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Autore: fredster    22/04/2012    5 recensioni
- Lasciami il tuo numero, così magari ci vediamo -
mi voltai guardandolo, poteva anche essere un cantante e l'idolo di tante ragazzine, ma non davo il mio numero a ragazzi conosciuti da poco più di cinque secondi, okay probabilmente se fosse stato Orlando Bloom
gli avrei lasciato anche l'indirizzo di casa scritto su un paio di mutande, ma bello quanto voleva, lui non era Orlando Bloom.
- Non dò il mio numero alle persone che nemmeno conosco -
affermai ridendo
- Se non me lo dai come facciamo a vederci di nuovo -
- Destino -
affermai sorridendo riprendendo le valigie e facendomi strada fra le persone che intanto avevano cominciato ad affollare l'uscita secondaria dell'aereoporto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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One Direction

I raggi del sole facevano capolino dalle sottili tende di color porpora lasciate leggermente aperte e giungevano sul letto dove accarezzavano la mia pelle scoperta per colpa delle stupide lenzuola che
durante un sonno movimentato si erano arrotolate attorno alle gambe. La sveglia aveva suonato un paio di volte e prontamente avevo allungato una mano sul comodino cercando di mettere fine a quella tortura,
ma come se la sveglia non fosse sufficiente sentii i passi pesanti di mia madre trascinarsi lungo il corridoio del piccolo appartamento all'ultimo piano di una palazzina in periferia che con tanto sudore mia madre era
riuscita a guadagnarsi.
- Samantha, sbrigati! Hai chiuso le valigie? -
odiavo doverlo ammettere, ma la sua voce era dolce e melodiosa anche alle prime ore del mattino. Odiavo la sua perfezione e più la guardavo, più mi rendevo conto di non aver ereditato nulla di lei, era alta all'incirca
un metro e ottanta, aveva un fisico da modella e lunghi capelli biondissimi che le ricadevano ondulati lungo le spalle per raggiungere la metà della sua schiena perfettamente dritta, i suoi occhi erano di colore verde
smeraldo ed il suo portamento era dolce ed aggraziato tanto quanto lo era ogni singola parte di lei. Io ero esattamente il suo opposto, raggiungo a malapena il metro e sessanta, non ho il fisico di una modella sebbene
abbia ereditato da mia madre il suo ottimo metabolismo, riesco a mangiare qualunque cosa io voglia senza ingrassare più di tanto e tenere le forme nei punti giusti, la mia pelle è "abbronzata" così come adora definirla mia
madre che al contrario di me ha una carnagione molto più chiara, i miei capelli sono perennemente lisci e castani ed i miei occhi sono di un color ancora da definire, un marrone chiaro e vivace.
Quello appena finito, era stato il mio ultimo anno scolastico, ero riuscita a superare la quinta con ben 85 punti su 100 ed ero dannatamente felice e fiera di me stessa dal momento che ero stata costretta a lavorare come
barista in uno stupido locale notturno sei notti su sette e nonostante tutto andare a scuola tutti i giorni. Sì, potevo proprio dire di essere fiera del mio lavoro e di meritarmi le vacanze che mia madre aveva preparato per me.
Infilai un paio di jeans ed una canotta che avevo appositamente lasciato sul letto e raggiunsi mia madre in cucina che sedeva al tavolo con in mano una tazza di caffè fumante, rigorosamente nero, altra cosa in comune e credo che potrei cominciare a spaventarmi e rivedere la mia posizione, un toast nel piatto senza burro e con sopra spalmata della marmellata dietetica, una di quelle schifezze che le consiglia Carlo, il suo dietologo, uomo
simpatico ma mia padre potrebbe puntare anche più in alto. Prendo posto sulla sedia di fronte alla sua senza accorgermi che come di consueto la televisione trasmetteva uno di quegli stupidi programmi di gossip che
mia madre si ostinava a guardare.
- Tesoro, non hai mangiato del vetro sai? Potresti spostarti per favore? -
scossi la testa sorridendo scalando sulla sedia accanto, quel suo accento inglese era fastidioso, era riuscito a conservarlo sebbene vivesse in Italia da praticamente una vita, o almeno da quando mi ha messa al mondo.
Versai del caffè nella tazza e ci inzuppai un paio di biscotti, ma non riuscii a finire di mangiare la colazione che mia madre, lanciata una rapida occhiata al suo orologio, saltò in piedi e corse di sopra a prendere le valigie
urlando qualcosa come - E' tardissimo, perderai l'aereo - non riuscii a capire perfettamente quello che disse perchè stava ancora finendo di masticare l'ultimo pezzo di toast che si era messa in bocca prima di correre
come una matta. Quando tornò al piano di sotto lanciai uno sguardo in giro per assicurarmi di aver preso tutto e feci un riepilogo mentale di tutte le cose che avrei dovuto portare con me adattatore, telefono, caricatore, i-pod, soldi, passaporto e carta d'identità, eeh . . . cavolo non mi veniva in mente nient'altro
- Tesoro tranquilla, se hai dimenticato qualcosa ce l'avranno sicuramente zia Jen e tua cugina Amanda. Ora muoviamoci che altrimenti perdi l'aereo. -
sbuffai aprendo lo sportello dell'auto ed infilandomi in macchina stringendo le gambe contro il petto, sapevo che mia madre non era contenta quando mi sedevo in macchina in quel modo ma non mi avrebbe detto
granchè in quel momento, era talmente agitata dal pensiero che potessi perdere l'aereo che dovetti ringraziare il cielo se riuscì a non causare nessun incidente lungo la strada.
Quando arrivammo all'aeroporto imbarcai le due valigie tenendo con me una più piccola da portare a bordo dell'aereo, era così maledettamente scomodo viaggiare in aereo, tutte quelle regole sui bagagli mi davano
la nausea. Ci salutammo ben cinque volte, e ad ogni abbraccio mia madre piangeva sforzandosi di sorridere. Aveva fatto lo stesso quando l'estate prima ero partita con i miei amici ed eravamo andati ad Ibiza, la
classica vacanza estiva all'insegna del divertimento, solo che ringraziando sempre il cielo, quella volta pianse a casa davanti a me ed Alex, la mia migliore amica. Quest'anno era riuscita a convincere i suoi genitori
a farle fare un anno intero in America presso una famiglia e stranamente i suoi avevano acconsentito, così le vacanze insieme avevamo semplicemente deciso di rimandarle all'estate successiva.
Quando chiamarono il mio volo mi diressi verso il gate ma fui letteralmente travolta da una folla di ragazzine impazzite con in mano sciarpe, sebbene fosse il 20 Giugno, magliette a cartelloni probabilmente di un
gruppo musicale del momento. Sbuffai rialzandomi sotto l'occhio divertito di un paio di ragazzi ai quali risposi con uno sguardo scocciato e capirono immediatamente che avrebbero fatto meglio a girarsi e parlare
tra di loro che dare delle seccature alla sottoscritta. Raggiunsi il gate e sbuffai nuovamente, non avevo mai pensato di poter trovare così tante persone pronte a salire su quel maledetto aereo, ma avevo dimenticato
che mia madre, perfetta com'era aveva deciso di fare le cose in grande segnandomi sulla corsia preferenziale, quella che ti permette di saltare l'incombenza di fare la fila e raggiungere l'aereo prima degli altri. Così
mi stampai un sorriso sulla faccia e raggiunsi una hostess alla quale mostrai il biglietto e mi lasciò passare indicandomi una via luminosa da seguire. Una volta a bordo inspirai profondamente, l'aereo era enorme e
per più di una volta mi venne in mente il film Final Destination, dove l'intera classe, o quasi, muore su quell'aereo mentre gli altri fanno comunque una brutta fine. Deglutii, non sarebbe stato certo il mio caso. Incrociai
lo sguardo di una hostess che raggiungeva la sua postazione alquanto infuriata, le sorrisi e ricambiò, attraversai la prima classe e capii il motivo della sua rabbia, un gruppo di cinque ragazzi stava cantando una stupida
canzone, sebbene fossero tutti e cinque dannatamente intonati, li superai sentendoli dire qualcosa in inglese, ma poco mi importava tanto non li avrei capiti in ogni caso. Raggiunsi in fretta il mio posto, accanto al finestrino e pensai a mia madre e a sua sorella, probabilmente quello di essere single con una figlia era un vizio di famiglia, anche se in realtà mia zia Jen aveva divorziato da suo marito, io mio padre nemmeno lo avevo
conosciuto, ecco perchè mi ritrovo ad avere non solo un nome strano per essere italiana, ma anche un cognome. Una bambina prese posto accanto a me, aveva poco più di dieci anni e già viaggiava da sola, le sorrisi
pensando se salutarla o meno e cercare di instaurare una conversazione, ma qualcosa mi disse che era inglese e questo mi fece pensare che io in inglese sapevo solamente dire come mi chiamavo, buongiorno e
buonanotte. Quando le hostess richiusero i portelloni dell'aereo, il pilota ci informò che la partenza era imminente, capii di dover allacciare la cintura quando vidi il disegno illuminarsi e l'aereo cominciare a prendere
velocità. Chiusi gli occhi inspirando, sentii delle fragorose risate e vidi l'hostess di prima camminare lungo il corridoio a passo svelto con la stessa faccia arrabiata di poco prima e capii che si doveva trattare dei soliti
cinque ragazzi e per un attimo risi divertita. Credo che la mia espressione fosse realmente terrorizzata perchè la bambina sorridendo mi prese la mano e la strinse cercando di darmi conforto e di non farmi pensare al
peggio, la guardai sorridendole e superato il decollo lasciai la sua mano, che forse avevo stretto un pò troppo forte, a giudicare dal colore rosso e dalla faccia stranamente divertita della bambina.
Il viaggio, al contrario di quello che avevo pensato, procedette bene, riuscii persino ad addormentarmi per venti minuti dopo i quali mi alzai per raggiungere il bagno. Entrai nuovamente nella parte dedicata alla prima
classe e mi feci largo nel corridoio ma proprio quando raggiunsi la penultima fila di poltrona, fui travolta da un ragazzo, decisamente alto per i miei gusti e dai capelli castani e gli occhi azzurri, che mi gettò sulla fila
parallela di sedili schiacciandomi completamente. Lo fissai per qualche secondo e notai un sorrisetto divertito sulla sua faccia, tanto che la mia espressione divenne uguale a quella della hostess, il ragazzo si alzò
aggiustandosi la camicia e mi tese una mano che afferrai e mi aiutò ad alzarmi. Inarcai una sopracciglio aspettandomi delle scuse che tardarono ad arrivare, i suoi amici mi guardavano divertiti ma solo uno prese la
parola e si scusò per l'amico
- Scusaci, stavamo giocando e non ti abbiamo visto -
a parlare era stato un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri, mossi la testa e cercai nella mia mente delle parole in inglese che potessero dire semplicemente non fa niente, sono ancora viva. Un pò ammaccata, ma viva. decisi che quella frase era troppo elaborata così abbozzai un sorriso e mi limitai a dire un semplice
- Tutto okay. Grazie -
il ragazzo che poco prima mi aveva travolta mi squadrò da capo a piedi e poi prese la parola quasi vittorioso
- Non sei inglese vero? -
Einstein gli faceva un baffo, ottima deduzione, d'altronde che cosa gli aveva fatto esattamente capire che non fossi inglese, il mio terribile accento oppure la mia carenza nel vocabolario di lingua inglese?
- No e non lo parlo granchè -
affermai con un lieve sorriso
- Peccato . . . -
sentii una voce di sottofondo provenire da un altro dei cinque ragazzi, aveva i capelli ricci ed una maglietta colorata, mi guardava con un sorriso gentile al quale risposi per poi alzare le spalle e salutare i ragazzi
raggiungendo finalmente il bagno. Quando ripercorsi la stessa strada, i ragazzi si limitarono a guardarmi e raggiunto il mio posto la bambina seduta accanto a me mi accolse con un sorriso
- One Direction -
disse sorridente, come se qualcuno le avesse appena regalato una di quelle meravigliose barbie con i vestiti da sera più belli che io abbia mai visto
- Che cosa piccola? -
chiesi senza aver capito che cosa avesse voluto esattamente dire
- I ragazzi con qui hai appena parlato. Loro sono gli One Direction -
disse indicando i cinque che guardavano dalla nostra parte, mi sporsi dal sedile e quando incrociai lo sguardo del ragazzo dai capelli ricci, mi resi conto che aveva due occhi verdi meravigliosi e subito mi nascosi
scivolando nel mio sedile imbarazzata.
- Oh sì. Sono simpatici -
risposi sorridendo, in realtà non li avevo mai visti nè sentiti prima d'ora ma la bambina sembrava essere una loro fan o almeno sembrava conoscerli e volevo cercare di fare una bella figura.
Dopo un'ora e qualche minuto atterrammo all'aereoporto di Holmes Chapel, mi avvicinai al rullo dove di lì a poco sarebbero cominciate ad arrivare le mie valigie e quando le individuai le trascinai per terra e mi
diressi verso l'uscita dove una guardia mi bloccò indicandomi un'uscita laterale
- Mi scusi ma l'aeroporto è troppo affollato e non possiamo aprire queste porte -
rispose con un marcato accento inglese, annuii sorridendo e mi diressi verso l'uscita che era stata indicata. Ero la prima ad uscire, la prima dopo il gruppo di ragazzi sull'aereo, li superai alzando il
cappuccio della felpa, dannato tempo inglese, mi ero dimenticata che la Rossi, la professoressa di inglese, aveva passato cinque anni a spiegarci come il tempo in Inghilterra, facesse schifo 360 giorni su 365.
- Ehi! Qual'e' il tuo nome? -
sentii gridare uno dei ragazzi che in poco meno di due secondi mi aveva raggiunta, lo guardai divertita porgendogli la mano
- Samantha. Piacere -
- Io sono Louis, piacere mio -
disse stringendo la mano sorridente poi terminò le presentazioni
- Quello al cellulare è Liam, gli piace una ragazza e cerca consigli online su come conquistarla -
lo sguardo di Liam fulminò Louis
- Tante grazie Lou -
dissi sottovoce, ma entrambi risero dopo qualche secondo
- Il biondo è Niall, quello al suo fianco è Zayn e il figone la in fondo è Harry -
Sorrisi a tutti i ragazzi che mi aveva presentato fino a raggiungere il ragazzo riccio dagli occhi verdi, Harry aveva detto che si chiamava. Da parte sua il ragazzo ci raggiunse con un passo deciso, sicuro di sè e mi porse
la mano che strinsi sorridendo
- Piacere di conoscerti Sammi -
disse piegando le labbra in un sorriso lasciando comparire due fossette sulle guance. Sammi?! ma che razza di soprannome è, un cane lo chiamo Sammi, la tartaruga di Alex si chiamava Sammi, nome datole in mio onore, ma Sammi faceva decisamente schifo.
- Sam mi piace di più -
- Allora ti chiamerò Sam -
affermò ridendo, lo guardai divertita e gli indicai la mano che stava ancora stringendo
- Se mi lasci la mano io magari andrei. Mi stanno aspettando -
dissi divertita, il ragazzo indugiò qualche istante e poi lasciò andare la mia mano ma prima che potessi riprendere la strada mi parlò nuovamente
- Lasciami il tuo numero, così magari ci vediamo -
mi voltai guardandolo, poteva anche essere un cantante e l'idolo di tante ragazzine, ma non davo il mio numero a ragazzi conosciuti da poco più di cinque secondi, okay probabilmente se fosse stato Orlando Bloom
gli avrei lasciato anche l'indirizzo di casa scritto su un paio di mutande, ma bello quanto voleva, lui non era Orlando Bloom.
- Non dò il mio numero alle persone che nemmeno conosco -
affermai ridendo
- Se non me lo dai come facciamo a vederci di nuovo -
- Destino -
affermai sorridendo riprendendo le valigie e facendomi strada fra le persone che intanto avevano cominciato ad affollare l'uscita secondaria dell'aereoporto. Con un'abile mossa riuscii a superare le persone ed uscii
nel grande parcheggio dell'aereoporto, vidi l'alta figura di zia Jen fare capolino dal marciapiede poco distante, era identica a mia madre. La raggiunsi sorridendole e la abbracciai, infilammo le valigie in macchina e
mi diressi verso il sedile anteriore aprendo lo sportello ma mi accorsi che qualcosa non quadrava
- Guidi tu? -
disse scherzosamente, scoppiai in una risata divertita. L'altra cosa che la Rossi aveva ripetuto un centinaio di volte era che in Inghilterra la guida era dal lato opposto. Ridendo feci il giro della macchina e misi seduta
sul sedile anteriore giusto. Osservai la strada curiosa, sebbene ormai sapessi della guida dalla parte opposta, mi spaventai per due volte quando la zia camminava lungo la carreggiata che sostenevo dovesse essere
per le macchine provenienti dal senso opposto.
- Credo che se abitassi qui non riuscirei mai a prendere la patente -
dissi ridendo suscitando anche le risate di mia zia. Mi resi conto solo in quel momento che Amanda non era venuta così mi sforzai di fare la brava cugina e chiedere informazioni su di lei
- Come mai Amanda non è venuta? -
domandai con non troppa curiosità, ma mia zia non sembrò farci molto caso
- E' alle prove. Si è iscritta ad un corso di teatro proprio l'altro giorno e . . . non arrabiarti ma sapendo quanto ti piace recitare Amy ha deciso di iscrivere anche te -
per un attimo trattenni il respiro, non sapendo se dare più importanza al fatto che ora la chiamasse Amy, oppure al fatto che mi avesse iscritta ad un corso di teatro
- Se può esserti d'aiuto, è il migliore di tutta Holmes Chapel -
affermò soddisfatta di quell'informazione che mi aveva appena dato.
Io amavo recitare, avevo interpretato diversi ruoli principali nella mia vecchia scuola tra cui Wendy nella recita di Peter Pan il primo anno, Gabriella di High school musical il secondo e altre parti ma questo non gli
dava il diritto di prendere una decisione al posto mio e questo mi faceva irritare. Sospirai abbozzando un sorriso, non avrei cominciato le mie vacanze litigando con la zia così annui con poca convinzione, ma anche
questa volta la zia non si accorse di niente se non del fatto che avevo passivamente accettato di prendere parte a quel progetto di teatro.
Il viaggio durò pochi minuti e non appena imboccato il lungo viale, riuscii a riconoscere la casa della zia, era una casa di modeste dimensioni, uguale a quelle che si stagliavano ai suoi lati se non per un unico dettaglio,
la sua porta era dipinta di un irritante color giallo canarino e questo particolare la rendeva visibile a chilometri di distanza. Era stata Amanda a dipingerla di quel colore quando era ancora piccola, e io la detestavo
perchè la mamma non mi aveva mai permesso di fare una cosa simile, non potevo nemmeno appendere un poster nella mia camera che suscitavo la sua ira.
Trascinai le valigie lungo i minuscoli scalini e raggiunsi la mia stanza al piano di sopra, il lato positivo era che almeno non avrei dovuto condividerla con quel mostro di mia cugina e non avrei dovuto assistere alle
sue scene disgustanti. Mi lasciai cadere sul letto e guardai lo schermo del cellulare che segnava le 17.30, non pensavo che fosse già così tardi. Composi il numero di mia madre ma il telefono squillava senza ricevere
alcuna risposta. Probabilmente aveva già deciso di spassarsela con uno dei suoi tanti amici, e chi la biasimava. Aveva solo 36 anni ed un corpo da favola, chi poteva biasimarla. Aveva passato tutta la sua adolescenza
ed i suoi anni migliore a prendersi cura di sua figlia da sola e adesso si stava prendendo la sua piccola rivincita.
- Saaaammmi! Alle 18.00 è pronta la cena -
sgranai gli occhi, un'altra persona che osava chiamarmi in quel barbaro modo. Ma in quel momento riuscii solamente a pensare che la cena sarebbe stata pronta alle 18.00, mi stava prendendo in giro?! Non sarei
riuscita a buttar giù nemmeno un pezzo di pane a quell'ora, io che ero abituata a mangiare alle 21.00.
Chiusi gli occhi inspirando a fondo, ripensando a quei ragazzi incontrati in aereoporto e non potei fare a meno di sorridere divertita all'idea che centinaia di ragazze si erano fermate per chissà quanto tempo fra le
mura dell'aereoporto solamente per vederli, magari anche da lontano, mentre io che non li avevo mai visti nè sentiti nella mia vita, li avevo conosciuti, tutti e cinque. I miei pensieri furono interrotti dall'arrivo di Amanda
che aprì bruscamente la porta della mia stanza raggiungendo il letto con un sorriso, aveva sempre pensato di starmi simpatica, questo probabilmente perchè la mamma mi aveva sempre corrotta con montagne di
caramelle per trattarla bene ed illuderla così di essere la mia cugina preferita, e d'altronde se pensiamo al fatto che è anche l'unica cugina che ho, potrei concederle il privilegio di essere quella preferita.
La squadrai per qualche istante, dell'Amanda che ricordavo io non era rimasto più niente, certo aveva mantenuto la stessa altezza, carta che però non era nemmeno a mio favore, quindi avrei sorvolato, aveva perso
dieci chili e messo su un fisico perfetto, o quasi, ma era comunque sulla retta via, aveva tinto i capelli facendoli diventare biondi e stranamente non stonavano con i suoi occhi scuri.
- Che ne hai fatto di mia cugina? -
domandai osservandola, da parte sua si scatenò una risata e quasi mi irritai quando dovetti riconoscere che anche il suono della sua voce era diventato quasi piacevole. Ma che ne avevano fatto seriamente di
Amanda? L'avevano abbandonata e sostituita con questa ragazza che mi trovavo di fronte?
- Sono sempre io, cambiata, ma sono sempre io -
disse divertita, e mi sfuggì un sorriso del quale mi pentii pochi secondi dopo quando fattasi forza mi venne ad abbracciare stendendosi accanto a me. Feci un rapido calcolo, io e lei ci passavamo esattamente 3 anni perciò se io dovevo farne diciannove in Agosto, lei dovrebbe averne all'incirca sedici.
- Stasera potremmo uscire, un mio amico dà una festa a casa sua. Suo fratello più grande è tornato a casa oggi con degli amici e vuole festeggiare e sua madre è fuori città -
incrociai lo sguardo di Amanda che voleva esattamente dire che a quella festa si sarebbe divertita da morire, chiunque lo avrebbe fatto, insomma una festa genitori è una signora festa. Ma dovevo anche tenere
presente che sarebbe stata una festa di ragazzi più piccoli di me di tre anni.
- Oh andiamo. Che ne è stato del tuo spirito di festa? Dov'è finita la Sam che non appena sentiva la parola party si precipitava alla porta di casa con una bottiglia di birra in mano? -
Chiese invocando i bei vecchi tempi
- E' rimasta in Italia. Stasera non me la sento, sono un pò stanca. Facciamo un'altra sera okay? -
- Okay -
sbuffò sconsolata, ma riprese quasi subito la parola
- Vuoi che resti a farti compagnia? -
mi chiese anche se capii dal tono della sua domanda che sperava che la mia risposta fosse negativa affinchè potesse andare alla festa
- No tranquilla, credo che mi addormenterò presto stasera. -
dissi sorridendole.
Dopo cena Amanda andò alla festa a casa del suo amico che scoprii abitava infondo alla strada, zia Jen si mise sul divano a guardare un vecchio film inglese di quelli ancora in bianco e nero e io mi ritirai nella mia
camera al piano di sopra. Presi il telefono e notai che erano arrivati un paio di messaggi, in uno la mamma mi informava che stava bene e mi chiedeva se fossi arrivata. Certo mamma, tanto anche se mi fossi persa a quest'ora potresti seriamente aiutarmi. pensai ridendo. Il secondo messaggio era di Alex, avevamo promesso di inviarci un messaggio al giorno sebbene ci trovassimo in due paesi differenti perciò il suo
messaggio diceva semplicemente che stava bene e che le mancavo. Scrissi rapidamente che stavo bene anche io e che anche lei mi mancava e lascia il telefono sulla moquette impostando la sveglia per il mattino
seguente. La zia aveva parlato con una sua amica che mi aveva gentilmente offerto un posto di lavoro per i tre mesi estivi e avrei cominciato l'indomani con il turno di mattina. Fare la cameriera in un bar non era mai
rientrato esattamente nei programmi estivi ma d'altronde l'idea di lavorare non mi aveva mai spaventata e non potevo trascorrere tre mesi interi a spese di mia zia perciò avrei dovuto darmi da fare.




  
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