Recensione Premio Speciale per il contest "3 Drabble, solo 3 Drabble per parlarti di me (e dirsi addio)"
Ciao.
E' una settimana che tento di lasciarti questa benedetta recensione, praticamente l'ho commentata a rate, e per farlo l'ho letta così tante volte che so interi passaggi a memoria.
Allora inizio un attimino dal commento allo stile, che ho trovato molto ben calibrato, pulito e scorrevole.
Mi è piaciuto l'incipit, a delineare subito il clima, e uno sfondo autunnale (?)
che non si limita a essere bidimensionale, ma assume una funzione di specchio per Ole. Da qui in poi, la digressione introspettiva diretta l'ho trovata molto bella, con una cadenza sintattica un po' ripetitiva ma che non dà fastidio, anzi delinea un'impronta stilistica tua, personale, forte. È uno stile pulito, scorrevole, limpido. Ecco, quando ti leggo l'impressione è quella di vedere attraverso una superficie limpida, chiara, il mondo che stai raccontando.
Più in generale, ho trovato un tono molto coeso, una forma sintattica che scandisce il tempo (anche se non lo fa da protagonista, ma quasi in sordina) e che trova un suo perché soprattutto nella seconda parte, con l'apparizione di Homer.
Il sorriso di Homer mi è parso tanto una bellissima escalation d'intensità. Hai presente quando negli anime a volte, per enfatizzare una reazione, la fanno vedere in loop, restringendo sempre di più in primo piano il volto del personaggio. Ecco, a me la descrizione del sorriso di Homer ha dato lo stesso effetto: sempre la stessa immagine, ma che diventa sempre più protagonista, sempre più insistente, più in primo piano, che cresce d'intensità. Tanto che alla fine Ole non può che capitolare.
Del tuo stile mi piacciono soprattutto le immagini che sai creare, attraverso similitudini ma anche bellissime metafore che trovo sempre fresche, piacevoli e soprattutto sempre sul pezzo: come quella del sorriso di Homer o dell'immagine dei due fidanzati che sembrano gatti siamesi.
Mi piace il modo in cui non nomini subito Hogwarts, o la magia, o termini come babbani. Anzi, se non fosse per la sezione in cui hai pubblicato, l'incipit e quello che ne segue fino a un certo punto fanno pensare a un originale non fantasy". Mi piace, quindi, il modo in cui sembra di leggere per la prima volta di questa "stranezza" di Ole, si può fingere di capire solo in un secondo momento che corrisponda al suo essere un mago. A conquistarmi soprattutto è questa prospettiva totalmente ribaltata, dove non è l'ignaro mago a conoscere la magia ma è il mago che si fa strada nel mondo non magico, quindi si ha uno scorcio molto più vivido del rapporto tra la magia e i non magici.
Aggiungo, qui in angolo, solo alcuni "suggerimenti":
“Vieni anche tu salutare mia madre, vero? -> a salutare
rivelandolo soltanto un sassolino che era possibile scavalcare con un balzo divertito. -> qui ho un attimino perso il senso sintattico della frase. Forse ci vuole un "come" prima di sassolino?
Il titolo è la parte che mi ha colpito di più, lo confesso. L'ho trovato semplicemente originalissimo, l'ultima cosa che mi aspettavo era un titolo di origine indoeuropeo in riferimento a una storia sul fandom di Harry Potter. E' fantastico, sappilo. Mi ha trasmesso un'idea di sole, che leggendo poi ho subito ricollegato a Homer, cavolo, ma io ho la mente contorta, e imparando a conoscere un po' te mi aspetto risvolti più ambigui in abbinamento a questo titolo. Sì, perché se dovessi analizzarlo soltanto in riferimento a questo primo capitolo, quello che penso è a qualcosa di soleggiato, che porta il sole, penso a Ole che saluta il suo raggio di sole entrato di soppiatto nel suo appartamento, penso a questo ritrovarsi di due vecchi compagni di scuola e amici. Ma in una visione più ampia, mi fa anche pensare al saluto che c'è alla fine (perché, si sa, una storia ha sempre una fine) e quindi immagino già un finale malinconico-sereno, dove questi due si saluteranno e si separeranno, sì, ma che porteranno addosso sempre il beneficio di aver stretto un raggio di sole in mano. Bene, dopo questo film mentale...
Passiamo ai personaggi, che già non vedo l'ora di conoscere fino in fondo, ma di cui hai dato una bellissima e piena immagine già qui, di Ole quanto meno.
In Ole e nel suo restare in qualche modo immobile, bloccato al bivio delle sue possibilità, mi ci sono specchiata tanto. Troppo. Il senso di non appartenenza, inadeguatezza sociale, ma anche quell'empatia che è scomoda, a tratti incerta, ma che sempre ti fa sentire di troppo, non voluto, tutto questo mi ha dato molto l'idea di un personaggio chiuso in se stesso. Ed è qui che entra in gioco la sua magia mediocre. In parte mi ha fatto pensare ad Ariana. Solo che nel caso di lei, il blocco era più forte e dovuto a una violenza esterna e fisica. In Ole il blocco è interno, quasi che la "violenza" se la auto procuri lui, che gli viene indotta quasi ingenuamente e inconsciamente dagli altri. È il modo in cui recepisce la sua natura a farlo inciampare, è il suo precludersi un mondo a tramortire le sue possibilità.
La descrizione del potere di Ole è bellissima e mi piace il modo in cui l'hai resa, con questo rallentamento del ritmo narrativo, che mi ha dato l'impressione che Ole e Homer uscissero dal mondo, si estraniassero, come quando a volte nei film fanno vedere i due protagonisti in una stanza vuoto e dopo, finito l'effetto, suoni e altre persone tornano sullo sfondo, riportandoli alla realtà. Ecco, ho provato questo con quell'abbraccio.
Ole mi ha dato l'idea del tipico personaggio che si mette sempre in ultima fila, che è sempre troppo sensibile, ma che ha paura di spiccare, e non perché non abbia le capacità, ma perché in qualche modo si sente confortato nel suo angolino. Il mondo sembra troppo grande e troppo impegnato perché lui possa trovare il suo posto, così si ritira nel suo guscio, insicuro, un po' spaventato, sempre gentile, e sempre tollerante. Lui mi ha trasmesso molta tenerezza.
Ma...
un giovane dall’ampio sorriso se ne stava mollemente adagiato sui cuscini verdi -> Non so perché, ma questa immagine mi ha fatto pensare a Sirius il suo primo giorno sull'espresso per Hogwarts. E mi è bastato per dichiarare amore eterno a Homer (scusa, Ole). E anche andando avanti, più leggo la descrizione dei suoi occhi, delle sue movenze eleganti, delle sue falcate, del suo abbraccio entusiasta, più vedo il mio cane preferito. Sto impazzendo.
Homer, al contrario, sembra fuggire a qualsiasi definizione. Lui non aspetta che chi gestisca il mondo gli dica dove stare, è lui a far girare il mondo e a rivoltarlo, letteralmente. Homer mi ha dato l'idea di leggerezza, il tipo positivo che però evita le responsabilità, le definizioni, i vincoli, Homer mangia il mondo. Homer, per vivere, ha bisogno sempre di aria nuova, di gente nuova, è il tipo che ama assaggiare; eppure, per trovare se stesso, per riprendere fiato, ha bisogno di tornare dalla sua famiglia. E a quanto mi par di capire, è Ole la sua famiglia (ha chiamato suo madre per nome, mi fa capire che la famiglia così "aperta", da artisti, lo abbia spinto a un legame particolare con la madre, ma vedrò avanti).
Spiegare cosa mi hanno trasmesso assieme è difficile, per me. Ole soccombe alla vitalità di Homer, secondo me è impaurito dal non riuscire ad andare alla sua stessa velocità, e si lascia trascinare. Homer invece ha bisogno di un punto fermo e in qualche modo questo suo appoggiarsi, con tanta leggerezza a Ole, ha tratti quasi egoistici, ma sicuramente matureranno assieme. Ole è la sua ancora: Homer sa che potrebbe andare in mare aperto, ma che grazia a Ole non andrà mai alla deriva.
Niente, sta recensione è più che altro un miscuglio di sensazioni e supposizioni, lascia il tempo che trova, ma io voglio che tu sappia che ho amato questi due personaggi, li sto amando davvero, e proseguirò nella lettura, spero il prima possibile. Io tifo già per loro <3
A presto! |