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Autore: Hikari93    26/04/2012    6 recensioni
TITOLO MODIFICATO!!! (Ex "Una strana coppia")
(ATTENZIONE: (NON) solo il primo capitolo è un po' "dark/angst")
Sentii solo una risatina, che non mi piacque. «Facciamo un patto.»
Alzai il capo, esterrefatto. «Un patto?» ripetei.
«Esattamente: hai sei mesi di tempo. Se riesci a diventare la mia» ironizzò, come se mi stesse prendendo in giro, e non desse peso alle mie parole «”persona che mi fa stare bene”, avrai i tuoi genitori indietro.»
I miei genitori? Allora erano vivi! «Altrimenti?» chiesi.
«Altrimenti sarai mio per l’eternità.»
D’impulso sgranai gli occhi, poi mi rilassai, accennando a un sorrisetto. «Come vuoi, signor…?»
«Sasuke… Uchiha.»
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 14: Un tuffo nel passato… di nuovo! [Seconda Parte]
 






 

 

   Almeno mi avevano slegato i polsi.
Sembrava che fossero passati giorni da quando mi aveva rinchiuso in quella galera. Mi chiesi se, in realtà, nella mia epoca il tempo stesse continuando a scorrere allo stesso ritmo o si fosse fermato. Egoisticamente e con fare alquanto sciocco, pensai, ironizzando, che, se così fosse stato, ero stato capace di fermare un mondo, un’era.
Mi bastò respirare l’aria polverosa del posto per farmi tornare coi piedi per terra e consapevole della mia disastrata situazione. Seriamente, cominciavo ad avere paura, a preoccuparmi veramente: chissà, e se mai Sasuke avesse deciso di lasciarmi marcire lì dentro? Certamente, volevo escludere l’ipotesi, ma, ormai lo sapevo, con quello non si sapeva mai. Di certo, però, non avevo mai desiderato di vederlo come in quel momento.
Sospirando, mi accucciai ancor più nell’angolino in cui mi ero sistemato, e mi strinsi le ginocchia al petto: a qualunque gioco Sasuke stesse giocando, io ne ero alta,mente stufo, e volevo che finisse subito. Al momento.
Pensai subito ai miei amici e alla gente del mio paese: Sasuke aveva avuto seri problemi col suo passato, e questi si ripercuotevano giorno per giorno sul suo caratteraccio sempre più instabile e lunatico, per cui non potevo sapere cosa stesse combinando. Era versatile, cambiava a seconda delle situazioni, come se indossasse mille maschere. E forse era per questo che io, quasi attratto a lui da una forza misteriosa, tentavo, combattendo persino contro me stesso, ancor di trovarne quel fantomatico lato migliore che non poteva mancare. Tutti ce l’hanno, mi dicevo. Perché Sasuke avrebbe dovuto fare eccezione?
Appoggiai la testa al muro fretto e imbruttito, in alto, da qualche ragnatela, e chiusi gli occhi, cercando almeno di trovare ristoro nel sonno, l’unica cura contro il non trascorrere del tempo, contro quell’immobilità che sembrava aver congelato tutti i personaggi di questo racconto in cui mi ero trovato.
D’un tratto un rumore, dei passi appena appena marcati ma che, nel buio e nel silenzio della mia prigionia, mi parvero cannonate. Ah… a pensarci nemmeno il silenzio in cui mi ero trovato avvolto era molto rassicurante: probabilmente, dovevano applicare una qualche tortura psicologica, fisica o altro, per mantenere la pace in un postaccio pieno di – presunti e non – malfattori e nemici.
«Naruto, sei qui?»
Riconobbi subito la voce d’Izuna e, come se mi avessero punto con uno spillo, saltai su, riempito di nuove energie. Era confortante, del resto, avvistare uno spiraglio di luce amica in mezzo a tanta oscura ostilità.
Avvinghiai le mani alle sbarre. «Izuna!» esordii sorpreso ed euforico. «Sei venuto a liberarmi, vero? Come si fa nei film?»
Il ragazzino assunse un’espressione sorpresa, parve non aver capito troppo. «Film?» ripeté, non troppo sicuro delle sue stesse parole.
«Ops… no, no, non badarci!» mi scusai, accompagnandomi con un gesto di noncuranza della mano. «Piuttosto, perché mi hanno rinchiuso qui? Che vogliono da me? Avete deciso di liberarmi per mancanze di prove, né? Non può essere diversamente!»
Quante domande che avrei voluto porgli, ma purtroppo, e glielo leggevo in faccia anche se non volevo ammetterlo, il tempo non era dalla nostra parte, e, di sicuro, non potevamo permetterci di sfidare la buona sorte più di quanto avessimo già fatto.
«Che domande!» cominciò lui, dopo aver pensato a quale delle tante richieste rispondere prima. «Mio fratello, capo del nostro Clan, sospetta di te, ti ritiene uno di loro.»
«Che idiozie, io non…»
«E allora chi sei? Non conosciamo nessun Namikaze da queste parti, ho controllato! Come saresti arrivato qui?» mi accusò.
Tanto valeva dirglielo, a quel punto, anche se chissà se mi avrebbe creduto o meno.
«Mi prenderai per pazzo se te lo dico» dissi.
Lui inarcò un sopracciglio. «Perché?»
«Io non vengo da qui.»
«Questo l’avevo capito» ripose a tono.
«Non in quel senso!» urlai, ricevendo uno sssssh di rimprovero. «Vedi, la mia è un’altra epoca! Non so se, come accade nei libri di fantascienza o nei film che tu non conosci, dicendotelo potrei sconvolgere il futuro o qualche cosa simile! Ma tanto, ormai, l’avrei già fatto…»
Nello sguardo di Izuna si accese un lampo di curiosità. «Come sarebbe a dire un altro tempo?»
Sbuffai solo al ricordo di cosa era accaduto. «E’ stato uno di voi, anche se credo che non fosse ancora nato in questo periodo…» Ripensai alle immagini dell’infanzia di Sasuke che avevo visto, e lo scenario mi sembrava parecchio diverso. «Un antico spettro appartenuto al vostro Clan. Lo so, non è semplice da credere.»
«… E’ una storia molto particolare, Naruto… come si chiama il mio discendente?» chiese con viva voglia di sapere.
Sbuffai ancora. «Si chiama Sasuke Uchiha. E’ un antipatico totale, credimi! Fisicamente, invece, da un lato ti assomiglia.» Mi persi per qualche secondo a fissare uno sbalordito e rapito Izuna che mi guardava con gli occhi a dir poco spalancati e, dimentico di trovarmi in una prigione e di essere un prigioniero, sorrisi di cuore.
Durò poco, in un attimo ricordai che il tempo era l’ultima cosa che avevo da perdere.
«Se mai ne avremo l’occasione, Izuna, ne parleremo un’altra volta! Adesso devi assolutamente aiutarmi a scappare! Non so come, ma devo riuscire a ritornare nel mio tempo. Assolutamente!» mi allarmai.
In Izuna lessi la mia stessa preoccupazione. «Dubito che, seppur volendo, possiamo organizzare la tua fuga oggi, visto che ho sentito mio fratello Madara dire di voler venire a farti visita di persona. Credo, e non lo dico per spaventarti, che voglia torturarti, se non ti deciderai a parlare» confessò, col naso arricciato, particolare che, in un altro caso, avrebbe anche potuto farmi una certa tenerezza.
Ecco, in un altro caso, non in quel momento!
Respirai a pieni polmoni per un paio di volte – beccandomi tutta la polvere – prima di rispondere. «E tu mi stai dicendo che verrò torturato da un pazzo psicopatico» assomigliava al Sasuke-Spettro, dunque non poteva stare troppo bene mentalmente «e me lo dici così, come se niente fosse?»
Izuna si tappò simbolicamente le orecchie – frattanto che io continuavo a stupirmi del fatto che, intorno a me, nessuno fiatasse. «Si tratta di mio fratello Madara, e pur volendo c’è ben poco da fare. Hai visto anche tu come ti ha fatto collassare subito. E’ un’arma micidiale, credimi.»
E in effetti non aveva tutti i torti… mi era bastato guardarlo negli occhi per cascare come una pera cotta.
«A proposito di questo… come ha fatto tuo fratello?»
Si guardò le spalle, timoroso, segno che il tempo da trascorrere in mia compagnia era quasi finito.
«Lo Sharingan, un’abilità speciale che sa sfruttare al massimo. E’ una sua caratteristica unica, non so come funzioni, ma so di per certo che non si può fare nulla per opporvisi. Basta che lo si guardi, per cadere vittima di un sortilegio.»
Che fortuna sfacciata, mamma mia!
Sharingan… chissà, non mi era nuovo, forse l’avevo già sentito. O, forse, - erroneamente o giustamente? – l’avevo immediatamente associata a quello strano potere di Sasuke che mi rendeva inerme. Che fosse più o meno lo stesso?
«Naruto» sussurrò Izuna. «Ora io devo andare per forza, o mi scoprirebbero. Interessante la tua storia, chissà che non mi possa raccontare altro. In ogni caso non spiffererò nulla, puoi starne tranquillo. Tu… cerca solo di resistere, poi vedrò di trovare un modo per aiutarti, va bene?» Aveva parlato molto velocemente, in un tono che poteva parere addirittura falso, ma che io interpretai come semplicemente affetto da paura. A ogni parola, man mano che aveva completato il discorso, si era avvicinato alla porta, così che, alla fine, era riuscito, dopo essersi dato una rapida occhiata intorno, a sgattaiolare via alla velocità della luce.
Mi ritrovai nuovamente da solo con me stesso e i miei pensieri ancora più torbidi per via della notizia ricevuta. E, la voglia sempre maggiore di tornare a casa, mi accoccolai di nuovo nel mio angolino, ogni passo un frastuono; avevo capito il perché di quel silenzio: sicuramente o erano tutti morti – ma lo escludevo, anche perché, altrimenti, sarebbe stato impossibile sopravvivere lì dentro – oppure erano stati tutti  incantati da questo Sharingan.
«Sasuke, dove cazzo stai?» mormorai, le labbra compresse sulla stoffa sporca dei pantaloni.
Sorrisi amaro: se anche fossi riuscito a scappare da quella prigione, come avrei fatto a ritornare a casa? Era semplicemente impossibile.
L’ansia sempre maggiore, la rabbia verso un Sasuke che si era volatilizzato – o magari, chi poteva saperlo, era molto più vicino di quanto pensassi e mi stava osservando da dietro l’angolo –, la paura che, volente o meno, cominciava a farsi sentire, aiutarono il Kyuubi a farsi risentire, struggente, graffiante. Me ne spaventai.
Mi portai una mano al petto, e strinsi la stoffa del maglione, quasi a voler soffocare all’interno di me, come a volerlo cacciare, a rimandarlo da dove proveniva, tutto quel miscuglio di emozioni che avrebbero potuto far accadere una vera e propria tragedia.
 
Un clangore, le porte che si aprivano, un mio mezzo mugolio e una voce.
«Suppongo sia ora di svegliarsi, non trovi?»
Una mano fredda, gelida, potente, nemica, soprattutto, sotto il mento, che mi costrinse a guardare in alto.
Aprii di un poco le palpebre, e quando mi trovai di fronte Madara sobbalzai.
«Non aver paura, con un po’ di collaborazione finirà tutto molto presto. Mi scuso anche per il tempo che hai dovuto aspettare per questa mia visita, ma la guerra chiama, ed è impossibile non risponderle.»
A conferma delle sue parole, un graffio di un acceso color rosso vivo, a quanto pareva era recente, gli adornava una guancia. Gettai uno sguardo anche ai suoi occhi: erano rossi, rossi come quelli di Sasuke. E, visto che ogni cosa correlata con Sasuke andava assolutamente ignorata, focalizzai la mia attenzione vero il pavimento, deciso e risoluto a non guardarlo in volto per nessun motivo.
E probabilmente lui si accorse di questa mia intenzione. Tuttavia, mi strinse appena un attimo più forte, fino a sollevarmi di un po’, per poi rilanciarmi a terra con una violenza inaudita.
Nemmeno un gemito da parte mia, giusto un po’ di sorpresa.
«Dunque» mi diede le spalle, indicandomi chiaramente che non mi temeva nemmeno un po’ «mi è stato riferito che ti chiami Naruto Namikaze. Non ho sentito di questo Clan. Come mai?» Si voltò di scatto alle sue ultime parole.
Accomodatomi a terra al meglio, mi strinsi nelle spalle in un gesto naturale e, a sbeffeggiarlo, alzai le mani al cielo. «Mi sono trovato qui per caso, non ne ho la più pallida idea.»
Madara non si lasciò turbare da quello che poteva sembrare un atto di strafottenza – anche perché sotto sotto avevo detto la verità –, e proseguì: «Non ti conviene usare una copertura. Posso farti cantare tutto in mezzo secondo» ghignò sadico.
«Accomodati, allora.»
Il mio interrogatore non perse l’espressione da “Uchiha-faccia-da-schiaffi” che aveva. «Sarebbe più semplice, senza dubbio, ma ammetto che i metodi di tortura tradizionali sono quelli che preferisco, quando ho un po’ di tempo a disposizione.»
E, guarda caso, aveva tempo da perdere col sottoscritto…
«Seconda domanda: che sai dei Senju? Sei un loro alleato, vero?»
Esibii un’espressione a dir poco sorpresa. «Non so neanche chi siano questi Senju! Escludo che possa esserne un alleato. Anzi, se me ne parli tu un po’, forse potresti darmi anche informazioni utili» tentai, già sapendo di fallire.
Tanto, ora come ora, che avevo da perdere? Qualcosa mi diceva che quello, quel Madara, uccideva più per divertimento che per necessità di guerra, per cui che differenza c’era tra il rispondere educatamente, cercando di soddisfare le sue richieste persino mentendo e il rispondere a tono tentando anche di ricavare qualche informazione utile?
Anche se, probabilmente, stavo scambiando troppo Madara per Sasuke. Tutto sommato, anche se ritenevo lo Spettro un essere malvagio all’ennesima potenza, non potevo sapere se Madara fosse meglio o peggio. Con la sfortuna che avevo, magari avevo beccato il più feroce degli Uchiha!
Comunque, in tutta risposta Madara mosse qualche passo verso di me.
«Sai, ragazzino, non sei male, hai un modo di fare che potrebbe anche essermi utile. Tuttavia, l’unico che può permettersi di dettare legge qui sono io.»
Il suo tono era calmo, e, differentemente da quello che le sue parole volevano significare, non sembrava un messaggio malvagio. Difatti, dimenticai subito tutte le precauzioni che avevo preso, non pensai ai pericoli che avrei potuto correre e, dunque, commisi un gravissimo errore. Me ne accorsi troppo tardi, quando qualcosa di indescrivibile mi aveva già colpito alla testa. Non era stato un dolore fisico, quanto qualcosa di martellante che colpiva all’interno e faceva pulsare le tempie. Sicuramente, era un colpo che non poteva durare più di qualche istante, ma a me sembrava che, come un cd, venisse riproposto senza sosta, a ripetizione.
E mi era bastato incrociare il suo Sharingan.
Non capivo più nulla, non sentivo più, non funzionavo più. La lucidità scorreva via dai pori a velocità pazzesca. Era una sensazione diversa da quelle che avevo provato con Sasuke. Talmente dolorosa che non seppi descriverla, perché quei pochi attimi che Madara mi conferì per rendermi conto di cosa stesse accadendo erano troppo pochi.
Non fu la luce, né il buio, perché entrambi erano qualcosa.
Fu il nulla, la scomparsa di me stesso, delle mie emozioni, di quella parte di ragione che poteva tenere e freno Kyuubi.
Lo sentii ruggire con potenza, poi… niente.
    

 
 
*   *   *
 
 
 

Non era stato difficile mettere a tacere quel tipetto rompiscatole.
Beh, in realtà non si trattava di “metterlo a tacere per sempre”, non per il momento. Non mi divertivo se il gioco finiva subito, non aveva senso. Preferivo la tortura, amavo la tortura. Infliggere dolore, vivere di quelle urla a squarciagola che provenivano, spontanee, dai loro corpi martoriati. In fin dei conti, vendetta o non vendetta, non mi importava di chi si trattasse, perché ciò che importava era far soffrire. E quando ci riuscivo mi sentivo purificato, mi sentivo meglio, quasi libero. E, per quanto fosse soddisfacente già il semplice fatto di infliggere dolore, quando si trattava di un essere insulso di Konoha, la situazione diventava diversa. Era qualcosa di maggiormente divertente, perché univa… l’utile al dilettevole? La mia vendetta al mio piacere.
In quel momento non riuscivo a decidermi: c’era quello Shikamaru davanti a me, che apparentemente godeva di ottima salute, mentre in verità l’effetto del mio passaggio era ben visibile. Comunque –  dilemma! – non sapevo se ucciderlo o tenermelo ancora in vita. Magari avrei potuto ammazzarlo più tardi, dopo avergli inferto qualche altra piccola piccola punizione. Non era un’idea malvagia.
Alzai il braccio e lo puntai verso il suo corpo già martoriato e coperto da innumerevoli graffi e lesioni varie, pronto a colpirlo con una lama di fulmine – trucchetto ingegnoso che non implicava il minimo sforzo per essere messo in pratica – alla caviglia, al braccio… mmm… non riuscivo nemmeno a trovare un punto che fosse stuzzicante da colpire o che, semplicemente, non avesse già traccia del mio potere.
«Vorrà dire che la faremo finita» dissi calmo, mandando al diavolo tutto il mio precedente progetto. Chissà se poté udire le parole che avrebbero anticipato la sua fine, ma in fin dei conti poco mi importava.
Stavo per lanciare il colpo, quando mi fermai di scatto.
Stava succedendo qualcosa nel passato, lo sentii chiaramente. Non era una sorta di legame speciale, di quelli che fanno battere il cuore per la preoccupazione dell’uno per l’altro – che grande cazzata, poi… – quanto una semplice precauzione che avevo preso per poter, eventualmente, aiutare Naruto nel caso si fosse trovato in difficoltà. Non avevo intenzione di perdere il mio giochino, mi serviva ancora.
«Potrei finirti subito, ma non mi piace fare le cose in fretta. Ti spiace se rimandiamo?» domandai al vento, poi sparii in un istante, pronto ad andare a visitare quella che sarebbe stata, poi, l’attuale Konoha.
 
Era uno spettacolo mozzafiato.
Da un lato mi dispiaceva di non avere potuto assistere interamente alla vicenda, ma non ci avrei messo molto a carpire tutte le informazioni da Naruto, una volta tornati a casa.
Sempre se Naruto fosse riuscito a ritornarci. Senza dubbio, per prima cosa doveva ritornare se stesso.
Non era più Naruto Namikaze in quel corpo, ma era il Kyuubi, la mia arma, quella che averi utilizzato più avanti per compiere la mia vendetta. Tuttavia, sarebbe stato interessante osservare i poteri di un simile mostro che, tra l’altro, non era nemmeno – per il momento – troppo potente.
Contai il numero delle code spuntate al corpo, divenuto rossastro, di Naruto – vagamente ne distinguevo la conformazione del corpo – e ne trovai ben quattro. Beh, lo avrei interrotto, grazie al mio Sharingan, al momento opportuno. Volendo, avrei potuto anche trasportarlo con me a Konoha e fargli fare razzia di tutto e tutti, però non era ancora il momento: volevo una vittoria schiacciante io, volevo essere al pieno delle forze. E Naruto non lo era ancora… anzi, il Kyuubi non lo era. Inoltre, trattandosi di desiderio di dolore, qualunque fosse l’epoca non importava granché, anche se, mi imposi di ricordare, quella in cui avevo inviato Naruto era una semplice dimensione parallela, e niente di ciò che era stato fatto avrebbe avuto risvolti nella nostra realtà. Una specie di film dal vivo, o di gioco interattivo.
Fu lo stesso entusiasmante, però, sentire le urla dei corpi dilaniati dagli artigli affilati del Kyuubi, vedere con quanta forza e violenza i denti della bestia si insinuavano nella carne, nella testa, strappandola, lacerandola. Uccidendo, annientando.
Me la godetti tutta, quella scena, sentendo un’eccitazione tale pervadermi che, per un attimo, mi parve di sentire di nuovo il battito del cuore.
Desiderai che il massacro durasse all’infinito, tuttavia, quando ci si diverte il tempo passa troppo in fretta, e così fu. Era ora di fermare Naruto, non mi ci sarebbe voluto molto.
Il Kyuubi non mostrò più della quinta coda, ma era stato già un buon passo: voleva dire, infatti, che Naruto era stato scosso a dovere – e avrei saputo come – e che, inoltre, necessitava soltanto di altre piccole spinte per far sì che il demone si liberasse del tutto. A quel punto la mia vittoria sarebbe stata schiacciante, e non solo su Naruto e la nostra insulsa scommessa, ma su tutto.
Avrei vendicato i miei cari, avrei soddisfatto il mio bisogno di sangue altrui e avrei finalmente potuto restarmene in pace.
Puntai lo Sharingan negli occhi – quasi indistinguibili – del demone, che pian piano riacquistò le fattezze di Naruto.
Era ora di tornare a casa.

 
 
 
 




 








 
 
YOH! Quanto tempo, eh? Finalmente ho aggiornato! *^*
Solo una precisazione: il tempo trascorso nella dimensione parallela da Naruto è sembrato tanto – anzi lo è stato – a lui, tuttavia i giorni corrispondevano a minuti nel suo tempo. <3
Ringrazio:
-chi legge&commenta;
-chi preferisce(31);
-chi ricorda(7);
-chi segue(93 <3);
 
Grazie!
 
P.S. Domani prometto che correggo gli eventuali errori, scusate! >////>
 

 
  

   
 
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