Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Eralery    16/05/2012    1 recensioni
Regulus Black/Marlene McKinnon | MiniLong.
E nonostante tutto, che si trattasse di un legame o meno, in questo c’era qualcosa di malsano: qualcosa che andava contro i principi con cui era cresciuto, qualcosa che lo avrebbe o distrutto o aiutato definitivamente, qualcosa che lui non sapeva ben definire. Qualcosa che forse avrebbe potuto afferrarlo e potarlo via, alla luce del giorno, fuori da una prigione che gli era cresciuta attorno senza che lui se ne accorgesse – un giorno, semplicemente, si era svegliato e si era ritrovato circondato: circondato da muri di parole su parole che sapevano di rabbia, superiorità e disprezzo che doveva provare.
Ma stava a lui decidere, in fondo.

*
“Io non sono come loro, e se lo vuoi non lo sei neanche tu,” gli aveva detto Sirius, un giorno, e in quel momento si rese conto di volerlo.
Seconda classificata e vincitrice del Premio Giuria al contest "A white rabbit whit pink eyes ran close by Alice" indetto sul forum di efp da Daphne Kerouac.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Marlene McKinnon, Regulus Black, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
dtp

3.


Agosto 1979


Orion Black lo guardava, seduto sulla poltrona dietro la scrivania del suo studio, con le sopracciglia folte e scure perfettamente arcuate come sempre ed il solito bagliore un poco sinistro che v’alloggiava. Davanti a lui, posizionate ordinatamente sulla superficie scura della scrivania, stavano scartoffie di vario genere, e ciò che vi era scritto, a Regulus, non interessava più di tanto.
“Allora,” intavolò la conversazione suo padre, poggiando i gomiti sulla scrivania e congiungendo le mani. “Sai perché siamo qui, no?”
“Sì, padre,” rispose Regulus, annuendo appena e con educazione.
Orion parve soddisfatto: arricciò le labbra in un sorrisino e continuò a parlare. “Bene, così ci evitiamo inutili giri di parole, Regulus. Ho già parlato con gli Hardgraves, sono d’accordo con il fissare il matrimonio l’anno prossimo, verso settembre od ottobre. Vogliono aspettare che Lavinia finisca gli studi, cosa comprensibile, dopotutto.”
“D’accordo.” Risposte semplici e dritte: erano queste quelle che piacevano più a suo padre, specialmente se concordavano – praticamente sempre, quindi, perché bisognava essere d’accordo con Orion Black – a quel che stava dicendo lui. E non importava che tu fossi contrario, perché dovevi essere d’accordo e basta: non importava se a lui, di sposare Lavinia Hardgraves, non andava proprio. Ma alla fine lo sapeva, lo sapeva che la sua era una vita già scritta, e lui non poteva che attenersi al copione e andare avanti. E Marlene – perché, per quanto lui si sforzasse di non pensarci mai, lei c’era stata – era stato solo un errore commesso quando si era dimenticato quelle fottute battute.
“Perfetto, direi,” sorrise Orion, sistemando meglio i fogli fittamente scritti in una pila. “Puoi andare, Regulus.”
Il giovane si alzò dalla sedia e si avviò verso la propria camera, senza riuscire – per l’ennesima volta – però a non lanciare prima uno sguardo alla porta di quella di Sirius. Forse, se fosse stato smistato a Serpeverde anche lui, in quel momento sarebbe stato lì, l’avrebbe ascoltato.
O forse, se lui, Regulus, fosse stato smistato a Grifondoro, non sarebbe stato lì, a Grimmauld Place, ma con Sirius.
E con Marlene.

*

Settembre 1978


“Oh, giovane Black,” disse Lord Voldemort, un sorriso sgradevole sul volto pallido, rigirandosi la bacchetta di tasso tra le mani, seduto a capotavola di Villa Lestrange. “Sei arrivato, finalmente.”
“Scusi il ritardo, Signore,” rispose a voce ben chiara, esibendosi in un piccolo inchino non appena entrò nella vasta sala da pranzo. Alcuni dei maghi seduti al tavolo assieme al Signore Oscuro – sebbene a debita distanza – lo guardarono, chi con disprezzo chi con ironia, e lui resse i loro sguardi uno ad uno, quasi sfidandoli a dire qualcosa.
“Problemi d’amore?” sputò Riddle, ovviamente sarcastico, scoppiando poi in una risata bassa e ancor più sgradevole di quel suo sorriso. “Quell’amore che Silente va tanto millantando… Non ha ancora capito nulla… Ma tu, giovane Black, tu scommetto che hai capito. O no?” lo chiese, e Regulus tentennò un attimo, prima che l’altro scoppiasse a ridere facendogli così capire che la sua era una domanda retorica. “Ma bando alle ciance!” Voldemort allargò le braccia. “Ora che sei arrivato, sappi che stasera tocca a te.”
“D’accordo, mio Signore.”
“Vai, giovane Black. Ti aspettano fuori.”

“Sei eccitato, Black?” gli domandò Mulciber, mentre uscivano con attenzione da Villa Lestrange, che si stagliava, nera ed austera, nel mezzo di una radura verdeggiante che la nascondeva bene. “La tua prima vera missione… Ricordo ancora la mia, l’anno scorso…” concluse, con un baluginio strano.
A Regulus, Mulciber non era mai piaciuto. Era di un anno più grande di lui, e da quel che si vociferava aveva attaccato Mary MacDonald, una volta, al quarto anno. Senza pensarci, Regulus si chiese se per caso la MacDonald e suo fratello stessero ancora insieme, se avessero una loro vita e capì che avrebbe voluto farne parte.
Ma io sono il buio, vero, Sirius?
Yaxley, accanto a lui, lanciò un’occhiataccia a Mulciber, sibilando: “Sta’ zitto, Mulciber, una buona volta. Vuoi farmi scoprire?” – Mulciber sbuffò e roteò gli occhi – “Ora muoviamoci, abbiamo poco tempo. Ci smaterializzeremo subito fuori il cancello.”
Regulus strinse la bacchetta senza accorgersene e si strinse nel lungo mantello scuro. Non si sentiva pronto a compiere quel che stava per fare. Ad esser sinceri, pensava che non si sarebbe mai sentito pronto per fare ciò.
Paura, Regulus?
Non ho paura.

Perché un Black non può avere paura, ad un Black non è permesso. Perciò alzò il capo al cielo, e prima di smaterializzarsi sperò con tutto se stesso di non dover uccidere nessuno, di non dover condurre nessuno nel buio.
Ti ricordi di quando, da piccoli, ti dicevo che il buio mi faceva paura? Te lo ricordi, Sirius? Perché mi fa ancora paura.

*

Ottobre 1979


Marlene era davvero l’ultima persona che si sarebbe mai aspettato di incontrare alla Testa di Porco, eppure quel piovoso lunedì sera la trovò lì, seduta ad uno dei tavoli più nascosti della sala. Fu lui a vederla per primo, e fu lei ad affievolire il proprio sorriso prima di guardarsi attorno con aria circospetta.
“Sono da solo,” l’avvisò, avvicinandosi a lei con il capo chino per non farsi riconoscere – anche se, tra quegli ubriaconi, dubitava ci fosse qualcuno di sua conoscenza – ed un bicchiere di whisky in mano.
Marlene sembrò tranquillizzarsi, poiché gli sorrise – dopo tanto tempo, e fu doloroso, perché in quel momento Regulus capì quanto Marlene fosse più forte di lui, quanto riuscisse a reggere tutto meglio di lui.
“Sono riuscita a traviarti all’alcol, vedo,” buttò lì la ragazza, appoggiando la schiena alla sedia e sorseggiando il proprio bicchiere di whisky.
“Sarebbe successo comunque,” disse lui, inarcando un sopracciglio e sedendosi davanti a lei, la schiena rivolta verso la porta: non era bene farsi vedere con una Sanguesporco, lo sapeva, e si chiedeva perché lei, al contrario suo, sembrasse così tranquilla.
“Probabile,” acconsentì lei, inclinando appena la testa. “Però l’ho fatto io.”
“Sarebbe suc—”
“Sarebbe successo comunque,” gli fece il verso lei, roteando gli occhi. “Non me ne frega niente. Sono stata comunque io a traviarti, quindi sssh.
“Mi hai appena fatto sssh?” chiese, allibito.
“Proprio così, Blacky,” sorrise ancora, raggiante, e Regulus per qualche assurdo motivo sentì il bisogno di dirlo:
“Tra un anno mi sposo.”

Marlene aggrottò la fronte e bevve ciò che rimaneva del suo whisky, continuando a guardarlo dritto negli occhi, prima di stringersi nelle spalle, ghignare e dire: “Be’, almeno la tua futura moglie avrà del buon sesso garantito.”
“Eh?” domandò, guardandola accendersi una sigaretta sotto lo sguardo truce di Aberforth – Regulus sapeva, però, che non avrebbe detto niente, visti tutti i traffici illeciti che si tenevano all’interno del locale.
“Eh?” ridacchiò lei, aspirando un po’ di fumo e rilasciandolo dopo, continuando: “Ricordo abbastanza da poter affermare con certezza quasi assoluta che quella rientra tra le migliori tre scopate della mia vita.”
Regulus inarcò, ancora le sopracciglia, cercando di dissimulare l’imbarazzo e il lieve compiacimento che l’avevano colto solo a sentire le parole di Marlene. E nonostante avesse dissimulato spesso – sempre –, quella volta gli sembrò più difficile, forse per quegli occhi azzurri che non la smettevano di guardarlo o forse per il ricordo delle coperte rosse e il corpo di Marlene a contatto con il proprio.
“Grazie?” tentò, mostrandosi il più distaccato possibile. Lei si strinse nelle spalle e tirò un’altra boccata di fumo dalla sigaretta. Regulus non riuscì a trattenersi dall’osservare la scena con aria critica e dire: “Ti uccideranno, quelle cose, lo sai, vero?”
Il sorriso sul volto di Marlene parve allargarsi maggiormente, a quelle parole, e lei ribatté: “Sempre che li battano sul tempo, no?”
Regulus si irrigidì sulla sedia ed il suo sguardo corse rapidamente e senza volerlo all’avambraccio sinistro. Era agghiacciato, davvero. Il sorriso di Marlene, poi, non lo aiutava: sembrava dire io lo so, ma lei non poteva sapere. O sì?
“Certi dettagli non te li dimentichi, anche se dopo una bevuta particolarmente abbondante,” gli disse, quasi fosse in grado di leggerli nel pensiero. “Non l’ho detto a nessuno, comunque. Però qualcuno lo sospetta già.”
Sotto lo sguardo apparentemente calmo di Marlene, Regulus iniziò a sentirsi strano ed agitato. Lei non era al sicuro, ma ora non era al sicuro nemmeno lui. Come faceva a sapere che Marlene non l’avrebbe detto a nessuno? Si guardò attorno, la stessa espressione di un cane in gabbia.
“Vuoi calmarti?” domandò allora lei. “Vuoi dare spettacolo, per caso?” – Regulus scosse appena la testa, e Marlene allora posò sul tavolo i soldi del suo whisky e si alzò dal tavolo, facendogli segno di seguirla – “Ti aspetto fuori, raggiungimi tra cinque minuti.”
Per un attimo fu tentato di dirle di no, solo per il gusto di farlo – e lei avrebbe arricciato le labbra in una smorfia irrisoria come faceva anche ad Hogwarts –, poi però, quando la ragazza si chiuse la porta del locale alle spalle, sentì il desiderio di seguirla subito. Scostò la manica della giacca dal quadrante dell’orologio e aspettò che i minuti passassero, gli occhi grigi che guardavano la lancetta dei secondi muoversi lentamente dietro al vetro.
Non appena furono passati quei maledetti cinque minuti, Regulus si strinse nel cappotto ed uscì dal locale senza far rumore e senza attirare l’attenzione di qualcuno su di sé – o sarebbero stati guai.
Marlene era appoggiata al muro della casa di fronte alla Testa di Porco: i capelli biondi e mossi erano mossi dal leggero vento di ottobre e ai suoi piedi giaceva la sigaretta che aveva fumato dentro, ormai spenta. Al vedere quel sorrisino ancora sulle sue labbra, Regulus sentì la rabbia e la paura salire ancora; le si avvicinò con passo veloce, e quando le fu di fronte parlò a bassa voce:
“Non lo devi dire a nessuno, capito? A nessuno.”
“Cosa, Blacky?” domandò lei, con aria fintamente innocente. “Non capisco.”
“Lo sai, McKinnon,” sibilò lui, sbiancando appena quando sentì la propria voce tremare notevolmente. Anche Marlene dovette accorgersene, perché scoppiò a ridere forte, mentre il vento si rubava quel suono così come se ne sarebbe beato Regulus in un altro momento.
“Seriamente, Reggy-Reg, perché dovrei dirlo a qualcuno? Cosa ci guadagnerei?”
“Merlino, ma cosa ci facevi a Grifondoro?” Regulus era basito, completamente basito: quello non era un comportamento da Grifondoro, un Grifondoro non avrebbe mai detto nulla del genere. Marlene parve offesa, offesa davvero, e qualcosa in lei sembrò spegnersi: le spalle s’incurvarono appena, il sorriso crollò per un istante.

Si riprese subito, fulminea, però, e scrollò le spalle con indifferenza. “Tu non sai niente di me, Blacky.”
“Sì,” rispose, dopo essersi reso conto che Marlene aveva ragione, che lui la conosceva a malapena, che di lei, a parte il nome e la Casa e lo stato di sangue, non sapeva niente. Si rese anche conto che sapere qualcosa in più non gli sarebbe dispiaciuto, ma lo tenne per sé, come tenne per sé anche molte altre cose.
“Ti va un giro?” gli chiese lei, quindi, dopo poco, disinvolta.
“McKinnon,” iniziò lui, “Tu sai cosa sono. Perché vuoi rischiare così tanto?”
“Rischio lo stesso, alla fine.”
“Ma io no.”
“Ne sei così sicuro? In una guerra rischiano tutti.”
“Non ho paura,” stabilì lui, cercando di porre fine a quel discorso insensato.
“Davvero?” chiese lei, sarcastica. “Allora facciamo così: tra una settimana qui. Arriva alle sette e mezza, stanza numero sette. Vediamo chi non ha paura,” concluse, prima di sorridere ancora e smaterializzarsi.

*

Ottobre 1979


Ormai, Regulus Black era diventato quasi una sfida. Sempre così statico, fermo, immobile, farlo crollare sarebbe sicuramente entrato tra i migliori risultati mai ottenuti. Lui le sembrava sempre troppo pacato e freddo, come ghiacciato in quella sua aura di algida superiorità; era riuscita a scheggiarlo – se ne intendeva, lei, di ragazzi, e l’aveva visto, nonostante lui avesse cercato di nasconderlo –, e ora doveva solo scagliare il colpo finale.
Eppure, per la prima volta, non si sentiva pronta. Sarà stato il pericolo ogni giorno sempre più opprimente e presente, sarà stata la paura, sarà stato qualcos’altro: lei non lo sapeva, ma non si sentiva pronta. Forse, però, lo sarebbe stata se lui si fosse davvero presentato, quel giorno.
Lanciò un’occhiata all’orologio appeso alla parete del salone, e quando vide le lancette indicare le sette meno un quarto si alzò dalla scrivania, lasciando i propri libri a loro stessi, e prese borsa e cappotto. Uscendo, si fermò prima davanti allo specchio, sistemandosi con una mano i capelli mentre con l’altra afferrava le chiavi.
Una volta che fu sufficientemente lontana dalla propria casa, roteò su se stessa e si smaterializzò.
Il sorriso di Marlene fu la prima cosa che vide, quando la ragazza aprì la porta. Dietro di lei, la camera numero dodici della Testa di Porco era forse anche meglio di come se l’era immaginata – perlomeno era pulita.
“Ehilà,” lo salutò Marlene, spostandosi per farlo entrare. Regulus si richiuse subito la porta dietro le spalle, mentre Marlene domandava ironicamente: “Che c’è, paura che ti vedano con una come me?”
Regulus la guardò in silenzio, prima di rispondere lentamente. “Per ora, ho paura che vedano te con me. Io rischio di meno.”
“Casomai, rischi di più,” ribatté lei, sedendosi sul bordo del letto. Regulus si appoggiò al muro, accanto alla finestra chiusa e coperta da delle tende e davanti alla ragazza. “Ma che ne dici di cambiare discorso?”
“Non era per questo che eravamo qui?” domandò lui, un po’ spaesato. “Per chiarire?”
“Cosa c’è da chiarire? Tu hai fatto una scelta, tutti devono scegliere,” Marlene si strinse nelle spalle, e a Regulus parve di vedere un lampo di malinconia attraversarle gli occhi mentre continuava: “Me lo diceva sempre Astris: tutti, prima o poi, si ritrovano a dover fare i conti con qualcosa di più grande di loro, e allora dovranno solo scegliere cos’è meglio per loro.”
Regulus preferì non commentare: non era ancora del tutto sicuro che la sua scelta fosse stata dettata da quel che desiderava. O forse sì: voleva rendere orgogliosi i propri genitori, e in quel modo ci era riuscito. Eppure spesso gli sembrava di aver sbagliato, come quando ascoltava quel che diceva il Signore Oscuro o quel che facevano gli altri Mangiamorte durante le missioni.
“Astris?” chiese quindi, giusto per sviare.
Marlene annuì, prima di sorridere ancora – ed in quel sorriso traspariva affetto e nostalgia, come se stesse ricordando qualcosa di talmente dolce che in un momento del genere la faceva rattristare. “Era di Corvonero.”
“Era?” domandò lui, ricordando vagamente il volto pallido di una ragazza dai capelli biondo sporco. “È… è morta?”
Marlene ridacchiò appena, sebbene il suo sguardo fosse ancora un poco perso. “No, per carità… Ma è in viaggio con il fidanzato. Si sposerà a giugno… Comunque, non importa,” disse poi, battendosi le mani sulle cosce. “Siamo qui, caro Blacky, per parlare.”
“Parlare?” chiese Regulus, basito, prima di portarsi le mani ai capelli. “Tu sei matta! Ti rendi conto che stiamo rischiando tutto per stare qui, ora? E tu mi dici che dobbiamo parlare? Parlare di cosa, poi?”
Marlene sorrise allegra, nel vederlo in quello stato. “Su, Blacky, rischiamo la vita ogni giorno, non dovresti preoccuparti per qualcosa del genere. E poi oggi non avevo niente da fare, mi andava di chiacchierare.”
“Come facevi a sapere, una settimana fa, che oggi avresti voluto parlare con me?”
“Beccata,” rise lei, alzando le mani in segno di resa. “Ma ora, visto che sei qui, che ne dici di restare, chiacchierare un po’ e farci compagnia?” chiese, e Regulus avvertì chiaramente un pizzico di malizia nel tono assunto da Marlene.






***

Maaaaacciao.  
Sì, so di essere molto simpatica a postare il nuovo capitolo praticamente dopo un mese, ma ecco a voi la terza parte di Dietro La Pelle. Oddio, abbiamo superato la metà! Ho piuttosto paura, visto che d'ora in poi si va molto sull'introspettivo - specialmente di Regulus, piccolospoiler - ed io ho sempre paura di sbagliare alla grande. Mi fiderò di Daphne e fingerò di sapere di aver fatto un lavoro decente (lei dice più che buono, ma lei è troppo gentile è_è). 
Ecco.
E ci avviciniamo anche al mio compleanno *non gliene frega a nessuno*, che è il dodici giugno *gente (se c'è) che pensa "ma a noi che ce ne frega?"*, e quindi posterò l'ultimo capitolo proprio quel giorno *cori di "oooh" un po' scettici*. Muahahah. Come sono originale. NO, per niente, ma shalla.
Sì, sto sclerando, ma ora fuggo, perché domani mi interroga scienze sicuro, ho il compito di inglese, correggiamo i compiti di greco (e il mio è andato una mmmerdaH ;A;), e rischio di essere interrogata pure in epica. Al peggio non c'è mai fine, porca miseria.
Perciò addio, e alla prossima settimana ù_ù
A.

Non scherzare, McKinnon,” disse quindi, la gola secca. “Non ho intenzione di rovinare tutto solo per una sbronza. Quel che è successo a giugno è… è successo e basta.”
“Lo so,” annuì Marlene, e Regulus avrebbe voluto cancellarle quel sorrisetto dalle labbra piene. “Posso dirtela una cosa, però, Blacky?”
“Sentiamo un po’!” sbottò lui, lanciando uno sguardo alla porta. Perché c’era qualcosa, negli occhi di Marlene, che lo attiravano ma allo stesso tempo lo respingevano; erano di un azzurro brillante, e così pieni di vita e di libertà e di Marlene che lui avrebbe voluto stare lì a guardarli per tutto il tempo del mondo ma allo stesso tempo scapparne per sempre.
Lei piegò le labbra in un ghigno appena accennato, prima di parlare: “Vedi, Blacky, tu ti preoccupi troppo. E questo non è un bene, Micetto. Fammi indovinare: tu pensi che quel che sia successo a giugno non possa più capitare perché ti rovineresti la vita? Merlino, era sesso. Dillo con me: ses-so. Non è il sesso che rovina tutto, ma i sentimenti. Niente sentimenti e il gioco è fatto”. Concluse il proprio discorso con un’aria soddisfatta, Marlene – forse per l’aria attonita di Regulus, o più semplicemente perché sapeva di essere lei il vento di Regulus, in quel momento.
“Io…” iniziò Regulus, con le intenzioni migliori – almeno secondo lui –, ma si bloccò vedendola alzarsi dal letto e avvicinarsi a lui. Mentre la ragazza si scioglieva i capelli, domandò: “Che stai facendo?”
“Ti mostro come il sesso possa essere diviso da tutto il resto,” rispose lei, sorridendo. Regulus fece per respingerla, ma lei posò le sue mani alla base del suo collo e lui non ci pensò più – non pensò più a niente.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Eralery