Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |       
Autore: Padmini    05/04/2012    4 recensioni
Sherlock è tormentato da uno strano incubo ricorrente. Non sa ancora che quel sogno presto avrà una parte importante nella sua vita e lo aiuterà a capire molte cose di se stesso. Perchè non riesce a fidarsi delle donne? Quali dolorosi ricordi sono racchiusi nella sua anima?
Non mi ricordo da quando ce l’ho. Forse da sempre. Ciclicamente è tornato per tormentarmi. Quindi, ciclicamente, sono ricaduto nel mi vecchio vizio. Non è sempre stato così. Mi ricordo che quando ero bambino c’era mia madre. Lei veniva in camera mia e mi consolava.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Violet'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Il narratore questa volta non è esterno, è Sherlock. Spero di non renderlo troppo OOC. Se dovesse accadere perdonatemi! In realtà, dopo aver letto “La soluzione sette per cento” di Nicholas Meyer, ho voluto approfondire un po’ il personaggio di Sherlock Holmes. Meyer fa scrivere a Watson che in realtà, sotto la corazza di freddezza si cela in realtà una grande sensibilità.
 
 
 


 
Mi sveglio.
Il rumore della pioggia sul vetro della finestra mi ha miracolosamente riportato alla realtà.
Non posso crederci. È successo di nuovo.
Mi sono addormentato, ieri sera, durante uno di quei film che piacciono tanto a John. Lui mi ha svegliato e mi ha aiutato a raggiungere il letto, dove sono di nuovo sprofondato tra le braccia di Morfeo. Maledetto Dio del sonno! Perché non si trova un altro hobby? Che so? Carte? Scacchi? Backgammon? Andrebbe bene tutto. Mi basterebbe che la smettesse di tormentarmi. Io non ho bisogno di dormire. Non voglio dormire.
Perché? Dormire per prima cosa è un’inutile perdita di tempo. Qualcuno potrà dire che serve al corpo per ricaricarsi. Sarà così per le persone normali! Qualcuno deve aver invertito qualche filo quando mi ha generato perché per me succede tutto il contrario.
Mentre gli altri si ricaricano mangiando, riposando o addirittura (orrore!) dormendo, io mi scarico. Davvero! Non c’è nulla di più deleterio per me dell’ozio. Il mio cervello, la parte più importante di me, l’unica a cui possa fare affidamento, ha bisogno di attività. Lavoro. Lavoro. Sono mesi che non ho un lavoro decente tra le mani.
Ragazzini scappati di casa, mogli tradite da mariti che hanno scoperto troppo tardi di amare il loro migliore amico, frodi assicurative. Banale, noioso.
Non c’è nulla lì fuori che possa distrarmi dai miei incubi. No, mi correggo. Dal mio incubo. Uno solo. È sufficiente a destabilizzarmi.
Non mi ricordo da quando ce l’ho. Forse da sempre. Ciclicamente è tornato per tormentarmi. Quindi, ciclicamente, sono ricaduto nel mi vecchio vizio. Non è sempre stato così. Mi ricordo che quando ero bambino c’era mia madre. Lei veniva in camera mia e mi consolava.
Poi, quando sono cresciuto, non ho più potuto fare appello a lei per calmare le mie notti. Ho dovuto arrangiarmi, ed è arrivata lei. La mia dannazione.
La cocaina.
Ci sono andato giù pesante fin da subito. Appena l’incubo tornava a farsi vivo, andavo da quel mio vecchio conoscente che mi doveva più di un favore e mi rifornivo della droga. Nessuno in casa poteva sospettare nulla.
Poi Mycroft se ne è accorto. Mi osservava. Il mio caro fratello! Sempre così preoccupato per me! Mi teneva d’occhio! Mi aveva portato in quella clinica per aiutarmi a smettere. Per un periodo aveva funzionato. Poi ci ero ricascato.
Finalmente, dopo la mia seconda visita a quella stramaledetta psicologa, avevo trovato qualcosa migliore della cocaina: gli omicidi.
Non fraintendiamo. Non mi distraevo ammazzando la gente, sia chiaro! Scoprire gli assassini era meglio della droga più pura. Ragionare, trovare indizi, incasellare la gente solo guardandola. Ecco cosa mi faceva sentire bene. Ho bisogno di tenere il cervello impegnato in qualcosa che non sia quello stramaledetto sogno. Mi perseguita. Quello …  e altro.
Voglio solo dimenticare. Sono tante le cose che non voglio nella mia mente, ora. Perché se ci sono riuscito con il sistema solare non posso riuscirci anche con questo? Voglio dire, sono informazioni. Banali ricordi nel cervello. Non posso semplicemente spazzarli via?
Invece eccolo qui! Il mio nemico di sempre! Quel maledetto incubo non ne vuole saperne di lasciarmi in pace! E con quell’incubo, riaffiorano ricordi che pensavo di aver ormai seppellito. Ricordi dolorosi.
 
Nel sogno mi ritrovo neonato. Sto dormendo in una culla. Le pareti soffici, imbottite di cotone, mi circondano. Per coprirmi, un lenzuolino di cotone delicatissimo e una coperta di lana, fatta dalla nonna. Sopra di me gira una giostrina con degli uccellini e una musica classica di pianoforte. Rido, mi piace quella musica. Ben presto la musica sta per farmi addormentare, quando all’improvviso sento delle urla.
Sono urla di un uomo e di una donna. L’uomo è furente, impreca, inveisce, accusa. La donna piange, chiede perdono. Si sentono dei colpi e la donna piange più forte. Poi una porta sbatte. Lì mi sveglio, ricoperto di sudore.
Non so perché ma questo sogno mi mette un’angoscia tremenda. Non so da dove provenga. Non so nemmeno se sia un mio ricordo o se abbia un valore simbolico. Ho provato a parlarne con la psicologa ma non è stata di grande aiuto.
‘Devi affrontarlo’ mi diceva ‘Prova a gestirlo. Prova ad alzarti da quella culla per andare a vedere chi sta litigando. È il tuo sogno, lo puoi fare. È facile!’
Facile un corno! Forse poteva essere facile per lei! Per me, l’unico desiderio non era uscire dalla culla ma da quel sogno! Ho provato a liberarmene in ogni modo. Pensavo di esserci riuscito. Quanto mi sbagliavo!
 
È ritornato. Ormai sono tre notti che mi sveglio così. John sembra aver notato qualcosa. Anche lui come Mycroft mi osserva. Al contrario del mio petulante fratello, però, sa stare al suo posto. Non mi tormenta. Sa aspettare. Sa che, se vorrò, gliene parlerò.
Intanto però, da vero ingrato, lo sto trattando come una pezza da piedi. Perché faccio così? Lui sopporta, ma non penso che potrà resistere a lungo. Due sere fa è andato a dormire da Sarah. Di nuovo. Oramai passa più tempo a casa di quella donna che a Baker Street. Lo capisco, in fondo. Anch’io scapperei al suo posto.
Sono diventato insopportabile. I miei sbalzi di umore sono sempre più evidenti. È l’effetto della cocaina. la mia faccia da cane bastonato, la mattina dopo, deve averlo intenerito perché ha suggerito di guardarci un film insieme. Ho accettato. Non volevo contrariarlo di nuovo. Non volevo che se ne andasse, lasciandomi solo con i miei mostri. Eppure … anche con la sua presenza qui si sono fatti vivi. Forse proprio per questo. Con John al mio fianco mi sono sentito più sicuro, più rilassato …  e quei ricordi maledetti ne hanno approfittato per colpirmi più violentemente del solito.
 
Mi alzo, faccio la doccia. Magari l’acqua che scorre può portare via le ombre della notte, come un fiume che si pulisce dalle foglie morte. Inutile.
Mi prude una spalla. Appoggio una mano alla pelle per togliermi il prurito e la sento. Una piccola imperfezione. Mi guardo e la vedo. Una cicatrice. Da quando ce l’ho? Non ricordo. Sarà saggio cercarne l’origine nella mia memoria? Troppo tardi. Prima che possa finire di formulare questo pensiero il ricordo si fa strada prepotentemente nella mia mente.
Risento di nuovo quel dolore. Il dolore della ceramica che si infrange contro la mia pelle. Ma il dolore più grande lo provo nel cuore. Quel cuore che pensavo di aver sigillato per sempre in una camera stagna. Scivolo sul fondo della doccia mentre l’acqua continua a cadermi addosso.
Cosa mi sta succedendo? Cosa sono queste emozioni così terribili che pian piano stanno prendendo possesso del mio essere? Non le voglio! Non le voglio! Non le voglio ma non posso scacciarle. Più ci provo più queste mi tornano indietro, ferendomi. Come delle lame affilate. Mi inseguono in ogni nascondiglio, mi braccano.
 
“Sherlock?”
Sento la voce di John dalla cucina. Mi chiama. Sta uscendo per andare al lavoro.
“Sto uscendo. Tornando a casa mi fermo al supermercato. Ti serve qualcosa?”
Non rispondo. Lui, rassegnato, esce dalla stanza sbattendo un po’ la porta. È arrabbiato di nuovo. Stanotte dormirà di nuovo da Sarah, lo sento. Mi sforzerò per farmi perdonare, forse. Magari potrei togliere quegli alluci in decomposizione nel frigo. Dovrebbero essere pronti per i test che ho in programma e se in un paio d’ore riesco a portarli a termine John si ritroverà con qualcosa di fetido in meno tra il latte e la marmellata.
Esco dalla doccia. Mi asciugo e mi vesto. Mi abbottono la camicia e infilo la mia bellissima vestaglia blu. Com’è comoda! Finalmente un po’ di pace. Vado in salotto e mi godo il silenzio. No. Troppo silenzio. La mia mente prova, bastarda, a riportarmi a quei ricordi.
Prendo il violino e provo a scacciarli. Suono una musica vivace. Non ho voglia di deprimermi. Mi muovo per la stanza, danzando. Ogni tanto apro gli occhi per non inciampare in qualcosa ed è lì che mi accorgo che il mio cellulare sta squillando.
Sempre tenendo il violino in mano, appoggio l’archetto sulla poltrona e afferro il telefono. È Lestrade.
Ciao Sherlock” mi dice “Ti disturbo?
“No, figurati” dico io in risposta. Un altro caso! Ti prego! Un caso di omicidio magari! Ti prego! Qualcosa degno della mia attenzione!
C’è stato un brutto omicidio stanotte. Un uomo pugnalato è stato ritrovato in una vecchia fabbrica abbandonata. Posso mandare una macchina a prenderti?”
“Certo, certo” rispondo cercando di reprimere la felicità.
Un omicidio! Bene! Un po’ di cibo per la mia mente! Mi sfilo con un solo gesto la vestaglia e in pochi minuti sono pronto per salire sulla macchina che mi porterà sul luogo del delitto. Mi dispiace che non ci sia John con me, però. Pazienza. Gli racconterò i fatti stasera.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Padmini