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Autore: boll11    27/02/2007    3 recensioni
Severus, Sirius e Remus si risvegliano al mattino scoprendo invece di essere piombati in un incubo. Cosa è successo? E soprattutto, perché?
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Altro contesto
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Una forzata vacanza

UNA FORZATA VACANZA

Beta: Nykyo e TwinStar
Rating: PG13
Sommario: Severus, Sirius e Remus si risvegliano al mattino scoprendo invece di essere piombati in un incubo. Cosa è successo? E soprattutto, perché?
Disclaimer: Questi personaggi non sono miei, ma della Rowling che ne detiene ogni diritto. Né tanto meno ci guadagno un euro.
Avvertimenti: Comica. (che il nume ce la mandi buona!)


1. Risvegli

1.

Severus si svegliò presto, quel giorno, per due motivi.
Primo, il letto gli sembrava straordinariamente scomodo.
Secondo, un raggio di luce lo colpì attraverso le palpebre abbassate.
Senza aprire gli occhi, nel dormiveglia fece, velocemente, delle ovvie considerazioni.
Il suo letto era di solito comodissimo, indi quello non poteva essere il suo letto.
E non si trovava nei suoi amati sotterranei, perché mai, assolutamente mai, un raggio di sole l’aveva disturbato dal suo riposo.
Solo Sirius aveva quella prerogativa, avvinghiandosi a lui, stile polipo, per tutta la durata del sonno, ed oltretutto lui non c’era.
Accidenti, questo era oltremodo irritante.
Non percepiva immediato pericolo, ma sicuramente un lieve, fastidioso allarme.
Aprì cauto l’unico occhio che spuntava dalle coltri.
Evidentemente quel malefico raggio lo disturbava da un po’, perché non aveva l’abitudine di rintanarsi totalmente sotto le lenzuola, che oltretutto gli sembravano anche insopportabilmente ruvide.
Che diamine stava succedendo?
La vista di una stanza che non era assolutamente la sua gli fece fare quello che il sole non era riuscito a fare.
Alzarsi, scostando con impeto le coperte che lo avvolgevano.
Rimase basito a guardarsi intorno.
Con un’espressione che non gli si addiceva.
Occhi sgranati e bocca spalancata.
La chiuse di scatto con un secco schiocco, quando si vide riflesso allo specchio posto di fronte al letto, su una cassettiera di dubbio gusto.
Bianca, squadrata, senza maniglie.
Un orrido parallelepipedo.
Anche il resto lasciava a desiderare.
Pareti tinteggiate di un giallo pallido.
L’armadio faceva il paio con la cassettiera, e la finestra aveva addirittura due tendine di organza bianca, con disgustosi volant.

Salazar! ma dov’era?

Quando poi il suo sguardo cadde sul letto dove si era appena svegliato, quasi perse i sensi dalla choc.
Trapunta colorata.
Ma colorata era riduttivo.
Ultra colorata!
Non aveva mai visto neanche la metà di quelle tinte, accostate tipo pugno in un occhio in righe minuscole.
E vogliamo parlare dell’insulso pigiama che indossava?
Un tessuto che non era cotone ma che sicuramente qualcosa, in minima parte ne conteneva.
Se ne sfilò immediatamente la maglia.
La soppesò tra le mani.
Colore celeste sbiadito con insignificanti stampe ad intervalli regolari.
Sembravano ancore.
Deglutì.
Non poteva credere di aver avuto addosso quell’indumento.
All’interno, sul colletto, un’etichetta descriveva le componenti del tessuto:
20% cotone 80% acrilico.
Deglutì ancora socchiudendo gli occhi.
Una vena sulla tempia gli pulsò pericolosamente.
Contrasse le labbra in una linea bianca.
Improvvisi dei colpi alla porta, che si spalancò subito dopo, facendo entrare una donna anziana, ma energica, che portava tra le braccia degli indumenti.
Severus fece appena in tempo a coprirsi con le lenzuola di flanella, facendo emergere solo la cima della testa.
“Che cosa combina, maestro Snape? Ancora a poltrire? La colazione è pronta da un pezzo. Farà tardi a scuola.” Depose i vestiti ai piedi del letto e proseguì a parlare, decisa e svelta, raccogliendo da terra quelli che gli sembrarono calzini, un paio di scarpe, una camicia e jeans.
“Oggi, deve portare la classe al cinema. Quei bimbi non devono stare nella pelle. Non li faccia aspettare, si alzi che le si fredda il caffè.”
Fu difficile non spalancare nuovamente la bocca, sentendo quelle parole.
E poi… che caspita!
Come si permetteva quell’insulsa donnetta, di entrare nella sua camera senza neanche bussare!
Calma, calma.
La tua camera?
Quest’ obbrobrio non è la mia camera!
E’ qualcosa di così lontanamente avulso da quello che si può definire “camera mia” che potrei sentirmi male all’istante.
Comunque, camera o non camera, quella donna meritava una lezione.
Con la mano pescò alla cieca la bacchetta sul ripiano bianco del comodino.
La puntò immediatamente sulla donna scandendo forte le parole di un blando incantesimo.
Quella lo guardò sbalordita.
“Maestro Snape! Ma cosa le prende? Non è il momento di scherzare! Lei è sempre così burlone, ma è veramente molto tardi. Si alzi, su e la smetta di fare il bambino!”.
Non era successo assolutamente nulla!
Lo sguardo gli cadde sul braccio ancora teso.
Tra le mani teneva stretta una stupida matita.
Gli tremarono gli angoli della bocca e l’occhio destro prese a pulsargli in un tic nervoso.
Bambino!
L’aveva chiamato bambino!
Burlone, oltretutto!
Quella, dopo un ultimo risolino divertito, uscì dalla camera chiudendosi dietro la porta.
Severus si alzò frenetico.
Buttò un’occhiata disgustata agli indumenti lasciati sul letto.
Poi cominciò a cercare la sua bacchetta.
Non era sul comodino, non era sotto il letto.
Non era da nessuna parte lì attorno!
Aprì l’armadio con violenza.
Vestiti babbani di ogni colore, ma non la sua amata veste nera!
Anche i vestiti!
Oh! Merlino santo.
Ora aveva un attimo di panico.
Quello che non era riuscito a fare Voldemort in tutti quegli anni glielo stava facendo una stupidissima, vetusta donnetta.

Calmati Severus.
Sei sempre stato una mente sveglia e analitica.
Puoi riuscire a venire fuori da questo disgustoso impiccio.
Ma come?
Come, senza la mia bacchetta?

Tristemente diede una rapida occhiata ai pantaloni che ancora indossava.
Quelle ancore avevano il potere di farlo imbestialire.
Doveva vestirsi (e qui deglutì di nuovo all’idea di doversi infilare quegli abiti), e subito, prima che quella donna ripiombasse nella stanza.
Rigido, raccolse i vestiti e diede un’occhiata in giro in cerca della porta del bagno.
Non c’era.
Oh, Salazar! e ora?
Neanche il bagno in stanza?
Puntò fremente l’unica porta e silenziosamente l’aprì di uno spiraglio.
Sbirciò fuori.
Un corridoio fortunatamente deserto.
Naturalmente con un atroce arredamento.
Sulla parete di fronte poté scorgere quello che gli sembrò un disegno vergato da una mano sicuramente infantile, oltre che idiota.
Un’orrenda stilizzazione di una figura umana che teneva per mano (mano? quei quattro segnacci?) il suo corrispettivo in piccolo.
Due nomi sotto le figure.
Severus (e qui ebbe un altro attacco di panico) e Betty.
Si arrischiò a tirare fuori tutta la testa.
Svariate porte.
Ecco!
Ed ora qual’era quella giusta?
Inspirò a fondo e uscì dalla stanza in punta di piedi.
La prima porta che provò ad aprire era chiusa a chiave.
Prima di rendersene conto aveva fatto leva sulla maniglia più volte, disperandosi per non averla azzeccata al primo colpo.
Con rapidi saltelli sulla punta dei piedi si avvicinò alla successiva.
“Maestro Snape! Ancora in pigiama?”
Ci mancò poco che facesse un balzo.
Lo salvò il suo autocontrollo (anche se messo a dura prova) e la sua prontezza di spirito.
“Il bagno…”, riuscì a rispondere dopo essersi voltato lentamente.
“Giuro, che lei è strano forte, stamani! Sta andando nella direzione opposta.”, e scuotendo la testa, la donna ritornò sui suoi passi spalancando la porta vicina e che si rivelò essere quella della cucina.
Severus rimase fermo a fissare nel vuoto per alcuni lunghi istanti.
Poi si diresse veloce nella direzione indicata dalla donna.

Merlino! che brutto risveglio!

  
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