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Autore: lady hawke    31/05/2012    2 recensioni
Nell'Ungheria del 1300 essere una strega o un mago non è impossibile, ma decisamente complicato. Bisogna nascondersi, fingere di non avere niente a che fare con pratiche considerate demoniace e bisogna farla franca davanti ad Inquisitori e ministri di Dio. Di uno Statuto di Segretezza si continua a parlare, ma niente è stato deciso. In questo clima è cresciuta una bambina che, da adulta, verrà ricordata come Guendalina la Guercia, colei che finì sul rogo ben trentasette volte.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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 Note: sarò breve. Sono una caccola. Periodo della mia vita devastante per impegni e intoppi del più multiforme genere. Universitariamente parlando ho vinto completando gli esami (applausi grazie XD) ed è il motivo per cui non ho scritto più una fava di niente. Il tempo mi è stato crudelmente sottratto e solo ora mi rendo conto dell’ammazzata che ho fatto. Non imitatemi MAI XD. Però! Ora sono quasi libera, quasi, dico quasi perché la legge di Murphy mi perseguita, e cercherò di essere più… presente.
Spero che questo capitolo vi piacerà ^^

Capitolo nove: nozze imminenti
 
La giornata era limpida, e l’aria freddissima. Hilda e Guendalina si strinsero nel loro mantello più che poterono e seguirono Margit che correva per la strada, per raggiungere una piazza insolitamente popolata. Tutti a Dazelburg sembravano disposti ad abbandonare le loro attività per assistere allo spettacolo, ma non era semplice abbandonare i propri mestieri, soprattutto per i garzoni di bottega. Le tre ragazzine, prive di questi problemi, attraversarono la piazza fangosa correndo, in direzione del castello dei Trapp, là dove erano diretti anche i soldati. Corsero fino alle ultime case, fin verso la strada che conduceva alla campagna; là c’erano altri bambini, ragazzini, donne e ragazze in spasmodica attesa.
Guendalina spintonò e passò davanti a tutti per mettersi in prima fila e Hilda la seguì assieme a Margit, senza preoccuparsi troppo di pestare qualche piede. In questo modo fu la prima a vederli arrivare: un luccichio lontano e brillante all’orizzonte, accompagnato da un calpestio di zoccoli farsi sempre più vicino.
- Eccoli! – urlò Margit, indicandoli.
I cavalieri procedevano in fila due per due con le loro belle armature, gli elmi decorati e le picche in mano. I cavalli, enormi, possenti e dal pelo lucidissimo, emanavano nuvolette di fumo dalle loro froge. Alcuni di loro portavano balestre a braccio, e tutti spade legate alla cintura, lunghe e letali. Lo sferragliare delle armature era coperto dal suono di flauto di alcuni musici che accompagnavano la carrozza delle fantesche, dei servi e dei saltimbanchi.
- Ma c’è anche il conte? Arriva anche lui oggi? – chiese Hilda a una vicina.
- Dicono che questa sia solo la carovana di benvenuto per annunciarsi alla giovane Griselda e alla famiglia, lui arriverà tra qualche giorno, con altri cavalieri e altri musici per sollazzare la giovane.
- Ma la sposerà, dunque? – chiese Hannah, un’altra delle amiche di Guenda.
- Al primo giorno di sole dall’arrivo di Gottifred Jasor, poiché tutto è pronto. – disse la donna bene informata. – Me l’ha detto monaco Ambrosius, che è stato al castello. Vivranno qui, e se Dorina non darà un maschio alla casata il castello resterà a lui. Se invece l’avranno prenderanno possesso di un qualche possedimento qui vicino. Gottifred non ha ereditato terra, ma denaro.
Hilda registrò quelle informazioni: c’era la possibilità che avessero un nuovo signore a Dazelburg nel giro di pochi anni. Mentre pensava a ciò continuò ad osservare i cavalli, le carrozze e i carri che si dirigevano verso il maniero seguendo la strada come un lungo serpente colorato. Rimasero tutti a bocca aperta vedendo poi il ponte levatoio abbassarsi, poiché non accadeva spesso, e rimasero tutti lì a veder sparire i soldati ormai lontani, fino a che non furono tutti ingoiati dalle mura.
Quando fu chiaro che nient’altro di eccezionale sarebbe accaduto, la cittadina ritornò alle sue abituali occupazioni, ma molti dei più giovani erano sovreccitati.
- Hai visto i musici? – trillava Guendalina tenendo per mano la sorella, sulla via del ritorno. – Nessuno qui sa suonare un bel niente, non avevo mai sentito cose simili.
Hilda annuiva, pensierosa: anche lei si era emozionata molto, ma sentire all’infinito Guenda sproloquiare su quant’erano belli e grandi i cavalli la stava stancando velocemente. Perciò tornò a casa a finire le sue faccende, poi, con il permesso della madre, andò dagli Onogur, per avere la possibilità di parlare con qualcuno della sua età.
- E’ la prima volta in vita mia che vedo succedere qualcosa di interessante qui. – disse Medea, mentre lavava con la magia alcune fiale utilizzate dal padre. – Fuori Durmstrang è tutta una noia, Buda dev’essere infinitamente più interessante.
La ragazza avrebbe iniziato in primavera il suo ultimo anno di preparazione scolastica, e chi sa cosa sarebbe stato di lei, dopo. I Babbani non erano granchè, solo tra di loro ci si divertiva un po’, ma erano in così pochi!
- Dovrebbero fare un torneo per le nozze. – disse Theodoro. – E’ un matrimonio importante, e la regione che governano i Trapp è tanto grande, verrà un sacco di gente da queste parti.
- Spero succeda prima di partire, allora. Sarebbe davvero ingiusto essere a Durmstrang mentre c’è un torneo vicino a casa. – Basilio ci teneva a vederlo, subiva il fascino delle armate, benché ne avesse viste ben poco nel corso della sua giovane vita.
La fortuna, però, sembrava girare a favore dei giovani abitanti della cittadina: Hilda aveva ricevuto una lettera da Maria che le raccontava quanta fosse la neve dalle sue parti e di quanto fosse intenso il gelo. Se le cose non fossero cambiate in qualche modo, c’era il rischio che i ragazzi non potessero recarsi a Durmstrang prima della fine di marzo.
Nell’attesa che Gottifred giungesse in città, cavalieri e musici alloggiavano al castello, dando ottime occasioni di svago ai Trapp e ai castellani. E se i primi si ritenevano sufficientemente nobili da occupare il loro tempo solo nella caccia col falcone, gli altri cominciarono a riversarsi nella piccola cittadina, rendendo il borgo più vivo di quanto non fosse mai stato.
Guendalina come tutti i bambini aveva preso il vizio di passare le sue giornate a zonzo a chiacchierare con quegli sconosciuti e a fare amicizia. Molti dei ragazzi e delle ragazze più grandi, invece, si alzavano presto la mattina per andare a rimirare e a farsi guardare dai cavalieri che uscivano nella campagna. Chi poteva si agghindava i capelli con nastri per risultare più appariscente, evento così sfacciato che divenne protagonista assoluto delle prediche domenicali del parroco sui buoni costumi da osservare per le donne non sposate.
Nonostante lo scompiglio, musici e saltimbanchi continuarono a tenere banco. C’era un abilissimo mangiatore di pugnali e fuoco che attraeva Guendalina più di altri: aveva dei trucchi così geniali, così appariscenti. Convinse Hilda o altri maghi a seguirla per assistere ai suoi spettacoli più di una volta.
- E’ proprio strano. – disse un giorno a Ferenc, il figlio del macellaio. – E’ troppo bravo.
- Forse è uno di noi. – le rispose il ragazzo. E in effetti questa era l’unica opinione sensata che si potesse avere.
Gran parte dei maghi di Dazelburg si sarebbe accontentata di intuire la presenza di un proprio simile in città, ma non Guendalina, che puntò come un segugio l’uomo e lo seguì molto attentamente.
Un giorno gli si parò davanti con aria risoluta mollando la mano della sorella che la accompagnava. Stavano camminando per la strada e la strana figura era apparsa improvvisamente nel suo campo visivo. Sigfrida era al mercato, e chiacchierava con alcune vicine.
- Io lo so chi siete voi! – gli disse, decisa.                  
- Oh, mia dolce fanciulla, mia affezionata ammiratrice. Conoscete il mio nome? – l’uomo si avvicinò alla bambina e si chinò verso di lei, sorridendo. Indossava una calzamaglia dai colori sgargianti molto stretta e aveva un lungo mantello grigio a proteggerlo dal freddo.
- Non conosco il vostro nome, ma so cosa siete. – fece la bambina, fissandolo.
- Guenda, zitta! – Hilda le afferrò il mantello e fece per trascinarla via.
L’uomo non sembrava sconvolto dalla frase, ma semplicemente curioso.
- Non farò alcun male a vostra sorella Guenda, mia giovane…
- Si chiama Hilda. – specificò Guendalina.
- Piantala! Vieni via! – la ragazza agguantò il braccio della sorella e fece per strattonarla, ma la bambina le sgusciò via.
- Giovane Hilda, non ho intenzione di arrecar danno a voi o alla vostra sorellina, non temete. – le disse l’uomo, senza muoversi. Ormai alloggiava lì da una settimana, non pensava che qualcuno avrebbe potuto avere così paura di lui, non era del tutto estraneo.
- Ne sono sicura, messere. – la ragazzina si rese conto che un tale comportamento poteva suonare davvero esagerato, e cercò di giustificarsi. – Non credo vogliate nuocermi, ma lei – disse, indicando la sorella, pericolosa quanto un drago sputafuoco, - sa essere veramente sfacciata. Non vogliamo arrecarvi alcun disturbo.
- Ma io non disturbo mai! – protestò Guendalina.
- Dolce avvertimento e premura, mia cara ragazza, ma non angustiatevi, non mi siete di alcun impiccio. Che sarei dunque io, mia piccola nuova amica? – disse l’uomo, rivolto a Guenda.
- Voi siete un mago, proprio come me! – trillò la bambina, sorridendo. – Nessun Babbano sa fare certe cose.
A quelle parole Hilda trasalì, spaventata a morte. Non sapeva che fare: se schiaffeggiare la sorella, stordire l’interlocutore, scappare o che altro: rimase lì, immobile e pallida, conscia della gravità della frase appena pronunciata.
- Guendalina, credevo che il passaggio degli Inquisitori ti avesse insegnato qualcosa. – Sigfrida era apparsa alle spalle delle figlie improvvisamente, alta e solida come una colonna.
- Ma è dei nostri, mamma! – protestò la piccola.
- E’ così? – Sigfrida fissò l’uomo che da chinato che era si era alzato in piedi per osservare la donna negli occhi.
- Colto in flagrante. – ammise, sorridendo. – Non sapevo ci fossero maghi qui, o sarei stato più accorto.
- Avreste dovuto in ogni caso. – fece Sigfrida, rigida. – Il vostro nome?
- Se chiedete no, non ho studiato nella vostra scuola al nord, ma nell’impero. Mi chiamo Albert, per servirvi mia signora. – Albert si inchinò leggermente, e a quel segno di rispetto Sigfrida cercò di rilassarsi.
- E’ più bravo degli altri, l’avevo detto io! – intervenne Guendalina, tutta soddisfatta.
Hilda si trattenne ancora una volta dal colpire la sorella, ma l’avrebbe fatto non appena fosse stata libera dalle occhiate di sua madre e del… mago.
- Non pensavo ci fossero maghi qui.
- Pochi, ma ce ne sono, messer Albert. E desiderano rimanere nei luoghi dove sono nati loro e i loro padri, comprendete? – spiegò Sigrfida, cercando di non farsi sentire dai passanti.
- Naturalmente, mia signora. Proteggerò questo segreto di villaggio. Del resto, sono qui di passaggio, tornerò al mio paese o verso altre città dopo il matrimonio.
- E il torneo. – fece Guenda.
- E il torneo, esatto. E’ dunque il caso che torni a preparare i miei trucchi, non vorrei che il pubblico ne rimanga deluso. – l’uomo sorrise, inchinandosi di nuovo.
Era chiaro che quel saltimbanco non era lì per procurare guai, perciò Sigfrida lo salutò con cortesia e gentilezza, invitando le bambine a fare altrettanto. Si congedarono dunque da messer Albert e tornarono verso casa.
Guendalina prese uno schiaffo dalla sorella non appena mise piede in cucina; Hilda aveva approfittato di una breve ma quanto mai opportuna assenza della madre che era andata a conferire della novità con gli altri maghi del paese.
- Sei proprio sciocca, Guenda. Te l’abbiamo detto mille volte. Che avresti fatto se non fosse stato un mago?
La bambina tirò su con il naso: era raro che la sorella la colpisse.
- Io ne ero sicura, Hilda, sicurissima! – piagnucolò, mettendosi a piangere. – E avevo ragione io. Qualcuno glielo doveva chiedere.
- Sicura? Per qualche trucco meglio riuscito? Non deve uscire niente che faccia pensare alla magia, Guenda, per nessuna ragione! Perché credi che Durmstrang sia in Scandinavia, per il clima? – stanca delle giustificazioni della sorella, Hilda iniziò semplicemente ad ignorarla, prendendo qualche ingrediente per esercitarsi con una pozione, in attesa della madre.
Il fatto che un mago fosse nascosto tra il seguito di Gottifred non era una notizia di per sé allarmante, ma andava semplicemente segnalata. Passata l’iniziale diffidenza, il singolare Albert finì per cenare diverse volte a casa dell’una o dell’altra famiglia per raccontare un po’ di novità del mondo magico dell’ovest.
Gottifred Jasor arrivò la settimana successiva, accompagnato da altri cavalieri. Lo si riconosceva per il cavallo bianco e l’armatura veramente splendida, lucente e decorata. Fu chiaro a quel punto che le nozze erano imminenti. 

  
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