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Autore: subside_    03/06/2012    15 recensioni
Dimmi, Cloe. Ci pensi mai agli ultimi anni? Pensi mai che le cose sarebbero potute andare in modo diverso? Magari adesso io e te non saremmo così distanti. Magari non mi ritroverei a scriverti queste inutili parole su un misero pezzo di carta che non riceverai mai. Ci pensi mai, a me?
Io si, ogni giorno. Ogni fottuto giorno.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi chiamo Hope Foster, sono nata il 14 febbraio del 1994, mia madre è morta quando avevo cinque anni, non conosco mio padre e la mia vita è un casino”.
Lo sguardo della professoressa Gray si alzò dal foglio a righe e incontrò il mio, a tre banchi di distanza. Mi fissava da sopra le piccole lenti maculate che le davano un aria ancora più anziana di quanto non avesse già. Mi infastidiva il suo sguardo intimidatorio, così mi rivolsi verso la finestra e prestai attenzione alla scia del piccolo aereo passato pochi istanti prima.
“Signorina Foster, mi dica: lo considera un tema, questo? Quanto crede che valga, questo misero rigo e mezzo?” mi chiese, alzando la voce perché le degnassi della mia attenzione. Mi voltai solo quando era sparita l’ultima traccia di fumo.
“Non vale un cazzo, professoressa”. Le si spalancarono gli occhi quando mi sentii uscire dalla bocca quello che lei considerava un oltraggio alla lingua inglese. “Crede che sia facile, scrivere della propria vita su un pezzo di carta? Crede che sia opportuno raccontare lo schifo che si ha dentro in un fottuto tema di inglese? O forse avrebbe preferito che le scrivessi quanto sono felice di essere nata e stronzate varie? Provi a scegliere delle tracce più significative piuttosto che chiederci di raccontare la nostra vita, la prossima volta. Magari potrei rendere di più, se non è di me che si parla”.
Mi alzai in piedi e davanti allo sbigottimento della Gray uscii dall’aula. Sapevo di aver esagerato, sapevo di aver mancato di rispetto ad una professoressa, ma mi sentii meglio. Era assurdamente irritante il modo in cui quella donna pretendeva le cose dai suoi alunni, come li obbligasse a vedere col suo limitato punto di vista o quanto invadente fosse la sua curiosità. Me ne andai in bagno e mi sedetti sul piccolo davanzale sotto la finestra spalancata. Accesi una sigaretta cercando di calmarmi. Non rientrai più in classe fino alla fine della lezione. Come mi aspettavo, quel mio gesto tanto avventato mi causò una sospensione di due giorni e il disprezzo eterno della professoressa Gray, se era possibile disprezzarmi ancora di più. A rimproverarmi fu Cloe, l’unica persona al mondo che sentivo più vicina. La sorella che non avevo mai avuto, sorella in tutti i sensi.
“Ma sei andata fuori di testa!?! Ti rendi conto che una sospensione del genere potrebbe farti rischiare la bocciatura? E poi, cazzo, stai parlando con una professoressa, limitati!” mi urlò mentre mi veniva incontro all’uscita da scuola, la stavo aspettando appoggiata al tronco di una delle sette querce del giardino.
“Non me ne frega un cazzo della sospensione! Conosce benissimo la nostra situazione, poteva evitare di imporci simili tracce senza nemmeno un’alternativa! L’ha fatto apposta, quella troia”.
Presi la borsa e ci incamminammo verso casa.
“Non puoi farci niente, è la nostra professoressa e dobbiamo subircela”. Tirò un sospiro.
“Si, col cazzo. Tu che hai scritto nel tema?” le chiesi curiosa. Nemmeno a lei piaceva parlare della sua vita privata, ed era strano che non mi avesse appoggiato nel litigio.
“Io, da persona civile, ho scritto che non mi andava di parlare della mia vita per sé ma di ciò che le dava senso”, mi disse con tono soddisfatto e un sorriso a trentadue denti.
“Ah quindi hai parlato di me?” risposi ironica. Mi tirò una ciocca di capelli.
“No, egocentrica. Ovviamente ho parlato di loro ”. Precisò, enfatizzando l’ultima parola. “No… non ci credo” mi fermai e la guardai con aria rassegnata. “Non dirmi che hai parlato di quei cinque tizi?!”
“Certo che si!!! Dio Hope, ho scritto delle cose troppo commoventi, te lo giuro. Piangevo da sola mentre le scrivevo! Ho conservato la brutta copia, appena arriviamo a casa te la faccio leggere” , cominciò ad urlare per l’entusiasmo e prese dalla borsa un foglio tutto stropicciato e sbavato, sbattendomelo davanti agli occhi.
“Tu stai male. Completamente”. Le dissi spostandole la mano e riprendendo a camminare, scuotendo la testa e accennando un sorriso. La sentii sorridere dietro di me, e avvertii un tono estremamente felice.
“Lo so”.

Ricordi, Cloe, quel foglio tutto stropicciato e sbavato che avevi detto di volermi leggere? Non l’hai più fatto. Tuttora non ho idea di cosa ci fosse in quel pezzo di carta. Ce l’hai ancora conservato, non è vero? È nel tuo cuore, da qualche parte. Leggimelo oggi, ti prego Cloe, vieni qui e leggimi i tuoi sogni e i tuoi desideri, parlami ancora di quanto felice ti facciano sentire quei “cinque tizi”.
  
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