Ciao, eccomi per lo scambio libero!
Ho visto che nel tuo profilo nuove storie, altri titoli interessanti, e la curiosità già morde; ma andrò avanti un po' con questa storia prima di impelagarmi in nuove acque.
Recensisco anche questo capitolo commentando lettera per lettera, così da fare meno confusione possibile.
Forse non te l'ho mai scritto, ma mi piace il modo in cui la delicatezza di Sigyn susciti negli altri della tenerezza: guardine che lanciano occhiate storte, disapprovando l'atteggiamento di Loki; prigionieri che li guardano e tifano per loro, forse, a dispetto delle personalità poco raccomandabili che possiedono e che possiede il signore degli inganni.
La lettera inizia con una frase molto interessante: probabilmente Thor deve aver avanzato l'ennesima prova a sostegno del fatto che, secondo lui, Loki tenga molto alla vita di Sigyn; e mi piace il fatto che il nome di lei - a dispetto di quello che dice Loki - sia una specie di parola magica che può evocare dolore o piacere, a seconda del momento, quasi un qualcosa da preservare. Ma il dio degli inganni è solito distruggere ciò a cui tiene, e non fa sconti neanche con il nome dell'amata.
L'interazione tra i due personaggi è sempre piena di tensione: da un lato c'è la dolcezza e le catene di Sigyn, catene fatte sia dai suoi dubbi che dalla condizione di lui; e dall'altra parte c'è un ingannatore che la stuzzica, che la istiga, che l'unico modo che ha per sentirla sua è conoscere ogni sua più piccola vergogna e sfaccettatura di rossore. Fino a che punto può torturare il suo amore?
Lui, a Thor, dice che ama sapere di poterla controllare, cerca di fare apparire il tutto come l'ennesimo tentativo di manipolazione e controllo; ma io vi leggo il piacere di stringere il suo cuore in quanto essenza del suo amore, sapere che lo ama, ecco cosa lo fa esultare; scoprire quanto fedele è questo amore.
Nella seconda lettera!
Non credere Thor, che questa prigione mi fermerà ancora a lungo -> io metterei una virgola prima di "Thor".
Che la sequela di disgrazie che incontrò la povera nave su cui salimmo, derivarono dalla mia malsana idea di vedere come navigavano quelle buffe imbarcazioni di legno -> io toglierei la virgola e scriverei "derivò".
Bellissima la descrizione del cielo, il sapore della caccia e l'immagine delle navi. Mi piacciono le sfumature sognanti con cui hai saputo tingere questi ricordi, il modo nostalgico e quel tono epico (sai, quando uno racconta con così tanta emozione che gli trema la voce) che rendono tutto più vicino, più intenso, più vissuto. E Loki ferma la penna, lo fa bruscamente e con una perfidia da far rizzare i peli sulla pelle. Ti fa stridere i denti per la fretta con cui lo vorresti maledire, lui e la sua indolenza.
Bellissimo il ricordo su Midgard, bello il modo in cui hai intrecciato la mitologia. Questa lettera, più delle altre, riesce veramente a portati a quel periodo, al freddo nord, nella terra spietata dei vichinghi, a fuggire in mezzo a due scapestrati. Il tutto condito da una leggerezza che solo un dio può avere in queste occasioni.
Ti faccio anche i complimenti per come passi dalle domande di corrispondenza, al presente in cui un troll finisce di fronte alla sua cella, ai suoi piani di fuga che si mischiano con le fughe passate, per poi concludere con due paragrafi prima impudenti e sfottenti, derisori, ma poi c'è quella nota finale che sembra quasi manifestare il conflitto interno di Loki, perché secondo me è vero che in lui combattono più personalità, anzi coesistono. Il dio degli inganni è fatto di caos, e seppur non lo controlla, ci nuota con una disinvoltura da prendere a schiaffi.
La terza lettera (decima) ritorna a battere sull'amore e qui io sento un po' di più la disperazione di Loki, che lui dissimula battendo sull'idea della sublimazione di un desiderio a causa di distanza e prigionia. Ma posso immaginarlo stringere i denti, mordersi i pensieri e maledire il fratello. Arriva persino, pur con le dovute precisazioni, ad accusare il fratello - che ha sempre esaltato per non essere capace di pensare - di aver escogitato tutto questo per spingerlo a chiedere clemenza, puntando sulla delicatezza di Sigyn.
Il modo in cui descrive la cerimonia, il momento della loro prima volta, quasi a sperare che per lei non sia piacevole, che lui sia violento, e ad assaporare attraverso l'immaginazione tutto ciò che lui desidera e non può avere, arrivando persino a invidiare l'uomo, a elemosinare il resoconto di Thor - uno a cui manca la perspicacia, e che secondo me può vedere fischi per fiaschi - ma ciò nonostante anche questo anela. Mi piace molto il modo in cui la sua disperazione diventa una lettera di derisione e sarcasmo dove è il rammarico e il dolore a trasparire più di tutto. Le sbarre iniziano a star strette.
E quando Loki supplica, per cosa lo fa? Non per amore, ma per quel senso di prigionia, per la mancata libertà. L'amore è un aspetto effimero della sua natura più umana, quel lato che lo intenerisce e lo accarezza, con cui lui fa a botte nella sua testa; ma è la libertà ciò che rappresenta il suo essere, il caos dell'infinito mare di possibilità che lo aspettano là fuori, il sapore di cose, come vento e suoni e ricordi, che rappresentano il caos, la perdita di controllo, la mutabilità delle cose, la loro eternità sempre piena di vita. Loki vuole scappare per sentirsi vivo, libero, senza confini né costrizioni. Non è la parte umana, quella che viene fuori nel momento in cui il dio degli inganni si ferma e ricorda di avere un cuore, ma è quella divina che cede, la parte dinamica, eterna, imperitura a suo modo, quella che non vacilla davanti a niente se non alla privazioni di potersi manifestare.
La quinta (dodici) ha un tono ironico, indolente e annoiato. Ed è un contrasto molto forte con quella che la precede, e mi piace per questo.
E viene esaltato anche il contrasto tra il caos interiore di Loki e il suo mostrarsi all'esterno, come il principe che doveva essere Re e che ha spostato il suo regno in quelle prigioni: sempre gentile, sempre a modo, sempre distante; sembra quasi fare una cortesia alla guardia di turno mentre legge, evitando di guardarlo o parlargli... forse era troppo debole per reggereXD
E il modo in cui comunque osserva e nota i particolare - la spinta che il novellino riceve dai suoi compagni, la sua paura, ciò che teme/temono di più gli altri. Loki non perde mai il piace di indagare l'animo altrui.
E anche bello il modo in cui termina questa lettera: in contrasto con la supplica, qui Loki chiede annoiato nuovi libri. La lettera precedente è già stata dimenticata, anzi non è mai esistita.
La penultima dà un senso di desolazione, si sente il peso dell'esilio. Lo si vede all'interno della sua illusione, come un re di un popolo di straccioni delle favole: un cantastorie senza tempo, senza una fissa dimora. A lui non sarà concesso il banchetto finale. Un dio degli inganni dovrebbe essere felice di rovinare la festa degli altri, ma lui no: lui dice che non andrà lì perché non vuole guastarla, e in questo io sento la desolazione di chi è solo e non appartiene a nessuna vera razza, uno che non è voluto. Il tutto, come sempre, viene condito da indolenza, noncuranza e sarcasmo, meno pungente e più amaro.
Di questo pezzo ho apprezzato anche e soprattutto la riflessione sull'ipocrisia degli amici asgardiani di Thor e su ciò che lui, senza tanta tracotanza o enfasi, invece ha fatto per la sua città, quanto abbia sacrificato, anche della sua anima (se ne ha una), per allontanarla dalle mire del Titano. Questo, ancora una volta, si mischia al suo egoismo o viltà, come la si vuole chiamare, voglia di vivere.
E infine l'ultima lettera di questo capitolo (non ho idea di quanto è uscita lunga sta recensione, sicuramente è scandolosaXD).
C’è fermento nei sotterranei fratello, -> chiudere il vocativo tra inciso, come sempre
Tu dici che ci potrebbe essere una lettera del tutto falsa o falsa a metà, ma io, dato che non lo posso sapere, agirò sempre secondo analisi immersiva, come ho fatto finora, vivendo tutto sulla mia pelle e lasciando che le bugie salgano al pettine solo al momento debito.
Inoltre ti ringrazio fin da ora se la prossima volta metti i numeri con il richiamo: fare sali e scendi nel testo subito dopo aver mangiato non è l'ideale. Sì, lo so, ho sbagliato orario in cui leggere, ma tant'è.
Quest'ultima lettera getta nuove tinte alla storia, in qualche modo questo capitolo dona al tutto un collante, le lettere cominciano a intrecciarsi, a seguire una loro logica, un filo comune; e questo rende questa minilong/long più attiva, le conferisce una trama più lineare, rintracciabile tra i pezzi di questa corrispondenza.
Il tono cambia di nuovo: diventa sfottente, sgarbato anche, sicuramente Loki ha avuto le sue soddisfazioni. Una fra tutte nei volti delle guardie, il godere della loro paura, del loro esitare: stanno pagando in qualche modo la sua prigionia. L'altra vendetta è nei confronti di Sif. Ho trovato divertente il modo in cui ne esce vittorioso. C'è della magia nella soglia dei sotterranei: chi entra per fare visita a lui, diventa un suddito, quasi un ambasciatore in terra straniera, e anche i più fieri sono costretti a soccombere.
Unica cosa che non ho capito, la guardia finale: era ironica con quella battuta o gli stava veramente chiedendo scusa? Perché seguire la mente di Loki in questo suo regno comincia a far sentire il suo peso, nel senso che i secondini potrebbero davvero sentire l'effetto di questa sua malia, essere già vittime di questo incantesimo. Non dobbiamo dimenticare che tutto è filtrato dal punto di vista del dio, quindi non escludo questo intreccio subdolo intessuto da parte sua.
Concludo dicendoti che nel suo insieme questo capitolo mi ha convinto più dell'altro, ho trovato diversi spunti davvero molto belli, descrizioni coinvolgenti e un sali e scendi di toni ed emozioni che mi sono molto piaciuti, passaggi resi realisticamente grazie proprio all'uso narrativo della corrispondenza. Dopotutto, l'animo umano non è affatto coerente, ma è lunatico, proprio come l'atteggiamento del dio degli inganni.
A presto! |