Il giovane avanza nella radura, in quel neonato cratere scavato dalla forza di un’esplosione di antica energia, e nel silenzio non si ode neanche il suono di un respiro, di un alito di vento o il fruscio d’ali di un uccello nel cielo.
L’orizzonte sta assumendo un tenue bagliore rosato, la sfumatura tipica di un’alba pigra che si distende nell’ombra del crepuscolo e culla il tempo alle porte del mattino.
La figura si ferma per un attimo e il suo corpo è percorso da un fremito, quando lascia correre lo sguardo sulla desolazione tutt’attorno.
Attende, e il silenzio ronza di nuovo.
[...]
“Mi dispiace tanto, Grisha.”
(NB: Questa storia e i suoi eventi sono legati a "Give me back my heart, you wingless thing").

Odia le missioni in cui è costretto a dipendere da un’autorità, e ancor di più quelle in cui si ritrova ad affiancare altri individui: se hai compagno, sei più esposto ai pericoli.
Se hai un compagno, sei responsabile anche per la sua incolumità.
Se hai un compagno, sono due le vite a pendere su un filo sottile.
Non sono concesse azioni egoistiche o avventate: basta un solo movimento sbagliato, giusto un passo più pesante degli altri per essere scoperti, catturati, torturati e uccisi – e non che questo avvenga tanto velocemente o nello stesso ordine.