Dark
Paradise
Capitolo III
[Loving you forever can’t be wrong
Even thought you’re not here, won’t move on]
«Scusa Bulma.»
Prima
di riuscire ad addormentarsi quella frase turbò le menti del Saiyan e di Bulma.
Vegeta
non riusciva a capacitarsi di aver fatto delle scuse a qualcuno e in particolar
modo a quella terrestre.
Stringendo
i pugni si vergognò ma al tempo stesso cercò di comprendere cosa l’avesse
spinto a dire quelle parole.
Pensò
che l’avesse fatto perché, in effetti, non si stava comportando nel più gentile
dei modi con lei ma, in fondo, nella sua vita aveva sempre fatto così e nessuno
gli era mai venuto a dire che fosse qualcosa di così tanto sbagliato.
Come
uomo aveva degli istinti e le donne servivano essenzialmente per soddisfare
quelle esigenze, non c’era rispetto in una forma di sesso del genere, c’erano
solo una necessità e un modo di appagarla.
Però
sentiva che quella terrestre fosse diversa, nessuna donna aveva mai osato
ribellarsi in quel modo, così forte e autoritario, lei non si faceva trattare
da oggetto e non voleva essere il suo.
Forse
era per quel motivo che si era scusato, si era sentito in qualche modo in
dovere di reintegrare il suo onore dopo averla trattata male?
No,
a lui cosa diamine importava dell’opinione di quella, meno di niente, si
rispose nella confusione di quel momento.
E
poi si ricordò di averla perfino chiamata per nome.
Credeva
di non conoscerlo nemmeno nonostante lei continuasse perennemente ad
urlarglielo ogni giorno. Di solito la sua mente eliminava le informazioni
inutili, invece il suo nome gli era rimasto impresso, in qualche modo.
S’infuriò
pensando che quella questione, tutto sommato inutile, gli stesse togliendo
riposo prezioso che gli serviva per i suoi allenamenti.
Non
l’aveva detto per nessun motivo particolare e per quanto vergognoso – un principe dei Saiyan che si abbassava a
chiedere scusa a una terrestre! – decise che avrebbe ignorato il problema
iniziandola a trattare più freddamente. Non voleva assolutamente che quella
pazza pensasse in qualche modo che lui si era ammorbidito nei suoi confronti o
che potesse pensare di prendersi certe libertà con lui.
Sorridendo
beffardo, finalmente mise a tacere i suoi pensieri e si addormentò.
Bulma,
al contrario, non aveva nessuna voglia di dormire.
Era
ancora accasciata al muro della sua cucina, con l’asciugamano appoggiato al
corpo e l’espressione scioccata da quello che le era appena successo.
Vegeta
la stava per violentare e dopo due minuti le chiedeva scusa, chiamandola per
nome?
Cosa
mai gli aveva fatto cambiare idea e atteggiamento in modo così repentino?
Dubitava
seriamente fossero state le sue parole e se gli fosse passata la voglia,
sicuramente non si sarebbe scusato.
Che
avesse capito che il suo gesto fosse stato sbagliato?
Poteva
quello scimmione pensare una cosa così buona?
Più
ci pensava e più tutto le sembrava totalmente assurdo, essere violentata aveva
un qualche senso e rientrava nella mente di quell’uomo, poteva spiegarselo
razionalmente ma le scuse non riusciva proprio a capirle.
Un
timido sorriso si affacciò nel viso di Bulma, in fondo qualunque fosse stato il
motivo, era la prima volta che il Saiyan dimostrava un gesto così umano nei
suoi confronti benché anticipato da quell’intenzione così meschina e senza ritegno.
Si
alzò in piedi, con spirito rinnovato, decidendo che gliel’avrebbe fatta pagare
in qualche modo. Per la mente Saiyan quell’atto poteva forse essere considerato
ai livelli della normalità ma nel mondo umano era una cosa inammissibile e in
qualche modo gliel’avrebbe fatto capire.
“Va
bene che si era scusato ma Bulma Brief otteneva sempre la sua piccola vendetta
personale, anche da un Saiyan.” Pensò infine gongolando verso il suo letto,
ansiosa di trovare qualche buona idea per averla vinta.
Quello
che Bulma sicuramente non si aspettava fu la freddezza con cui Vegeta iniziò a
trattarla nei giorni seguenti. Non che il loro rapporto fosse mai stato
caloroso ma la ragazza sentiva nei suoi confronti un muro ancora più alto e
solido di quello che aveva percepito al suo arrivo sulla Terra.
Adesso
non litigavano neanche più perché lui evitava proprio di parlarle, le poggiava
sempre in laboratorio le attrezzature che rompeva e se la GR si guastava andava
a dirlo a suo padre, invece di rivolgersi a lei.
Solamente
durante i pasti lei tentava di varcare quella soglia così impenetrabile ma ad
attenderla c’era sempre un muro di silenzio, non le borbottava più neanche
contro.
Stanca
e un po’ dispiaciuta di come il loro rapporto fosse regredito in maniera così
brusca, non riusciva proprio a comprendere cosa fosse passato nella mente del
Saiyan da spingerlo a comportarsi in quel modo.
In
teoria doveva essere lei quella arrabbiata, non lui.
L’egocentrismo
di quell’uomo la lasciava sconvolta e sempre più furiosa, nessuno poteva
ignorarla in quel modo, lei non poteva permetterlo!
Anche
la vendetta che aveva pensato per lui aveva pian piano perso interesse nella sua
mente poiché le sue battute e le sue frecciatine cadevano sempre nel vuoto.
Il
motivo che la spingesse così tanto ad interessarsi ormai evitava proprio di
domandarselo, era inutile che negasse che stava sviluppando qualcosa di sempre
più intenso per quegli occhi così profondi e scorbutici.
Un
sentimento ancora fragile e che si sarebbe spezzato se Vegeta quella sera
avesse approfittato di lei, privandola del rispetto e compiendo un gesto tanto
cattivo.
Ma
lui si era frenato e invece di fermarsi il suo cuore aveva iniziato a correre
sempre più forte, alimentato dalla speranza che non tutto in Vegeta era male,
che se lui era capace di fare delle scuse allora qualcosa di buono c’era dentro
di lui.
Il
problema era tirarlo fuori.
Facendo
zapping, seduta sul divano, guardando in modo assente la TV che continuava a
cambiare canale, Bulma non riusciva a trovare una soluzione e sentiva che la
lontananza tra loro sarebbe aumentata sempre più se lei non avesse fatto
qualcosa.
All’improvviso
sentì la porta bussare e, meccanicamente, si alzò per aprire, non
interrogandosi particolarmente su chi fosse, certa che fosse una visita per la
madre o per il padre.
Restò
perciò molto stupita quando fuori dalla porta trovò Yamcha ad attenderla.
«Yamcha,
ciao. Finalmente mi dai un segno della tua esistenza, ti ho lasciato decine di
messaggi!» gridò irata non appena ripresasi dallo stupore. Dopo la sera che
l’aveva lasciato Yamcha era sparito nel nulla e dopo qualche mese aveva
iniziato ad essere preoccupata, pensando che gli fosse accaduto qualcosa.
«Scusa
se non avevo voglia di sentire la donna che mi ha scaricato.» disse gelido
calmando subito l’ira di Bulma che s’imbarazzò.
«Ehm…»
borbottò, infatti, non sapendo cosa dire.
«Vuoi
entrare?» chiese mentre il silenzio del ragazzo la metteva sempre più a
disagio.
Poi,
di colpo, Yamcha la fissò intensamente e le prese le mani congiungendole nelle
sue.
«Bulma,
ti prego, spiegami perché! Io ti amo, io volevo sposarti, perché hai preso
quella decisione? Noi due ci apparteniamo, io non riesco a dimenticarti!» gridò
sperando che grazie al tempo che erano stati separati, la donna avesse capito
di aver fatto uno sbaglio.
Bulma
ritirò le mani e fermamente, come allora, gli spiegò i suoi sentimenti: «Mi
dispiace Yamcha ma io non ti appartengo, io non ti amo più, devi riuscire ad
andare avanti. Vuoi veramente stare con una persona che non ti ama? Tu meriti
di meglio, qualcuna che tenga a te come un tempo ci tenevo io.»
«Io
non voglio arrendermi, pensavo ti servisse tempo, ma invece forse occorre solo
che io ti faccia di nuovo innamorare di me!» disse esultante.
«No,
Yamcha. Io ti voglio bene e voglio che tu continui a fare parte della mia vita,
ma solo come amico, come il caro amico di cui sempre avrò bisogno, ma tra noi
non potrà mai esserci nient’altro! Non insistere, per favore.» concluse lei
invitandolo a prendere una decisione sulle sue intenzioni.
«Bulma…
Non ho davvero nessuna speranza?»
«No.»
confermò lei per non dargli nessun tipo di aspettativa futura.
«Allora
forse è meglio che vada… Ci rivedremo, sei troppo importante per me, però avrò
bisogno di tempo per assorbire il tutto.» replicò Yamcha salutandola e volando
via dalla Capsule Corporation.
Bulma
si sentì un po’ triste per quell’ultimo disperato tentativo, Yamcha alla fine
teneva veramente molto a lei, non aveva mai considerato pienamente il suo
affetto, anche se questo non cambiava minimamente i suoi sentimenti verso di
lui.
Sarebbe
rientrata subito in casa se un’esplosione non avesse fatto tremare tutto il
terreno e l’abitazione.
Bulma
sbarrò gli occhi che corsero immediatamente in direzione della GR in giardino
che, infatti, fumava sempre di più.
Andò
velocemente verso quel punto, consapevole che Vegeta aveva combinato un
disastro simile a quello che aveva fatto nei primi mesi.
Come
allora lo trovò svenuto sopra le macerie della GR che era completamente
distrutta. Sangue ed escoriazioni gli coprivano tutto il corpo e, esattamente
come allora, Bulma lo soccorse subito accogliendo con dolcezza e preoccupazione
le sue contestazioni che gli intimavano di lasciarlo andare.
Dove
trovasse la forza di dire quelle cose mentre era in stato quasi d’incoscienza
lei non riusciva davvero a comprenderlo, ma sicuramente non mollò la presa per
quelle parole.
«Stupido,
perché devi farti sempre del male…» sussurrò mentre vide il padre avanzare
nella loro direzione, pronto a portare soccorso a Vegeta.
Lo
sollevarono in una barella e insieme lo portarono nella sua stanza, dove suo
padre iniziò a medicarlo e lei insieme a lui.
«Esattamente
come l’altra volta questo testone si è spinto oltre i propri limiti!
Addirittura questa esplosione è stata molto più forte! Però, figlia mia, non
preoccuparti, sai di che tempra sono i Saiyan e vedrai che presto si
rimetterà.» disse suo padre vedendola con il viso angosciato e preoccupato.
Lei
annuì e insieme finirono le medicazioni. Nel frattempo era arrivata anche la
mamma di Bulma che, con tono agitato, chiedeva cosa mai fosse successo
all’affascinante principe.
«Povero
caro! Si fa sempre male, dovrebbe rilassarsi! Bulma cara te l’ho detto che
dovresti aiutarlo tu! Tu che ancora puoi tesoro.» cinguettò amabilmente mentre
Bulma sospirava rumorosamente, sua madre non sapeva proprio contenersi.
«Ora
lasciamolo riposare, ha bisogno di una lunga dormita. Io inizio a ricostruire
la GR, appena si sarà ripreso vorrà di nuovo allenarsi!» disse il padre uscendo
dalla stanza e portandosi dietro sua moglie che fece un piccolo occhiolino a
Bulma.
Lei,
del resto, non aveva la minima intenzione di lasciare quella stanza. La sua
preoccupazione era molto più forte dell’ultima volta e non poteva assolutamente
pensare di andarsene.
Seduta
vicino a lui, azzardò un gesto e strinse delicatamente la sua mano nella sua.
Lui
ovviamente non rispose alla sua carezza e lei quindi continuò a mantenere quel
contatto. Era la prima volta che tentava qualcosa di così intimo e il cuore le
batteva un po’ più forte, mentre la sua mente le ricordava che Vegeta non si
scostava solo perché incosciente.
«Perché
devi farmi sempre preoccupare…» chiese mentre lo guardava con gli occhi colmi
di nuovi e intensi sentimenti.
Senza
accorgersene i minuti diventarono ore e il sonno s’impossessò di lei, secondo
dopo secondo. Si appoggiò al materasso, mantenendo quella sensazione così
benevola e continuando a tenere la mano di Vegeta chiusa dentro la sua finchè lentamente si assopì.
Era
notte quando Vegeta di colpo aprì gli occhi, accorgendosi subito come tutto il
suo corpo dolesse senza eccezioni. Si rilassò ed in quel momento notò un calore
insolito provenire dalla sua mano, alzò lo sguardo vedendo la terrestre
addormentata con la sua mano sopra di lui.
Non
riusciva proprio a capirla.
Perché
aveva tutti quei riguardi verso di lui, cosa la spingeva?
La
prima volta che l’aveva vista vegliarlo si era semplicemente spiegato che
quella terrestre fosse eccessivamente premurosa e stupida, in fondo si
conoscevano da pochissimo tempo e tanta attenzione era solo segno d’ingenuità.
Ma
ora?
Perché
prestava le sue cure a qualcuno che lei stessa aveva definito “tipo schifoso”?
Oltretutto i loro rapporti erano sempre stati burrascosi e litigiosi, perché
quella terrestre era così gentile e buona?
Lui
non se ne capacitava in alcun modo, nel mondo in cui lui era cresciuto quando
si feriva c’erano solo altre botte ad attenderlo, ad un gesto cattivo si
rispondeva con un gesto più cattivo e non in altro modo.
Per
questo l’aveva evitata, perché aveva comportamenti che non capiva e poi perché
la sua presenza aveva fatto sì che anche lui dicesse cose fuori dal normale,
come quelle scuse.
E
poi quella sensazione era così piacevole, pensò rimproverandosi e dandosi del
debole, un contatto fisico così piccolo non avrebbe dovuto significare proprio
niente, anzi doveva ritrarre la mano ed interromperlo subito.
Le
ferite si fecero sentire nuovamente e pensò che forse, per qualche altra ora,
poteva lasciare che le sue barriere restassero abbassate.
Nessuno quella
notte gli avrebbe fatto del male.
Vegeta
si riprese in pochi giorni e tornò a rivolgersi alla terrestre, per quanto
continuasse a considerarla un mistero senza soluzione.
Lei
aveva subito notato che il Saiyan le “parlava” di nuovo, ovviamente a suon di
ordini e sberleffi.
La
ragazza intravedeva forse la speranza che non tutto fosse perduto e ricominciò
nei suoi tentativi di avvicinarsi a lui.
Tuttavia
gli sforzi della ragazza sfociavano – o
almeno così lei credeva – sempre nel nulla e non vedeva nessuna occasione
per poter dire qualcosa in più al Saiyan.
L’opportunità
le si presentò una sera in cui, per caso o per destino, i genitori di Bulma
avrebbero passato la notte in un’altra città da dei parenti.
La
giovane scienziata percorreva il giardino stanca dall’aver lavorato fuori fino
a quell’ora e intercettò il Saiyan che stava uscendo, notando la sua
espressione scoraggiata.
Non
ce l’aveva fatta neanche quel giorno.
Non
volendo farsi notare entrò velocemente in casa, precedendolo ed iniziando a
preparare la cena.
Lui
arrivò poco dopo e si andò a lavare nella sua stanza.
Ammirava
la forza di volontà con lui tentasse ogni giorno di battere Goku, era animato
da un qualcosa molto forte.
Dopo
un quarto d’ora Vegeta tornò nella cucina e si mise seduto, iniziando a
ticchettare sul tavolo per comunicare implicitamente alla ragazza la sua
impazienza.
Lei
si limitò ad ignorarlo e, con calma, cucinò tutto nel tempo necessario. Poi lo
servì e si mise di fronte a lui, mangiando un quinto di tutto quello che aveva
preparato per lui.
Vegeta
divorò tutto alla velocità trovando di una bontà sempre migliore tutta la
cucina di quel pianeta.
Bulma
raccolse i piatti uno per uno e, alla fine, armandosi di coraggio iniziò a
parlare.
«Un
giorno ce la farai.»
Vegeta
alzò di scatto lo sguardo dal piatto per fissarla stupito.
«Di
che cosa parli?»
«Del
Super Saiyan. Sono convinta che anche tu lo diventerai presto.» spiegò lei
sentendosi il cuore galoppare nel petto.
Vegeta
poteva infuriarsi oppure? Che reazione doveva aspettarsi?
Vedendolo
con quel viso scoraggiato non aveva resistito a fargli sapere che lei credeva
in lui, che sapesse che tanti sforzi sarebbero stati ripagati.
«Ovvio
che lo diventerò. Sarò fortissimo e batterò quegli androidi e anche Kakaroth e
poi distruggerò questo inutile pianeta.» rispose sicuro di sé e non capendo il
motivo delle parole della terrestre.
«Spero
tanto che tu non ci distrugga, anche perché non sono così sicura che riuscirai
a battere Goku però sono certa che diventerai Super Saiyan. Lo so bene che sei
convinto di riuscire nei tuoi obiettivi, solo che certe sere mi sembra che tu
lo dimentichi.» gli disse sorridendo leggermente e sentendosi arrossire di
fronte al suo sguardo inquisitorio.
«Non
dire sciocchezze, non lo dimentico mai.» replicò lui sentendosi agitato, quella
ragazza era imprevedibile, non riusciva ad anticipare nessuno dei suoi
comportamenti e non sapeva mai cosa aspettarsi.
Non
aveva nessuna paura di lui, esprimeva il suo pensiero sempre e comunque, non
riusciva a domare il suo carattere irascibile in nessun modo. Durante i loro
battibecchi i suoi occhi saettavano e brillavano di determinazione, lei non si
faceva mettere i piedi in testa in nessuna maniera, a nulla valevano le sue
minacce di morte.
L’unica
volta che l’aveva vista realmente spaventata era stata quella sera ma anche
allora aveva affrontato il tutto con una fierezza incredibile.
E
poi era sempre così maledettamente gentile e premurosa, attenta ad essergli di
aiuto, non per accondiscendenza ma per un reale e genuino desiderio di
aiutarlo.
E
questo lo confondeva, anche in quel momento stava dicendo cose senza senso. Era
un tentativo di incoraggiamento?
Da
quando lei credeva in lui?
Il
filo dei suoi pensieri s’interruppe quando vide la figura di Bulma pronta ad
uscire dalla cucina e le parole gli fluirono dalle labbra proprio come quella
sera.
«Perché
mi dici queste cose? A te cosa importa?» chiese gelido, tentando di suonare
minaccioso.
«Te
l’ho detto, avevo notato che stasera sembravi meno grintoso del solito e ho
voluto farti sapere che anch’io credo in te.» rispose Bulma sentendosi felice
che per una volta le sue parole avessero prodotto un effetto diverso dalla
rabbia.
Vegeta
si alzò in piedi e si avvicinò alla figura di lei che lo fissava non capendo
cosa avesse in mente di fare.
«Tu
non hai un motivo. Pensi forse che dicendomi queste cose o comportandoti in
questa maniera io potrei pensare di salvarti la vita quando sarà diventato
imbattibile?» replicò tentando di dare una logica a quelle parole.
Credere
in lui.
Mai
nessuno aveva creduto in lui, non in quel modo, non senza un tornaconto
personale.
«Ma
che stupidaggini vai dicendo! Principe, ma non hai mai avuto qualcuno nella tua
vita che credesse e si fidasse di te?» domandò azzardando a battere un colpo
beffardo sul suo petto.
«No.
E non concepisco perché tu dovresti farlo visto quello che è successo alcune
sere fa, pensavo che i tuoi modi gentili sarebbero finiti dopo quello che ho
fatto.» sibilò Vegeta attaccandola.
«Mi
hai fatto delle scuse e io ti ho perdonato. E’ semplice, no?» rispose lei
candidamente come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Vegeta
non seppe cosa replicare.
Il perdono?
Da
piccolo nessuno gli aveva mai insegnato una parola del genere ed era passato
molto tempo prima che ne capisse il significato. Ma non l’aveva mai messo in
pratica.
I
Saiyan non perdonavano. E non venivano perdonati, un suo sbaglio era stato
sempre severamente punito.
Bulma
vedendo che non sapeva come reagire tentò il tutto per tutto e poggiò una mano
delicatamente sulla guancia del Saiyan che, a quel gesto, si scostò come se si
fosse bruciato.
«Che
diamine fai?» disse alzando la voce.
La
scienziata però non si perse d’animo e la distanza che lui aveva creato la
annullò avvicinandosi di nuovo.
Riappoggiò
la mano sulla guancia dolcemente e stavolta Vegeta non la cacciò ascoltando le
sue parole.
«Si
chiama carezza. Non c’è da aver paura.» sussurrò Bulma muovendo leggermente la
mano.
«Non
ho paura, chi mai avrebbe paura di una creatura tanto debole ed indifesa? E poi
so cos’è una carezza!»
«E
allora perché ti ritrai come se ci fosse qualcosa da temere?»
Vegeta
arretrò nuovamente non potendole spiegare che quel genere di cose lo indebolissero, rendendolo un bersaglio
facile.
E
poi nessuna donna aveva mai osato tanto con lui, nessuno nell’intero universo
gli aveva messo una mano sul viso ed era ancora vivo a raccontarlo.
Però…
le carezze di quella terrestre sembravano sincere in qualche modo ed erano
piacevoli. La guardò di nuovo e, come quella sera, sentì il desiderio di farla
sua.
Ma
si trattenne e decise che sarebbe stato meglio uscire da quella stanza.
«Non
ti devo nessuna spiegazione e ora lasciami passare!»
Bulma
si sentì persa e pensò che mai il Saiyan si sarebbe nuovamente esposto in quel
modo se l’avesse lasciato scappare, anzi si sarebbe chiuso a riccio e avrebbe
fatto il doppio della fatica.
Lo
afferrò quindi per un braccio, mettendoci tutta la sua forza possibile per
fargli capire che voleva trattenerlo e quando vide che lui si girava per
gridarle addosso, prese delicatamente il viso nelle sue mani e lo baciò a fior
di labbra.
Vegeta
sbarrò gli occhi completamente sconvolto dalla follia di quella terrestre che
continuava a fare un gesto più assurdo dell’altro.
«Questo
si chiama bacio. Quando è stata l’ultima volta che ne hai ricevuto uno?» chiese
lei soffiandogli sulle labbra.
Lui
pensò che non lo ricordasse minimamente, nessuna donna aveva mai osato baciarlo
o guardarlo in faccia durante un rapporto né lui aveva interesse a guardare
loro.
«Stai
osando veramente troppo terrestre, allontanati.»
«Non
mi era sembrato che quella sera la mia vicinanza non ti fosse gradita.» rispose
con voce leggermente maliziosa.
«E
a me era sembrato che non fosse gradita a te.» replicò lui scorgendo la malizia
in quegli occhi così azzurri e desiderando sempre più di averla.
«Non
volevo che succedesse in quel modo, con quelle tue parole, io non sono una
delle tue donne da usare quando devi sfogarti.» disse fermamente.
Vegeta
rivide in lei la stessa fierezza che aveva visto quella sera e tentò di non
pensare a quanto quella situazione fosse inconcepibile per il principe dei
Saiyan.
«E
in cosa saresti tanto diversa?»
«A
quante altre donne hai permesso un bacio, prima di me?» chiese infine sapendo
di avere la vittoria in pugno e sentendo l’adrenalina nelle vene.
Quando
Vegeta non si era tirato indietro dalle sue carezze, aveva capito di
desiderarlo immensamente ma non avrebbe mai accettato di essere considerata da
lui come una delle tante, non lei,
non Bulma Brief.
Vegeta,
infatti, non seppe come replicare non volendole effettivamente dire che la
risposta era nessuna, ma lei lo intuì lo stesso guardandolo e baciandolo
nuovamente.
Stavolta
lui ricambiò, in fondo, quella terrestre si stava offrendo sola e lui aveva
tutta l’intenzione di accettarla.
Aveva
proprio bisogno di un po’ di svago.
Anche
se, da qualche parte dentro di sé, pensò che lei aveva avuto ragione. Non era
come tutte le altre donne.
Non
aveva mai saputo il nome della donna con cui stava, cosa gliene sarebbe dovuto
importare?
Mentre
ora lo conosceva e se lo ricordava. Ancora non capiva perché permettesse che Bulma continuasse a prendersi tutte
quelle libertà, il suo onore e orgoglio gli imponevano di rifiutarla, doveva essere
a lui a decidere.
Però
la sua pelle era invitante, i suoi baci forse di più e per quella sera decise
di godersela.
Si
stupì quando notò che l’aveva chiamata per nome, quella sera, perfino nei suoi pensieri.
Fine
del terzo capitolo!
Salve
** Le strofe iniziali sono prese sempre dalla stessa canzone di Lana Del Rey.
Allora
vi piace questo capitolo? u.u
Voglio
tanti commentini!
Vegeta
inizia piano piano a sbloccarsi e iniziava forse un poco a fidarsi di Bulma, mi
piace pensarlo come un uomo che non aveva proprio idea di cosa fosse un gesto
gentile e di Bulma che glielo mostra, ovviamente è ironica insegnandogli i nomi
xD però mi sembrano tanto teneri :3 con Vegeta che non capisce che vuole Bulma
xDDD Almeno spero che sia questa l’idea che vi ho trasmesso perché era
esattamente quella che volevo dare.
Ringraziamenti:
-
MariannaV: Grazie mille
delle due recensioni *________* sono felicissima che la mia storia ti piaccia e
spero che questo capitolo ti abbia soddisfatta! Sì, infatti, anche a me quella
componente nelle storie ha sempre dato un po’ fastidio, Bulma Brief sa farsi
rispettare!
-
Lienne: Grazie mille *-*
spero continui a piacerti!
-
Federika21: quanto mi fanno
piacere le tue recensioni non puoi capire ** oltretutto mi hai fatto due
appunti giustissimi che spero di averti spiegato con questo capitolo. Yamcha
voleva lasciarle un po’ di tempo e ci ha riprovato ma per ora lo rivedremo solo
come amico xD Vegeta OOC, sì forse un po’ hai ragione :S però alla fine della
storia forse ti si chiarirà meglio. Sono contenta che trovi i personaggi IC
*_*, sto puntando molto a quello e all’aspetto introspettivo, in questo
capitolo per esempio non so se Vegeta sia proprio IC, anche perché è davvero
un’impresa con i pochissimi indizi che abbiamo xD Un bacio e spero continuerai
a recensire :D
Ringrazio
inoltre tutti quelli che hanno inserito la storia nei preferiti, ricordate e
seguite (siete tanti o_o, grazie **)
EclipseOfHeart