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Autore: phoenix_esmeralda    14/04/2012    5 recensioni
Vera è la futura regina di Katathaylon e Allegra non vede l'ora di accompagnarla nel suo mondo, per assistere al matrimonio con il principe Alexen. Ma qualcosa di strano succede nel regno che Allegra ha sempre sognato di visitare, e la ragazza si ritroverà travolta nella grande avventura che ha sempre sognato di vivere... Un libro, un racconto, una favola... questo è "La valle dell'altro mondo", una storia fra l'avventuroso e il fantasy, tra il romantico e l'introspettivo, alla scoperta dei 4 personaggi principali, ciascuno con il suo piccolo mondo interiore da proteggere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 -Epilogo-
 
Nel Mondo di Fuori
 
 
“Nelle favole
non si può evitare il lieto fine
mai,
e nonostante questa notte finirà,
la realtà sarà per me
come una favola…”
 
“Favola”- Ilaria Porceddu
 
 
 
 
 
 
Ci sono cose nella vita che sai da sempre, come se nascessi con un libretto di istruzioni al seguito. Altre invece le scopri poco alla volta, nel tempo, grazie all’esperienza e a quella particolare capacità di riflettere e di tracciare relazioni fra gli eventi che abbiamo noi esseri umani.
Che Katathaylon mi avrebbe cambiato la vita, l’avevo sempre saputo. Non si può vivere una favola per poi tornare indietro come se nulla fosse accaduto. Non puoi salvare un intero Paese e innamorarti, ricambiata, di un principe dagli occhi azzurri, e pensare che l’idea che hai di te stessa non ne resti almeno un po’ influenzata.
Le tre settimane trascorse a Katathaylon mi avevano saturata di esperienze irripetibili, rispedendomi nel mio mondo con un bagaglio variegato di riflessioni su me stessa, sugli altri e sulla vita in generale. Riflessioni che mi avrebbero accompagnata in molte scelte della mia vita, a partire da sei anni prima, quando tornai col cuore in pezzi da un mondo incantato, fino a oggi che sono qui.
Quello che invece allora non sapevo ancora, e che ho compreso nel corso degli anni, è che la mia storia con Edhuar non sarebbe comunque durata a lungo.
L’avventura vissuta insieme nei pochi giorni di missione, unita alla particolarità dei nostri caratteri, era diventata un mix vincente e aveva infiammato i nostri cuori con una vampata divorante. Nell’ardore di quegli attimi, avevamo creduto che sarebbe durata per sempre senza renderci conto di quanto le reciproche differenze ci avrebbero prima o poi esasperati.
Edhuar aveva una struttura di pensiero schematica, una concezione di vita votata interamente al dovere, che non avrei potuto tollerare all’infinito. A un certo punto mi sarei sentita soffocare e, pur amandolo, sarei diventata sempre più insofferente, evitante.
La nostra separazione, a conti fatti, ha invece trasformato la nostra storia in un frammento di fiaba, una scheggia di magia incastrata nel passato, là dove niente potrà rendere il suo ricordo meno denso di emozioni.
È bello poter ritrovare nel mio cuore l’alito struggente di quegli istanti, immutati nella loro bellezza anche oggi che il tempo ha ormai cambiato tante cose.
 
 
Sto guardando il mare.
Le onde si innalzano boriose contro il cielo, schiaffeggiano gli scogli con movimenti secchi, si sciolgono in schiuma polverosa. Il loro andamento ritmico, regolare, aiuta il mio spirito a distendersi mentre i pensieri mi si srotolano pigri nella testa.
Aspetto Vera che dovrebbe arrivare a momenti. È incinta di sei mesi di due gemelli che sposteranno a quattro il numero dei suoi figli. Sta approfittando delle visite a me, per fare regolari ecografie che la rassicurino sulla gestazione. Una gravidanza gemellare è più impegnativa e la spinge a cercare conferme da medici più competenti.
Sorrido. Stamattina Alexen l’ha presa in giro ripetutamente per le sue ansie
Non che Vera si sia trasformata in una persona apprensiva o eccessivamente emotiva, ma negli anni il cambiamento è stato comunque degno di nota. Ogni tanto mi chiedo quanto la presenza di Edhuar ne sia stata responsabile.
Che Vera sia innamorata di lui è un dato di evidenza inconfutabile, che ha cessato di sorprendermi nel momento stesso in cui ho riflettuto sull’animo del nuovo re di Katathaylon.
A far innamorare Vera sono state proprio quelle caratteristiche di cui, molto presto, io mi sarei stancata. Khail e Vera sono un connubio perfetto, una ricchezza cui Katathaylon può fortunatamente attingere. Non sarebbe stato lo stesso se il re fosse diventato Alexen, che con la sua voglia di cambiamento si è volontariamente esiliato dalla vita a palazzo  per scappare in un mondo più libero.
Alexen, nel Mondo di Fuori, ha avuto finalmente ciò che desiderava, anche se l’inizio per lui è stato veramente duro. Se cerco di tornare con la memoria a sei anni fa, mi rendo conto di quanto sia forte ora il contrasto con quel periodo e quanta strada abbiamo fatto entrambi da allora.                                                                                                                                                                                                                                                                  
Alexen ha conquistato mamma, prima del tramonto del giorno stesso in cui è arrivato.
Prima di una settimana, Gioia si era presa per lui una cotta stratosferica e papà si era bonariamente abituato alla sua presenza, pur restando confuso sul ruolo ricoperto da quel nuovo giovane che aveva preso a frequentare la sua casa.
Alexen si stabilì nella villa che era stata di Vera, si prese un paio di giorni per scoprire come funzionasse, in concreto, il suo nuovo mondo e poi cercò lavoro.
Essendo il mese di giugno, venne assunto come stagionale nei campi e per tutta l’estate si alzò all’alba e rientrò a tarda sera, sporco, sudato e sfinito.
Desiderava essere completamente autonomo e il suo orgoglio gli impediva di chiedere aiuto, ma quanto rientrava esausto a sera, si ritrovava alle prese con la lavatrice e il fornello, completamente solo in una casa enorme. Mi presentavo a casa sua per aiutarlo, lo invitavo a cenare da noi, ma lui rifiutava regolarmente. Non era solo l’orgoglio a frenarlo, ma anche un protratto scrupolo nei miei confronti di non accrescere la mia sofferenza con la sua somiglianza a Edhuar.
Allora mandavo mamma a prenderlo e lei riusciva sempre a spuntarla. Tornava in capo a mezzora con un Alexen ancora gocciolante di doccia e a quel punto Gioia correva a sistemarsi il trucco, mentre papà stappava una bottiglia di vino buono da bere con quel bravo giovane che lo ascoltava tanto attentamente  parlare delle sue piante.  
All’inizio pensai che si sarebbe arreso rapidamente. Che soddisfazione poteva ricavare un principe di Katathaylon nel restare sotto il sole dodici ore al giorno a raccogliere cipolle?
Divenne nero come un carboncino, i suoi capelli sbiancarono fino a una tonalità vicina al platino e per parecchi mesi non riacquistò completamente il peso perso durante la prigionia ad Arco d’Occidente. Soffriva la fatica, il caldo, la solitudine, lo smarrimento.
Eppure non mollò. Non si lamentò una sola volta, né fece mai mostra di essersi pentito della sua decisione. Le uniche difficoltà che condivise con me, furono le tracce lasciate dalle torture subite. Per mesi, ogni notte si svegliò in preda agli incubi, con la certezza di trovarsi ancora in cella, nelle mani di Ad’hera. E la stessa angoscia tornava anche in pieno giorno, sotto forma di visioni realistiche che lo tenevano inchiodato per minuti interi, mentre sbiancava grondando sudore gelato. Quando me ne rendevo conto cercavo di scuoterlo, ma gli incubi tornavano ancora, ripetutamente.
Sapevo che Alexen soffriva di un disturbo post traumatico, ma non era possibile prendere in considerazione l’ipotesi di consultare uno specialista. Non poteva raccontare a nessuno l’esperienza che aveva vissuto.
In sei mesi i sintomi diurni si ridussero fino a scomparire, mentre gli incubi, pur diradandosi, tornarono per anni.
Alexen giustificò le cicatrici sul corpo lasciate dalle sevizie, raccontando di essere stato preso di mira da un gruppo di sbandati del suo paese, motivo per cui avevo scelto infine di cambiare città. Lo presentai ai miei amici come il cognato di Vera, fatto che inizialmente, insieme ai segni impressionanti sul suo corpo e ben visibili durante i ritrovi in spiaggia, non giocò a suo favore.
Ma la diffidenza durò un batter di ciglia. Alexen, nonostante le numerose difficoltà, non aveva perso il buon umore e riuscì a inserirsi nella compagnia in brevissimo tempo, preso in simpatia dai ragazzi per il suo senso dell’umorismo e dalle ragazze per la sua innata galanteria.     
Nonostante venisse da un mondo differente e risultasse vagamente anomalo all’interno del gruppo, la sua adattabilità e flessibilità gli consentivano di amalgamarsi agli altri come mai era invece accaduto a Vera.
Nessuno, vedendo Alexen in spiaggia fra gli amici, avrebbe riconosciuto in lui il principe reale di un altro mondo. Nessuno avrebbe intuito i segni  atroci interiori lasciati dalla recente prigionia.
Alexen teneva ogni cosa chiusa in se stesso, lasciando trapelare all’esterno solo la gioia di conoscere posti e persone nuove, abitudini diverse e inusuali. Per lui era inebriante.
Attirava ragazze come mosche al miele e il fenomeno lo sconcertava. Restava sbigottito di fronte alla disinvoltura con cui le ragazze cercavano di portarselo a letto, e mi interrogava di continuo sulla scioccante leggerezza con cui, nel mio mondo, si affrontavano le relazioni sentimentali.
Lui respingeva le proposte con galanteria, svicolava con delicatezza, o fingeva di non capire.
Mi domandai spesso, in quel periodo, come avrei reagito quando si fosse finalmente innamorato e avessi visto una persona così identica a Edhuar uscire con un’altra ragazza.
Ma il problema in realtà non si presentò.
La grande passione di Alexen era viaggiare. Voleva conoscere il mondo intero e vederlo con i suoi occhi. Con i guadagni dell’estate andò in Svezia una settimana e tornò entusiasta come un bambino. La cosa divenne un’abitudine. Lavorava senza sosta facendo anche due o tre mestieri in contemporanea, metteva da parte i soldi e appena poteva partiva per un viaggio.
Il suo secondo giro fu in Grecia e mi chiese di accompagnarlo. Ormai era evidente che, nonostante la sua somiglianza con Edhuar, non intendevo chiudere i rapporti con lui e così accettai. Da quel momento andai sempre con lui. Alexen era una compagnia molto gradevole, divertente, brillante, mai noiosa.
Durante il primo anno fece i lavori più disparati, dal cameriere al giardiniere, dall’operaio al lavapiatti, dal manovale al baby-sitter. Tutto ciò che gli interessava era raccogliere i soldi per il viaggio successivo.
Fu grazie a questa passione che si avvicinò alla fotografia. Iniziò a immortalare e a catalogare i luoghi che visitava, affinando gradualmente la sua tecnica. Lo spronai allora a seguire dei corsi specifici e a cercare lavoro come assistente presso un fotografo, e lui fece entrambe le cose. Durante i tre anni successivi rimase nello stesso posto, si fece una buona esperienza e divenne così bravo che a un certo punto fece il salto nel buio… e si mise in proprio.
E la cosa funzionò.
 
 
Il rumore di passi alle mie spalle, mi fa voltare all’improvviso.
Vera, nell’abitino premaman estivo, mi si affianca. Al sesto mese ha già una pancia molto evidente, ma gradevole. È strano immaginarvi all’interno due piccoli esseri umani perfettamente identici.
- Tutto bene? – le chiedo.
Lei siede sullo scoglio sospirando di sollievo.
- È tutto a posto, non ci sono complicazioni. E tu?
Mi porto la mano sulla pancia dove, da circa tre mesi, una minuscola creatura che porta il cinquanta per cento dei miei geni, sta moltiplicando le sue cellule a dismisura.
- Ho solo un po’ di nausea – rispondo – Ma non c’è nulla degno di nota.
 
 
Ho detto che in principio per Alexen è stata dura, ma lo stesso si potrebbe dire per me. Tornare alla realtà di tutti i giorni, per lungo tempo mi sembrò uno scherzo assurdo. Era come se fossi diventata a tutti gli effetti un’abitante di Katathaylon e il mio mondo mi calzasse all’improvviso come una scarpa stretta, mi sentivo soffocare in ogni luogo e in compagnia di chicchessia.
Portavo dentro di me otri di lacrime che mi sforzavo di non versare, provavo a sorridere e a fingere di essere ancora me stessa, ma trascorrevo le giornate aspettando solamente che finissero. Quando scendeva l’oscurità, con una scusa mi eclissavo dal gruppo e mi sedevo su uno scoglio, avvolta dal buio, e in quell’oscurità mi veniva semplice ripensare a Edhuar e ricordare istante per istante ogni minuto trascorso insieme. Ogni sera ricordavo un episodio diverso, un momento differente del nostro intenso ma brevissimo tempo insieme.
Per quanto con gli amici fingessi, non ero più la stessa Allegra; di me erano rimaste ceneri tiepide sul punto di disperdersi, come se qualcuno avesse gettato un panno sulle fiamme, soffocandole completamente. Avevo il cuore in pezzi, e tutti se ne accorsero.
Ma con chi potevo parlare?
Eludevo le domande, fingevo di non cogliere le allusioni, mi isolavo.  In quei momenti, al mio fianco si materializzava Alexen, come evocato dai miei sospiri.
- Se peggioro la situazione dimmelo – esordiva ogni volta. Ma non lo mandai mai via.
Volevo che il tempo trascorresse in fretta perché il dolore si acquietasse, ma nel contempo tutto il mio essere si ribellava animosamente all’idea di dimenticarmi di Edhuar. Alexen era l’assicurazione vivente che non mi sarei mai scordata del suo viso. L’immagine di Edhuar sarebbe invecchiata accanto a me.
Alexen era per me una presenza riposante, era l’unica persona che conosceva l’origine del mio dolore, l’unico con cui potevo abbassare la guardia, con cui non dovevo fingere. E lo stesso ero io per lui.
Rappresentavamo l’uno per l’altra quell’angolo neutrale in cui smettevamo di trattenere il respiro. In quel periodo, ciascuno di noi due fu necessario all’altro come ossigeno. Ci cercavamo a vicenda come due calamite di segno opposto.
Quel periodo di assestamento gettò le fondamenta della nostra amicizia, che divenne nei mesi successivi sempre più stretta e intima.
Non so individuare il momento preciso in cui Alexen smise di ricordarmi Edhuar. A un certo punto fu per me come se avessero due volti differenti. Oggettivamente sapevo che erano identici, eppure ai miei occhi Alexen fu solo Alexen e Edhuar solo Edhuar. Conoscevo ormai Alexen troppo bene, per poterlo ancora sovrapporre al fratello.
Alexen era molto diverso da Edhuar, più libero, più sereno, più orgoglioso, ma anche più diretto. Più sentimentale ed emotivo, più lineare nei suoi stati d’animo.
Quando gli dissi di voler correggere il mio carattere per renderlo meno istintivo, mi aiutò a individuare i miei atteggiamenti aggressivi nel momento stesso in cui nascevano, e a controllarli. Non volevo che Katathaylon fosse passato invano. L’esperienza che avevo vissuto con Edhuar aveva rivelato apertamente la grossa falla nel mio sistema di giudizio.
Volevo migliorare e ci riuscii.  Non dico di essere diventata una donna paziente, rimango una persona prevalentemente istintiva, ma ho imparato ad ammortizzare i miei scatti impulsivi con una certa dose di riflessione. Questo, nel tempo, ha dato i suoi frutti.
Alexen si innamorò di me quasi immediatamente, ma io lo seppi solo parecchio tempo dopo. Era una persona talmente gentile e affettuosa che mi risultava difficile capire quali sentimenti guidassero il suo atteggiamento.
Per quanto riguarda me invece, il cambiamento fu graduale.
Si accumulò nel tempo una lunga serie di istanti condivisi, di confidenze, di viaggi, di risate.
Piansi più di una volta sulla spalla di Alexen, nei momenti in cui il dolore per la perdita di Edhuar riusciva a prendere il sopravvento. E io dormii molte volte nella camera accanto alla sua, per non lasciarlo solo quando gli incubi lo sorprendevano.
Per mamma, Alexen divenne un secondo figlio, e io stessa lo accolsi come un nuovo membro della famiglia. In certi momenti riuscivo a dimenticare che faceva parte di Katathaylon.
Lui non ci tornò per un anno intero, voleva avere il tempo di abituarsi alla nuova vita, prima di rivedere il suo paese. Solo dopo che Vera venne in visita la prima volta, a tredici mesi dal suo matrimonio, lui si decise a rientrare per un paio di giorni ad Arco d’Occidente.
Quando rividi Vera, pensai a Edhuar, inevitabilmente. Ma quando Alexen rientrò a Katathaylon, fu lui a mancarmi.
Mi dissi che mi ero abituata ad averlo intorno e giustificai a questo modo le mie sensazioni. Non avrei mai potuto tollerare di aver scambiato un fratello per l’altro, era un pensiero che non ero pronta ad affrontare. E neppure Alexen, che si considerava ai miei occhi come la copia di ripiego di Edhuar.
Pazientò per tre anni, restandomi vicino mentre il suo desiderio per me aumentava. E mentre anche il mio per lui germogliava. Raggiungemmo un equilibrio delicato, fatto tanto di vicinanza quanto di pericolosi “non detti”. Nessuno dei due azzardava un passo in più nel timore di incrinare la nostra amicizia. Neppure io sapevo cosa augurarmi. Dopo tre anni  non riuscivo più a ignorare i miei desideri, ma non sapendo cosa sarebbe venuto da Alexen, avrei scelto di vivere a quel modo per sempre, pur di avere la certezza di non perdere la sua amicizia.
I ragazzi della compagnia ci consideravano un caso disperato, mamma altrettanto. Ciascuno di loro vedeva con chiarezza ciò che, sia io che Alexen, temevamo fosse un’illusione a senso unico.
Ma, pur non augurandomelo, sapevo quella situazione di stallo era destinata a concludersi. Uno dei due avrebbe dovuto fare il primo passo.
Fu Alexen a esplodere per primo.
 
 
Una sera di agosto lo vidi allontanarsi dalla compagnia e andarsi a sedere da solo sugli scogli. Da poco tempo una nuova ragazza si era aggiunta al nostro gruppo e aveva iniziato a fargli una corte serrata. Pensai che si fosse stancato di eludere le sue avances insistenti, così poco dopo lo raggiunsi.
- Prima o poi i ragazzi normali cedono alle avances! – lo apostrofai, sedendomi accanto a lui. Non avrei mai ammesso il mio terrore che alla fine lui s’invaghisse di qualcuna.
- Anche le ragazze normali – obiettò lui in risposta. Mi lanciò un’occhiata intensa, scevra di quella punta d’ironia che accompagnava sempre le nostre discussioni.
- In questi tre anni sei uscita con un solo ragazzo – mi ricordò – E l’hai visto solo due volte.
Abbassai gli occhi, colta da un’improvvisa ritrosia.
- Già.
- Da allora sono passati due anni.
Mi sforzai di ricordare quel ragazzo.
- Quel tipo voleva portarmi a letto già al secondo appuntamento.
- Ha cercato di forzarti? – mi chiese, teso.
- No. Non palesemente. Ha cercato di convincermi con le lusinghe. Ha messo in mezzo l’attrazione che provava per me e quella che avrei dovuto provare io se fossi stata interessata a lui. Le sue parole non mi sembrarono che un ricatto.
Alexen rimase zitto. Capiva che non avevo finito.
- Un tempo forse avrei ceduto – aggiunsi – Mi sarebbe sembrato naturale dimostrargli il mio interesse come lui si aspettava. Per tenerlo legato a me.
Un’onda più forte delle altre si spaccò sulle rocce sotto di noi.
- Ora invece non tollero più questo comportamento. Non dopo Edhuar.
Chiusi gli occhi, tornando indietro nel tempo. Era così difficile spiegare ciò che era cambiato.
- Edhuar non mi ha mai chiesto nulla – dissi – L’ho insultato e umiliato, l’ho quasi ucciso, gli ho sputato in faccia, l’ho picchiato. Ma questo non gli ha impedito di amarmi. Ho avuto una persona che nel momento di pericolo mi ha difesa, mi affidato ciò che di più importante aveva… una persona che si è fidata delle mie parole, del mio giudizio, anche se in questo modo stava rischiando la vita. Una persona che ha tradito i suoi valori per aiutarmi… che ha cambiato il suo futuro per salvarmi. E questo senza mai rinfacciare nulla, senza imporsi, senza l’ombra di un ricatto, di un tornaconto, di una pretesa. Semplicemente perché era ciò che sentiva di voler fare.
Mi accorsi a malapena di avere gli occhi pieni di lacrime.
- Dopo aver avuto questo, dopo essere stata amata così… non riesco ad accontentarmi di niente di meno. Non ci riesco Alex… Edhuar mi ha fatto capire cosa significa veramente amare qualcuno.
Le mie parole lo ferirono profondamente, a mia insaputa. Alexen le stava interpretando come se mai fosse stato all’altezza delle mie aspettative, a dispetto di quelli che erano i miei reali pensieri.
Volevo sottolineare il modo in cui Edhuar mi aveva resa conscia della mia dignità personale, non certo sostenere che Alexen fosse da meno.
- Ho capito – rispose lui, semplicemente. Il suo tono mi fece comprendere che l’isolamento in cui si era rinchiuso aveva poco a che vedere con le avances di Lara.
- Perché sei triste? – gli domandai.
Non mi guardò. Aspettai in silenzio, ma eluse la domanda.
- A fine settembre andrò in Germania. Vieni con me? – disse invece.
La proposta mi entusiasmò al punto che dimenticai la mia domanda.
 
 
Affittammo così, per cinque giorni, una casetta nella Foresta Nera.
I primi quattro giorni filarono lisci, nonostante fra noi corresse ormai una tensione sotterranea che potevamo solo fingere di ignorare.
Vivere fianco a fianco come fratelli, stava diventando intollerabile a entrambi. Ero conscia del modo in cui lo osservavo, quando usciva dalla doccia con un solo asciugamano attorno ai fianchi e i capelli umidi, senza sapere di quanto a sua volta lui si stesse trattenendo.  Eppure, di nuovo, nessuno dei due aveva il coraggio di fare un passo fuori dal seminato.
L’ultima sera scese il freddo all’improvviso, mentre ancora rientravamo a piedi da un paese vicino. Avevamo previsto di rincasare per cena e invece in ultimo c’eravamo fermati a cenare in un ristorantino. Nel frattempo era calata una sera ammantata di freddo pungente e vedendomi rabbrividire, Alexen insistette per lasciarmi il suo maglione, rimanendo con una maglietta di cotone.
Accesi il fuoco appena entrati in casa e ci sedemmo sul tappeto davanti al caminetto. Alexen rabbrividiva e quando lo toccai trovandolo gelato, l’esperienza avuta tre anni prima nel fiume con Edhuar riaffiorò, facendomi battere il cuore di spavento.
- Sei congelato! – boccheggiai, sfregandogli le braccia per scaldargliele – Non dovevi darmi la maglia! È pericoloso Alex!
Ero così agitata che non notai il suo sguardo mutare. Quando mi sollevai in ginocchio per sfregargli anche le spalle, il mio viso sfiorò il suo e in quel momento Alexen tratteggiò quel breve passo che aveva trattenuto per tre anni.
Appoggiò la bocca alla mia, lasciando che un tempo infinito di sentimenti repressi innescasse una reazione esplosiva. Per un minuto intero non compresi nulla, drogata dalla ricerca affannosa di Alexen, dalle sue mani che si appoggiavano sempre più in basso lungo la mia schiena.
Quando venni raggiunta da un barlume di buon senso, mi staccai rapidamente, quasi di forza.
- Perché lo fai? – chiesi con il respiro corto, presa da un’improvvisa paura – Mi stai prendendo in giro?
Mi resi conto subito di averlo scioccato, si aspettava tutto fuorché quell’accusa. Sapevo bene che Alexen non era persona da comportarsi con leggerezza. Cercai le parole per scusarmi, ma la sua espressione mi disorientò. Era completamente annichilito, le braccia abbandonate lungo i fianchi come senza forza.
- Mi dispiace… - balbettò – Io… non volevo farlo, ho perso il controllo. Mi controllo da così tanto tempo che… - si interruppe deglutendo, come se la sua gola fosse diventata un deserto arido.
- Non dire che ti sto prendendo in giro – aggiunse con voce flebile – Non era mia intenzione aggredirti a quel modo, è solo che… - chiuse gli occhi e all’improvviso tutto quanto uscì fluidamente, in un fiotto di parole – È solo che ti penso in continuazione, in ogni momento. Ho voglia di sentirti…sempre, di parlarti, di toccarti… e non fa che aumentare. Ti amo così tanto che non riesco a concepire di poterti perdere, vivo nel terrore che ti possa innamorare di qualcun altro e che… - si azzittì all’improvviso, col fiato corto, accorgendosi di quanto si fosse lasciato uscire.
Io non riuscivo più a muovermi, paralizzata dalla sorpresa, dall’ansia, dalla paura di far qualcosa di sbagliato. Aveva detto che mi amava?
L’aveva detto veramente?
- Allegra… scusami. Non… non ho alcuna pretesa, so che non posso essere all’altezza di Edhuar. Non succederà più, non ti toccherò mai più, continuerò a essere il tuo migliore amico come sono stato fino ad ora, ti prego, perdonami!
Le sue ultime parole riuscirono finalmente a scuotermi. Continuerò a essere il tuo migliore amico, era qualcosa che non volevo più sentire. Dovevo impedirgli di tornare indietro, di cancellare quello che finalmente uno di noi due aveva fatto.
Mi sporsi verso di lui, riprendendo quello che aveva iniziato. Lui sussultò, la sorpresa lo fece esitare.
- Tu non sei meno di Edhuar – mormorai – Non l’ho mai detto.
Quando rientrammo dal viaggio, mamma comprese immediatamente cos’era accaduto fra di noi ed esultò. Papà, dal suo canto, era già fermamente convinto da anni che Alexen fosse il mio ragazzo.
L’intimità fra noi era sempre stata tale, che ufficializzare la nostra relazione non costruì un nuovo rapporto, ma si limitò a completare ciò che era già in atto. Per questo, dopo meno di un anno Alexen mi parlò di matrimonio. Il suo negozio era ormai avviato e io avevo un mio stipendio, considerammo di potercela fare.
L’unico scoglio da superare rimaneva Edhuar, perché Alexen non voleva affrontare questo passo senza l’approvazione del fratello. Se Edhuar avesse rinunciato a te per avere il trono, sarebbe stato diverso - mi disse – Ma lui aveva scelto di lasciare Katathaylon e se invece è diventato sovrano è stato solo per salvarti la vita. Se tu non avessi rischiato di morire, oggi ci sarebbe lui al mio posto.
Così si recò a Katathaylon per affrontare l’argomento con il fratello. Edhuar rimase turbato, ma la notizia non fu una doccia fredda. Vera aveva già capito da tempo che quel momento sarebbe arrivato e lo aveva preparato gradualmente.
Edhuar, naturalmente, spinse Alexen verso di me e anche se non avevo mai creduto che ci sarebbe stato d’ostacolo, il suo benvolere fu importante.
Così, dopo quattro anni e mezzo dalla mia partenza da Katathaylon, ne sposai quel principe ereditario che per anni era stato il promesso sposo di Vera.
Lei venne al matrimonio, così come mi aveva promesso ad Arco d’Occidente, e mi fece da testimone assieme a Gioia.
Rimasi sbalordita quando, il giorno prima delle nozze, mi consegnò una busta sigillata proveniente da Katathaylon.
La aprii pervasa da una sensazione d’irrealtà, con le mani tremanti.  Sul foglio raffinato, le parole di Edhuar si srotolavano in una calligrafia spigolosa e sottile.
 
“Allegra,
sei la persona migliore che Alexen potesse scegliere. Non potrei desiderare nessun’altra donna come moglie di mio fratello, non c’è persona migliore di Alexen che potrei immaginare come tuo marito. So che insieme costruirete qualcosa di buono,  vi auguro un matrimonio forte, felice. Spero che tu sia serena Allegra, perché io lo sono. Mi sono reso conto che questa era la vita migliore che potessi condurre e se tornassi ora indietro nel tempo, probabilmente intraprenderei questa strada a prescindere dal resto.
Volevo che lo sapessi, e voglio che tu sappia che questa mia felicità è merito tuo, perché si basa su fondamenta che tu stessa hai gettato quasi cinque anni fa.
Occupi nel mio cuore uno spazio che non sarà mai di nessun altro. Ti porterò con me, così com’è stato in questi anni, per sempre.
Ti auguro ogni felicità,
Khail”
 
Quelle poche righe scatenarono una cascata di lacrime che lavarono il mio cuore dagli ultimi rimpianti.
Consegnai a Vera un biglietto di risposta con una sola frase: “Lo stesso vale per me”.
 
 
Vera è seduta sullo scoglio accanto ai miei piedi, i gemelli pesano in pancia e la rendono lenta e stanca come non è mai stata.
- Dove hai lasciato Lissa e Aranta? – le chiedo, accorgendomi solo in questo momento che non dovrebbe essere sola.
- Sono con tua madre – sorride – Sai che la chiamano nonna?
- Mamma le adora!
La presenza delle principesse nel mio mondo, è un’altra concessione introdotta da Edhuar. Ha pensato che conoscere il Mondo di Fuori potesse essere di vantaggio alle figlie.
E le figlie di Edhuar non sono le uniche principesse… lo sarà anche mia figlia. Ed essere la moglie di Alexen non rende un po’ principessa anche me?
Sorrido all’assurdità della situazione.
Ora io e Vera siamo cognate. Sono cognata di Edhuar.
Forse non rivedrò più Katathaylon, ma una parte di quel mondo è rimasta appiccicata alla mia vita, mi ha inseguito nelle vesti di Alexen e ha prevalso.
Inconsapevolmente mi porto una mano alla pancia e Vera nota il mio gesto.
- È troppo presto per sapere il sesso? – mi chiede.
- È una bambina.
Lo dico subito e con una certa emozione.
Sì, in realtà è troppo presto per sapere il sesso, ma io sono certa che la mia sarà una figlia.
Nella vita ogni cosa ha un senso e nei fatti che stanno accadendo, colgo troppe coincidenze.
Che bambina potrà mai nascere da due scalmanati quali siamo io e Alexen? Una bimba che avrà per nonna la mia frizzantissima madre?
Sarà un’avventurosa e sognerà Katathaylon, perché non riesco a immaginare che Alexen non le parli del suo paese d’origine. Ma poi lei lo asfissierà con ogni domanda e lui si chiuderà in se stesso, perché preferisce questo mondo e desidererà che nostra figlia faccia altrettanto.
Ma a lei, se sarà come me, resterà nel cuore un desiderio proibito…il desiderio di una fiaba segreta.
Gli eventi corrono implacabilmente in una direzione inevitabile.
Vera fra tre mesi partorirà l’erede al trono di Katathaylon e questo significa che entro breve tempo una koralla neonata arriverà nella vecchia villa della nostra infanzia. Sarà accompagnata da una madre sperduta che avrà bisogno di un’amica su cui fare affidamento. E io sono pur sempre l’eroina che ha salvato Katathaylon, di me raccontano i libri, così come aveva profetizzato Alexen. Sarà naturale per noi conoscerci e sarà naturale per le nostre figlie diventare amiche e crescere insieme.
La storia si ripete.
Mia figlia farà le sue scelte, io non le imporrò nulla… ma le coincidenze sono tante.
Sospetto che mi assomiglierà.
Sorrido.
Ho avuto, nella mia vita, la Grande Avventura che desideravo.
Mia figlia, se vorrà, avrà la sua.
 
 
FINE
 
 21/11/2008


*****************************************-Nota dell'Autrice-**************************************************

Stavolta è veramente finita... Che dire? Lascio un pezzetto di cuore in queste pagine e prego con tutto il cuore che qualcuno possa
leggerle, capirle, apprezzarle o meno, ma comunque viverle. Confido che la storia di Allegra e Vera, di Edhuar e Alexen, non cada
nel dimenticatoio del sito, ma possa girare e far provare qualche emozione...
Ringrazio chi ha letto, chi ha commentato, chi ha capito. Ringrazio davvero tanto! Soprattutto te, Defy, e spero che questi ultimi capitoli
non ti abbiano delusa. Un grosso abbraccio.

phoenix_esmeralda      - 14 aprile 2012 -

  
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