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Autore: Leaena    19/05/2012    4 recensioni
Ma quello che avevo fatto, l’avevo fatto per lui. L’amavo troppo per pensare ad un mondo senza di lui. Mi sarei sempre sacrificata per le persone che amavo. E per Jacob ero partita per l’Italia, ai servigi dei Volturi. Se non l’avessi fatto, ci sarebbe stata una battaglia, che non avremmo mai vinto.
Ci fu un piccolo ostacolo, che mi costrinse a ritornare a Forks.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Quileute, Volturi | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo II.

 
Hard to say I’m sorry

 

After all that we've been through, I will make it up to you. I promise to.
And after all that's been said and done,
You're just the part of me I can't let go.
Hard to say I’m sorry - Chicago
 

 
Rientrai nella casa di Jacob, da mia figlia. Ruthie dormiva fra le braccia di Seth. Il suo viso era rilassato e sereno. Aveva il pugno stretto intorno al pollice di Seth, quasi non lo volesse lasciare andare via. Quella scena mi fece sorridere: c’era molta tenerezza.
Sospirai, strizzando gli occhi per non piangere. Mi chinai e presi mia figlia, facendo attenzione a non svegliarla. Me l’accoccolai al petto, poi feci cenno ad Alexander e Julia di seguirmi. Salutai Billy e il branco, dicendo loro che sarei andata da Charlie.
Ecco, ora avrei dovuto affrontare anche lui. L’avevo lasciato solo, peggio di come aveva fatto mia madre. Il dolore che aveva provato mi sarebbe sempre rimasto sulla coscienza, una grossa lama dentro al mio cuore. Avevo fatto soffrire il sangue del mio sangue… non me lo sarei mai perdonata.
Arrivai al vialetto di casa mia, la macchina dello sceriffo era sempre parcheggiata al solito posto. Suonai al campanello con le budella dello stomaco attorcigliate talmente tanto che quasi respiravo a fatica.
«Bella… sei tornata» sia dall’espressione sia dalla voce di mio padre c’era solo delusione.
Dovetti combattere contro i miei occhi per non fare versare loro nemmeno una lacrima.
«Stai bene?»
Feci un respiro per provare a sentirmi un po’ meglio. «Sì… tu?»
«Mi chiedi se sto bene?! Mi chiedi se sto bene dopo più di nove mesi che mi hai lasciato da solo?!». Il viso di mio padre si fece rosso per la rabbia. Mai l’avevo visto così.
Abbassai lo sguardo colpevole. «Perdonami… io…».
«Tu cosa, eh? Sei peggio di tua madre… mi hai deluso questa volta, Isabella.»
Eccolo, il mio primo singhiozzo. Uno, due, tre… finché non scoppiai letteralmente in lacrime. Charlie si voltò, senza degnarmi di uno sguardo, poi entrò in casa, lasciando la porta aperta. Almeno non mi aveva chiuso la porta in faccia. Non ebbi coraggio di entrare. Mi voltai anch’io e uscii dal viale, dove Alexander e Julia mi aspettavano con Ruthie.
Non chiesero nulla, capirono subito che era andata peggio del previsto.
«Dove andiamo ora, Bella?» mi chiese Julia, che aveva fra le braccia una Ruthie addormentata.
Scossi la testa. «Non,,,»
«Potete venire da noi» la voce dura di Sam riecheggiò alle mie spalle. Era al limite del bosco, accompagnato da Paul, Jared e Quil.
Sam che mi diceva che potevo stare da lui? Anzi, potevamo.
«Davvero?» domandai stupita. «Anche…»
«Sì, anche loro. A patto che stiano buoni» alla fine quasi ringhiò.
«Staranno buonissimi. Te lo posso garantire.»
 
Arrivammo alla casetta di Sam ed Emily, passando per il bosco. Per tutto il tragitto Jared e Paul non fecero altro che guardare storto i miei amici e anche un po’ me.
Quil aveva iniziato a farmi domande su i Volturi e anche sulla mia piccola. Gli avevo risposto, per non sembrare maleducata, ma distrattamente. Avevo altro a cui pensare.
C’era anche Jacob da Emily?
Una parte di me lo sperava… il mio cuore voleva stargli accanto, il mio corpo voleva poterlo toccare, ma l’altra parte avrebbe voluto che non ci fosse, perché non sarei mai riuscita a guardarlo negli occhi.
Quando varcai la porta, avevo il cuore a mille. Mi guardai subito attorno: lui non c’era.
Tutti mi guardarono, chi bene, chi male. Seth mi abbracciò, poi si prese Ruthie.
«Bella… vuoi mangiare qualcosa? Vuoi riposare?» Emily mi accarezzò il braccio, gentile come sempre.
«No, grazie. Sto bene così» mi sforzai di sorriderle decentemente, almeno per ricambiare la sua gentilezza.
«Guardate chi sta arrivando! Il grande capo».
Schiamazzi, urla. Risate, finti pugni.
Più si facevano forti, più mi girava la testa. Dovetti sedermi. Non ero pronta per un altro confronto… non con lui.
Lui, che si trovava a pochi passi da me; il suo sguardo che fra poco mi avrebbe trapassato… da parte a parte; il suo calore, il suo odore di boschi, che sentivo anche a distanza. Tutto di lui mi faceva girare la testa.
E io con lui la testa dovevo averla ben salda.
Nessuna giocata strana. Tutto con la massima prudenza.
Dovevo giocarmela d’astuzia, se volevo riprendermelo. E io dovevo riprendermelo.
«Emily? Vado un attimo in bagno, va bene?».
«Certo. Ti ricordi la strada?».
Annuii e, cercando di non cadere e non inciampare, andai al bagno. Appoggiai le mani sul lavabo per sorreggermi; chiusi gli occhi, respirai a fondo.
Avanti, Bella. Ce la puoi fare.
È solo Jacob, Jake. Lo conosci meglio di te stessa.
Vai lì fuori e affrontalo.
Hai bisogno di lui.
Mi sciacquai la faccia, poi aprii la porta, cercando di tirare fuori un carattere e una determinazione, che probabilmente non erano mie.
Fallo almeno per tua - vostra - figlia, mi dissi.
Quando tornai in cucina, lui era lì, con lo sguardo fisso su sua figlia. Sicuramente mi aveva sentito arrivare, ma non si era mosso di un solo millimetro. Ne ero felice, felice che prestasse attenzione su Ruthie.
Ruthie lo osservava pure lei. Si guardavano come fossero complici; lo facevano immobili. Chissà da quanto erano così.
Fu un’azione che durò pochi secondi, ma si mostrò ai miei occhi eterna.
Ruthie allungò una manina verso suo padre; lui sorrise e gliela prese.
Poi fu il turno di Seth: porse mia figlia verso Jacob; esitò un attimo, poi la prese e l’appoggiò al suo petto con delicatezza. Quasi piansi per la dolcezza che ci fu in quei gesti.
Bella, devi parlargli. Dovete chiarire.
Avevo un disperato bisogno di un suo bacio.
«Jake,» lo chiamai «andiamo a farci una passeggiata?».
Mi guardò duramente e nonostante fosse ancora arrabbiato con me accettò il mio invito.
Jake, ti prego, non mi guardare così, avrei tanto voluto dirgli.
Uscimmo fuori, dopo che Jake ebbe dato Ruthie, questa volta, a Emily.
Finché non eravamo abbastanza lontani da orecchie indiscrete, nessuno dei due spicciò parola.
Eravamo immobili, l’uno di fronte all’altra, occhi negli occhi. Il suono delle onde, che si rompevano contro gli scogli, ci faceva da sottofondo.
Volevo dirgli tante cose, volevo provare a fargli capire il perché delle mie azioni, ma dalla mia bocca non usciva nessuna parola. L’unica cosa che volevano le mie labbra era poter assaggiare quelle di Jacob Black, l’uomo che amavo più della mia stessa vita.
Mi avvicinai a lui lentamente, con la paura che potesse allontanarmi.
Un passo mio… lui immobile.
Due passi miei… lui immobile.
Tre passi miei… lui immobile.
 
Le mie labbra toccano le tue, Jake. La mia lingua accarezza la tua, ma tu sei immobile, fermo, congelato nella tua rabbia nei miei confronti.
Non ti sono mancata nemmeno un po’ in questi mesi?
Possibile che la rabbia sorpassi l’amore?
Non puoi darmi anche un solo bacio prima di metterci a discutere?
Proprio non puoi perdonarmi, Jacob?
 
Mi lasciai alle spalle l’uomo che credevo mi amasse.  


:::::Note dell'autrice:::::

Sì, beh, sì.
Lo so, probabilmente l'ultima volta che ho postato è stata due mesi fa. 
Non sto nemmeno a dirvi quali siano state le cause: è una totale e inutile perdita di tempo.
Bene, che dire?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A presto, si spera. 
L.

   
 
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