Sopravvivendo
a Weasley!
[o a Pansy, dipende dai punti di
vista]
Essere
in ritardo il primo giorno di lavoro era un classico. E Pansy era in un
ritardo
fottuto a causa della tristezza che la assaliva nei momenti sbagliati e
dei
vestiti che non sapeva scegliere.
La
sua relazione con Draco era finita da un anno o poco più e
lui si era consolato
abbastanza presto con Astoria Greengras: girava voce che i due si
sarebbero sposati
entro la fine dell’anno.
Durante
il tempo passato al suo fianco, aveva davvero creduto che lui fosse
quello
giusto, che ne fosse valsa la pena sopportare tutto
per un futuro con lui. Ma alla fine ogni cosa era finita, si
era sfilacciato come un maglione ormai vecchio e passato di moda i cui
fili pendevano
in disordine, non riuscendo a rimanere intrecciati.
Qualche
volta –come quella mattina- si sentiva incompleta, sbagliata
e aveva nostalgia
di qualcuno che si prendesse cura di lei e che la riempisse di
attenzioni, ma questo qualcuno proprio non voleva saperne di
arrivare.
O forse, era lei a non vederlo.
-Era ora, Pansy!-
esclamò George una volta che
la ragazza fu entrata nel negozio sbattendo la porta. –Sei in
rit..-
-Lo
so!- esclamò lei, togliendosi il giubbotto. –Non
succederà più!-
-Lo
spero o prenderò provvedimenti- commentò George.
–Tieni- disse tirandole
qualcosa di indefinito, che assomigliava tanto al brutto gatto della
Granger.
Pansy
prese al volo “la cosa”,
disgustata.
–Cos’è?-
-La
tua divisa. Sbrigati a indossarla: fra dieci minuti apriamo-
-Questa
tu la chiami divisa? Starai scherzando, spero! E’ orribile e
per di più è
arancione!-
-Che
cos’hai contro l’arancione?-
-E’
l’unico colore che non mi dona, affatto-
George
alzò gli occhi al cielo –Devi lavorare, mica fare
una sfilata!-
Pansy
lo ignorò, continuando a parlare –Posso cambiarle
colore? Mi piacerebbe farla
diventare nera…il nero è un colore bellissimo!
Dona a tutti gli incarnati…
soprattutto al mio-.
-No
che non puoi! L’ha fatta mia madre, ci tengo-
-Fa
schifo, così come il maglione che indossi-
-Anche
questa è opera di mia mamma-
-Dovrebbe
cambiare hobby, la signora-
-Vai
a indossarla- disse George, deciso.
-Perché
non la metti anche tu?-
-Scherzi?
Prima di tutto io qui dentro sono il capo; secondo, quella divisa fa
davvero
schifo-
Pansy
sospirò rassegnata: aveva perso. E dire che, quella mattina,
per decidere cosa
indossare ci aveva impiegato un’eternità.
La
giornata che trascorse fu piatta e banale.
Il
negozio di Weasley, anche se le doleva ammetterlo, era davvero
fantastico. Se
non si fosse chiamata Pansy Parkinson –ah,
l’importanza di un cognome- avrebbe
comprato subito una di quelle Puffole Pigmee che squittivano nella
grande
gabbia in un angolo. La sua preferita era senza dubbio la
più piccola
dell’allevamento, una palla viola e pelosa che pur essendo
minuscola riusciva a
emettere strilli acutissimi –proprio quello che serviva a
casa sua, lì il
silenzio regnava sovrano.
Stava
dando una pulita al negozio a colpi di bacchetta, prima della chiusura
–finalmente si era potuta togliere quella cosa che Weasley si
ostinava a
chiamare divisa- quando George, che durante la giornata non aveva fatto
altro
che lanciarle occhiate, la invitò a cenare con lui.
–Per
farmi perdonare- aggiunse.
Si
era “dimenticato” di dirle che il negozio faceva
orario continuato e di
conseguenza lei non aveva potuto pranzare.
-No,
grazie- rispose Pansy, fintamente educata.
-Mi
cambio il maglione, giuro- promise George.
-Rinnova
il guardaroba prima, poi ne riparleremo-
-Non
mi arrendo così facilmente; ti inviterò ogni sera-
-Riceverai
sempre un rifiuto-. Pansy appellò la borsa e il giubbotto.
–Ho finito, adesso
se non ti dispiace, me ne torno a casa mia. Non ti sopporto
più- disse.
-A
domani! E mi raccomando, questa volta puntuale-.
Se
appena ventiquattro ore prima credeva che il lavoro da Weasley fosse
“facile” e
le giornate fossero “piatte” e
“banali”, adesso aveva senz’altro
cambiato idea.
Il
secondo giorno fu terribile. Un schifo nel vero senso della parola.
Pansy
non riusciva a credere ai suoi occhi: non avrebbe mai pensato che nel
locale
potesse entrare tanta gente, le pareti sembravano quasi esplodere.
Quel
giorno George –naturalmente lei non era a conoscenza di
niente- doveva presentare
una serie di nuovi prodotti.; ogni volta che una cavia assaggiava
un’innocente
caramella gommosa rossa, la febbre si alzava, il viso si riempiva di
puntini
rossi e un gran conato di vomito investiva il malcapitato.
Il
suo compito? Correre da una parte all’altra del negozio a
distribuire secchi,
fazzoletti e un’altra caramella, questa volta celeste, che
faceva passare
tutto. Più volte schizzi di vomito le avevano sporcato la
divisa arancione, e
tra le mille maledizioni sussurrate contro quei deficienti,
ringraziò
mentalmente Weasley che l’aveva costretta a cambiarsi: se a
sporcarsi fossero
stati i suoi abiti…beh, non avrebbe risposto delle sue
azioni.
A
fine giornata il suo desiderio più grande era tornare a casa
e immergersi nella
vasca piena d’acqua bollente, ma, ovviamente, Weasley non era
della sua stessa
idea.
-Ti
va di cenare insieme?- domandò
George, sorridendole.
-Scommetto
che conosci già la risposta, Weasley-
-Sì?-
-No!-
-Prima
o poi mi dirai acceterai-
-Non
trattenere il respiro nel frattempo-.
Il
terzo giorno trascorso in quel negozio infernale fu peggiore. Da tutti
i punti
di vista.
George
faceva di tutto per non facilitarle
il lavoro; sembrava quasi che sfidasse il suo autocontrollo,
già molto
precario. Sempre sorridendo –quel ragazzo la metteva a
disagio, possibile che
sorridesse sempre? Cosa c’era poi di tanto divertente!-
George le annunciò che
aveva una sorpresa per lei.
-Non
voglio regali, Wea...Signor Weasley- si corresse; una strana smorfia
comparve
sul suo viso.
-Prima
di tutto non è un regalo, voglio soltanto farti conoscere
una persona. Secondo,
ma lo sai che sei molto più carina senza
quell’aria altezzosa?-
-E
tu saresti molto più carino se soltanto ti tagliassi i
capelli…come in quella
foto!- esclamò, acida, lanciando un’occhiata
dietro al bancone.
Pansy
indicò l’unica fotografia presente in tutto il
negozio: in una semplice cornice
d’argento, un ragazzo identico a George –perfino le
lentiggini erano negli
stessi punti- ammiccava e salutava con la mano destra la ragazza.
-Lui
è Fred…-
“I
Weasley hanno
perso un figlio…uno dei gemelli”
La
voce di Theodore Nott le rimbombò nella mente
:
era stato lui a farglielo sapere insieme agli altri nomi qualche anno
fa.
Come
aveva fatto a non ricordarlo prima?
-Scusa…-biascicò
Pansy, in difficoltà
–Non…mi spiace-
Le
dispiaceva davvero. Era riuscita a togliergli dalla faccia quel sorriso
soddisfatto e strafottente, ma non provava nessun sadico piacere come a
Hogwarts; soltanto un’improvvisa tristezza.
-Anche
io ho perso delle persone a me care…- non
sapeva cos’altro aggiungere, aveva perso le
parole e non le venne in
mente niente di più intelligente da dire.
George
ignorò quelle parole e, in tutta risposta, alzò
alcune ciocche di capelli che
gli ricadevano lisci sul lato destro.
-Ti
manca un or…-
-E
per questo che porto i capelli così lunghi- le
spiegò, interrompendola.
-Scusami, io non volevo…
davvero-
Merlino,
era la seconda volta che si scusava con George. Che cosa le stava
succedendo?
-Di
nuovo ‘scusa’,
Pansy? Non è da te-
Ecco,
perfino Weasley l’aveva notato.
-Può
sembrare strano, ma ho un cuore anche io-
-Davvero?-.
George le si avvicinò. –Non l’avrei mai
detto-
La
ragazza abbassò lo sguardo, in difficoltà.
–Posso
presentarti il mio amico, allora?-
Pansy
sbuffò, e sentendosi colpevole si arrese.
–Mmm…Va bene-
-E’
qui, al bar di fronte. Sai, è finlandese.
Hai detto di parlarlo, no? Sarà un piacere sentirvi
chiacchierare insieme-. E
in un attimo George fu fuori dl negozio.
Era
fregata! Lei del finlandese sapeva dire soltanto
“buongiorno” e non era neanche
sicura di come si pronunciasse, l’aveva sentita molto tempo
fa da un suo lontano parente.
Un
uomo basso e ingobbito, dai capelli radi e con un pesante giubbotto
verde
bottiglia entrò preceduto da George; l’individuo
si cacciò una vecchia pipa incrostata in tasca e
salutò Pansy con un gesto
della mano.
-Pansy,
lui è Dugus Pitka-
La
ragazza mormorò qualcosa di incomprensibile, mentre lo straniero le porgeva la mano destra.
Pansy
la strinse e sorrise tesa.
Dannati
sensi di colpa! Stava facendo tutto questo per Weasley: le era
dispiaciuto
davvero tirare fuori la storia di Fred.
Senza
farsi notare strofinò la mano sulla divisa. La mano dello
straniero era
sudaticcia: che schifo!
George
la guardò e ridacchio leggermente.
-Se on ilo
tutustua,neiti, Pansy- disse
l’uomo.
-Hyvää huomenta -
pronunciò cautamente
lei.
Dugus
continuò a parlare ponendole qualche domanda –o
almeno le parve così-, alle
quali non rispose. Le sue guance cominciarono ad arrossarsi per
l’imbarazzo e
non aveva il coraggio di incrociare lo sguardo di Weasley.
-Ok,
ok. Mundugus, credo che possiamo finirla qui- disse George mentre
scoppiava in
una fragorosa risata, trattenuta a stento fino a quel momento.
–Questi sono
tuoi- prese una manciata di galeoni dalla tasca e glieli
ficcò in mano.
Pansy
guardò il ragazzo, confusa. –Che diavolo sta
succedendo?-
George
salutò Mundugus, prima di risponderle. -Lo sapevo!-
esclamò.
-Spiegati-
disse, glaciale.
-Tu
il finlandese non lo conosci- dichiarò, il sorriso di nuovo
sul viso.
-Tu…tu
mi hai preso in giro?-
-Era
soltanto uno scherzo innocente per…-
-Per
ridere alle mie spalle!- completò lei.
-No,
l’ho fatto solo per smascherare una Serpe imbrogliona-
-Merlino,
sei così irritante!- esclamò Pansy, cominciando a
riordinare il negozio- E insopportabile.
E fastidioso-
-Siamo
uguali-
-Uguali?
Io e te?-
-Certo!
Anche tu, come me, sei irritante, insopportabile e fastidiosa, ma nel
frattempo
siamo anche affascinanti, furbi, intelligenti…-.
-Mi
stai facendo dei complimenti, Weasley?-
-Così
sembra-
-Ok,
sputa il rospo. Cosa ti serve?-
-Serve?-
ripeté George, senza capire –Niente,
perché?-
Lei
alzò le spalle. –Non vuoi un favore? O qualunque
altra cosa?-
-Potrà
sembrarti strano, ma ci sono persone che non sono fredde calcolatrici
come te.
Ed è molto triste che tu non possa ricevere dei complimenti,
senza pensare che
ci sia un secondo fine, sai?-
-Sarà-
borbottò, lasciando cadere il discorso per servire un
cliente appena entrato,
ma continuando a pensare alle sue parole.
George,
confuso, alzò lo sguardo da alcuni documenti.
–Candy? E chi sarebbe?-
Pansy
mise le mani sui fianchi, leggermente imbarazzata. -La Puffola Pigmea
viola. Se
l’hai venduta, io…- lasciò la frase in
sospeso non sapendo bene cosa dire.
-
Che razza di nome è Candy? Nella vostra famiglia avete una
dote speciale nel
dare nome orrendi alle cose. Hai per caso un gufo che si chiama Rupert?
O
magari…-
Pansy
lo interruppe minacciosa –Finiscila, Weasley-
-E’ qui,
comunque. Devo regalarla a una persona
troppo orgogliosa che non avrebbe mai avuto il coraggio di comprarla.-
le
disse, indicando un piccolo pacchetto.
-Come
mai hai amici così idioti, Weasley? Sono l’unica
che conosci con del cervello?-
chiese, acida
-Non
direi, altrimenti avresti già capito che la persona a cui
voglio regalare la
Puffola Pigmea sei tu: una ragazza troppo orgogliosa che non
ammetterebbe mai
che il mio negozio le piace. Spero soltanto che quando ti renderai
conto che ti
piaccio anche io, prenderai coraggio e me lo dirai prima della pensione-
-Tu
piacermi? Non sei assolutamente il mio tipo-
-Perché?
Preferisci i ragazzi biondi, spocchiosi e figli di papà?-
Pansy
chiuse gli occhi per un istante e prese un profondo respiro.
–Stai parlando
di…di Draco?-
Lui
annuì. –Pansy Parkinson, ex fidanzata di Malfoy,
ex Serpeverde, eccetera,
eccetera. Mi ci è voluto del tempo, ma alla fine ti ho
riconosciuta. In fin dei
conti, non ci siamo mai calcolati troppo ad Hogwarts-
-Avrei
voluto continuare a farlo…-
-Ma
il destino ci ha fatto incontrare-
-Destino?
Io la chiamerei sfiga.
-E adesso tu lavori
per me e sei costretta a
vedermi ogni giorno- continuò George, come se lei non avesse
parlato.
-Anche
tu sei costretto a vedermi ogni giorno-
-Sì,
ma a me piace vederti ogni giorno! Certo, non me lo sarei mai
immaginato, ma è
così-
Pansy
gli scoccò un’occhiata, incredula
–Weasley, ma di cosa stai parlando? Noi non
ci sopportiamo, è un dato di fatto-
-Beh,
hai fatto tutto da sola, io non ho mai detto niente. Sulla base di cosa
pensi questo?
Soltanto perché eravamo in due Case nemiche a scuola?
Andiamo, Pansy, ti
credevo più intelligente!-
-Io
sono intelligente!- esclamò, cercando di fermare quel fiume
di parole che la
confondevano e basta. Come se già non lo fosse da sola.
Ci
siamo mai frequentati? Abbiamo mai chiacchierato per più di
mezzora, senza che tu
te ne uscissi con qualche battutina velenosa? No e ancora no. In
conclusione…-
-Ah,
perché queste cavolate hanno anche una conclusione?-
George
inarcò un sopracciglio, come a dire “vedi che
avevo ragione?”.
-Oh,
cielo, ascolta Weasley…-
-George-
la corresse lui.
-Ok,
sei proprio fuori di testa- fece lei. –Io qui ho finito, me
ne torno a casa, prima
che diventi scema come te-
-Ehi,
stai dimenticando Cansy-
-Candy,
Weasley, Candy!- esclamò, prendendo la Puffola fra le mani.
Sapeva che se ne
sarebbe pentita e che quell’attimo di debolezza lui glielo
avrebbe rinfacciato
per molto tempo, soprattutto dopo quel discorso, ma sentiva di doverlo
dire. –Comunque…
ehm, grazie, George-.
George
non fece in tempo a risponderle, che lei si era già
smaterializzata.
Ragazze :D
ecco qua il secondo e penultimo capitolo, spero che
vi possa piacere e di non aver rovinato nessuno dei due personaggi: sto
cercando di fare il massimo per non farlo e sto anche modificando
qualche pezzo
qua e là della vecchia storia.
Quelle due frasette in corsivo le ho tradotte in "finlandese" con il
traduttore di Google, perciò non so quanto possano essere
esatte xD
Un GRAZIE enorme alle ragazze che hanno recensito lo scorso
capitolo, mi fa tantissimo piacere sapere cosa ne pensiate :) Ringrazio
ovviamente anche chi l’ha inserita nelle preferite, seguite o
ricordate.
Ditemi il vostro parere xD
Greta.