e vissuta - io. Bella poesia, complimenti!

Recensore Master
26/01/14, ore 07:14

Hei! Stavo aspettando l'aggiornamento con più ansia del solito... Chissà perché. Ieri sera ho ricontrollato più volte la sezione ma, niente. Invece stamattina, con gli occhi assonnato che fanno fatica ad aprirsi per la troppa luce del telefono, ho trovato finalmente la nuova poesia. Proprio in questo momento mi chiedo: Possibile che ne avrò per altri 340 giorni? Se ci penso mi viene da pensare se ce la farai mai a scrivere ogni santo giorno poesie! Una vera e propria impresa!
Ma se hai intrapreso questa avventura (ricollegandomi alla poesia) significa che hai le idee chiare e sei sicura di potercela fare, credo.
Ok basta, ti sto demoralizzando e poi mi odierai.
Anche io ieri ero sul punto di perdermi: dovevo raggiungere la piscina per fare la mia lezione di nuoto, mi ha accompagnato mia madre che non sapeva la strada anche se mio padre aveva cercato di spiegarle. Aveva sbagliato a prendere una strada invece che un'altra e da li abbiamo dovuto rigirare e rigirare più volte ma alla fine siamo arrivati alla destinazione.
Appena ho letto la poesia ho pensato: Ogni poesia sembra descrivere giorno per giorno la mia vita! Come fa?
Insomma sono più che sconvolta! Forse perché sembra che facciamo le stesse cose, che ci mettiamo d'accordo per farle quando invece siamo praticamente lontanissime!
Naturalmente mi stupisco ancor di più quando ho davanti una poesia, che tratta come tema l'avventura e il perdersi. Non ci sarei mai riuscita!
Complimenti! Sempre magnifico! So che sono molto ripetitiva con i complimenti ma non trovo altre parole per dirti che leggo le tue poesie con occhi luccicanti e che sei troppo brava per me!
Baci by Fede

Recensore Veterano
25/01/14, ore 17:15

L'immagine degli occhi inermi mi ha colpito: ho sempre pensato che gli occhi siano tutto fuorché inermi o indifferenti o inespressivi o indifesi. Gli sguardi spenti non appartengono ai vivi, né gli sguardi incapaci di comunicare, di parlare, di rendersi significativi, li ho sempre visti come dei protagonisti semantici. E tu parli di occhi inermi, e li spingi ad un tuffo nel vuoto, a fissare ciò che è rimasto di promesse tradite e sogni sospirati: ben poco, insomma.

Rimasugli di desideri
frastagliati, bruciati, corrosi
a cielo aperto; si leva la cenere.


Trovo solo una ragione per spingere qualcuno a osservare una tale desolazione: deve esserne il responsabile, o comunque deve esserne stato partecipe o spettatore, poco conta se schierato da una parte o dall'altra delle barricate. A chi è rivolta la poesia?

Comunque mi è piaciuta anche questa, complimenti!

Recensore Veterano
25/01/14, ore 17:02

Questo è il mio primo commento sul sito. Mi sono iscritto perchè avevo voglia di leggere qualcosa di nuovo, di fresco, di bello, così mi sono imbattuto nella tua poesia, in questa raccolta ancora per me tutta da scoprire (e chissà se riuscirai a rispettare l'intenzione di continuare per altri 341 giorni). Intanto ho letto questa di poesia e sì, mi è decisamente piaciuta e sì, si coglie al volo quell'alone di un amore passato, ma non troppo (o abbastanza?), ancora impigliato fra i tuoi capelli e i tuoi ricordi. Mi è piaciuto come ti mostri forte quando dici

"Non c’è nulla di cui preoccuparsi;
l’armatura splende e luccica
alla luce del cielo d’inverno:
le emozioni sono cristallizzate, al sicuro."

E mi è piaciuto anche il resto della poesia, delicata, senza mai travalicare un confine che ti sei data (leggendo i versi credo tu sia una lei) e senza mai osare più di quello che reputi dovuto nelle metafore e nelle parole utilizzate.

"Permettermi solo di rimanerti accanto,
silenziosa e quieta,
docile e sicura,
nonostante la mente in tumulto."

Mi hai ricordato una canzone che ascoltavo qualche tempo fa. L'ultimo verso, in sé, non mi fa impazzire, ma la poesia nel complesso mi piace, è semplice e fresca. Complimenti!

Recensore Master
25/01/14, ore 13:33

Innamorata? Be è l'unico pensiero che mi viene in mente se leggo la poesia, io la interpreto cosi ma non si sa mai, magari il tuo messaggio è un altro.
Io amo tutto ciò che è amore, un sentimento fantastico che colora le tue giornate! Non ricordo esattamente come mi sentivo quando ero innamorata ma mi ricordo che ero attenta, pensante, con occhi sognanti e non mi stancavo mai di sapere o scoprire cosa sarebbe successo con questo lui...
Una bellissima emozione, ma c'è anche chi soffre per amore e come biasimarlo!
Si soffre talmente tanto da rivoluzionare la propria vita, almeno a me è successo cosi.
Proprio l'anno scorso mi ero invaghita di un ragazzo, avevamo un rapporto particolare e tuttora è cosi. Successe un piccolo fattuccio, riguardo la sua festa di compleanno e tante altre cose che non sto qui a raccontarti, e da quel giorno la mia vita è cambiata. Forse in negativo o in positivo ma non so, sono più malinconica, preferisco stare da sola ma non vuol dire che non esca con le amiche, piango più spesso, mangio di meno tanto da saltare alcuni pasti, insomma mi si è rivoluzionata la vita e il carattere.
Ora se ripenso a quel fatto non mi viene nessun pensiero, ne negativo ne positivo ma un po' di idee ce le faccio. E se quello non fosse successo? Sarei in un'altra condizione... Sarei diversa?
Forse era destino...
Vorrei chiederti se ti è mai capitato di soffrire per amore tanto da cambiare la tua persona, se vuoi puoi dirmelo con un messaggio privato, so la tua riservatezza.
Ritornando alla poesia, l'amore può far bene e male, e non si gioca con esso!
Be sembra che io mi riveda quasi sempre in queste tue poesie e se l'avessi letta l'anno scorso, durante la mia "storia d'amore" (se cosi si può chiamare l'innamoramento tra me e un ragazzo), mo sarebbero sicuramente brillati gli occhi per come rispecchia dettaglio per dettaglio quel periodo.
Fantastica! Sempre bravissima!
Baci by Fede

Recensore Master
24/01/14, ore 14:40

Helloooo! Sono tornataaaaaa! Mi avevi dato per dispersa vero? Non ti libererai facilmente di me... Per tua sfortuna! Come promesso sono tornata, un bel Po in ritardo ma l'importante è non abbandonare.
Che dire... Ho tanti impegni, scuola, studio, nuoto, amici e da oggi si ricomincia con EFP.
Sono quasi sicura che alla fine dell'anno arriverò esaurita, qualche giorno dovrò fare 7 ore e mezza di studio invece di 5. Sai ho incominciato un corso con la scuola, e sta diventando sempre più difficile organizzare gli impegni.
Scusami se vado di fretta... Devo già andare via!
Baci by Fede