Parte 3 - Sas manos ‘alu unidas, asie, chi parent in pregatoria[1]
Il silenzio è quasi irreale in
quel luogo, eppure gli echi della battaglia sono vicini, troppo vicini per
essere ovattati da una costruzione traballante che ha accolto diverse voci e
persone per molti anni.
Le scale cigolano sotto i tuoi
piedi alzando la polvere accumulata da anni, se non fosse buio, potresti vedere
le tue orme e forse ti accorgeresti di quelle di altre persone e di una lunga
scia di un grosso serpente.
La paura di trovare quel mostro
ancora lì ti assale, non forte come il timore di trovarlo già morto, non
sopporteresti l’idea di non poter far nulla per lui. Speri con tutta te stessa
che il suo cuore ancora batta.
Hai ascoltato per caso Hermione
parlare con Harry di qualcosa che nemmeno ricordi, soltanto le parole “Piton” e
“Stamberga” avevano importanza per te, la speranza di rivederlo si era fatta
più forte, ma poi la parola “morto” pronunciata dalla ragazza ti aveva gettato
in un abisso profondo dove il tempo si era fermato e intorno a te tutto era
sparito.
Adesso percorri lenta quei passi
che ti separano da lui, speri di non vedere il suo corpo ormai freddo, hai
timore di come potrai reagire a quella vista.
Senti il rumore della guerra, le
grida disperate di chi non ce la fa o di chi vede qualcuno soccombere, come
sono lontani i tempi della pace dove tutto profumava di vita e i colori
accendevano le speranze. La tua vita che profumo aveva?
La tua vita aveva sempre avuto
l’acre aroma di un’illusione che non sarebbe mai diventata reale, di anni persi
in un’ombra che inghiottiva il tuo coraggio e la tua voglia di essere felice. Più
lottavi e più ti sembrava che fosse del tutto inutile, rialzarsi dopo
l’ennesima sconfitta era sempre stato più difficile, e ogni volta che lo
facevi, a fatica sentivi qualcosa che si perdeva dentro di te.
Erano più sensazioni che
certezze, ti chiedevi spesso che cosa fosse quel senso di vuoto che ti rimaneva
ogni volta che tornavi in piedi, come sotto quella Torre, dove un uomo dagli
occhi così oscuri ti aveva donato un’altra possibilità e ti eri sentita vuota
come mai, facevi fatica anche solo a sfiorare il suo sguardo, troppa vergogna,
troppo dolore, troppa debolezza che non avresti mai voluto mostrare a nessuno.
Tantomeno a lui.
Ma adesso nulla ha importanza, vuoi
solo trovarlo, rivedere quegli occhi che ti bruciano l’anima, il suo
meraviglioso sorriso che vorresti vedergli sempre sulle labbra. Da quel giorno
sulla Torre qualcosa è cambiato, ma non sapresti dire cosa, nelle notti dove il
suo viso ti accompagnava e la sua voce ti cullava il sonno era senza incubi, ti
bastava pensare a quel fiore tra la neve che gli avevi lasciato per ricordarsi
di te, per sorridere.
Lo trovi a terra tra la polvere e
il suo stesso sangue, immobile, avvolto nel silenzio scarlatto che gli stringe
la pelle, un abbraccio di porpora che presto lo accompagnerà verso la luce
attesa da tempo, non più un fiore tra la neve, soltanto un corpo nel buio che
attende la fine.
- Che ci fai qui? – un sussurro
tra la polvere e il sangue, trattieni a stento le lacrime nel vederlo in quello
stato.
- Sono venuta a salvarti la vita.
- Non puoi. Ormai è finita.
- “Non lasciare che l’ombra
inghiotta il tuo cuore”, questo mi avevi detto ai piedi di quella Torre. Beh,
questo vale anche per te, e non permetterò che quell’ombra ti porti di nuovo
via da me. – nel suo sguardo una scintilla di stupore per quelle parole così
ardite. Ti sarebbe piaciuto mostrarti sempre così audace ai suoi occhi,
dimostrargli di essere una vera Grifondoro e non una ragazzina spaurita e
codarda che non voleva affrontare la vita.
- Questa battaglia non la puoi
vincere, rassegnati e mettiti in salvo.
- Non me ne andrò e la vincerò
questa battaglia, insieme con te. È una promessa.
- Non fare promesse che non puoi
mantenere. Io ti ho salvato la vita perché dovevi lottare… tu mi hai salvato la
vita perché dovevo compiere il mio dovere. – si ferma per riprendere fiato,
così flebile. - Adesso lasciami andare, non c’è più posto per me, qui. – lo
osservi mentre chiude per un istante gli occhi. - Non c’è mai stato, e questo
mondo sarà più luminoso senza la mia oscurità. – Ti getti sulle ginocchia, - Lascia
che il fiore appassisca insieme con me. – allunghi le dita sfiorandogli il viso
così pallido e freddo. - Lascia che la neve mi accolga di nuovo nel suo
abbraccio. – Non riesci a vedere l’uomo fiero che conoscevi in quelle
condizioni, esanime, senza alcuna voglia e forza di combattere, spingi con energia
una mano alla gola per cercare di fermare quel caldo flusso di sangue mentre
cerchi qualcosa nelle tasche incantate.
- Se non te ne sei accorto, non
c’è la neve ed io non lascerò che tu raggiunga qualsiasi luogo in cui la potrai
trovare. Non lascerò che tu vada dove vuoi andare! – continui a cercare
diventando più nervosa ad ogni minuto che passa, ma sai che l’impazienza non ti
è mai stata amica, quindi cerchi di calmarti e di ragionare.
Sorride come poche volte lo hai
visto fare, un sorriso felice e sereno, ma non vuoi che sia l’ultima volta che glielo
vedi fare.
- Dannate tasche! Che mi è
saltato in mente di renderle così capienti. – senti i suoi battiti che si fanno
sempre più deboli, i tuoi abiti sporchi di sangue che ti sputa addosso dopo
ogni colpo di tosse, ma non te ne curi, è quasi come sentire Severus sul tuo
corpo, il calore sulla tua pelle, ma non vorresti percepire queste sensazioni
attraverso il suo sangue.
- Dopo tutto sei una donna, no? –
un altro colpo di tosse, ancora sangue su di te. – Almeno credo, anche se i
tuoi modi rozzi mi hanno sempre suggerito il contrario. – prova a ridere, ma il
dolore alla gola è troppo.
- Dovresti stare zitto, sai?
Riesci a tenere una mano su queste ferite? – prova ad alzare il braccio, ma è
del tutto inutile, le forze lo stanno lentamente abbandonando. – Ok, non
preoccuparti. – ti strappi il maglione avvolgendolo su se stesso, lo premi
sulle sue ferite e in un poco tempo s’imbeve di sangue, ma noncurante delle tue
mani del tutto rosse, spingi con più forza e con la bacchetta lo avvolgi con
delle bende. – Lo so che così rischio di soffocarti, ma tieni duro un attimo e
fidati di me.
Con le mani per un attimo libere,
riesci a trovare la pozione per rigenerare il sangue, ma sai che non basta, sai
che ti serve altro, poi come se un lampo ti avesse colpito: - Accio Poculum
Dentium! – è impressionante come in certe situazioni di agitazione, i basilari
incantesimi vengano meno.
Ti prenderesti a schiaffi da sola
per tale mancanza, poi all’improvviso ti viene da ridere mentre togli le bende
per versare la pozione appena uscita dalle tasche, sul collo di Severus che ti
guarda come se fossi pazza.
Ansima come se gli mancasse il
respiro, poi inizia a gridare e vedi le sue ferite bruciare letteralmente e hai
paura, una tremenda paura che quel dolore sia del tutto inutile e che nulla
possa salvarlo. In preda a spasmi incontrollati che lo fanno contorcere sul
pavimento, lo abbracci stringendolo forte a te mentre le lacrime solcano
prepotenti il tuo viso.
Non vuoi che muoia, non sei
pronta a dirgli nuovamente addio, non sei pronta a dirgli addio per sempre.
Sai che quella pozione deve
funzionare, ci hai messo mesi per prepararla e sai perfettamente i suoi effetti
e le sue cure, ma in quel momento, mentre lo tieni tra le braccia e senti il
suo corpo scosso da scariche di dolore, ogni tua certezza vacilla, e non sei
più sicura nemmeno del tuo nome.
Vorresti non averlo abbandonato
in quella grotta immersa nella neve, avresti voluto conservare gelosamente quel
fiore e portarlo per sempre con te. Ti dai mentalmente e ripetutamente della
stupida, quando senti le sue braccia stringersi attorno alla tua schiena, un
contatto leggero, senza forza, ma riesci a sentire tutto il suo calore e ogni
emozione ti scoppia in petto.
- L’ombra ha già inghiottito il
mio cuore… lasciami andare. – e l’abbraccio si scioglie mentre il suo corpo
cade esanime sul pavimento.
Forse non hai previsto che la
volontà di un uomo può essere più potente di qualsiasi pozione o incantesimo,
forse eri soltanto tu a volere un peccatore tra i vivi.
Che importanza ha adesso?, ti
chiedi.
Avvicini il tuo viso alle sue
labbra sporche di sangue, ma non t’importa, le sfiori delicata con le tue, come
se dovessero rompersi da un momento all’altro. È ancora caldo e gli sposti i
capelli imperlati di sudore dal volto, per vedere per l’ultima volta i suoi
occhi, prima di chiuderli per sempre a questo mondo.
- Adesso cosa dovrei fare senza
di te? Eri l’unica persona che riusciva a dissipare la mia ombra. Dimmi cosa
dovrei fare! – gridi tra le lacrime, al suo viso stanco e immobile tra le tue
mani.
Un piccolo fiore nero e rosso gli
scivola da una tasca, lo raccogli e in un attimo ti ritrovi in quella grotta
immersa nel bianco, ti ritrovi nuovamente ad osservarlo mentre dorme e speri
che anche adesso stia dormendo. Un meraviglioso fiore nero che riposa nel
morbido manto candido.
Un sonno dal quale sai che non si
ridesterà mai più.
Addormentato per sempre come un
Cristo morto dell’iconografia Babbana, lo guardi per alcuni istanti, le lacrime
che ti velano gli occhi offuscando quella vista pietosa e forse pensi che sia
meglio così, ma non riesci ad osservarlo ancora, vuoi solo scappare da lì e
ricordartelo mentre ti stringeva ai piedi di quella Torre.
- Non sono riuscita nemmeno a
mantenere la promessa. Sono soltanto un’incapace. – delicatamente poggi le sue
mani sul ventre, le dita intrecciate dove posi quel fiore amato e ormai odiato.
Un fiore dannato.
Lasci la stanza, la polvere e il
sangue di una vita finita, lasci quel luogo che avrebbe sepolto le tue lacrime.
Corri lontano sperando che qualche incantesimo ti colpisca in pieno petto per
poter rivedere il suo sorriso. Corri via senza accorgerti che due occhi di
tenebra stringono timidamente quel fiore tra le dita strette come in preghiera.
Un fiore che sboccia di nuovo tra
la neve.