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Autore: Lady Bracknell    04/11/2006    11 recensioni
Finale alternativo del quinto capitolo di Under the Table.

“Non lo faresti.”
“Non lo farei?” chiese.
“Stavi scherzando,” mormorò, e lui annuì.
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.the knave

I’m back! E porto con me la bellezza di dieci pagine di capitolo!

Ecco che arriva la risposta di Tonks... in questo capitolo ricorderà un particolare importante… Sarà sufficiente per dare il benservito ad un vecchio Malandrino?

 

Adoro questo capitolo, mi fa morire dal ridere, qui Lady Bracknell ha dato sfoggio delle sue abilità con la penna ( o meglio, con la tastiera ).

Se con la traduzione riuscirò a strapparvi tutte le risate che la versione originale mi ha suscitato, allora ho raggiunto il mio scopo.

 

2. Il Fante.

 

Remus non vide né sentì Tonks per tutto il giorno. La Strillettera che si aspettava non arrivò, quindi quando scese per l’incontro dell’Ordine riusciva a malapena a nascondere il suo divertimento al pensiero che ancora non aveva la più pallida idea di quello che le aveva combinato. O è così, pensò, oppure ha programmato una vendetta clamorosa durante l’incontro di stasera.

 

Tonks era già seduta a tavola e stava parlando con Kingsley e Sirius, quando Remus aprì la porta e mise piede in cucina.

Lei alzò lo sguardo, palesemente in attesa della sua apparizione, e lui le offrì un veloce sorriso tirato che poteva essere interpretato come un sorriso imbarazzato o di scuse, in base allo stato della sua memoria e dal fatto che volesse lanciare una maledizione alle sue parti basse o meno. Lei rispose al sorriso e lo salutò con un timido “Ehilà,” che gli lasciò supporre che, in effetti, non ricordasse assolutamente niente. Serrò le labbra per evitare di ridere, voltando appena la testa in modo che lei non notasse quando gli stesse costando il mantenere un’espressione neutrale.

 

“Tonks,” rispose.

 

Si schiarì la gola per dissipare la risata che minacciava di uscire da un momento all’altro, quindi deglutì, in finto nervosismo, scivolando poi su una sedia dalla parte opposta della tavola, categoricamente rifiutando di incontrare il suo sguardo.

 

Aveva pensato di dirle la verità – beh, non era del tutto vero. Aveva pensato che avrebbe dovuto dirle la verità, ma ora che vedeva la sua espressione preoccupata e il desiderio di rimediare che c’era dietro di essa... non voleva essere crudele, ma non poteva fare a meno di pensare che, confessare in questo momento sarebbe stata un’occasione sprecata. E ad essere onesti, era curioso di vedere quanto sarebbe riuscito a tirarla avanti prima che lo scoprisse.

 

Remus evitò lo sguardo di Tonks per tutto il tempo della riunione, rimuginando sulla prossima mossa da fare. Si chiese se ci fosse ancora qualcosa da sfruttare per tormentarla...

 

Entro la fine dell’incontro, aveva deciso che la cosa migliore era lasciarla fare, vedere come avesse intenzione di comportarsi, e partire da lì.

 

Salutò brevemente e garbatamente tutti, quindi si ritirò nel soggiorno. Scelse un libro, lo aprì e se lo posò in grembo, tenendo un dito sul margine della pagina come se stesse per voltarla. E aspettò che lei venisse a cercarlo.

 

Non molto dopo, sentì Tonks inciampare sull’ultimo gradino, imprecare fra sé a bassa voce quindi fermarsi esitante fuori dalla porta. Aspettò qualche momento, respirò a fondo e lasciò uscire l’aria in un sospiro, poi entrò.

 

“Ehilà,” disse piano, entrando nella stanza e chiudendo la porta dietro di sé.

 

“Ciao.”

 

Con la coda dell’occhio la vide fissarsi la punta dei piedi e smuovere appena con la scarpa il bordo del tappeto, mentre fingeva – abbastanza palesemente - di essere assorto nella lettura. Il silenzio crebbe, e quando lei infine parlò, la tensione era così densa che le parole vi si facevano strada a fatica.

“Come stai?” chiese.

 

“Bene, grazie.” le rispose. La sua risposta fu piuttosto fredda, come se fosse decisamente imbarazzato, ma cercasse di non darlo a vedere. Per coronare l’effetto, aggiunse un altro debole sorriso, palesemente forzato, alzando a malapena lo sguardo dal libro che ovviamente fingeva di leggere.

 

“Non mi sembra che tu stia bene,” disse.

 

Remus tacque, fissando attentamente una figura sul libro.

“Ti senti ancora strano per ieri notte?” gli chiese. Lui alzò lo sguardo per trovarla a guardarlo con la stessa espressione preoccupata di quella mattina, ma non appena i loro sguardi si incrociarono, lei si raddrizzò e si fissò le spalle, tentando ovviamente di mostrarsi per nulla scossa o fargli vedere che si sentiva strana.

 

“Strano?”

 

“Sì.”

 

Scelse un’espressione di imbarazzata incredulità, decidendo che un altro po’ di sensi di colpa non avrebbero guastato, e che forse avrebbe potuto far aumentare ancora un po’ il suo sconforto.

“La scorsa notte ho diviso con te qualcosa che non avevo mai diviso con nessun altro prima, e tu nemmeno te lo ricordi.” commentò piano, torturando nervosamente i margini del volume che aveva fra le mani. “Strano’ riesce lontanamente a rendere l’idea.”

 

Lei aprì la bocca per dire qualcosa, ma lui la interruppe prima che ne avesse la possibilità.

“Sul serio, preferirei davvero chiudere qui questa conversazione. Disse, lanciando l’esca.

 

“Non credo sia effettivamente una possibilità, non credi?” rispose, cascandoci, come lui sperava facesse. Dopo tutto, se lei l’avesse assecondato e l’avesse lasciato solo, non sarebbe stato poi così divertente. “Se continuiamo a comportarci in modo strano davanti agli altri, capiranno che è successo qualcosa. Dobbiamo cercare di risolvere la cosa fra noi, se non altro.

 

Remus si domandò cosa intendesse conse non altro’, ma lei lo sollevò dal disturbo di pensare effettivamente a ciò in quanto Tonks continuò.

“Tutti si sentono un po’ strani dopo – lo sai – la prima volta.

 

Remus alzò gli occhi al cielo per nascondere quel sorriso che voleva uscire nel vedere come lei cercava di farlo sentire meglio. Ma naturalmente lui non si lasciava consolare tanto facilmente.

“Ti prego non peggiorare le cose trattandomi con condiscendenza,” si lamentò.

 

“Non ti stavo...”

 

“Mi sento già l’uomo più clamorosamente patetico che sia apparso sulla faccia della terra... Voglio dire non ho mai avuto questa grande autostima o consapevolezza di me,” disse, “Ma questa è la prima volta che mi succede qualcosa che mi fa sentire ancora peggio di quei livelli.”

 

Si chiese se si fosse spinto troppo in là, parso troppo avvilito o possibilmente troppo melodrammatico, ma Tonks attraversò la stanza e si accomodò sul divano, l’espressione talmente indescrivibile che avrebbe potuto avvicinarsi comunque all’ansia. Si appoggiò pesantemente al bracciolo del divano, coprendosi la bocca con una mano e respirando profondamente contro le dita sperando che l’interpretasse come imbarazzata costernazione, piuttosto che divertimento.

 

“Mi spiace davvero di non ricordare.” Mormorò.

 

“E’ tutto a posto,” rispose, “Non hai bisogno di spiegare. Se avessi dormito con me, pure io avrei voluto rimuovere tutto.

 

“Non è assolutamente questo. Sono sicura che è stato...”

 

Esitò, e lui si chiese fra quali parole stesse decidendo. Bello? Divertente? Perfettamente adeguato? Come pensava sarebbe stato andare a letto con lui?

Ma non è questo il problema, no?” intervenne, decidendo che probabilmente non voleva saperlo. “Tu non hai idea di come è stato, è non è che non abbia elementi con cui fare il paragone.”

 

“Guarda,” iniziò, posandogli timidamente una mano sul braccio. “Sono sicura che non è niente di personale...

 

“Niente di personale?” domandò, incontrando il suo sguardo con una traccia di orrore per averlo anche solo suggerito.

 

“Voglio dire... sono sicura che non avrei ricordato nessuno.” Serrò i denti per non scoppiare a ridere.

E questo dovrebbe farmi sentire meglio?” disse adottando un tono avvilito che si abbinava alla sua espressione. Tonks, batté le palpebre un paio di volte, evidentemente scossa.

 

“Beh, sì.” Rispose. Remus sospirò e chiuse gli occhi, incapace di guardarla ancora se non voleva tradirsi.

 

“Penso di non volerne parlare.” Ripeté.

 

Lei inspirò profondamente, lasciando uscire l’aria lentamente, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa che non avrebbe dovuto.

“Senti, Remus,” iniziò, abbassando nervosamente lo sguardo. “Sono dannatamente inutile per questo tipo di cose. In effetti, sono probabilmente la persona peggiore di questo emisfero con cui potessi decidere di andare – non so mai cosa dire normalmente, figuriamoci in una – hai capito – situazione delicata come questa...” il suo tono di voce si affievolì, apparendo lei stessa avvilita mentre gesticolava con le mani in segno di scusa.

 

Remus stava per dire qualcosa quando lei si raddrizzò, essendosi ovviamente rimproverata mentalmente.

“Ma io – tu – intendo dire noi – lo abbiamo fatto ed ora non possiamo fare altro che accettare la cosa. Disse. Lui sorrise appena per la sua sincerità, sperando che non lo notasse,e pensando che, se fosse successo veramente, non avrebbe potuto scegliere una persona migliore.

“E sì, è delicato e imbarazzante e un sacco di altre cose che probabilmente non dovrebbero essere, ma, lo sai, è capitato, quindi...” Esitò di nuovo. “Vuoi un abbraccio o qualcosa del genere?” offrì esitante.

 

Una mezza risata gli scappò prima che potesse trattenersi e decise che fosse meglio annuire in modo da sfuggire al suo sguardo per un momento. Lei lo tirò a sé e lui appoggiò la testa sulla sua spalla, sperando che lei non riuscisse a percepire il suo sorriso attraverso i vestiti. Lo strinse per rassicurarlo poi gli diede un paio di colpetti sulla schiena e lo lasciò andare.

 

Lei le sorrise incerta e lui per poco non mandò all’aria tutto per dirle la verità.

“Scusa, sono stato un po’...” iniziò, ma lei scosse la testa.

 

“E’ tutto a posto,” lo rassicurò. “Non è che abbia poi avuto queste grandi idee per affrontare la cosa o di cosa dovremmo fare poi.

 

Alla parola ‘poi’ il corpo di Remus fu percorso da un brivido, ma lui praticamente non se ne accorse mentre lei continuava.

“Voglio dire, non è che di solito io vada a letto per caso con la gente...  

 

Si bloccò, si fece seria e lo guardò dritto negli occhi. Gli occhi di lei erano ridotti quasi a due fessure mentre lo squadrava e poi si portò una mano alla bocca. Attraverso le dita lui riuscì ad intravedere una lontana traccia di sorriso e capì d’essere stato scoperto. Le sue labbra si incresparono in un ghigno divertito.

 

“Non lo faresti.” Affermò, sebbene anche nel momento in cui pronunciò quelle parole, era chiaro dalla sua espressione che non ne era affatto sicura. Sgranò gli occhi, serrò la mascella ed inspirò profondamente attraverso un sorpreso sorriso tirato. Lui le sorrise esitante, aspettando la scenata che sicuramente stava per arrivare.

 

“Non lo farei?” chiese.

 

“Stavi scherzando,” mormorò, e lui annuì.

 

Per un minuto sembrò contemplare una risposta adeguata. Immaginò che stesse soppesando le due possibilità – sgridarlo e minacciarlo un po’ e poi buttarla sul ridere, oppure coprirlo di maledizioni e non rivolgergli più la parola. Gli occhi le si offuscarono momentaneamente per la rabbia, ma le sue labbra continuavano a curvarsi in un sorriso che stava disperatamente cercando di trasformare in indignazione, lasciandogli credere che avesse scelto la seconda opzione.

“Tu, bastardo!” esclamò, in un tono di voce acutissimo, tremando di quello che lui sperò disperatamente essere divertimento represso. Cercò di apparire convenientemente pentito, nonostante volesse disperatamente scoppiare a ridere.

“Tu, brutto, assoluto, totale bastardo!”

 

Afferrò un cuscino dal divano ed iniziò a colpirlo, cogliendolo leggermente di sorpresa col primo colpo e prendendolo sul lato della faccia.

“Hai la minima idea di quanto io mi sia sentita in colpa oggi?” gridò, sottolineando ogni parola con una cuscinata. Lui emise un suono incuriosito prima di scoppiare a ridere mentre lei lo colpiva, e si ritirò addosso al bracciolo del divano, cercando di evitare le cuscinate meglio che poteva. Alzò le braccia, difendendosi con il libro che aveva fatto finta di leggere, ridendo come un matto. Gli occhi di lei si soffermarono sui suoi, notando il suo divertimento. Lo guardò storto, sebbene lui non poté fare a meno di pensare che l’effetto fosse un po’ attutito dallo scintillio allegro dei suoi occhi.

 

“Ho praticamente fatto un buco nel tappeto del mio ufficio mentre andavo avanti e indietro, preoccupandomi per te!”

 

“Per me?” chiese. “Davvero, non avresti dovuto.

 

“Oh, beh, adesso lo so,” sbottò, e anche se adesso sorrideva, il tono di voce era ancora severo. “Non riesco a crederci, tu, totale, completo bastardo,” borbottò e lo colpì un altro paio di volte in testa col cuscino.

 

Lo colpì pure sulla spalla per pareggiare i conti e si portò il cuscino al petto, abbracciandolo. Respirò profondamente un paio di volte.

“In effetti,” disse, “Sei talmente oltre il bastardo, che non hanno ancora inventato una parola per quello che sei.”

 

Remus si chiese se avrebbe potuto osare...

 

“A dir la verità,” la corresse, mordendosi il labbro divertito. “Credo che la parola che stai cercando sia Malandrino.

 

Lei alzò il cuscino e lo fissò molto storto, gli occhi ridotti a due fessure, un’espressione in volto che immagino lei si aspettasse che lui trovasse minacciosa. Remus abbassò la testa ma il colpo che si aspettava non arrivò mai.

“Credevo te lo fossi dimenticata,” aggiunse, abbassando lentamente il suo libro scudo e sedendosi diritto, avvicinandosi un po’.

 

“No,” rispose. “Solo pensavo tu fossi quello che lasciavano girovagare con loro così da avere qualcuno che li aiutasse con i compiti.

 

“Beh, adesso lo sai.” Disse.

 

“Sì, adesso lo so. Bastardo.”

 

Stava per scusarsi quando lei lo interruppe.

“Ritiro l’abbraccio, comunque.” Disse arrabbiata. Abbracciò di nuovo il cuscino, praticamente tremando per le risate soppresse o per l’irritazione, non riuscì a definire quale delle due. La lasciò sbollire per un momento, se era questo quello che stava facendo, sperando che alla fine riuscisse a vedere il lato divertente della cosa.

 

Che cosa mi ha tradito?” chiese, sorridendole esitante.

 

“A parte la tua espressione irritantemente soddisfatta?”

 

“Sì, a parte quella.”

 

Tonks sospirò, e Remus sospettò fosse piuttosto arrabbiata con sé stessa per esserci caduta quanto lo era con lui per averla presa in giro.

“Quando ho detto che di solito non vado a letto per caso con la gente, mi sono ricordata di quello che hai detto quando eravamo dai Malfoy.”

 

“Ah,” mormorò, “Quello che ho detto riguardo il fatto che non di solito vado a letto con le persone di proposito.”

 

“Già,” confermò, “Non è una risposta di uno che è vergine.”

 

Iniziò a torturare la federa del cuscino, e lui si sentì leggermente male per lui, che veniva punito per qualcosa che lui aveva fatto.

Avrei dovuto accorgermene subito,” commentò, “Se solo non fossi stata così occupata a sentirmi in colpa...” si fermò per colpirlo forte sulla spalla.

 

“Ahia!” esclamò lui, non facendo in tempo a schivare il colpo.

 

“... riguardo l’averti derubato della tua innocenza o quello che è, probabilmente l’avrei capito.”

 

Lui sorrise.

“Scusa,” disse, “Quando ti sei svegliata e non ricordavi niente, non ho potuto resistere.”

 

“La prossima volta ti dispiace provarci più seriamente?”

 

Represse l’istinto di ridere, pensando che il suo divertimento per l’irritazione di lei non sarebbe stato apprezzato.

“Sei stata così gentile con me,” disse.

 

“Per forza lo ero!” esclamò lei. “Pensavo d’averti fatto ubriacare e praticamente forzato a venire a letto con me!”

 

“Lo pensavo davvero...” si chiese se avrebbe dovuto dire quello che stava per pronunciare, ma pensò, che dopo tutto quello che le aveva fatto passare, si meritasse che le venissero risparmiati ulteriori commenti da parte sua, e non che non fossero veri.

“Intendevo dire che te la cavi bene in questo genere di cose, meglio di quanto tu creda. Molto meglio.”

 

Lo osservò per un momento, squadrando ogni dettaglio del suo viso, presumibilmente per capire se stesse scherzando. Le sorrise, sperando di apparire sincero come si sentiva. Lei alzò gli occhi al cielo e distolse lo sguardo.

“Meglio di quanto pensassi,” commentò, “Ma evidentemente non tanto scaltra quanto credevo.”

 

Lui ridacchiò sommessamente, ed a lui sembrò che anche lei stesse tentando di reprimere l’impulso di sorridere, e seppe che gran parte della rabbia era svanita.

Scosse la testa e sospirò.

“Avrei dovuto immaginare una cosa del genere.

 

“Forse,” confermò. Non seppe trattenersi dal tormentarla ancora un po’. “Magari questo ti insegnerà a fare supposizioni sulle persone.”

 

Cosa?”

 

“Credo che adesso tu abbia smesso di pensare che io sia noioso?”

 

“Oh, penso ancora che tu sia noioso,” rispose, “Adesso però penso che tu sia noioso e bastardo.”

 

Lui rise sommessamente.

“Pensò che sopravviverò.”

 

Tacquero entrambi per un istante, poi guardò Tonks che giocherellava con un filo del cuscino e si chiese a cosa stesse pensando.

Quindi non è successo niente?” chiese.

 

Remus quasi non riusciva a credere alla sua fortuna. Pensò velocemente a cosa dire, inarcando un sopracciglio ed offrendole un sorriso d’intesa.

“Oh, qualcosa è successo,” la corresse, “Solo che non eri la prima.”

 

Tonks spalancò la bocca e sgranò gli occhi. Gli ci volle un enorme sforzo per non ridere.

 

Non era certo che ci sarebbe caduta un’altra volta, ma così era stato e non voleva sprecare l’occasione. Inarcò le sopracciglia.

“E devo dire,” aggiunse. “Che è un peccato che tu non ricordi, perché sembravi divertirti parecchio.

 

“Sono certa che mi tornerà in mente,” disse mogia, gli occhi ancora spalancati.

 

“Certo,” convenne, coprendosi la bocca con la mano per nascondere il ghigno.

 

Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che avrebbe dovuto confessare, ma non riusciva a resistere. Lei era assolutamente facile da ingannare, e, d’altra parte, era estremamente curioso di vedere come avrebbe preso la notizia. Non gli era sfuggito il suo sguardo incredulo all’idea di essere andata a letto con lui.

 

Tonks serrò le labbra soprapensiero per un attimo, e poi si appoggiò a l bracciolo del divano, studiandolo con palesemente falsa casualità.

Cosa abbiamo fatto, quindi?” chiese, muovendosi a disagio sul posto.

 

“Non faccio la spia, Tonks.”

 

“Nemmeno con la ragazza in questione?”

 

“Beh, in genere la ragazza in questione non ha bisogno che io glielo dica.” Commentò, inarcando un sopracciglio nella sua direzione. “Generalmente mi fa la cortesia di ricordare.

 

Lei alzò gli occhi al cielo.

“Allora cos’è tutta questa messinscena?” chiese, “Un modo per farmela pagare per aver intaccato il tuo orgoglio maschile?”

 

Remus non rispose, sebbene le fosse alquanto grato per averlo suggerito, in quanto aveva decisamente molto più senso di tutte le possibili spiegazioni che gli stavano passando per la mente.

“Senti, mi dispiace davvero di non ricordare. Disse. “Ero andata. Sono certa che non è niente di personale.

 

Lui sospirò, non preoccupandosi di nascondere il suo divertimento.

“Allora, cos’è successo?” chiese di nuovo, arrossendo appena.

 

“E’ praticamente lo stesso di quello che ti ho detto stamattina.” Spiegò. Abbassò la testa e la guardò negli occhi. “Solo che non avevo bisogno di essere istruito. Aggiunse.

 

“Fantastico,” sbottò, incrociando le braccia ed aggrottando la fronte. “Così ero ubriaca e ti sono saltata addosso.

 

“Non è stato...”

 

E non hai cercato di fermarmi?” chiese. Il leggero tono accusatorio nella sua voce arrestò qualunque pensiero avesse avuto riguardo il protestare. Non aveva mai voluto farle credere di essergli saltata addosso, semplicemente di aver fatto la prima mossa, ma visto che l’aveva suggerito... Era sempre meglio giocare con le carte che gli altri ti passavano.

 

Remus abbassò lo sguardo e si concentrò sui fili che si stavano staccando dalla copertina del vecchio libro che stava tenendo. Tacque un istante e poi alzò di nuovo gli occhi.

“Sono vecchio,Tonks,” disse con un tono a metà fra la scusa e il malizioso, “Non morto.”

 

Lei deglutì.

“E, beh, tu eri alquanto insistente,” aggiunse, con tutta la nonchalance che gli riusciva. Tonks deglutì di nuovo.

 

“Insistente?” chiese debolmente.

 

“Sì,” rispose ridacchiando sommessamente, “Ad un certo punto ho pensato che non saremmo nemmeno riusciti ad uscire dalla cucina.”

 

“Davvero?”

 

“Beh, mi avevi inchiodato alla porta.”

 

“Sul serio?”

 

Si massaggiò una spalla e le offrì una falsa smorfia.

 

“A dir la verità,” disse piano, “Penso verrà fuori un livido.”

 

Lei arrossì. Merlino, pensò Remus, è adorabile quando lo fa.

“Scusa,” mormorò.

 

“E’ tutto a posto,” la rassicurò, distogliendo lo sguardo e sorridendo fra sé. “Non mi è dispiaciuto.”

 

“Oh,” commentò lei lentamente.

 

Le aveva dato sufficienti indizi per farne ciò che voleva, e per quanto gli sarebbe piaciuto stare lì ad osservarla mentre assimilava queste nuove informazioni, pensò che questa era decisamente una situazione da menti e fuggi.

 

“D’accordo,” disse. “”In ogni caso...”

 

Appoggiò il libro che l’aveva aiutato sul bracciolo del divano e si alzò in piedi. Lei lo guardò, sorridendo timida.

Che cosa hai intenzione di fare, adesso?”

 

“Riparlarne domani mattina?” suggerì lui, e Tonks annuì. L’avrebbe lasciata cuocere nel suo brodo tutta la notte, pensò, poi le avrebbe detto la verità.

 

Forse.

 

“Buonanotte,” disse.

 

Riuscì a trattenere le risate fino in camera, dove lanciò un incantesimo di silenziamento e scoppiò a ridere.

 

 

 

Non sono adorabili?!? Povera Tonks... ancora non è riuscita a capire che lui si sta prendendo gioco di lei...

Ma state all’erta, perché la vendetta è vicina… e che vendetta!

Al prossimo – e ultimo – capitolo di questa storia.

 

Ecco a voi il link dove cerco di tenervi aggiornati sulle mie storietraduzioni:

 

http://nonnaminerva.splinder.com/

 

A presto.

Nonna Minerva

  
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