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Autore: Mary P_Stark    21/06/2012    6 recensioni
SECONDA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Gli eventi si svolgono a sei anni di distanza dalle vicende narrate in "Occhi di Lupo". Il branco di lupi del villaggio di Hyo-den sembra preso da una strana frenesia e, mentre la principessa Naell giunge nel piccolo paesino tra le montagne, una antica presenza passeggia nei boschi osservando attento ciò che succede a Eikhe e la sua famiglia. Una breve storia per scrutare ancora una volta nelle vite Antalion, Liana e soci. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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9.

 

 

 

 

Il passo cadenzato del cavallo le faceva sempre lo stesso effetto. Cadeva ogni volta in un quieto dormiveglia.

Il crepuscolo danzava con i suoi colori rossastri e violacei nel cielo estivo, tingendo le nevi dei Monti Urlanti e mutando i bianchi valloni in enormi laghi di sangue.

I seracchi solitamente minacciosi, invece, rassomigliavano a una distesa di cespugli di rose in boccio.

L’aria frizzante della sera portava con sé l’odore dei muschi del bosco, il profumo resinoso dei pini e l’aroma della legna bruciata nei camini delle casupole che, come macchie d’inchiostro, coloravano il panorama che si estendeva dinanzi a loro.

Ormai erano nei pressi di Marhna, la bella cittadina montana dove risiedeva il padre di Eikhe, e dove Borgomastro si trovava il vecchio amico dello zio, Kannor.

Avevano abbandonato il villaggio di Hyo-Den due giorni addietro, lasciando alle loro spalle doni da parte della corona, nuove amiche e speranze inconfessate.

Con loro, stavano portando a Rajana esperienze nuove e tre nuovi compagni.

Di certo, il re e la regina avrebbero trovato curiosa la presenza di quei tre splendidi esemplari di lupo, ma Ruak e Renke non potevano certo dirsi due persone dalle idee ristrette.

Avrebbero fatto spallucce, con tutta probabilità, e non avrebbero fatto alcun caso a quel piccolo cambiamento nella loro vita familiare.

La corte, invece, avrebbe sicuramente storto il naso ma, da quel poco che Naell aveva potuto capire in quei due primi giorni di viaggio, ai fratelli non sarebbe importato nulla.

Amavano già troppo Rym e Coyn, per preoccuparsi delle chiacchiere di palazzo.

Quanto a lei, avrebbe difeso Ylar con le unghie e con i denti, questo era poco ma sicuro.

Portandosi il lupetto all’altezza del viso, lo baciò sul naso umido prima di volgere lo sguardo alle sue spalle, in direzione dei monti.

Per mesi, avevano vegliato su di lei e, con un leggero sospiro, si chiese quanto tempo sarebbe passato ancora, per lei, prima di poterli rivedere.

Lasciare le sue amiche era stato più difficile di quanto non avesse pensato in un primo momento e, quando aveva abbracciato Kalia, Naell aveva temuto di crollare a piangere come una bambina di sei anni.

Si era stretta a lei, inspirando il suo profumo di fiori di campo e miele e le aveva detto con sincerità: «Sei la migliore amica che potessi sperare di trovare.»

Kalia aveva sorriso di fronte a quella confessione e l’aveva baciata candidamente sulla fronte, replicando: «E io non avrei mai pensato di trovare, in una principessa, un’amica così cara. Mi mancherai.»

Si erano lasciate con la promessa di scriversi e quando, infine,  Naell aveva dovuto salutare gli zii, li aveva pregati di portare anche Kalia con loro, l’anno venturo, quando avrebbero portato i gemelli a Rajana per la prima volta.

Aken ed Eikhe gliel’avevano promesso e lei era partita più serena.

Una stella cadente fendette il cielo sopra le montagne e Naell, con un mezzo sorriso, ne ammirò l’arco lucente prima di vederlo svanire oltre la linea seghettata dei monti innevati.

«Nel nostro paese, le stelle fiammeggianti vogliono dire “cambiamento in corso”. Qui, hanno significato?» le chiese My-chan, interrompendo il suo divagare pensieroso.

Quel pomeriggio, l’enorme felino del principe Ellessandar aveva ripreso forma umana per chiacchierare un poco con la principessa e Naell.

Deliziata dall’interesse della donna nei suoi confronti, la principessa si era ben prestata a rispondere alle sue mille e più domande.

My-Chan aveva un punto di vista davvero singolare, molto diverso da quello di qualsiasi donna Naell avesse mai conosciuto.

Forse, dipendeva semplicemente dal fatto che, a tutti gli effetti, My-chan era solo in parte umana.

Sorridendo alla sua strana compagna di viaggio, Naell strinse al petto un sonnolento Ylar e le disse: «So che, tra le montagne, sono viste come le lacrime di Iralva, la nostra dea della Creazione, ma non so bene il perché di questa interpretazione. Noi, gente di pianura, crediamo che siano granelli di luna che cadono dal cielo. Niente di granché mistico.»

My-chan sorrise e, indicando con un cenno del capo il suo principe, che procedeva ad andatura tranquilla a pochi metri da loro, le confidò: «Lui dice che sono sassi che bruciano. Una volta, me ne ha fatto vedere uno con il suo…come si chiama…grande occhio?»

Vagamente confusa, Naell lanciò un’occhiata curiosa in direzione di Ellessandar che, neanche avesse avuto gli occhi sulla nuca, si volse nella sua direzione con aria interrogativa e le chiese: «E’ successo qualcosa, Naell?»

Il principe, contrariamente a quanto aveva in un primo tempo pensato, aveva preso immediatamente l’abitudine di usare un tono colloquiale con tutti loro, donne-lupo comprese.

Di fatto, aveva cancellato a piè pari il protocollo e i titoli altisonanti.

Si era lasciato andare alla calda accoglienza del villaggio, e aveva gioito dei piaceri di una buona compagnia come una persona qualsiasi, domandando con interesse e rispondendo a domande con altrettanta solerzia.

Si era seduto su uno dei gradini della veranda dei suoi zii, rifiutando una più comoda sedia imbottita, e aveva mangiato da un piatto di peltro con le mani, senza preoccuparsi dell’etichetta o di sporcarsi le dita.

Aveva giocato con i figli di Aken ed Eikhe, e aveva subito con una risata gli scherzi dei gemelli che, prima della loro partenza, erano riusciti a mettere in atto.

A Naell era parso un giovane affamato di calore e, più di una volta, se ne era chiesta il motivo ma, per educazione, aveva preferito non indagare troppo.

«My-chan mi parlava di una specie di grande occhio, con cui le avresti mostrato cosa sono le stelle cadenti» gli spiegò Naell, tornando al presente e sorridendogli cordiale.

Rallentando un poco l’andatura del suo stallone per mettersi al fianco del baio di Naell, Ellessandar sorrise alla sua compagna felina prima di ammettere: «Si chiama cannocchiale. E’ un lungo tubo cilindrico, in cui sono inseriti degli specchi che riflettono le immagini, ingrandendole.»

Sbattendo le palpebre con aria più che mai sorpresa, Naell schiuse le labbra ed esalò: «Le… ingrandisce?»

Ridendo del suo stupore, Ellessandar annuì prima di allungarsi verso una delle sue sacche da viaggio e scartabellare per qualche attimo, prima di estrarre un cilindretto di pelle scura.

Porgendoglielo, le mostrò un mezzo sorriso di incoraggiamento.

Naell lo trasse nella propria mano prima di fissarlo con aria guardinga, quasi si aspettasse che le potesse esplodere in mano da un momento all’altro.

Allargando il proprio sorriso, Ellessandar si allungò dalla sella per sfiorare la sua mano e, sollevata un poco, le spiegò: «Poggia la parte più piccola sull’occhio destro e chiudi il sinistro, poi punta il tubo in una direzione di tua scelta.»

Ancora scettica, Naell fece come le fu spiegato e, quando guardò nel cilindro dopo averlo puntato verso le montagne, lanciò uno strillo di sorpresa prima di rischiare di far scivolare a terra lo strumento.

Subito, una delle guardie loro accanto si informò se tutto procedesse bene e Naell, al colmo dell’imbarazzo, annuì a più riprese prima di fissare basita un sorridente Ellessandar.

«Ma com’è possibile?!»

Scoppiando a ridere sommessamente, Ellessandar riprese il cannocchiale dalla mano protesa di Naell e, dopo aver aperto i lacci di cuoio che tenevano serrato il cilindro di pelle, le mostrò le lenti prismatiche che  si trovavano al suo interno.

«Dovrei annoiarti per giorni e giorni, con i miei studi sulle immagini ma, in sostanza, ciò che vediamo lo dobbiamo alla luce che, passando tra queste lenti, ingrandisce ciò che vedi, permettendoti una visione migliore e più accurata.»

Gli occhi sgranati e l’aria affascinata quanto incuriosita, Naell sorrise al principe e domandò: «L’hai fatto tu

«Grazie all’aiuto di diversi studiosi che si trovano a palazzo, a Yskandar» ammise Ellessandar. «Sono sempre stato affascinato dal cielo e da tutti i suoi misteri. Sul tetto del palazzo della capitale, si trova un cannocchiale molto più grande di questo. Mio padre dice che sono matto, ma pare che sia divertito dalle mie scoperte e i miei studi. Una volta, l’ho trovato ad armeggiare sul tetto, nel tentativo di usare il cannocchiale per scovare una carovana di soldati di ritorno da un viaggio, dove si trovava anche mia madre.»

«Mi sento tremendamente ignorante, in questo momento» brontolò Naell, mordendosi il labbro inferiore.

Ellessandar scosse il capo, replicando: «Hai dodici anni, Naell. Hai tutto il tempo di crearti una tua cultura personale, credimi. Inoltre, ci sono cose che tu sai, e che io non ho la più pallida idea di come tu faccia a fare.»

«E cioè?» esalò Naell, più che mai sorpresa.

Lui le indicò le briglie del cavallo, che riposavano inutilizzate intorno al pomo della sella e, con un mezzo sorriso, il principe celiò: «Giuro, non oserei mai stare in groppa a un cavallo senza  neppure degnare di uno sguardo le briglie. Chi te l’ha insegnato?»

Aprendosi in un sorriso orgoglioso, Naell gli spiegò gli insegnamenti degli zii e della capacità sua, dei fratelli e dei genitori di utilizzare i cavalli a quel modo, senza l’uso delle briglie.

A quel punto il principe annuì e asserì candidamente: «Vedi? Io sono del tutto ignorante in materia.»

«Sì ma… non è la stessa cosa!» protestò Naell, sorridendo.

«Non se vedi la parola ‘ignorante’ nel senso puro del termine. “Colui che ignora una cosa.” Non è né spregiativo né altro, denota semplicemente un dato di fatto. L’ignoranza si può eliminare con studio e buona volontà. E’ la stupidità che è più difficile da abbattere» le spiegò Ellessandar, prima di scusarsi con un sorriso e aggiungere: «Ti sto tediando con discorsi noiosi.»

«Affatto» scosse il capo Naell. «Al villaggio, ho imparato che non si è mai abbastanza giovani per imparare, né abbastanza vecchi per ammettere di non sapere.»

«Un pensiero profondo, per una fanciulla di dodici anni. Darai del filo da torcere ai tuoi insegnanti, ne sono più che certo» la omaggiò il principe, accennando un cenno col capo.

«Naell-ykan è tanto brava!» sentenziò My-chan, che aveva ascoltato le loro dissertazioni con interesse.

Vagamente sorpreso, Ellessandar esalò: «Ykan, mia cara?»

«Che significa?» si incuriosì Naell, fissando con intenzione il principe che, con sua somma sorpresa, distolse lo sguardo.

Non poté esserne del tutto certa, a causa della luce sempre più rada, ma le parve che, sotto quella pelle color del cioccolato, vi fosse un profuso rossore.

Sempre più interessata, Naell volse lo sguardo in direzione della donna-felino e le chiese: «Cosa vuole dire, ykan, My-chan?»

«Mamma!» esclamò tutta contenta la donna, guardandola con occhi traboccanti di affetto.

«Oh, beh…» ridacchiò Naell, presa del tutto alla sprovvista da quella uscita.

Carezzando i capelli morbidi e setosi di My-chan con gesto tenero, Naell le disse sinceramente: «Sbaglierò, ma sei più grande di me, perciò la vedo un po’ dura a farti da mamma ma, se ti sta bene così…»

«My-chan, per certi versi, è più piccola di te. I renpardi stellati sono creature molto singolari. Anche se il loro corpo si sviluppa velocemente, la mente segue il regolare iter di crescita e, a conti fatti, lei ha solo otto anni…» intervenne Ellessandar, avendo apparentemente superato l’iniziale imbarazzo. «… e, visto che ti sei comportata con lei in modo così premuroso, ti vede come una mamma. Lei non l’ha mai avuta.»

La notizia sconvolse a tal punto Naell da farle sorgere spontanei due lacrimoni ai lati degli occhi.

Lacrime che My-chan raccolse con un dito prima di scuotere il capo e replicare: «Se Naell è triste per quel che ho detto, non lo dico più!»

«No!» esclamò lei, scuotendo febbrilmente le mani. «Mi hai commossa, tutto qui. Sono onorata che tu mi veda così.»

My-chan allora sorrise tutta contenta e Ylar, quasi si sentisse in dovere di intervenire, abbaiò allegro e balzò tra le braccia della donna-felino, che lo strinse a sé con un risolino, grattandolo sulla pancia e tra le orecchie.

Ridacchiando, Naell commentò all’indirizzo del principe: «Pare che lui voglia farle da fratello.»

«A quanto pare…» ironizzò Ellessandar prima di scoppiare a ridere con espressione a metà tra il sorpreso e il divertito.

Sollevando un sopracciglio con espressione serafica, lei gli domandò: «Naturalmente, non mi dirai cosa ti ha sconvolto tanto, prima.»

«Affatto. Lo terrò per me» sentenziò Ellessandar, prima di inchinarsi a lei e raggiungere al trotto le figure dei principi, qualche decina di metri più avanti.

Scuotendo la testa con espressione esasperata quanto ironica, Naell chiosò: «Valli a capire, i maschi.»

Ylar protestò con un brontolio di gola e la principessa, con un risolino, precisò: «I maschi su due zampe, chiedo venia.»

«Se nahry ti fa arrabbiare, lo sgrido» la informò My-chan, tutta seria in viso.

«Nahry? Cosa significa?» mormorò Naell, accigliandosi leggermente.

«Papà. Ellessandar è il mio papà» le spiegò tranquillamente la donna-felino.

A quel punto, Naell esplose in una calda risata di gola e, con le lacrime agli occhi per il divertimento, la giovane commentò ghignante: «Ora capisco perché era imbarazzato a morte. Povero principe! Che brutto scherzo gli hai fatto!»

Imperturbabile, My-chan replicò: «Quelle brutte befane che ci sono a casa, non meritano di essere chiamate ykan, e io mi scelgo chi voglio.»

«Saggia decisione, My-chan. Non sia mai che te ne capiti una che non sia simpatica» ridacchiò Naell, indirizzando delle occhiate divertite alla schiena del principe che, contrariamente a quanto successo in precedenza, rimase strenuamente voltato in direzione della valle.

Evidentemente, l’uscita della sua My-chan lo aveva imbarazzato davvero.

«Fossi in te, però, non userei quell’appellativo quando c’è anche lui. Sembra che la cosa gli dia fastidio.»

«Dici?» si informò la donna-felino.

«Magari fastidio,  no, però si imbarazza, e noi non vogliamo che sia in imbarazzo quando è con noi, vero?» le propose Naell, sorridendole complice.

«No, non il mio nahry

«Bene, allora mi chiamerai ykan quando saremo tra noi, d’accordo?»

«Sì, ykan.» Poi, mestamente, aggiunse: «Però, abitiamo tanto lontano, noi. Come facciamo?»

«Sai leggere, My-chan?»

«Sììì. Nahry  mi ha insegnato» esclamò felice My-chan, stringendosi al petto Ylar prima di dargli un bacio.

Il lupo sembrò apprezzare, perché la leccò in viso più e più volte.

«Allora ti scriverò tante, tante lettere e tu le scriverai a me poi, quando mi sarà possibile, verrò a trovarti. Tu, però, non dimenticarti di me» le promise Naell, sorridendole con sincero affetto.

«Non potrei mai dimenticarmi della mia ykan

My-chan le carezzò una gamba con la mano prima di restituirle Ylar e, con un bagliore ormai a lei familiare, riprese sembianze feline e corse in direzione del bosco vicino, probabilmente per una caccia notturna o un semplice giro esplorativo.

Il lupetto le si accoccolò subito in grembo e Naell, lasciato vagare lo sguardo tutt’attorno, sorrise tra sé per quello strano colloquio con My-chan e per la qualifica a sorpresa a cui era assurta da un attimo all’altro.

In qualunque luogo fosse andata, in qualsiasi corte lei si fosse trasferita, con qualunque uomo lei avesse un giorno deciso di unire la sua vita, My-chan sarebbe comunque stata la sua figlioccia.

Il solo pensiero la rese felice come poche altre cose avesse sperimentato, fino a quel momento.

Carezzando Ylar, gli sussurrò: «Tu e lei sarete i miei piccoli, e io sarò la vostra mamma.»

Ylar, a sorpresa, lanciò un ululato prolungato verso il cielo, cui si unirono anche Rym e Coyn e, dal fitto del bosco, un grido in risposta si elevò forte e cristallino, procurando in Naell un brivido familiare.

In un sussurro, perciò, mormorò: «Grazie, Hevos.»

***

Seduto attorno a un alto fuoco scoppiettante mentre la sorella, al suo fianco, dormiva già assieme al suo piccolo lupo, Meriton sorrise affettuosamente nel sistemare un poco la pesante coperta che proteggeva Naell dall’umido della notte.

«Temevo che il rientro a casa l’avrebbe fatta cadere in depressione, invece mi sembra che sia su di tono. Voi che dite?»

«Il fatto di avere i cuccioli con noi, l’ha in qualche modo tirata su di morale…» ipotizzò pensieroso Staryn, carezzando Coyn con fare distratto. «… inoltre, la vedo molto più matura di quando è partita. Forse, questa vacanza tra i monti le ha fatto bene.»

«Non conoscendola bene come voi, non posso sapere come fosse prima, ma credo che vostra sorella sia pienamente consapevole del proprio ruolo e che, nonostante senta la mancanza degli zii e delle amiche, il rientro non le pesi come temevate» intervenne allora Ellessandar, aggiungendo un ciocco al fuoco, che sfrigolò allegramente, lanciando lingue scarlatte verso il cielo tinto di stelle.

«La mia paura più grande era che, dopo un viaggio simile, potesse detestare la vita di corte. Naell è troppo simile allo zio, per non avere in antipatia certi obblighi cui tutti noi siamo sottoposti ma, se per Staryn e me è più facile sopportarli, per lei non è così. Inoltre, temo che il ruolo più infido sia toccato a lei.»

Staryn annuì e, mesto, aggiunse: «Anche se papà e mamma sono dei genitori eccezionali, sono pur sempre il re e la regina, e non possono permetterle di avere tutta la libertà che lei sogna. Sarebbe impensabile. Le fondamenta stesse della corona potrebbero cedere, e questo sarebbe un male per tutti. In primo luogo per il popolo, che di noi si fida e ha fiducia.»

Annuendo a sua volta, Ellessandar mormorò: «I cambiamenti non si possono effettuare in un giorno. Occorre dare tempo al tempo.»

«Esatto. E’ stato già difficile per Aken che, dopotutto, era un uomo, e perciò più libero di fare ciò che desiderava, anche secondo la legge. Naell non avrebbe mai potuto fare una cosa simile, anche se aborrisco la sola idea che vi possano essere simili differenze.»

Nel dirlo, Meriton storse il naso.

«Naell non è inferiore a nessun uomo, e dovrebbe avere gli stessi diritti miei e di Staryn eppure, per legge, lei è diversa da noi, come lo è la mamma. Mamma non potrebbe regnare, se papà venisse a mancare, e questo è assurdo, perché è capace e intelligente tanto quanto lui. Solo che, almeno per adesso, in consiglio non vogliono neppure sentire l’odore della parola “co-reggenza”. Impallidiscono tutti, e diventano muti come tombe.»

«Vecchi retrogradi» ringhiò Staryn, accigliandosi.

Scuro in volto, Ellessandar spiegò loro: «Ad Akantar, la figura della donna non è dissimile da quella dell’uomo, e mia madre regna parimenti con mio padre, ma le genti di oltre confine non sono del nostro stesso avviso. Spesso e volentieri, subiamo scorrerie in cui vengono rapite donne dalle oasi, dove si trovano le tribù che compongono il mio popolo e, quel che succede loro, è meglio non dirlo ad alta voce. E’ difficile tener loro testa, poiché il deserto è grande, e il mio esercito non può arrivare ovunque… non avete idea di quanto possa essere snervante, a volte.»

Meriton annuì, comprendendo appieno la rabbia e il dispiacere del principe e, ancora una volta, gettò uno sguardo in direzione di Naell.

«Forse, la sua idea di venire a trovare tua madre, non è poi così brutta. Potrebbe divertirsi ancora per un po’, ampliare la sua cultura – sapessi quanto le piace leggere! – e conoscere persone nuove. Naell non è fatta per stare rinchiusa a filare la lana, o chiacchierare in maniera vuota del tempo, o di schiocche voci di palazzo.»

«Temi per lei un matrimonio che non la soddisfi? Qualche nobile titolato l’ha già chiesta per sé?» si informò Ellessandar, osservando spiacente il viso tranquillo e immerso nel sonno di Naell.

Staryn storse la bocca, imprecò tra i denti e gettò un altro ciocco di legno nel fuoco, facendolo schioccare con violenza.

Lunghe lingue scarlatte si levarono verso il cielo mentre la sua voce, di solito allegra, uscì cavernosa dalla sua bocca piegata in una smorfia.

«Il Conte Alderan ha parlato con nostro padre, poco meno di sei mesi fa. Voleva informarsi sul potenziale futuro della principessa, visto che lui ha un figliolo della stessa età e che, tra qualche anno, prenderà le redini del suo esteso  e ricco feudo. Quell’ampolloso pezzo di…»

«Staryn!» lo richiamò senza troppa veemenza Meriton, lanciandogli un mezzo sorriso ironico.

Il fratello si limitò a scrollare le spalle, continuando a dire: «… quel pomposo nobile da strapazzo si vanta dei suoi vasti possedimenti e della miniera d’oro che, ahimè, si trova nei terreni di sua proprietà. Ha quasi più capitali della corona stessa, e intrattiene commerci fiorenti sia con Karton che con l’intero Enerios.»

«Un brigante vestito da gentiluomo. Conosco la razza» ghignò Ellessandar, ammiccando all’indirizzo del giovane principe.

Annuendo, Staryn proseguì nel suo racconto.

«Morale della favola, ha proposto neppure troppo delicatamente che Naell e il suo rampollo, un certo Coryn, Colryk, non ricordo bene il nome, si fidanzino allo scoccare del sedicesimo anno di lei, così da cementare l’unione tra le nostre due famiglie. Naturalmente, per mostrarsi magnanimo, lascerebbe tempo alla principessa per abituarsi all’idea. Avrebbe proposto un matrimonio per i vent’anni di entrambi.»

«Papà ha declinato gentilmente l’offerta, dichiarando che Naell è davvero troppo giovane per essere sottoposta a una simile pressione, e il conte si è dichiarato d’accordo, lasciando per altri momenti quel discorso. Ma sappiamo bene che tornerà all’attacco» terminò per il fratello, Meriton, sbuffando con aria contrariata.

Staryn imprecò tra i denti, e concluse: «Naell non ne sa nulla, altrimenti avrebbe sicuramente trovato il modo di scappare, una volta trovatasi in mezzo alle montagne. La sola idea di sposarsi, almeno per il momento, la fa ridere a crepapelle, e non penso che accetterebbe uno smidollato, come marito. E quel ragazzino non ha l’aria di uno che, neppure tra qualche anno, assurgerà a livelli decenti di fascino.»

Ridendo suo malgrado, Ellessandar si appoggiò all’indietro sui gomiti e, guardando l’erede al trono di Enerios, commentò: «Sembrate aver studiato da vicino questo ragazzino.»

«Stavano parlando di nostra sorella! Ovvio che sì! La farei scappare io stesso da palazzo, se sapessi che, per mere ragioni dinastiche, fosse assegnata a un uomo non adatto a lei» brontolò Meriton, adombrandosi in viso.

«Tutto ciò è infinitamente cortese da parte tua, ma non credo che i tuoi genitori, se potranno, la metteranno in mano a un uomo meno che perfetto» replicò gentilmente Ellessandar. «Mi sono sembrati una coppia molto affiatata, e non si vergognavano di far vedere al mondo intero il loro amore. Una cosa rara, in un ambiente affettato come il nostro.»

«Papà ci raccontò di essersi innamorato di mamma al primo sguardo… dopo averla vista ripulire uno zoccolo della sua giumenta!» ridacchiò Meriton, ripensando a quella vecchia storia.

Ellessandar sollevò un sopracciglio con evidente sorpresa, esalando: «Un incontro ben strano!»

Staryn annuì, spiegandogli: «Erano entrambi nervosi, quel giorno. Si sarebbero incontrati per la prima volta e, a quanto pare, stare con i loro cavalli avrebbe potuto aiutarli a calmarsi. E così si incontrarono nelle stalle, lontano dagli orpelli di Corte, non mascherati da mille e più consuetudini. Si videro per come erano realmente, e si piacquero.»

«Sono stati fortunati.»

Nel dirlo, Ellessandar sospirò melanconicamente.

«Mia sorella maggiore si sposò circa sei anni fa con un nobile di un’isola nei pressi di Yskandar. Lo fece in spregio a tutti i consigli datile dalla famiglia, solo per dispetto nei confronti dei nostri genitori e, da quel poco che so di lei, ora è praticamente prigioniera nel palazzo in cui vive, scodellando figli su figli al marito-padrone e, per noi, è impossibile andare a trovarla senza scatenare una battaglia navale tra il nostro esercito e quello del sovrano delle Isole Arcobaleno, cugino dell’uomo sposato da mia sorella.»

«Come mai ha voluto lanciarsi in un’impresa così autolesionista?» esalò Meriton, sinceramente sorpreso.

«Forse, perché ci hanno viziato troppo» ammise con un mesto risolino Ellessandar. «Millysen sapeva di essere bella e tutti, a corte, la vezzeggiavano e la adoravano. Mio padre, più di tutti, la ricopriva di regali e nulla che lei chiedesse, le veniva negato. Questo la portò a volere sempre di più, anche ciò che non era per lei, compreso quell’uomo. I miei genitori sapevano cosa si nascondesse dietro quel volto ammaliante, ma Millysen non volle sentire ragioni. Scappò, rinnegando il suo sangue e ingiuriando a male parole i miei genitori e, alla fine, mio padre la ripudiò come figlia, pur piangendo per lei ogni notte.»

«Probabilmente, lo avrebbe fatto anche se tu e lei non foste stati viziati fin da piccoli, come dici tu. Non mi sembra, comunque, che tu ti sia dato a giochi pericolosi» asserì gentilmente Meriton, sorridendogli benevolo.

Ellessandar scosse il capo, ridacchiando, e convenne con lui.

«Sì, forse sarebbe successo lo stesso, ma i miei genitori se ne sono presi la colpa e, da quel giorno, so che pensano a lei con dolore. Io ho cercato in ogni modo di non dare loro neppure un dispiacere, ma non so se ci sono riuscito.»

«Sono certo che lo hanno apprezzato» lo rincuorò Staryn, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.

Ellessandar reclinò all’indietro il capo, scrutando pensoso le stelle alte in cielo e la luna pallida che rischiarava la notte e, con un mezzo sorriso, asserì: «Certe volte mi sembra di avere cent’anni, non venti. E’ così stancante essere l’unico erede di una dinastia millenaria, dover sopportare il peso di ciò che non è più. Vorrei tanto che i miei fratelli non fossero morti da piccoli. Suonerà cinico, ma la penso così.»

Meriton e Staryn sapevano bene quali lutti avessero colpito la famiglia reale di Akantarm e comprendeva quale peso fosse toccato in sorte a Ellessandar.

Di sei figli maschi, lui era l’unico sopravvissuto a una tremenda epidemia che aveva colpito Yskandar meno di dieci anni prima.

Dopo aver perso anche Millysen in modo così assurdo, alla famiglia del giovane principe rimanevano ben poche gioie di cui sorridere.

«Sei onesto, non cinico» mormorò Staryn, sbadigliando un attimo dopo. «E con questa perla filosofica, io vi dico buonanotte.»

Ellessandar ridacchiò, annuendo al suo indirizzo prima di stendersi sul suo mantello e replicare: «Penso dormirò anch’io. Per domani saremo a Rajana, e non vorrei arrivarci con le occhiaie e la faccia insonnolita.»

«Non sia mai!» ghignò Meriton, stendendosi accanto a Naell.

***

Doveva parlargli, o tacere? Tenere per sé ciò che aveva ascoltato per errore, o esporre i suoi pensieri?

Difficile dire quale fosse la scelta migliore ma visto che, grazie ai buoni uffici di Hevos, aveva già abbastanza segreti da tenere per sé, preferì non avere altri scheletri nell’armadio da tenere sott’occhio.

Avvicinata perciò la propria cavalcatura a quella del principe Ellessandar, Naell gli sorrise a mo’ di saluto prima di dirgli, senza tanti giri di parole: «Non dovreste parlare così a lungo, dinanzi al fuoco. Finite col dire troppe cose.»

Sinceramente sorpreso, il principe le sorrise spiacente, mormorando: «Le mie più profonde scuse. Non avremmo dovuto parlare di argomenti che ti riguardavano. Ti sei offesa?»

«Dell’offerta di matrimonio, sì,… per come avete reagito, no» ammise lei, con un mezzo sorriso. «Ma mi è spiaciuto sapere di tua sorella. Non pensavo potesse arrivare a tanto.»

«Non si conoscono mai a sufficienza le persone, a quanto pare» chiosò lui, facendo spallucce. «Pensi di scappare alle prime avvisaglie di tempesta, allora?»

Naell ci pensò su per un po’ prima di ghignare all’indirizzo del principe e commentare: «Di sicuro, scandalizzerei tutto il popolo di Enerios. Oppure, più semplicemente, potrei chiedere a uno dei miei cugini di sacrificarsi per la causa e sposarmi, ma sarebbe disgustoso, anche se più che lecito.»

«Ti sembrerebbe di sposare uno dei tuoi fratelli?» ironizzò Ellessandar, vedendola annuire divertita e disgustata assieme.

Tornando seria, Naell fissò lo sguardo sui contorni indistinti delle case di Rajana, semi nascoste da una leggera nebbiolina biancastra e, con voce piana, mormorò: «Dubito di essere una persona romantica, perciò non credo che, quando verrà per me il giorno di incontrare il mio sposo, soffrirò e piangerò disperata. Potrei farlo se sapessi di non poter più essere me stessa, ma non per l’uomo in se stesso.»

«Tanto cinismo in una ragazza così giovane? Come mai?» si incuriosì Ellessandar, fissandola debitamente sorpreso.

Naell si esibì in un risolino divertito, prima di ammettere: «Ho la testa da un’altra parte. Mi sembra che preoccuparmi per cose così frivole, sapendo quel che so, sia sciocco.»

A quel punto, il principe mostrò ampiamente di non aver capito una sola parola di quanto riferito dalla ragazza e Naell, scrollando le spalle spiacente, disse: «Devo mantenere un segreto per conto di un dio, mi spiace. Ma è questo che mi spinge a non pensare granché a quest’evento in particolare. Visto quello che mi è stato detto, dubito che un mio futuro matrimonio possa essere più tremendo di quello che mi aspetta.»

Aggrottando la fronte, Ellessandar allungò istintivamente una mano per afferrare un braccio di Naell, esalando sconvolto: «Cosa mai dovrebbe capitarti?!»

Sinceramente commossa dalla sua preoccupazione, Naell gli sorrise gentilmente, replicando: «Non lo so, so soltanto che io sarò coinvolta in qualcosa di epocale. Ma non posso dire altro.»

«Un fardello non da poco, per una fanciulla così giovane che dovrebbe pensare, prima di tutto, a bei prati profumati e sontuosi balli in maschera» cercò di ironizzare il principe, pur lasciando trapelare dal suo sguardo d’ossidiana l’ansia che stava provando per la giovane nuova amica.

Scoppiando a ridere di fronte a quello scenario ipotetico, Naell si terse una lacrima di ilarità dall’angolo di un occhio prima di esalare divertita: «Oh, cielo! Non prediresti un ballo in maschera per farmi divertire, se sapessi come danzo. Credo di essere nata con due piedi destri!»

Evidentemente scettico, Ellessandar replicò con altrettanto divertimento: «Non lo credo possibile. Ti ho vista ballare, al villaggio, durante i festeggiamenti, e le tue amiche sono uscite tutte quante indenni dalle danze. Forse, dipende solo dal cavaliere che ti scorta sulla pista.»

«Può essere…» gli concesse lei, prima di notare lo sguardo curioso del fratello Staryn, rivolto verso di loro.

Istintivamente, gli fece la linguaccia e Staryn, per diretta conseguenza, gliela restituì corredata di gestacci prima di sorriderle più tranquillo.

Rivolta poi a Ellessandar, gli spiegò succintamente: «Idiozie tra fratelli.»

«Fanno bene allo spirito» sospirò melanconicamente il giovane, sorridendo poi a My-chan, che stava procedendo tranquilla accanto ai loro cavalli in forma animale. «Lei è come una sorella, per me. E so che il suo amore è sincero e disinteressato.»

«My-chan ti vuole davvero bene. Ed è una compagnia deliziosa» asserì Naell, lanciando uno sguardo alla donna-felino, che ricambiò la sua occhiata con un brontolio sommesso.

«Le piaci. Il che è raro, in lei. Se non fosse che ne sentirei troppo la mancanza, le potrei proporre di rimanere un po’ con te e tornare con la prossima nave per Akantar. Ma no, non ce la farei proprio» scrollò le spalle Ellessandar, fissando con affetto incondizionato il renpardo.

«Non mi sognerei mai di dividervi» replicò Naell, sorridendo. «E poi, con lei lontana, potrò avere la scusa per venire più spesso ad Akantar a trovarla.»

My-chan si dichiarò entusiasta, miagolando profusamente ed Ellessandar, scoppiando a ridere, esalò: «La trovi perfettamente d’accordo!»

«Lo immaginavo» sogghignò Naell, tornando a fissare in viso il principe per poi chiedergli: «Mi farai vedere le stelle con il tuo cannocchiale, quando sarò a Yskandar?»

«Se lo vorrai, sì» annuì lui.

Naell si limitò a un breve cenno del capo, prima di portare la sua attenzione al paesaggio che li circondava.

Per molto tempo non avrebbe più potuto assaporare la libertà di quei mesi trascorsi tra quelle lande selvagge e misteriose ma, nello stringersi la mano al petto – in corrispondenza del dono lasciatole dalle sue amiche – , ebbe la certezza che una parte di lei non avrebbe mai abbandonato quei luoghi.

Sotto la tunica ricamata che indossava, ben nascosto alla vista, si trovava un piccolo stiletto dall’elsa a forma di testa di lupo.

Le ragazze lo avevano forgiato in gran segreto nella fucina del villaggio, aiutate da Antalion nella creazione dell’anima in creta, in cui avevano creato l’elsa dalla forma così inusuale.

La scoperta dell’inaspettata bravura del cugino in quel genere di lavori di precisione, l’aveva resa ancora più fiera di lui, e l’idea di portare con sé qualcosa creato anche da lui, le faceva sentire un po’ meno la loro mancanza.

Certo, nasconderlo sotto gli abiti sarebbe stato un dramma, e portarlo in bella vista avrebbe creato ancor più scandalo di quanto non l’avrebbero dato i lupetti a palazzo, ma il solo fatto di averlo la rendeva felice.

Era una figlia del branco e, anche se lontana dalla sua tribù, anche se immersa in un mondo totalmente diverso da quello di qualsiasi altra figlia di Hevos, lei avrebbe comunque avuto un posto nel loro cuore.

E, presto o tardi, si sarebbero ritrovate.

 

 

 

 

E dopo questa avventura tra i monti, ci trasferiamo nelle lande desertiche di Akantar, con il racconto intitolato 'Artiglio di Lupo'.

 

  
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