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Autore: Writer96    23/08/2012    9 recensioni
Si tratta dei Missing Moments (o dei cambi di POV) della storia "10 things I didn't give to you".
Come si sono conosciuti Alice e Louis?
Cosa è successo durante la fatidica telefonata tra Liam e Hayley?
Chi erano i personaggi PRIMA della storia?
Cosa succede dopo l'epilogo?
Non si esclude un possibile seguito.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '10 Things I didn't give to you'
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La scena si ambienta tra il decimo e l'undicesimo capitolo.
Volevate sapere cosa fosse successo?
Ecco qui.
Anche se fa schifo. #LOL





ALICE’S POV

Mi piaceva vedere quali persone ci fossero di sabato pomeriggio al bar, sedute ai tavolini da caffè e intente a fare conversazione. Scrutavo, senza farmi vedere, coppiette che litigavano, che si crogiolavano nel loro amore o che semplicemente si sorridevano, inebetite dal fumo del caffè, oppure uomini impegnati in entusiasmanti partite a carte, che ogni tanto lanciavano urla belluine, oppure ancora persone solitarie che leggevano o bei ragazzi soli che mescolavano e rimescolavano i loro caffè senza tregua, lo sguardo perso e qualche sospiro emesso di tanto in tanto.

Mi fermai, tenendo in mano una tazzina sporca appena portata via da un tavolino e tornai sui miei passi, portando di nuovo lo sguardo sul bel ragazzo solitario e depresso. Studiai i capelli pettinati e probabilmente fonati con cura che da un lato erano spettinati, segno che ci aveva passato molte volte la mano e notai come la felpa che indossava gli calzasse a pennello. Le mani erano delicate ed ero quasi certa che si potessero definire da pianista, anche se sinceramente non avevo mai capito il perché di quella definizione. Semplicemente, tutte le belle mani affusolate venivano dette da pianista e io mi adattavo a quel fatto, senza farmi troppe domande.
Lui alzò lo sguardo e mi vide, mentre ero ferma, in mezzo ad una discreta quantità di tavolini, con indosso la divisa da cameriera più oscena che si potesse desiderare –chi vorrebbe vestirsi con una maglietta giallo senape abbinata ad un grembiule acquamarina?- in mano una tazzina sporca e l’aria stravolta.

Decisamente, la mia apparizione migliore.

Il ragazzo sconosciuto fece scorrere gli occhi –azzurri, come da copione- su di me, con aria svogliata o distratta e tornò a mescolare il suo caffè. C’era qualcosa in me che mi spingeva a volerci parlare, a voler sapere chi era e perché era ridotto in quello stato. Non era la cosiddetta sindrome da crocerossina, quella che mi invadeva il cuore. Era qualcos’altro, qualcosa di diverso che non avrei potuto spiegare. C’era una tristezza non celata in quel movimento ritmico del suo polso che mi fece definitivamente correre dentro a posare la tazzina sul bancone e a dire a Jenny che avrebbe dovuto coprirmi gli ultimi dieci minuti del mio turno, prima di uscire e dirigermi con tutta calma verso di lui, una mano che sfiorava i miei capelli nel tentativo di renderli per lo meno scompigliati ad arte.
-Sai, credo che lo zucchero si sia sciolto, ormai.- dissi, un sorriso che mi occupava gran parte del volto e che doveva essere di incoraggiamento, ma che uscì solo come una smorfia che sapeva tanto di compatimento.
-Non ce l’ho nemmeno messo, ora che me lo ricordi…-ammise lui, sorridendo e guardandomi negli occhi. Aveva gli occhi dell’azzurro più sconvolgente che avessi mai visto, qualcosa che somigliava ad un miscuglio di tutte le tonalità blu e azzurro con la trasparenza più assoluta. Rimasi qualche istante a fissarlo, mentre mi chiedevo come fosse possibile che gli occhi di qualcuno potessero essere di un colore tale. All’improvviso mi accorsi che non aveva smesso di sorridere, ma che il suo sguardo era tornato vacuo e perso in chissà quali pensieri.
-Te ne posso portare una bustina, se vuoi. Per dare un senso al tuo mescolare, intendo.- provai e stavolta il sorriso si riaccese, più sincero di quanto fosse stato in precedenza. Mi ricordava un bambino, la stessa aria smarrita ma felice e la stessa tristezza così palese ed evidente. Tenero. Era decisamente tenero, quel ragazzo.
-Oh no, non fa niente, ma grazie dell’offerta…-
-Alice.- completai per lui, indicando la sedia vuota dall’altra parte del tavolino e mimando un “Posso?” con le labbra. Lui annuì e di nuovo mi diede la sensazione di trovarmi davanti ad un bambino, terribilmente bello, nonostante tutto. Sospirai e mi sedetti, allungando una mano verso il portatovaglioli e sistemando i foglietti di carta semi-oleata che conteneva.
-Di niente…- stavolta fu lui a completare, sorridendomi di nuovo.
-Louis. Mi chiamo Louis. E tu, Alice, hai spesso la tendenza a sfottere poveri clienti depressi?- chiese e io fui certa di essere arrossita. Non mi sentivo insultata, però. Aveva detto quella frase con la più totale innocenza e curiosità e questo contribuì ad arricchire l’immagine di lui che mi stavo facendo.
-No, a dire il vero no. Lo faccio solo con quelli brutti.- lo provocai io e lui scoppiò a ridere, mentre si passava una mano tra i capelli, facendone rizzare alcune ciocche e diventando così la rappresentazione vivente della schizofrenia.
-Molto malvagia la cosa…- disse e io alzai una mano, sbuffando e sorridendo insieme.
-Se non sai riconoscere l’ironia…- esclamai e per la seconda volta rise, ma più piano di prima, guardandomi negli occhi e sospirando a sua volta.
-L’ironia la riconosco benissimo, invece. Se non la riconoscessi, a quest’ora sarei rinchiuso in casa mia a dondolare avanti e indietro con aria sconfitta, mangiando Nutella e crogiolandomi nei miei dispiaceri.- ammise e fu il mio turno di ridere di cuore, immaginandomelo mentre faceva tutto questo.
-Fa molto…- dissi, cercando di non essere offensiva o di essere presa per volgare. Lui sembrò cogliere il senso di quello che volevo dire, perché mi concesse una sventolata di ciglia e un “Cara, non essere antipatica” molto effeminati.
-Seriamente, perchè sei ridotto in queste condizioni? Non mi sembra che il caffè fosse così caldo…-dissi infine, rompendo il silenzio pacato che si era creato fino a qualche istante prima.
Lui prese un respiro e si spinse contro lo schienale della seggiola, studiandomi per qualche istante e facendomi desiderare di non avere addosso quella ridicola maglietta e quell’orribile grembiule.
E’ così che ci prende, l’amore. Vestiti male, spettinati, al lavoro.
 

LOUIS’ POV

Era carina. Decisamente carina, mi dissi, mentre la studiavo, facendo passare lo sguardo sulla maglietta color senape che indossava. Va bene, se avesse indossato qualcosa di normale o dignitoso sarebbe stata ancora più carina, ma in quel momento i capelli biondicci e corti e gli occhioni color cioccolata potevano avere la maglio anche sull’aragosta che serviva il caffè disegnata proprio al centro del grembiule.
Era venuta da me senza un motivo preciso, con semplicemente un grosso sorriso in faccia che faceva molto “Faccio finta di ascoltarti, poi ti porto in un centro contro la depressione” e ora stava chiacchierando con me –insultandomi, certo, ma chi non lo faceva almeno una volta nella sua vita?- preoccupandosi della mia vita.

Inspirai e mi buttai contro lo schienale della sedia, cosa che Richard, mio amico d’infanzia, mi aveva spesso rimproverato, perché diceva che mi faceva sembrare ancora più pazzo-psicopatico-bambinone del solito.
-Dopo la tua precedente affermazione, ti stupirai sapere che è colpa di una ragazza…-cominciai. Lei rise e alzò le spalle, accavallando le gambe e ricominciando a giocherellare con il portatovaglioli, come aveva fatto prima.
-Capisco, ti ha lasciato..- disse, tamburellando sulla scatoletta di plastica con qualcosa che somigliava al fastidio stampato in faccia. Un sorriso mi uscì spontaneo dalle labbra e scossi la testa, rubandole il portatovaglioli di mano e ricevendo in risposta uno sguardo di disappunto.
-Veramente no. Uscivamo insieme e…- lei mi interruppe di nuovo, alzando la mano e prendendo su di sé un’aria da saputella che stonava con i sorrisi precedenti.
-Ha iniziato a parlare degli ex? Ti ha dato buca prima di venire?- disse e sperai vivamente che smettesse presto di fare la maestrina. Gli insegnanti mi avevano sempre irritato. Dicevano che non studiavo, che non mi applicavo, che ero disattento, quando io semplicemente avevo poca voglia di sentirli fare i sapientini e i superiori. Solo un insegnante mi era piaciuto davvero, il mio professore di Letteratura Inglese degli ultimi due anni delle superiori. Si metteva in gioco, si sentiva studente anche lui. Non aveva paura di dire “Non so”, ma piuttosto di dire “Non potrò mai sapere”. Quando mi ero diplomato era stato l’unico a dirmi che avevo un  futuro brillante e accademico davanti, dicendomi che non aveva mai visto nessuno applicarsi come avevo fatto io con lui. Non glielo dissi, ma mi ero impegnato solo perché era lui ad insegnare.
-Zitta e ascolta. E’ la mia storia o la tua?- la rimbeccai con un sorriso. Lei fece il segno di cucirsi le labbra e mi guardò, in attesa del continuo della mia storia.
-Ho conosciuto una ragazza ad una festa. Cioè, l’ho vista e ho chiesto alla sua migliore amica di farmici uscire insieme. Siamo usciti e sembrava che tutto fosse perfetto. E poi ha chiamato un ragazzo, che non so chi fosse, e lei mi ha lasciato lì, dicendomi che era troppo importante per lei…- sospirai e l’immagine di Hayley che parlava al telefono, con l’aria sempre più sconvolta e poi decisa mi procurò un gran tuffo al cuore. Alice mi guardò e sospirò, ma non disse nessun “Capisco…” detto magari con voce irritante e piena di compatimento. Le fui grato per quella reazione e per un po’ nessuno de due disse niente.
-Non che fossi innamorato o chissà quanto preso da lei. Ci avrò parlato una mezzora, tre quarti d’ora, però io ero lì a pensare “lei potrebbe essere la ragazza per me” e puntualmente guarda come mi ritrovo, scaricato e con l’autostima a pezzi.- terminai, facendo un largo gesto con la mano, indicando me stesso, la tazzina di caffè e pure il portatovaglioli che Alice aveva risistemato con tanta cura. Lei continuò a guardarmi, studiandomi e leggendo chissà quali cose nei miei occhi.
Mi piaceva quel suo modo tranquillo eppure esplosivo di fare. Era entrata nella mia sofferenza senza chiedermi neanche il permesso, ma la cosa non mi disturbava, o, per lo meno, non mi infastidiva se non faceva la saccente.
-Io dico che dovresti risollevarti. Insomma, lo so che è brutto essere piantati in asso così, ma pensaci. Cosa ti ha realmente fatto, lei? In un appuntamento non ci sono promesse o legami già formati, si esce insieme per conoscersi. Non trovi?- disse lei e io annuii, sconvolto dalla razionalità di quella ragazza. Lei sorrise nel vedermi così accondiscendente e io mi ritrovai a sorriderle in risposta.
-Vedi? Mi sorridi come se niente fosse dopo aver fatto tutta questa tragedia per… com’è che si chiama?- domandò e io continuai a sorriderle, mentre per un attimo il suo volto si sovrapponeva a quello di Hayley e i due sorrisi si confrontavano. Com’erano diverse! Hayley ti sorrideva come se avesse paura della tua reazione, con quella timidezza ma celata e quell’insicurezza che le usciva da tutti i pori, mentre Alice sollevava le labbra sopra le gengive, accattivante, e ti rassicurava pur senza essere eccessiva.
-Hayley. Hayley Core, sì…- dissi e, improvvisamente, Alice iniziò a ridere. Si accasciò sul tavolo e continuò a ridere per qualcosa come tre minuti ininterrotti, mormorando di tanto in tanto il nome di Hayley. Pensai al peggio: che Hayley fosse una con un’orribile reputazione, che fosse lesbica, che avesse già un ragazzo, che abbandonasse tutti così ad ogni appuntamento, che fosse una sfigata, o una ladra o una killer in missione segreta, o una principessina altezzosa o chissà cos’altro.
Alice, finalmente, interruppe il flusso dei miei pensieri frenetici e si degnò di parlare di nuovo, anche se scossa da qualche risatina.

-Hayley Core? Accidenti, Louis, non posso seriamente crederci. Ci credo che è scappata via così. Lasciatelo dire, non avresti avuto speranze. Lo sanno tutti, tutti, che è innamorata persa del suo migliore amico. Che, per caso quello che ha chiamato era un certo Liam?- domandò e io strinsi le labbra, al ricordo della telefonata che aveva rovinato il mio pomeriggio.
-Sì..- ringhiai e lei scoppiò in una risatina, che si spense subito nel vedere la mia espressione. Mi posò una mano sul braccio e per un attimo, quel breve contatto, quella mano piccola e calda, mi fecero bene. Ebbi voglia di stringerle la mano, anzi, di stringere lei tra le braccia e ringraziarla perché nonostante tutto la sua presenza mi faceva bene.
-Povero piccolo Louis. So che è stupido da dire, ma ti è andata meglio così. Se anche per caso lei si fosse messa con te, avreste sofferto come cani entrambi. Lei e Liam sono sempre stati… come dire, sull’orlo di un burrone, per quanto riguardava amore e amicizia. Qualcuno ha fatto anche una scommessa  su loro due…  Davvero, Louis, non c’è niente che avresti potuto fare. Mettiti il cuore in pace, dimenticatela e, se proprio vuoi, fattela amica, ma non sperare in qualcosa di più, fino a quando Liam sarà in circolazione…- continuò, strizzandomi un occhio e allungando una mano fino a toccarmi il naso. Mi ritrassi, un po’ indispettito, e vidi nei suoi occhi un’ombra di delusione che mi fece pentire del mio gesto. La guardai e le sorrisi e borbottai qualcosa che mi permettesse di riparare alla gaffe appena fatta.

-Scusa, ma i capelli sono off-limits..-
-Non intendevo toccarti i capelli, volevo solo darti un buffetto sul naso…- disse lei, un po’ contrita e io allungai la testa verso di lei.
-Fai pure, allora…- esclamai e lei fece un sorriso, non del tutto convinta, prima di sfiorarmi timidamente la punta del naso. Continuai a guardarla e ripensai a ciò che mi aveva detto. Sbuffai, mentre un sorriso mi usciva dalle labbra senza che io potessi farci niente e ripensai che, probabilmente, aveva ragione Alice e che mi stavo comportando decisamente da cretino.
-Tu come la conosci Hayley?- una piccola fitta mi giunse comunque alla bocca dello stomaco, ma mi sforzai di ignorarla, costringendomi a non pensare ad Hayley che mi sorrideva e preferendo continuare a rivedere lei che parlava al cellulare, così presa e così focalizzata su quell’oggetto da essersi dimenticata del resto del mondo, mentre, con voce un po’ tremante, annunciava quel serio e definitivo “Sto arrivando”.
-Andiamo in classe insieme, siamo più o meno amiche. E’ una tipa a posto, davvero, e si fa volere bene, ma non è assolutamente il caso di continuare a sperare che accada qualcosa con lei…- ancora una volta, Alice sembrava essere una sorta di toccasana nel mio cervello incasinato e sembrava anche che la sua mano calda fosse fatta apposta per sciogliere i nodi che si creavano all’interno del mio stomaco, senza darmi tregua.
-Va bene, ho capito il messaggio…- borbottai e la vidi sorridere, mentre tornava al suo posto e lanciava un’occhiata all’orologio. Quel gesto mi fece capire di non essere più desiderato –dopo anni in cui per molti amici sei solo il giullare con cui ridere due secondi e poi da mandare via, avevo imparato a capire quando la gente cercava di allontanarmi senza cacciarmi apertamente- e scostai la sedia dal tavolo, allungando le braccia sopra la testa e cercando degli spiccioli con cui pagare nella tasca dei jeans.

-Aspetta, vai via?- domandò Alice, guardandomi senza riuscire a mascherare un tono deluso.
-Oh. Ehm.. ho visto che guardavi l’orologio e ho pensato che dovessi andare via…- ammisi e lei sorrise –avevo perso il conto di tutte le volte che l’aveva fatto, ormai, ed ogni volta mi sorprendeva con una smorfia un po’ diversa dalle altre- scuotendo la testa e alzandosi a sua volta.
-No, veramente no, è solo che è ufficialmente terminato il mio turno e volevo approfittarne per andare a togliermi il grembiule, facendo finta di aver lavorato attivamente negli ultimi dieci minuti…- disse, facendo una strana smorfia con la bocca e prendendo la mia tazzina ancora piena, assumendo un’aria che fosse abbastanza seria e professionale e scompigliandosi i capelli.
-Mmh, c’est vrai, flirtare con i clienti e consolarli in caso di depressione non è contato come attività lavorativa..- le chiesi, beffardo e lei avvampò.
-Ti prego, il francese no…- piagnucolò lei, senza guardarmi in faccia. Alzai le sopracciglia, curioso e lei si strinse nelle spalle.
-Il mio professore di francese mi odia da sempre e io non vedo l’ora di finire le superiori semplicemente per non doverlo più vedere…-concluse. Io scoppiai in una risata che fece voltare alcuni clienti e chiesi loro scusa con un gesto della mano, prima di tornare a guardare verso Alice, che era ancora rossa ma aveva assunto un’aria piuttosto scocciata.
-In soldoni, non sei in grado di spiccicare mezza parola?- chiesi e lei, coprendosi con l’altra mano, mi mostrò il dito medio, facendomi scoppiare di nuovo a ridere. Era assolutamente incredibile come fosse riuscita a tirarmi su di morale nel giro di niente ed ancora più incredibile era il modo in cui scherzavamo, come se ci conoscessimo da un’eternità.
-Ok, va bene, niente più francese… però tu non hai detto niente sulla mia affermazione di prima..- dissi e lei, che aveva ripreso il suo colorito di pelle naturale, divenne simile ad una melanzana. Era buffissima, eppure allo stesso modo affascinante e mi preoccupai, pensando che sarebbe stato meglio evitare Julie e tutte le sue compagne di classe in futuro, se, conoscendone due, mi ero ritrovato piuttosto cotto di loro nel giro di pochissimo tempo.
-Hai dei filtri nel tuo cervello, o ciò che pensi va dalla tua mente alla bocca in linea diretta?- domandò e io ghignai, notando come mi stesse tenendo testa senza essere antipatica o presuntuosa.
-Però, stiamo diventando aggressivi..- sorrisi e alzai le mani in segno di resa. Lei scosse la testa e la vidi lottare contro se stessa nel tentativo di non sorridere. Mi piaceva il fatto che sorridesse così spesso. Senza neanche volerlo, me l’immaginai a ridere di ogni mia battuta e pensai che sarebbe stato bello, ma bello sul serio, poter condividere con lei la maggior parte delle cose che mi passavano per la mente.
Alice si incamminò verso il bar scuotendo la testa e da fuori la vidi mentre posava il grembiule dietro al bancone, spariva dietro ad una porta e riemergeva con una maglietta bianca al posto di quella gialla, parlottando con una ragazza di colore che la spintonava allegramente. Uscì velocemente e io mi piazzai davanti a lei, continuando a sorridere come un imbecille.
-Ancora qui sei?- chiese lei, ma si vedeva che era contenta di vedermi ancora lì.
-Sissignora. Non ci siamo nemmeno salutati, io non ti ho ancora allungato il mio numero in maniera furtiva scrivendolo sullo scontrino del caffè e tu non mi hai ancora detto sbuffando “E’ stato un piacere tirarti fuori dalla depressione”…- esclamai e lei annuì, arrendendosi al fatto che ci stessi spudoratamente provando con lei.
-D’accordo, facciamo così allora. Io ti offro il caffè, così non devo darti nessuno scontrino dove scrivermi il tuo numero, ma ti dò direttamente il cellulare, così lo scrivi lì salvandolo sotto la voce “Imbecille depresso del bar”…- disse lei, cogliendomi ancora una volta di sorpresa. Fece esattamente ciò che aveva detto e io seguii le sue istruzioni, salvandole però il mio numero come “Imbecille depresso e figo del bar”, cosa che lei notò subito e che accettò con un sorriso divertito.
-Allora… com’era?- chiese, posandosi una mano sotto il mento.
-E’ stato un piacere tirarti fuori dalla depressione- le suggerii e lei annuì, posizionandosi ancora una volta davanti a me.
-Giusto. Allora, Louis, è stato un piacere tirarti fuori dalla depressione…- disse ed entrambi scoppiammo a ridere, a conferma di ciò che aveva appena detto. Un’illuminazione giunse spontaneamente al mio cervello e per un attimo mi sembrò di tenere il mondo in una mano.
-Aspetta un secondo… tu non hai appena finito il tuo turno?- domandai e lei annuì, arrossendo leggermente. Mi morsi un labbro e lei mi imitò, sussurrando un “Beh, e quindi?” che mi fece una tenerezza immensa.
-Allora ti offro io un caffè. Ma in un altro bar, magari. Così puoi scoprire anche i segreti della concorrenza…- esclamai e lei mi sorrise, sbuffando e tirando fuori il cellulare, mentre ci incamminavamo, lei che ogni tanto mi chiedeva qualcosa sulla mia vita e io che le rispondevo inframmezzando ogni frase con una qualche battuta squallida.

Col senno di poi, mi sarei reso conto che è vero quello che ti dicono sempre: l’amore arriva e tu non te lo aspetti. Arriva e ti salta sulla schiena mentre mescoli un caffè freddo, dopo l’ennesima delusione. E si fa portare a bere un caffè in un bar che non è quello dove lavora, sostenendo che sarebbe più buono persino un caffè fatto da una scimmia.
 
 


ALICE’S POV

Non appena tornai a casa, mi stesi sul letto e pregai che Megan, la mia sorellina meravigliosa di appena dieci anni, non venisse a disturbarmi. Ero intenzionata a comportarmi proprio come facevano i protagonisti dei telefilm americani: mi sarei rimpinzata di schifezze, continuando a rivivere nella mia mente le scene più belle della serata, ignorando mia madre che mi chiamava per la cena e preferendo insultare gli amici di Louis che avevano organizzato una pizzata più partita all’Xbox proprio quel giorno.
Ero incredula, del tutto incapace di realizzare quello che mi era appena successo. Era la cotta più istantanea che mi fossi presa, il classico colpo di fulmine nel quale avevo sempre sperato e mai creduto.
Louis Tomlinson si era dimostrato il ragazzo più adorabile, caciarone, simpatico e infantile del mondo e ogni secondo passato con lui non aveva fatto altro che rafforzare la mia idea che fosse il mio ragazzo ideale.
Mi aveva offerto un caffè –quel caffè faceva schifo, si sentiva che usavano macchinette con acqua con troppo cloro- e poi portato a camminare lungo una strada poco trafficata e ricca di portici sotto i quali ripararci dalla pioggia battente, divertendosi a vedermi impazzire davanti ai nuovi vestiti della collezione estiva di Armani –che non mi sarei mai potuta permettere, ma che amavo comunque- e promettendomi che avrebbe comprato gli occhiali identici a quelli di Jonny Depp solo per farmi felice.

Lo squillo del mio cellulare mi riportò alla realtà e per un attimo, un banalissimo attimo, sperai che fosse proprio Louis a scrivermi, nonostante il messaggio “Questo pomeriggio è stato meraviglioso. E comprendo anche la parte che mi ha fatto deprimere, più o meno, perché sennò non ti avrei mai conosciuta. Promettimi che replicheremo, anche se non indosserò gli occhiali alla Depp” me l’avesse già mandato, lasciandomi incapace di formulare una risposta decente.
Invece era un semplice avviso del mio gestore telefonico, che mi avvertiva del rinnovarsi dell’offerta di chiamate gratis. Pensai ad Hayley e a tutte le volte che le avevo rubato interi pomeriggi per farmi aiutare ad imparare a memoria stralci di poesie di Baudelaire e decisi di chiamarla, anche spinta da una certa curiosità riguardante la telefonata di Liam e il suo mezzo appuntamento con Louis.

“Liam, piantala di rompere, Hayley si sta facendo una doccia e vi siete sentiti per messaggio fino a cinque minuti fa…” la voce di Julie, distorta dalla cornetta del telefono, mi fece morire dal ridere.
“Juls?”
“Alice?” il tono della mia amica era sorpreso e titubante e mi immaginai la sua faccia, che doveva essere diventata molto simile ad un pomodoro.
“Mago Merlino! Ahah, santo cielo, Liam e Hayley sono già arrivati a questo punto della loro relazione? Sei già stressata?” domandai e anche Julie rise dall’altro capo del telefono?
“E tu come fai a sapere che si sono messi insieme?” chiese lei, titubante.
“Io so moltissime cose, compreso il fatto che oggi lei è uscita con Louis, piantandolo in asso per correre da Liam…”
“Chi sei, tu, Cassandra?” altro tono sorpreso, ma mitigato da una risatina. Mi stesi per bene, facendo dondolare un piede fuori dal letto e osservando la mia pedicure decisamente da risistemare.
“No, la ragazza che è uscita con Louis questa sera..” esclamai e mi godetti il silenzio dall’altra parte del telefono, soffocando una risata mentre la faccia sconvolta di Julie mi appariva chiarissimamente nel cervello.
“Aspetta un secondo. Hay, smettila di tormentarti per quel poverino di Lou, si è già risistemato, il fanciullo”
“Cosa?”
“Ci è uscita insieme Alice!”
“Passami il telefono, Julie!”

“Alice!” la voce di Hayley, che fino ad allora mi era giunta attutita, risuonò forte e chiara, mentre alle sue spalle udivo Julie che borbottava qualcosa contro lo coinquiline che non si preoccupano di mettere delle ciabatte per uscire dalla doccia.
“Mrs. Payne!” la apostrofai io e sentii chiaramente la risata di Julie, segno che ero appena stata messa in vivavoce.
“Grazie, Ali, tu sei di conforto, proprio. Juls, smettila di ridere…”
“E’ tutta la sera che la chiamo così, Ali, comprendi il suo essere schizzata” di nuovo la voce di Julie. Altra risatina da parte mia, altro sbuffo da parte di Hayley.
Gentilissime entrambe… “
“Fa niente, cara…” sorrisi, mentre sentivo Hayley sbeffeggiarmi dall’altro lato del telefono.
“Piuttosto, tu, cos’è questa storia di te e Louis?” domandò Hay e arrossii istintivamente.
“Niente, l’ho trovato al bar dove lavoro, depresso come pochi e io sono andata a fargli compagnia e a cercare di capire cosa avesse…”
Certo, perché il fatto che sia un bellissimo ragazzo non ha aiutato minimamente la tua causa, vero?” sentii esclamare Julie, supportata dagli “Esatto” di Hayley, che rideva rumorosamente.
“Siete entrambe fidanzate, mi vergogno di voi…” borbottai e loro di nuovo risero, facendo sorridere anche me.
“Non hai negato, Alice…”
“Hay, mi meraviglio di te, che fine ha fatto la mia dolce amica timida e intelligente?”
Liam Payne l’ha soffocata con i suoi baci!” un tonfo. Hayley era decisamente una violenta, quando si trattava di lei e di Liam..
“Wow, spero solo di non diventare zia troppo presto..”
“Sta’ zitta tu, e continua a raccontare…” Hayley era perentoria e sospirai, osservando i disegni di luce fatti sul soffitto.
“Niente, abbiamo iniziato a parlare e a scherzare, lui mi ha detto he eri tu il motivo della sua depressione e io gli ho detto che non doveva nemmeno stare a preoccuparsi, che tu eri cotta e stracotta di Liam e queste cosine qui. E poi abbiamo continuato a scherzare e alla fine, quando ho finito il turno, mi ha invitata a bere un caffè con lui in un altro bar…” dissi e le sentii ridacchiare eccitate e mormorare tra di loro.
E immagino tu abbia rifiutato…” commentò Julie, di sottofondo, mentre Hayley ripeteva una serie infinita di “Sono così contenta per voi”
“Sicuro Juls, che ho rifiutato… sentite, belle fanciulle, vi abbandono che mia madre vuole buttarmi giù la porta della camera per farmi andare a cena… ci sentiamo domani?” domandai, sovrastando il bussare che di punto in bianco aveva sostituito le urla di mia madre, ignorate fino a quel momento.
No, non è che ci sentiamo, domani. Tu domani vieni qui da noi e ci racconti tutto. Tutto, capito?” mi minacciò Julie. Risi, pensando al povero Harry e alle minacce quotidiane che doveva ricevere.
“Stiamo pensando la stessa cosa, vero? Che Julie è una tiranna…” sussurrò Hayley, ridacchiando.
“E non sarà la sola ad esserlo, se tu domani non mi racconterai ogni singola cosa su te e Liam” dissi io, ridendo, mentre aprivo la porta e facevo segno a mia madre di aspettarmi giù.
“Tiranne…” borbottò Hayley, mandandomi poi una buonanotte e un bacio anche da parte di Julie, chiudendo poi il telefono.

Buttai il cellulare sul letto, pensando che quella doveva essere stata la giornata delle meraviglie e poi andai di sotto a cena, dove mio padre mi fece qualche laconica domanda sul lavoro al bar mentre mi serviva insalata e hamburger.
Erano buoni, buoni davvero.
Ma io, nella mia bocca, percepivo solo il gusto di un caffè che sapeva di cloro e sulle labbra la morbidezza di quelle di Louis che sfioravano le mie un attimo prima di lasciarmi sulla porta di casa.
Forse era meglio che non l’avessi ancora detto ad Hayley e a Julie. Decisamente, quella era una cosa che volevo tenere ancora per me, coccolandomela e gustandomela da sola.

Domani, mi dissi.
Domani inizia una nuova era.






Writ's Corner
Tadaaa! Sono dotata di una demenza che è del tutto innata, me ne rendo conto.
Parliamo del capitolo.
Fa schifo. Non osate contraddirmi.
Solo che serviva la storia di Alice e Lou e... beh. Eccola qui.
Sono dolciosi, loro, non trovate?
Una sorta di colpo di fulmine.
Qui si inizia a capire qualcosa di come "scoppia" l'amicizia tra Julie, Hayley e Alice.
Parliamo anche di Liam e Hay (tutti sparlano di loro, poveri cuccioli!)...
Non c'è molto da dire.
Quindi parlerò degli affaracci miei. u.u
*la folla scappa*

Innanzitutto: vi invito a mipiaciare la pagina di fb dedicata alle nostre 10cose.

http://www.facebook.com/10ThingsIDidntGiveToYou?ref=ts

C
i scrivo dentro tante cose carine e pucciose. u.u

Poi.. tutte pronte per il grande annuncio 1D? Sarà a momenti (qui sono le 13:57) LOL
E infine... uhm.
Potete contattarmi anche su Twittah (@Writ96)

Ok.
Basta.

Ps: per l'Ali. Ahahah, tesoro, non essere scioccata dal capitolo. :3
   
 
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