Klaus, che Tristan non vedeva dal giorno della propria condanna, alzò la testa e lo guardò serrando le labbra.
Le mani poggiate sulla bara del fratello, gli occhi cupi. L’energia nervosa di una tigre pronta a balzare. «Tu… fai un solo passo in direzione della sua bara, e il tuo sangue sarà la sfumatura di rosso che manca al mio quadro…» Nonostante la tragedia in atto Niklaus riuscì a sorridere, indicando con lo sguardo una tempera con un fosco tramonto sul mare.

Elijah era morto pensando che la sua linea di sangue sarebbe morta con lui.
E la sua anima era andata in pezzi.
Non era stata la magia dell’Ombra a mandare in frantumi l’amuleto di Freya. Ma la stessa anima incontenibile e disperata di Elijah Mikaelson.

Ora il suo signore sedeva al centro del letto. Si era liberato di quella ridicola e seducente mascherina nera, e della cravatta.
Aveva la camicia aperta sul petto, i piedi nudi e teneva le ginocchia piegate, leggermente aperte, come un qualsiasi giovanotto che si rilassi dopo una giornata particolarmente impegnativa.
Ma lui non era un qualsiasi giovanotto. Era un dio.

Forse gli occhi di lei, verdi come le foreste del Bayou, erano abbastanza belli da renderlo orgoglioso.
Ma quelli di lui, con il loro azzurro languore, lo buttavano sulle ginocchia.

«Vai all’inferno…» Tristan, sempre più audacemente vicino, soffiò di nuovo in faccia al suo Sire il proprio dolore.
«Torna nel tuo.» Le parole sferzanti di Elijah erano più pesanti delle sue mani.
...
Dalle labbra socchiuse e stillanti di Tristan uscì solo un alito freddo, come il suono rauco di un animale ferito. «Sei tu il mio inferno…» voleva dire.

Gli occhi rotondi sfavillarono come lune impazzite, annegando poi nel bianco, sotto il velo delle palpebre.
La bocca piena e sensuale si dischiuse in un sospiro inudibile, di cui Elijah avvertì però l’alito, profumato di champagne. Di eccitazione.

Sprofondato nel buio delle sue tasche, casualmente sfiorato dalle sue dita inquiete, giaceva nell’oblio scuro e profumato della fodera una specie di valentine.
Un biglietto romantico senza la parola amore.

Tristan era seduto a uno dei tavoli all’aperto. Elijah, in disparte, lo aveva osservato a lungo. Il primo bottone della camicia slacciato, il cravattino in disordine, il vampiro Originale a Tristan sembrava stanco. E insopportabilmente bello.

C’è una poesia disperata e sanguinosa in un dolore costante, c’è una sorta di languoroso abbandono che prima o poi trova un ritmo comune, se a volerlo sono entrambi gli amanti.

Nascose il viso nell’incavo della sua spalla, per lambire voluttuosamente quelle poche gocce di sangue, per stordirsi col suo dolcissimo odore.
Poi più tardi avrebbe sorriso amaramente, con cupo desiderio, di quegli istanti sottratti all’indifferenza altrui.
Della loro splendida farsa.

Era un’arte che conoscevano bene. Comunicare con gli occhi ciò che non potevano dire con la parole. Ciò che il senso del dovere, il buon senso e ogni legge di prudenza e di decoro imponeva loro di nascondere e di negare.
Ciò che erano stati. Ciò che diventavano quando erano insieme. Tutto ciò che Elijah aveva celato, rifiutato, e buttato in fondo al mare.

«Restituisci il mio anello.» mormorò senza troppa convinzione.
Le lunghe ciglia scure di Elijah velavano i suoi occhi, quando abbassò il capo e increspò le labbra in un ineffabile sorriso.
«Io sono il tuo sire, piccolo mostro… faccio quello che voglio.»

Il vampiro dovette fermarsi un attimo per cogliere quelle parole, per comprenderne l’incredibile significato.
«S’il te plaît, Elijah… Ti prego…»
L’altero Conte De Martel lo implorava.

Elijah alzò una mano, puntò due dita sulla carotide mentre con il pollice seguiva la curva dell’epidermide candida, indugiando come per una carezza.
Sospirò, alzando l’altra mano, quella che stringeva la daga. «So che mi pentirò.» sussurrò all’orecchio di Tristan con un tono che in un altro contesto sarebbe sembrato di seduzione.
La lama mandò un freddo bagliore argenteo, nella luce dell’alba.

Poi su ogni cosa calerà la cenere. Fredda e perpetua. Sulla mia splendida, orribile fine.
Cenere

Che cos’era che lo legava a lui anche di fronte a rivelazioni tanto crudeli? Quale voluttà lo spingeva ad abbandonarsi tra le sue braccia, sapendo che tra quelle braccia, ancora una volta, sarebbe morto?

Una drabble "trilijah". Che significa Tristan De Martel/Elijah Mikaelson. Un addio senza parole. (Ma... non è finita, Aya)

"Lo specchio del suo stesso desiderio, il gesto rovesciato di un fante di cuori, che per trionfare doveva piegarsi. "
Pairing: Elijah Mikaelson/Tristan De Martel

Nella Chambre de Chasse con Freya, Rebekah e Kol. Con Elijah, e l'ospite inatteso che ha portato con sé.

Elijah lo stuzzicava. Lo faceva spesso. Giocava con il suo orgoglio facendolo sentire una nullità, l’ultimo e il più spregevole degli uomini.
Borioso, vizioso, arrogante. Stupido.
La voce scura del Vampiro carezzava ogni insulto, facendolo affiorare tra i denti come la più vergognosa delle seduzioni.