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Autore: Louisseyes    04/09/2012    1 recensioni
“Vedo che non sono l’unica ad essere triste, qui!”- esclama una ragazza in inglese avvicinandosi a me.
Dopo poco una risata arriva ovattata alle mie orecchie, proviene dall’interno.
è una risata inconfondibile, la sua.
Potrei benissimo confonderla per un angelo, dal suono della sua risata.
Abbasso lo sguardo di scatto serrando le palpebre per proibire alle lacrime di scendere.
“La ami?”- mi chiede quella ragazza
“Più di quanto credessi.”- sussurro ma so che mi ha sentito....
“....Se potessi ora sarei dentro senza fregarmene di nulla!”-
“Perché? Non puoi?”-
“Senti ma tu i fatti tuoi no?”-
“......Sai, amare è la cosa più bella e più difficile e complicata che l’uomo possa fare.
E’ l’unico sentimento capace di farti andare in pappa il cervello, capace di farti impazzire positivamente. E’ una sensazione indescrivibile, che impari a conoscere solo se la provi davvero, solo se ci sei dentro veramente.
Cioè, dico. Tu sei Harry Styles, non credo ti faccia mettere i piedi in testa da un sentimento così semplice e complicato allo stesso tempo.”-
“Mai come in questo momento vorrei non essere quello che sono.”-
“Davvero rinunceresti al tuo sogno per lei?”-
“Ora come ora, il mio sogno più grande è lei.”-
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I sogni non esistono.

Prologo


PULA’S POV

“Pula, dov’è la mia giacca blu?”- mi chiede urlando la donna che tanto dice di avermi messa al mondo dalla stanza da letto mentre io sono in cucina.
“Non lo so, tu sai dove l’hai messa!”- rispondo urlando anche io mentre continuo ciò che dovrebbe fare lei: stirare.
“IO VOGLIO SAPERE DOV’E’ LA MIA GIACCA!”- urla entrando in cucina. Per fortuna sono munita di auto controllo e subito dopo aver staccato la spina del ferro da stiro dalla corrente mi allontano anzicchè lanciarglielo dietro.
“Non lo so dov’è la tua giacca, ti ho detto che non lo so! Come te lo devo dire? NON LO SO!”- urlo anche io mentre la sorpasso per andare alle camere e mettere a posto gli indumenti che ho stirato poco fa. Lei mi segue continuando ad urlare ininterrottamente. Ogni giorno è sempre la stessa storia.
“E allora dov'è? Secondo me è entrato qualcuno di nascosto e me l’ha rubata.- riflette urlando (ovviamente).- Io vorrei sapere perché tu non fai la guardia alla casa.- ora se la prende con me. Ma che crede che io sia un cagnolino che fa tutto quello che dice lei? No, si sbaglia di grosso.- Ancora non capisco che ti tengo a fare, io!”- ed ecco che una delle sue solite frasi fa crescere in me il pensiero che io quando sono nata sia stato un errore, e, nonostante le mie orecchie abbiano sentito spesso parole del genere, rimango sempre più senza parole. Lei continua a cercare nei cassetti dei mobili buttando tutto per l’aria, tanto dopo mette a posto Pula, no?
“Ma chi vuoi che ci entri in questa casa se siamo al terzo piano e abbiamo tutte le porte blindate?- le chiedo retoricamente.- solo se lei non nasconderebbe le sue cose per paura che vengano i ‘ladri’ per poi non trovarli, subito li troverebbe, senza scerverllarsi. Invece no, li deve nascondere- parlo come se stessi parlando con un’altra persona- così se la prende con me o con papà….”-
“Brava- m’interrompe.- è stato tuo padre. Quel cretino di tuo padre mi ruba sempre tutto. Io prima o poi chiamerò i carabinieri, eh! Non può andare avanti così. Che razza di uomo è?”-urla continuando a distruggere mezza casa imprecando contro l’ uomo più importante della mia vita. Ora ha superato il limite di sopportazione, sto per scoppiare.
“Che razza di uomo è? Ma ti stai ascoltando? Come fai a parlare male dell’uomo che ti ha dato tutto nella sua vita? Ti ha dato la possibilità di creare una famiglia che tanto desideravi. Ti ha tolto la certezza di morire in solitudine con la tua malattia. Ha patito le pene dell’inferno per te, per noi, per farti stare bene, per farci vivere una vita dignitosa, per farci studiare. Lui continua ad andare al lavoro pur guadagnando una miseria per farci vivere. E tu lo ripaghi così?”- urlo cercando di non piangere, ma lei fa come se non avessi parlato per niente.
“Lo dovresti ringraziare che ti sta ancora accanto, che non ha il coraggio di lasciarti perché prova pena per te. Si, perché lui prova pena nei tuoi confronti, non amore. Perché tu non sei capace di farti amare, non sai ne amare ne farti amare. Neanche da me ed Anna che siamo le tue uniche figlie.”- le lacrime non riescono a trattenersi, fanno a cazzotti con le palpebre pur di poter uscire, e ci riescono. In meno di cinque secondi mi ritrovo il viso completamente bagnato e il poco trucco che avevo sbavato, ma ora poco me ne importa.
“Se non era per lui noi ora stavamo chissà dove a chiedere l’elemosina. Continua pure a distruggere mezza casa tanto dopo è Pula che pulisce e mette tutto a posto.”- cerco invano di asciugarmi.
“Forse è meglio che me ne vado. In questa casa non si respira.”- afferma prendendo, come al solito, la borsa e andarsene.
“Ecco, solo questo sai fare: fuggire. Ma guarda non me ne importa più ormai, ci sono abituata”- le urlo dietro cercando di farla reagire ma nulla. Si infila nell’ascensore senza nemmeno chiudere la porta dell’appartamento.
Mi lascio scivolare lungo la parete di fronte alla porta spalancata. Appoggio la testa tra le ginocchia senza preoccuparmi di chi potrebbe vedermi dal pianerottolo. Dopo qualche minuto sento una borsa cadere alla mia sinistra e due braccia avvolgermi in un abbraccio. Dal profumo e dai capelli riesco a capire che è Chiara, la mia migliore amica.
“Cos’è successo, Pula?”- mi chiede accarezzandomi la testa per farmi smettere di singhiozzare.
“Ho di nuovo litigato con mamma.”- l’abbraccio anche io.
“Cosa non trovava questa volta?”- mi chiede prendendo il mio viso tra le mani e asciugandomi le lacrime con i pollici.
“Quella maledetta giacca blu. Però questa volta ha dato la colpa prima a me e poi a papà.”- rispondo calmandomi. Gli abbracci di Chiara sono magici, mi calmano, mi tranquillizzano. Anche quelli di Maria e Antonio, i genitori di Chiara, mi fanno sentire, in un certo senso, protetta. Io, mio padre e mia sorella non immagineremo la nostra vita senza di loro. Ci sono sempre in momenti del genere. Ci danno la forza per andare avanti, ci sono vicini in qualsiasi momento. Anche perché non possono farne a meno: sono i nostri vicini di casa. Hanno l’appartamento proprio di fronte al nostro. Siamo una famiglia, facciamo tutto insieme. Sanno sempre quando abbiamo bisogno del loro aiuto. Anche perché con tutte le nostre urla è difficile non saperlo. Ecco perché Chiara è subito corsa di qua, perché ha capito tutto.
“Chiara, non ce la faccio più con lei. avvolte penso che la vita senza di lei sarebbe migliore per tutti.”- affermo alzandomi per andare in bagno a lavarmi il viso mentre lei chiude la porta.
“Pula quante volte te lo devo ripetere? Non puoi desiderare la morte di una persona, soprattutto della persona che ti ha dato alla luce, che ti a fatto nascere. Non puoi desiderare la morte di tua madre.”- inizia a mettere a posto un po’ di cose.
“E tu una persona del genere la chiami ‘madre’?”- le chiedo asciugandomi ed indicando la porta d’ingresso. -Una madre non è una persona che ti mette al mondo solo per farti sentire una merda, non è la persona che ti fa pagare l’errore di essere nata. Una madre non è la persona che mangia, beve, dorme ed esce quando le pare senza nemmeno dirti ‘grazie per quello che fai per me’. Solo un grazie pretendo. Pretendo tanto?- accenna un no con la testa. –Ma lei non solo non mi dice ‘grazie’, fa peggio. Mi dice persino ‘ho fatto tanto per farvi nascere e ora mi trattate così?’. Se lo poteva risparmiare di farci nascere. Se io e Anna non nascevamo adesso papà sarebbe felice senza tutte queste preoccupazioni per la testa. Così si risparmiava anche tre persone che soffrono per colpa sua. Ora tu dimmi se questa è una mamma, se lo è allora- alzo le mani- scusami, ma non ho capito nulla della vita.”- l’aiuto a mettere a posto.
“Pula, tu hai ragione. Ma devi capire che non è nemmeno colpa sua se lei è così. E’ la malattia che se l’è divorata. Non devi dare la colpa a lei perché non è lei, è la malattia che parla e agisce per conto suo.”- mi dice aggiustando il letto.
“Lo so, ma io non ce la faccio più. A stare con lei quasi impazzisco.”- affermo mettendomi le mani nei capelli e sedendomi sul letto.
“Devi resistere ancora un po’. Tra poco più di un anno diventeremo maggiorenni e ce ne andremo via da Napoli, andremo nella nostra città preferita: Londra. Ma ti immagini? Io e te a Londra, sotto il Big Ben, sul London Eye, sul Tamigi….- afferma mettendo un braccio davanti come a mostrarmi una nuvoletta immaginaria. -….Da Harrods!”- esclama eccitata facendomi scoppiare a ridere.
Lei adora fare shopping e se non fosse per la sua paghetta abbastanza limitata svaligerebbe tutti i negozi di via Roma.
“E perché no, potremo anche realizzare il nostro sogno: incontrare i One Direction.”- mi sorride con gli occhi spalancati lasciandosi cadere a peso morto sul letto.
Io e Chiara abbiamo sempre desiderato andare a Londra e, si, anche incontrare i One Direction. Un giorno forse io l’ho sognato. Più che sogni, lei ha fatto più pensieri perversi su di loro, se vogliamo essere sinceri. Si, anche io a volte li ho fatti ma mai come lei. Non è una bimbaminchia, è solo una donna in astinenza.
Lei dice che se lei conoscesse Zayn Malik l’equivalente del tempo che lui dice di passare in bagno lei lo usufruirebbe volentieri per violentarlo come si deve.
All’apparenza potrebbe fare paura ma non è una ragazza così aggrassiva, lo dice solo per apparire una ragazza forte ma in realtà non lo è.
All’interno è molto fragile, quasi come me. Forse è per questo che siamo così legate, ci facciamo forza a vicenda.
Poi ora che ci penso, lei ha buone possibilità di essere notata da Zayn-pettorali-scolpiti-Malik. Con  i suoi capelli biondi, ricci, corti dietro e lunghi davanti e i suoi occhi verde smeraldo, direi più che unici, ha sempre avuto la scia di ragazzi dietro.
Io invece.
Si, ho anche un corpo bellissimo e delle labbra invitanti ma ho avuto, si e no, 3 ragazzi in quasi 17 anni di vita. L’unica differenza da allora a oggi è che non credo più nel sogno di incontrarli. Certo sarei contentissima se venissero qui ma più che altro cerco di non illudermi. Non ho per nulla voglia di soffrire di nuovo per un sogno che non potrebbe mai realizzarsi. Ho già sofferto fin troppo.
“Chiara per quanto io possa amare i One Direction e desiderare d’incontrarli, non credo e non crederò mai nei sogni.”- mi siedo accanto a lei.
“Non ho mai conosciuto una persona più pessimista di te. Cosa ti costa crederci?”- mi chiede sbuffando.
“Nulla ma a me è costato tanto credere nei sogni e tu lo sai.”- affermo. “E poi io amo sognare, se non lo facessi da dove uscirebbero le mie fan fiction?”-
“Infatti come scrivi tu non scrive nessuno.- ammette.- Però come fai a non sognare d’incontrare Harry Styles, il tuo amore platonico?”- si alza sui gomiti per guardarmi meglio.
“Ma io desidero più di tutti incontrare lui e gli altri…- affermo alzandomi e avvicinandomi alla finestra della mia camera per guardare un po’ fuori.- ma credo, anzi ne sono sicura, che non succederà mai. La realtà è più forte dei sogni e li sconfiggerà sempre.”- continuo.
“Te ne farò ricredere, vedrai!”- esclama alzandosi e sistemandosi i pantaloni.
“Come vuoi! Ma sappi che io non cederò mai!”- esclamo con finto tono superiore.
“Vedremo!”- esclama con tono di sfida deciso e determinato. Quel tono, non so perché, mi fa un po’ spaventare ma non ci penso più di tanto.
Dopo aver finito di sistemare vado in cucina per cercare qualcosa per preparare la cena, ma frigo e dispensa sono vuoti. Oggi è lunedì e tutti i supermercati sono chiusi. Ci conviene mangiare da Chiara. Andiamo nel suo appartamento e riferiamo tutto a Maria, la mamma di Chiara, ma anche lei è a corto di cibo.
“Non ci rimane che la pizzeria.”- suggerisce Chiara.
“Allora dovremo aspettare tuo padre..- Maria indica Chiara.-….Carlo..- mio padre.- e Anna e Marco.”- finisce riferendosi a mia sorella e il fratello di Chiara e il fidanzato di mia sorella.
“Per fortuna che oggi hanno lo stesso turno.”- rifletto riferendomi ai nostri turni lavorativi.
Dico nostri perché lavoriamo tutti nello stesso albergo.
Lavoriamo nel più grande e famoso albergo di Napoli: Hotel Excelsior.
E’ un albergo a 5 stelle, molto antico e che gode di una buona clientela.
Tutti i più grandi artisti almeno una volta nella loro vita hanno alloggiato lì.
Mio padre fa il cuoco; Antonio, il padre di Chiara, è un barman; la mamma di Chiara è un sommelier; Marco il fratello di Chiara e, quasi, mio cognato, è uno commis; Anna, invece, fa il servizio in sala.
Chiara si occupa delle camere e del room service mentre io sono una receptonist.
Mi occupo del cliente all’arrivo, durante il soggiorno e alla partenza.
Io e Chiara siamo due stagiste, frequentiamo il quarto anno dell’istituto alberghiero ed è grazie a questa scuola se abbiamo questo lavoro.
I nostri orari combaciano con i nostri turni e molto raramente capita che abbiamo turni diversi. Come avrete capito il lunedì ce lo abbiamo libero.
I miei pensieri sono interrotti dal citofono che suona. Sono arrivati. Finalmente si mangia.




CHIARA’S POV

“Dai, Chiara! Andiamo ad ordinare le pizze.”- mi tende la mano.
“No, Pula. Andate tu, Anna e Marco.”- affermo sedendomi al tavolo della pizzeria con mamma, papà e Carlo. Ci troviamo nella nostra pizzeria preferita, dove si fanno le vere pizze napoletane. Amiamo questo posto infatti ci veniamo molto spesso.
“Io voglio la margherita.”- afferma papà rivolgendosi ai tre al bancone. Pula gli sorride facendogli ‘ok’ con la mano.
“Per fortuna non sei andata anche tu ad ordinare”- afferma Carlo con le labbra increspate in un sorriso.
“Perché?”- chiedo confusa bevendo un po’ della mia coca cola.

“Perché ti devo dire una cosa.”- continua a ridere mentre io, mamma e papà lo guardiamo confusi.
“Oggi De Angelis, il direttore amministrativo dell’albergo, mi ha convocato per parlarmi.- inizia cercando di tenere un tono serio ma continua a sorridere. Gli faccio un cenno con la mano fer farlo continuare. “E mi ha detto che tra una settimana….. beh…… tra una settimana….. averemo…..avremo come clienti……. Non so come dirtelo!”- esclama balbettando.
“Come clienti?”- domando nervosa bevendo un altro sorso di coca cola.
“I ONE DIRECTION alloggeranno nell’albergo dove lavoriamo.”- risponde subito. No, ma dico delle notizie del genere si danno così? Al solo ascoltare quelle parole tutto ciò che poco prima stava per andare nel mio stomaco si ritrova improvvisamente in faccia a quel poverino di mio padre che coglie al volo la risposta.
“Cosa?”- chiedo stupita.
“Hai capito bene cosa ti ho detto!”- esclama lui. Lo fisso per un po’ di tempo negli occhi con gli occhi sgranati per capire se dice la verità. Più di una volte mi hanno fatto uno scherzo del genere. Lui annuisce ridendo beffardo.
Di scatto mi alzo dalla sedia su cui sono seduta facendo traballare tutto ciò che è sul tavolo.
“Devo dirlo subito a Pula!”- ma la mano di Carlo che mi tiene il polso mi impedisce di correre da lei a raccontarle tutto e mi obbliga a sedermi.
“L’ho detto solo a te perché per il momento non voglio che lo sappia.”- mi dice invitandomi a non urlare.
“Ma come fai a non dirglielo? Non crederebbe alle sue orecchie.”- affermo gesticolando.
“Appunto per questo non voglio dirglielo. Sai com’è fatta, non crede nei sogni. Crede che i sogni non  esistano e questo solo per colpa mia. Perché non sono riuscito a realizzare i suoi sogni.”- afferma mettendosi le mani nei capelli.
“Carlo, lo sai benissimo che non è colpa tua, non potevi saperlo.”- dice mia mamma accarezzandogli la schiena.
“Ti sbagli…. Ma non è questo il punto. Questa volta voglio che veda il suo sogno in faccia senza troppe parole, che illudono solo creando false speranze. Capite cosa intendo? Con il suo lavoro sicuramente li incontrerà. E, chissà, magari smetterà di farsi tutte queste paranoie.”- spiega. In effetti, pensandoci non è una cattiva idea. E’ un modo per farle cambiare idea sui sogni..
“Si! Si, mi piace!”- esclamo battendo le mani come una bambina di cinque anni.
“Ma Carlo, spiegami una cosa- dice papà avvicinandosi.- Perché il direttore lo ha detto prima a te e non a Pula, che dovrebbe essere la prima a venire a conoscenza dei clienti dell’albergo?”- gli chiede.
“I ragazzi amano il cibo italiano e stanno cercando qualcuno che possa cucinare esclusivamente per loro. E il direttore ha consigliato loro di assumere me. ”- spiega Carlo.
“E tu hai accettato?”- chiedo speranzosa in una risposta positiva.
“Come potevo dire di no agli idoli di mia figlia?”- chiede retorico.
“Non ci posso credere.”- affermo sbalordita portando le mani alla bocca spalancata.
“E farai meglio a crederci se vorrai conoscerli.”- afferma facendomi l’occhiolino.
Urlo silenziosamente per cinque minuti, poi non so perché scoppio a ridere senza motivo.
Quei cinque fustacchioni mi fanno decisamente un brutto effetto.
Questi sono gli effetti collaterali che mi provocano. Continuo a ridere come una cretina tanto che Pula accorgendosi di me, si avvicina e mi chiede il perché di tutto questo entusiasmo.
Devo pur trovare una scusa e gli mollo una cazzata.
D’altronde è nei miei parametri sparare cazzate a tutto spiano.
“Tuo padre mi ha detto che oggi mentre lui e Marco erano in pausa e stavano bevendo una birra, lui le ha chiesto che ore erano e Marco, distratto, si è versato tutto addosso. Che cretino!”- esclamo continuando a ridere tenendomi la pancia.
“Ah AH AH, com’è divertente!”- esclama Marco ironico mentre si siede facendomi l’occhiolino senza farsi vedere. Credo che lui ed Anna sappiano già della grande notizia.
“A cosa ti sei ridotta!”- esclama finta esasperata Pula.
“Questa settimana ti ci dovrai abituare, mi dispiace!”- esclamo cercando di darmi un contegno, ma scoppio di nuovo a ridere. In fondo è vero, credo che questa settimana avrò qualche attacco di pazzia improvvisamente e senza motivo. Mi sembra anche normale. Tra una settimana incontrerò i ONE DIRECTION!

PULA'S POV


“Buonanotte, ci vediamo domani!”- ci saluta Maria aprendo la porta di casa loro.

“Buonanotte!”- ricambio sorridendole. “Ah, Chiara! Domani ti vengo a chiamare io oppure ci becchiamo la nota, come al solito, per colpa della tua sveglia!”- l’avverto sorridendo.

“Ok, simpaticona!”- borbotta pizzicandomi le guance.
Sa benissimo che mi da enormemente fastidio che mi tocchino il viso.
Proprio come a Zayn da fastidio che gli si toccano i capelli. Divento isterica soprattutto quando lo fanno proprio per farmi arrabbiare, come nel caso di Chiara. Potrei scatenare la mia ira contro di lei ma lei sembra fregarsene. Non so perché ma si diverte tantissimo nel provocarmi e prima o poi mi divertirò anche io.

Entro in casa cercando di alleviare il dolore ma nulla da fare. Lascio perdere tanto ci sono abituata.
Mi tolgo le scarpe che lascio nello stanzino di servizio, prendo le ciabatte e costringo Anna e papà a fare lo stesso. Odio terribilmente la puzza di piedi sudati per casa. Non parliamo del fumo poi.
Ecco, appunto. Come al solito mamma fuma in camera e, per giunta, con tutte le finestre chiuse.
La vedo sdraiata sul suo lettino singolo, che dorme. Lei e papà non dormono insieme. Dice che non vuole dormire con un uomo che le ruba le sue cose.
Bah, contenta lei.
Migliaia di cicche di sigarette sono sparse sul comodino e per terra.
Non mi stupirei se avesse svaligiato un tabacchino. Ma faccio finta di niente. Sinceramente, mi sono stancata di riprenderla a vuoto. Non mi ascolta.
Sprecherei il mio fiato inutilmente. Vorrà dire che domani mi sveglierò all’alba per pulire. Socchiudo la finestra e mi dirigo in camera chiudendo la porta. Ora ho voglia di chiudermi in camera, mettermi il pigiama e stendermi sul letto, come sempre, con il mio adorato pc, che mi ha regalato papà per il mio sedicesimo compleanno. L’unica cosa che poteva fare per rendermi, anche solo un pizzico, felice. Oltre al fatto che mi abbia concesso di farmi il tatuaggio dietro l’orecchio sinistro.
Lo so che è difficile da credere ma mi ci ha portato proprio lui. Forse mi ha concesso di farmi un tatuaggio per cercare di riparare a quello che mi aveva fatto. E lo stimo per questo.
In meno di 5 minuti mi ritrovo nel mio letto cercando di mettere su un capitolo leggibile. La scrittura è la seconda tecnica che uso per esprimere le mie emozioni ma da poco tempo è diventata la prima e l’unica. Scrivendo esprimo tutto ciò che ho dentro, più insicurezze che certezze.
Se non scrivessi non saprei come comunicare le mie sensazioni riguardo alla vita in generale. Non credo saprei resistere senza scrivere, soprattutto dopo quello che è successo quattordici mesi fa.
E poi scrivendo inizio il mio viaggio nei miei sogni ‘irrealizzabili’.
Si, sono una super pessimista, ma più che pessimista mi ritengo realista.
Perché, è vero, i sogni non esistono oppure esistono ma ti illudono facendoti soffrire.
Ecco cosa cerco di evitare: soffrire.
Dico ‘cerco’ perché ci soffro comunque.
 
“Pula sveglia. E’ tardi!”- qualcuno mi scuote con l’intento di svegliarmi. Ma quello che raggiunge è un mio borbottio.

“Pula sveglia! Sveglia! Meno male che ero io quella ritardataria.”- continua a scuotermi quella voce.

“Angelo, lasciami dormire.”- borbotto io girandomi dal lato opposto a cui ero.

“Angelo? Chi è Angelo?- si chiede da sola quella voce.- Pula sono io, Chiara! E' tardi! Dobbiamo andare a scuola.”- mi urla in un orecchio facendomi sobbalzare dal letto.

“Ma che ti urli? Mi fa male la testa e tu urli?”- le urlo (?) alzandomi e andando in bagno.

“Buongiorno. La mia piccolina si è svegliata.”- papà si avvicina per poi lasciarmi un bacio in fronte.
Ricambio con un bacio sulla guancia per poi chiudermi in bagno.

“Ma che ore sono?”- urlo per ricevere una risposta che di solito non arriva.

“Le 7 e mezza!”- risponde Chiara.

“Ah, le 7 e mezza…”- dico tranquilla. “Oh cazzo, ma è tardissimo!”- esco di colpo dal bagno.

“Oh, finalmente te ne sei accorta.”- esclama Chiara sbracciandosi. Mi chiudo nel armadio cercando qualcosa di decente da mettere.

“Stai zitta che tu fai peggio di me.”- affermo.

“Acida, la mattina eh?”- faccio finta di non aver sentito e le domando:- “Ma se non ti ho svegliato io stamattina chi ti ha svegliato?”- mi vesto in fretta.

“Mamma.”- risponde facendo spallucce mentre mi aspetta seduta sul letto.

“Oh cazzo, io dovevo pulire la camera di mamma. E’ un casino.”- mi metto le mani nei capelli.

“Non ti preoccupare. Per una volta posso farlo io.”- esclama Anna appoggiandosi allo stipite della porta.

“Sicura?”- chiedo cercando di rendermi presentabile truccandomi.

“Si, sei sempre tu quella che fa le faccende in casa. Per una volta che le faccio io non casca mica il mondo!”- sorride. Da piccola l’ho sempre attaccata sul fatto che andava a lavorare e non mi aiutava in casa.
Lo facevo, più che altro, per sfogarmi perché ero e sono arrabbiata con mamma.
Sapevo che non era colpa sua o di mio padre se stava così ma io ne soffrivo e ancora ne soffro.
Avevo tutta la casa sulle spalle.
Ero io la casalinga.
Eccetto Chiara, non avevo una vita sociale perché il tempo libero che avevo tra scuola e compiti lo passavo a fare le faccende e/o a preparare pranzo e cena oppure lo passavo a…….
Vabbè, non mi va di pensarci.

Per colpa di mia madre non ho avuto un’ infanzia e un’adolescenza.
Sono sempre stata caricata di responsabilità più grandi di me e prima di me mia sorella.
Lei ha sofferto il doppio di me. Non doveva badare solo a mamma, controllare cosa faceva, avvolte anche pedinarla, come faccio io oggi. Ma anche badare a me, che ero piccola.
Io mi rifugio nella scrittura e nella….. (ma non più purtroppo) mentre lei si rifugiava nel cibo.
Piangeva e mangiava, mangiava e piangeva.
Finche a quattordici anni è arrivata a pesare 120 chili.
Se non ci fosse stato Marco, che allora era il suo migliore amico, e non ci fossimo stati tutti noi, ora era già morta di obesità.
Ci sono voluti cinque e lunghi anni per farla guarire.
Ora ha 20 anni ed è più bella che mai.
Ha un fidanzato, un lavoro e delle persone che le vogliono bene.
Cosa cerca di più? Nulla. Eccetto la felicità di papà, ovviamente.
Avvolte le chiedo come ha fatto a raggiungere la felicità e lei mi risponde ‘credendo nei sogni’.
Ma io preferisco restare dove sono che sognare.
Soffro di meno.

“Ma chi è Angelo?”- Chiara interrompe i miei pensieri.

“Angelo?”- le chiedo confusa.

“Si, prima lo chiamavi!”- ci penso un po’ su poi le rispondo.

“Ah, stanotte ho fatto un sogno un po’ strano.”-

“Racconta!”- Anna si siede accanto a Chiara curiosa.

“Stavo dormendo quando un angelo di nome Angelo (?) mi sveglia e mi dice di avere tre desideri per me da farmi realizzare.”- spiego loro.

“E tu cosa hai desiderato?”- mi interrompe Anna.

“Ho desiderato che papà si realizzasse, che tutto quello che sogna si realizzi poi ho desiderato di andare a Londra con le persone che amo.”-

“Hai fatto bene…. E il terzo?”- mi chiede Chiara sorridendo sfacciata. Già so che lei sa cosa ho desiderato.

“Tanto lo sai già!”- esclamo facendo spallucce.

“Vogliamo sentirlo dire da te.”- afferma Anna. Sbuffo rispondendo.

“Ho desiderato incontrare i ONE DIRECTION.”- alla pronuncia delle mie ultime parole loro si scambiano occhiate maliziose e si danno il cinque.

“Mi nascondete qualcosa voi due?”- chiedo indossando le mie All Star firmate ONE DIRECTION.

“Nulla perché?”- “Cosa vai a pensare?”- chiedono entrambe all’unisono forse un po’ troppo agitate.

“Era solo una domanda, non c’era bisogno di tutta quest’agitazione. Troppo caffè la mattina.”- esclamo raccogliendo tutto l’occorrente.
Saluto Anna e papà (ovviamente mamma non c’è) e trascino Chiara fuori, come ogni mattina, correndo.

   
 
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