Eccomi, puntuale come sempre,
anche se ancora sono solo al terzo capitolo!
Passiamo alle cose importanti:
da questo capitolo comincia veramente a prendere forma la mia Pansy, che avrà un lungo cammino da
percorrere. Sicuramente, anzi, di certo, vi sembrerà che manchino dei pezzi di
storia, ma non preoccupatevi, perché verrà raccontato tutto quello che serve
per capire la storia; quindi vuol dire capitoli one shot al di fuori di
“Attraverso lo specchio”.
Vi lascio adesso al capitolo,
buona lettura.
Ci rivediamo ai saluti in fondo
alla pagina.
Viola.
˜
3 Luglio 1995, h. 11:00
Non c’era molto da contestare,
scegliere di trascorrere le vacanze estive in Italia con Blaise fu la mia
salvezza ed anche la mia condanna.
Eravamo partiti il 26 Giugno, la
mattina presto verso le 05:00; i primi giorni erano trascorsi tranquilli e
rilassanti, mi piaceva l’Italia con i suoi paesaggi soleggiati e immersi nel
verde.
Alloggiavamo in una villa in
Toscana, un po’ fuori Firenze, che la famiglia Zabini aveva acquistato per la
nascita di Blaise; era davvero immensa, molto più grande del mio maniero in
Inghilterra.
Il primo giorno ci avevo messo un
po’ a capire come orientarmi dentro la casa, ma grazie all’aiuto di Blaise mi
ero salvata dal perdermi subito.
Avevo visitato la bellissima
Firenze magica, ammettendo di essere stata tentata di girovagare un po’ anche
per quella babbana, ma il mio orgoglio da Pureblood me lo aveva impedito;
quindi, a malincuore, lasciai perdere quell’idea e mi concentrai solo ed
esclusivamente su Blaise.
Il mio piano per dichiararmi a
lui e vivere così una felice storia d’amore insieme non aveva visto gli
sviluppi da me programmati; tanto per cominciare, per un paio d’ore al giorno,
Blaise spariva puntualmente ed io non ero ancora riuscita a farmi dire dove
andava.
Avevo anche provato a pedinarlo
una volta, ma mi ero imbattuta in un vicolo cieco; così ero passata ad un’altra
tattica, ovvero cercare di estrapolargli informazioni in modo casuale, ma anche
quella si rivelò essere un buco nell’acqua; alla fine, disperata, decisi di
chiederglielo direttamente, ma con qualche moina era riuscito a glissare
sull’argomento.
Mi ritrovavo quindi presa in
contropiede, con un malumore crescente e un Blaise fantasma.
Ma purtroppo le brutte sorprese
non erano finite: con mio immenso orrore scoprì che anche la famiglia Malfoy si
trovava in vacanza a Firenze e con loro avevano portato pure Nott.
Non serviva essere un genio in
Divinazione per capire che avrei passato un’estate d’inferno, tra le sparizioni
di Blaise e quelle due piattole di Malfoy e Nott.
Oltre a dover tessere nuove trame
per la conquista del mio dolce Blaise, avrei anche dovuto trovare il modo di
tenere lontani quei due impiastri rompiscatole.
Sconsolata com’ero non mi accorsi
nemmeno che la Piattola n.1 era proprio sulla porta della mia stanza e mi
fissava tra il disgustato e l’annoiato.
“Parkinson, davvero, la tua
visione mattutina è come il bacio di uno schiopodo… Mortalmente disgustosa!” la
soave voce di Nott mi riscosse dai miei pensieri; lo fissai un po’ perplessa e
interrogativa, come se lo spettro fosse lui e non Blaise, poi mi concentrai
sulle mie vesti, notando solo in quell’istante che il mio abbigliamento estivo
era piuttosto misero.
Coprendomi come meglio potevo,
rivolsi automaticamente uno sguardo di fuoco a Nott, che se la rideva sullo
stipite della porta: davvero, vedermi in reggiseno e mutande era così
esilarante?
Non lo seppi mai, ma il
candelabro che scagliai a Nott mi fece ridere me per molto, molto tempo.
La sua reazione fu immediata: si
portò una mano allo stomaco, dove l’avevo colpito, mentre con l’altra si
aggrappò al battente della soglia; traballò per qualche secondo, con la testa
bassa e il respiro corto, ma quando rialzò il capo intuì di aver commesso un
terribile errore.
Prese il pomello e si sbatté
l’uscio alle spalle, avanzando poi verso di me minaccioso; non mi feci
intimorire, sapevo che non avrebbe mai osato sfiorarmi con una mano e non
perché fossi una donna, ma perché lo disgustavo tremendamente; quando fu sopra
di me, sovrastandomi in altezza, mi pentii del mio gesto.
Mi afferrò entrambi i polsi e mi
tirò in piedi senza fatica; la mia testa arrivava a mala pena al suo petto e il
mio corpo sembrava così esile in confronto al suo; tremai in quella morsa
ferrea e, deglutendo, alzai lo sguardo per fronteggiarlo.
Aveva un’aria truce e nei suoi
occhi potevo scorgere chiaramente la rabbia; mi piegò entrambe le braccia
dietro la schiena, facendomi gemere di dolore, e mi parlò con odio:
“Attenta a te, schifosa cagna, la
prossima volta non sarò così buono come ora e, te lo giuro, se mai ti
azzarderai a fare di nuovo una cosa simile te le spezzerò questa braccine.”
Non urlò e non fece alcuna
scenata, ma il suo tono basso e cattivo mi suggerì di non sfidarlo oltre, ma
proprio non potevo tollerare un comportamento simile.
“Lasciami stronzo, toglimi quelle
manacce di dosso, mi fai schifo.”
Rimanemmo per qualche secondo
immobili a fissarci con odio e disprezzo, ma poi fece una cosa che non mi sarei
mai aspettata: ghignò divertito e, passandosi la lingua sulle labbra, mi
scaraventò letteralmente sul letto.
Inizialmente non riuscì a capire
le sue intenzioni, ma quando mi salì sopra il panico m’invase.
Cercai inutilmente di scalciare o
di tirargli pugni, ma mi immobilizzò subito; gli bastò una mano per fermare i
miei polsi sopra la testa, mentre bloccava le mie gambe con le sue.
Avevo paura e speravo che volesse
solo spaventarmi.
Con la mano libera cominciò ad accarezzarmi
lascivamente il fianco e poco dopo scese a baciarmi il collo; nel mentre io ero
semplicemente pietrificata, incredula di quello che stava facendo.
Fece risalire la sua mano lungo
il petto, per poi lasciarla poggiare delicata sopra il mio seno; la sua bocca
lasciò perdere il mio collo e si concentrò sulle mie labbra, mordendole e
tirandole leggermente.
Non riuscivo a capacitarmi di
quello che stava succedendo, ma quello che mi sconvolse maggiormente fu
scoprire che mi piaceva!
Tutto di lui in quel momento mi
attirava come una calamita e mi faceva sentire viva; la mano che teneva i polsi
sciolse la sua presa per dedicarsi al mio seno insieme all’altra;
istintivamente, allacciai le mie braccia intorno al suo collo e lo baciai
impaziente.
Fu in quell’attimo che si fermò
di colpo e si allontanò da me bruscamente, anche lui disorientato dal suo
gesto.
Si toccò inconsciamente le labbra
gonfie continuando a fissarmi con desiderio; io me ne stavo stesa sotto di lui,
intontita e smarrita, sperando che continuasse il suo lavoro.
Ovviamente, stringendo le mani a
pugno e imprecando sotto voce, scese dal letto e fulmineo abbandonò la mia
stanza.
Passai un’ora da sola sul letto,
a ripensare a cosa era successo: dentro di me cercavo una risposta valida ai
nostri comportamenti, ma non riuscivo a trovare una spiegazione
sufficientemente convincente.
Un leggero bussare alla mia porta
mi ridestò dalle mie riflessioni: era Blaise che era venuto a chiamarmi per il
pranzo.
Senza meditarci troppo lo invitai
ad entrare e mi diressi verso l’armadio, cercando qualcosa di decente da
mettermi.
Il mio migliore amico si sedette
sul letto sfatto, guardandomi incuriosito e stranito dal mio insolito fare.
“Pansy, va tutto bene?” si sentì
in dovere di rendermi partecipe dei suoi dubbi.
“Certo, perché non dovrebbe?”
risposi con noncuranza e disinvoltura, sperando di apparirgli più naturale
possibile.
“No, così, per chiedere, visto
che stamattina non ti sei fatta vedere minimamente…” fece una breve pausa, poi
continuò “Comunque ho da darti una brutta notizia: Malfoy e Nott si trovano qua
a Firenze in vacanza con la famiglia di Draco e questa sera ci hanno invitato a
cena da loro; i miei hanno accettato ovviamente.”
Ovviamente, pensai io tra me e
me; ero stanca di quella situazione, stanca di tutti loro che non capivano
nulla di me.
Indossai un abito bianco e
leggero, visto che faceva particolarmente caldo, e mi voltai verso Blaise.
“Blaise, non me ne importa niente
dei Malfoy e di Nott; da quando siamo arrivati sei strano e sparisci in continuazione
ed io non ne posso più!” ero giunta al limite di sopportazione e non volevo più
aspettare; al diavolo i piani e i programmi che avevo ideato!
Mi avvicinai a lui e lo
abbracciai di slancio, stringendomi forte al suo collo.
“Blaise, tu mi piaci, da tanto
tempo ormai…” lo dissi tutto d’un fiato, guardandolo negli occhi.
Il mio migliore amico mi guardò
incerto e dispiaciuto, staccandomi gentilmente le braccia dal suo collo.
“Scusami Pansy, ma io sono già
innamorato di un’altra…” fu come ricevere una stilettata al cuore; mi alzai
dalle sue gambe e mi allontanai di qualche passo.
“Ma certo, era ovvio… Io…
Scusami…” balbettai parole sconclusionate, tenendo il capo basso.
Lo sentì avvicinarsi a me, ma
alzai le braccia per tenerlo distante.
“Davvero Blaise, va tutto bene,
non preoccuparti…” e cercai di mostrarmi sincera, stampandomi un sorriso poco
convincente in viso.
“Dai su, andiamo a pranzare, che
si raffredda tutto altrimenti.” e, senza dargli modo di rispondere, corsi di
sotto.
Il pranzo sembrava non volesse
mai finire: i signori Zabini conversavano amabilmente del più e del meno,
Blaise mi scoccava occhiate preoccupate ed io tenevo insistentemente lo sguardo
sul piatto.
Quando finalmente anche il dolce
fu servito tirai un sospiro di sollievo e, con una scusa, mi defilai prima
della fine del pranzo. Me ne tornai in camera per prendere la borsa e la
bacchetta, scrissi due righe su una pergamena per avvisare che sarei uscita e
me ne andai dalla villa, girovagando per le campagne toscane senza meta.
Ero triste e depressa, ma non
versai nemmeno una lacrima, mentre la volta scorsa mi ero sentita umiliata e
abbandonata da lui.
Ero in uno strano stato, tra la
tristezza e l’incomprensione dei miei sentimenti, che in quel momento non
sembravano poi così forti come li immaginavo.
Il pomeriggio, al contrario del
pranzo, passò in un baleno e si fece sera velocemente; mi sbrigai a rientrare
alla villa, perché ci attendeva la famosa cena con i Malfoy e Nott.
Avevo preferito evitare di
pensare al moro, ma la cena imminente mi riportò il ricordo di quella mattina
in testa: non sapevo come avrei dovuto comportarmi e non sapevo come si sarebbe
comportato lui.
Con mio enorme sollievo, ci
ignorammo apertamente e lo stesso valse per Draco, che ancora non mi guardava
in viso ed io ne ero più che felice; tutto sommato fu piacevole cenare insieme.
Gli uomini si dedicavano solo ed
esclusivamente a Quidditch e politica, ignorando completamente il lato
femminile della tavolata; noi donne decidemmo di abbandonare presto la sala da
pranzo e ci rifugiammo nel salottino privato di Lady Malfoy, cominciando a
sparlare degli altri commensali come delle vecchie megere.
“Ho come l’impressione che Lucius
stia diventando paranoico; da un po’ di tempo a questa parte non fa altro che
fissarsi allo specchio, toccandosi la fronte preoccupato. Credete che sia un
comportamento normale?” i dubbi di Narcissa mi lasciavano totalmente
esterrefatta e ilare, nell’immaginarmi Lord Lucius Malfoy, quel Lucius Malfoy,
allarmato per una possibile stempiatura; davvero un’immagine fuori dal comune e
molto comica.
“Narcissa, cara, penso che il tuo
bel marito abbia la sensazione di star diventando stempiato!” commentò
scherzosamente Lady Zabini, facendomi l’occhiolino.
Narcissa fissò pensante me e Lady
Zabini, per poi scoppiare a ridere, trascinandoci con sé in quel turbine di
idiozia su mariti stempiati; davvero una serata memorabile.
Di quella giornata orripilante
non volevo ricordare nulla, mi sarei volentieri scagliata un Oblivion da sola,
giusto per dimenticare quel periodo nero.
Il resto dei giorni lo passai con
Malfoy e Nott, visto che ormai Blaise era diventato uno spettro e lo incrociavo
solo durante i pasti; lo vedevo piuttosto imbarazzato e molto schivo nei miei
confronti, come se non volesse urtarmi maggiormente.
Povero, povero Blaise,
sopportarmi non era mai facile, ma lui chiudeva sempre un occhio sui miei
comportamenti da vipera; ero più dispiaciuta per il fatto che mi evitasse che
per il suo rifiuto!
La situazione però era diventata
troppo assurda: stavo tutto il giorno con le persone che odiavo di più su tutta
la terra, mentre il mio ipotetico migliore amico mi sfuggiva come la peste;
dovevo rimediare, in un modo o nell’altro, o mi sarei rovinata le vacanze
estive da sola.
Cominciarono così gli agguati e i
pedinamenti, i tentativi falliti di stabilire un contatto e poter costruire un
dialogo di senso compiuto con Blaise-Sono-Un-Idiota-Zabini; nemmeno a perder
tempo a dire che furono tutti buchi nell’acqua.
Magari il mio ingegno da solo non
bastava, magari avevo bisogno di qualche consiglio made in Lady Parkinson o,
ancora meglio, made in Lady Malfoy; ero certa che Narcissa mi avrebbe aiutata
ad uscire da quel problema spinoso.
Mi presentai a casa sua in modo
furtivo, senza farmi vedere da nessuno e senza farmi annunciare, dirigendomi
spedita verso il suo salottino privato; sapevo che Lucius e Lord Zabini
passavano insieme tutta la giornata, quindi ero sicura al cento per cento di
trovare sola Narcissa.
E anche quella volta sbagliai.
La porta della stanza era
leggermente dischiusa e si sentivano delle voci concitate, che discutevano
animosamente tra loro.
“Ne abbiamo già parlato altre
volte, non è più possibile continuare così, cerca di capire la mia posizione…”
“Lo so, lo so, lo so. So che è
sbagliato, che è tutto sbagliato; ma non posso farci niente, e neanche tu…”
“Appunto per questo, se lo
capisci, perché continuare? Non sarebbe mai dovuta iniziare! Io sono una donna sposata
e con un figlio! Un figlio che ha la tua stessa età e che è tuo amico.”
“Si, ma questo non ti ha impedito
comunque di stare con me Cissa! Ormai le vacanze sono quasi finite e con esse
terminerà anche la nostra storia clandestina, ma fino a quel momento, ti prego,
sii mia…”
Quello che seguì non fu il
silenzio come avevo sperato, ma dei gemiti strozzati e dei rumori sconnessi,
come di chi cade a terra o urta un mobile; contro ogni logica, mi avvicinai
alla porta, per avere conferma di tutto quello che avevo sentito, ancora
incredula; sbirciai dalla fessura, quel tanto che bastava per vedere Blaise a
cavalcioni su Narcissa, intenti a baciarsi.
Mi ritrassi di scatto, come se la
porta fosse incandescente, e corsi via, il più lontano possibile da lì.
Ora mi era tutto chiaro, ora
sapevo che non avrei mai potuto competere.
Sapevo che ero una perdente e che
lo sarei stata per molto tempo.
˜
Capitolo di svolte! Sono stata
indecisa fino all’ultimo se inserire questa storia un po’ scabrosa tra Blaise e
Narcissa, ma alla fine è necessaria ai fini della storia; povera Pansy, vedersi
portato via il suo migliore amico da una donna che stimerà per sempre, davvero
deprimente.
Ma non tutto il male vien per
nuocere…
Meglio fermarsi qua, o c’è il
rischio di dire troppo!
Passiamo adesso ai ringraziamenti:
Per chi ha inserito la storia tra le preferite: Giu_Foxy
Per chi ha inserito la storia tra le ricordate: gaiac88 e Raindrops_
Ed infine, per chi ha recensito la storia: fantasyhappy
Un pensiero speciale va alla mia fantastica beta: Giu_Foxy
Ci rivediamo al prossimo capitolo.
Un bacio e un abbraccio.