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Autore: MaryluckHazza90    05/09/2012    4 recensioni
La rosa, quale simbolo più esplicito per indicare l’amore?
Questo fiore immortale ricco di coinvolgimenti passionali, fedeli, teneri e unici.
Dai colori i petali vivaci brillano, da un ragno tessuti con leggiadra cautela e dal potente profumo
richiamo d’amore, dall’arguto segno del dolore di una morte e dall’immenso passo che ripercuote
l’addio.
Scendendo per il gambo dal verde color brillano pugnali affilati d’immenso dolor a ricordare sempre agli uomini l’enorme dolore della conseguenza dell’amore, un ciclo continuo come la notte il giorno, come la nascita e la morte ritorna vive le cose ancor più puntigliose.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Premetto delle cose:
-Questa storia quando l’ho creata sarebbe dovuta finire qua ma adesso la mia mente malata ne ha rielaborato un finale diverso.
-Scusate per l’immenso ritardo ma ero ancora in vacanza, la linea non c’era e sono appena tornata.
-Grazie a chi ha letto, recensito, messo la storia tra le preferite, seguite o ricordate.
A tutti voi: siete favolosamente favolosi.
Scusate se non metto nomi ma sono stremata dalla stanchezza del viaggio.

-Grazie a chi ha letto fino qui e non continuerà.

 
 

 
Messaggi personali:

-VictP1380 spero che adesso sarai felice, ho messo i Pov che desideravi tanto.
-Angieloveromance finalmente ho aggiornato. Contenta?
 
 

 

Il linguaggio delle rose
……………………………
Mesi passati

 

 
 

La rosa è molto di più di un bel
fiore comune, è una grande
istituzione pubblica.

 
(Walter Page Wright)
 

 


Dopo varie inerzie e giri intorno al mondo, la mia voce soave ritorna a raccontare la storia di due ragazzi che nelle loro vite son rinchiusi.
Cerca appiglio in quelle parole che nero su bianco sono scritte, come un manto di stelle nel cielo nero così si imbratta la carta al sol pensiero per creare storie nuove e frasi composte, come principi e cavalieri a quest’epoca nascosti.
Ma nella realtà nel bivio e nella via, ci si sente restii ad una nuova diceria e nella storia da me creata si parla di una ragazza che crea parole e di un ragazzo restio alle nuove storie.
Ritornando al presente nello sguardo della mente, il ragazzo è andato via e rimane solo la sua scia ma il tempo non è mai abbastanza e siamo pronti ad una nuova circostanza.

Nel negozio di fiori Isabella era sola e stava componendo un mazzo di rose bianche, cercando di sbrigarsi.
Erano passati mesi dall’incontro con il famoso Edward ed era passato altrettanto tempo da quando non lo vedeva ma nei suoi sogni lui era sempre presente, al primo posto con il suo sorriso sghembo e i suoi occhi verde prato. 
Pensava a lui ormai ogni singolo giorno e istante, ad ogni composizione metteva tutto l’amore che stava provando per quel ragazzo che, in fin dei conti, non conosceva ma poco le importava.
Richiuse il mazzo di rose con un mucchio di paglia.

Entrò nell’atrio dove non c’era nessuno e prese il suo leggero cappotto grigio, indossò il capello rosso alla francese e spense la luce, uscendo mentre una lacrima le solcava il viso.
Chiuse la porta di castagno alle sue spalle e prese il bouquet sul bancone, afferrò la borsa e le chiavi.
Si guardò intorno.
Le rose erano al loro posto, i visi di cristallo erano perfettamente lucidi, l’acqua era rinchiusa nell’ampolla e nessun pezzo di carta era in giro per la stanza.
Spense le luci all’interno del locale, con un sorriso malinconico in volto e chiuse  l’entrata a chiave, mettendo una trave sul grande portone.
Una lacrima scivolò dolce sul suo viso e tante a seguire mentre si ritrovava nel pungente e profumato aroma della dolce primavera, appena iniziata.
Strinse forte il gambo delle rose che aveva il mano, mettendo tanta energia in quella presa tanto da rischiare, se ci fossero state ancora, di conficcarsi le spine in profondità.
S’incamminò pian piano in quella folta folla di persone diversi, di bambini, anziani e adulti, in quel momento la persi di vista, tra le magliette colorate degli adolescenti, tra gli schiamazzi dei bambini, tra i bastoni delle vecchiette, tra le valige degli uomini in carriera, tra i passeggini delle mamme, tra i cappelli dei mendicanti e tra le voci melodiche dei cantanti.
Lasciai Isabella alla sua via, ai suoi pensieri e alla sua nostalgia.
Tornando sui miei passi, tra semafori e marciapiedi, ritornai nell’isolato in cui troneggiava il cartello che annunciava il negozio appena chiuso.
Fatto spazio tra le persone e arrivata a destinazione, un giubbotto grigio mi colpì, mi avvicinai silenziosa a quel’essere e ci misi poco per identificarlo.
I suoi occhi di un verde smeraldo fissavano il cartello dal colore vivace sulla vetrina del negozio dove c’era scritto a chiare lettere:
 “for sale” egli lo fissava , esterrefatto.
I capelli color ruggine fuoriuscivano dal cappello che si era messo per proteggersi dal leggero venticello.
Edward, di cui ricordiamo il nome, si guardava intorno cercando una spiegazione ma i soli rumori che scorgeva eran quelli di una quotidiana routine nell’assordante città e anche se provò ad avvicinarsi ad un passante chiedendo gentilmente spiegazione non ricevette riposta ma solo un’occhiata
assai sgradita dall’uomo indaffarato tra il cellulare e il posto da primato.
Il ragazzo che non voleva sentir ragione, cercò in tutti modi di ricevere una risposta, guardandosi intorno notò un bar e entrò senza spedito.
Cercò spiegazioni al barista mentre provava ad apparire disinvolto bevendo un cafè che gli risultò una bomba atomica in gola quando seppe la verità.
 

 

Pov Edward

 
“Si brutta storia del locale qui accanto,” disse l’uomo pelato con dei baffi lunghissimi mentre si impegnava a pulire un bicchiere.
“Si hai ragione Karl” s’intromise l’uomo vicino al mio posto.
“Povera donna non meritava di morire così, aveva messo tanto in quel posto” disse una donna abbastanza in carne uscendo da una porta dietro il bancone.
“Scusate potrei sapere cos’è accaduto” mi intromisi mentre mandavo giù un sorso di cafè bollente.
“Vedi caro ragazzo” disse la donna asciugandosi le mani sul grembiule e passarsele sui capelli per sistemarli.
“Qualche mese fa, un camion di un uomo abbastanza ubriaco passò a velocità assurda davanti al negozio di rose, la padrona e la ragazza erano appena uscite, stavano chiudendo il locale.” Disse la barista triste.
Mentre io la fissavo spaventato, non avrei sopportato che qualcuno avesse fatto del male ad Isabella.
Dalla prima volta che l’avevo vista, mesi fa, mi ero innamorato del suo dolce viso, della sua armoniosa figura e del suo modo delicato di fare.
Mi ero innamorato di lei, senza conoscerla il famoso colpo di fulmine a cui non credevo mi aveva beccato in pieno e mi aveva fatto conoscere quella splendida creatura.
La donna riprese a parlare con la voce di mamma amorevole ad un figlio inconsapevole, continuando a darsi da fare nelle faccende richieste dal bar.
“Avevano chiuso tutto e stavano attraversando la strada quando quel pazzo ubriaco le ha investite in pieno, creando non pochi danni alla donna più grande che aveva fatto scudo per proteggere la cara Isabella, nonostante ciò la ragazza ha avuto dei problemi hai polmoni molto gravi, non ho capito bene cosa gli abbia riportati” disse leggermente spazientita pechè non riusciva a pulire bene una tazzina.
“ Fatto sta che Maggie aveva un polmone disponibile che l’avrebbe tenuta in vita ma invece di tenerlo per se ha deciso di donarlo a lei, così è morta. Mentre
Quella povera ragazza da quando lei le ha fatto questo regalo non riesce a mettersi l’anima in pace, ancora non si riprende dal trauma” disse poggiando fiera il bicchiere scintillante.
“Inoltre ragazzo visto che la cara Maggie non aveva figli ha lasciato il locale alla ragazza che troppo in colpa ha deciso di venderlo, ecco tutto” disse finendo la storia e ritornando dentro mentre si asciugava gli occhi con il grembiule.
Dovevano essere molto amiche, pensai.
La donna anche se non lo dava a vedere e parlava disinvolta è ancora traumatizzata da quello che è successo a Maggie.
Il cafè mi bruciava in gola, mi ero scottato appena avevo sentito la situazione di Bella, della mia Bella.
Il cuore stava perdendo i battiti e il cervello stava perdendo le sue abitudini, presi una decisone inaspettata anche a me stesso.
Non riuscivo a credere, cosa fosse successo a quella povera ragazza che non aveva colpe.
Arrivai alla cassa pagai il cafè ed uscii in quell’aria primaverile, fissai il cartello verde sulla vetrina presi il cellulare e digitai quei pochi ammucchi di scrittura che mi avrebbero fatto sentire la sua voce.
 

 

Pov scrittrice esterna

 
E fu così, grazie ad un mezzo materiale che riuscii a raggiungere la cara Isabella.
In un cimitero.
Tra le lapidi di marmo e il prato all’inglese, tra i muri pieni di persone e gi angeli di ceramica per i bambini, la vidi.
Era lì, in una delle tombe usate per le famiglie, in ginocchio sul marmo freddo, davanti alla croce che pregava mentre delle lacrime fuoriuscivano leggere dai suoi occhi.
Il mazzo di rose bianche era stato messo nel vaso di porcellana che si trovava a fianco del viso della donna, la scritta in oro era grande e perfetta.
Ritraeva il nome completo della donna:
                                       

 

 Maggie Allyson Cruis
nata il 5 aprile
 morta il 1 febbraio 2012

 
era proprio quelle poche parole che Isabella cercava di non fissare.
Il cuore le batteva veloce, mentre  quelle gocce salate cadevano leggiadre sul pavimento creando un leggero tintinnio, era stata in silenzio tutto il tempo e anche le altre volte che erano precedute a questa non azzardava dire parola ma oggi, sembrava tutto diverso.
Contro la sua volontà, contro i suoi pensieri e le sue parole, contro tutto quello che la ritraeva e aveva prefissato, Isabella parlò.
Parlò alla lapide, alla foto e alle ossa di quella sua amica che le aveva salvato la vita, di quella donna che incolpava perché secondo lei meritava di vivere.
A quella mamma che l’aveva aiutata nei momenti di nostalgia e di incertezza.
A quella nonna che la coccolava facendole mangiare di tutto.
A quella zia pronta ad aiutarla sempre.
A quella confidente che raccontava tutto.
A quella donna che aveva coperto tanti ruoli, troppi da quando era arrivata a New Yorck.
A quella bellissima signora che non aveva pensato ad altro se non ad aiutarla e ad ospitarla, a farle regali e cucinare per lei, con lei.
A rendere speciale ogni momento, a creare imbarazzo quando non ce n’era bisogno ma lei era sempre lì, pronta per tutto.
Era diventata la madre perfetta per quella sperduta ragazza di paese e faceva tutto con un sorriso sulle labbra.
Con quel sorriso di una fila di pulitissimi denti bianchi la ritraeva la foto scelta da Isabella mentre i suoi occhi azzurri guizzavano di felicità.
Vedere quella foto fece ritornare tanti ricordi alla ragazza che ben presto decise di salutare la donna con una delle sue frasi poetiche.
 

 

Pov Isabella

 
“Beh Maggie ora vado, devo andare.” No non è vero, non devo andare da nessuna parte, ma cosa posso dire?
Non posso restare ancora qui.
“Ma sai ti voglio fare una domanda” dissi fissando la sua foto per poi distogliere lo sguardo.
Lo poggia sulle rose che avevo portato e ne toccai una con il polpastrello.
“Sai perché ti porto delle rose bianche?” chiesi con ingenuità.
Aspettai secondi, minuti come se qualcuno potesse rispondermi ma naturalmente non c’era nessuno che poteva, lei non poteva perché aveva deciso di lasciare in vita me più tosto che continuare la sua.
Una lacrima stava per scendere dal mio occhi sinistro e io la raccolsi con il gomito prima che scivolasse.
Mi aveva detto tante volte che non voleva vedermi piangere.
Mi diedi della stupida mentalmente, si ero una stupida che non meritava nessun compatimento, che non meritava la vita e il polmone che l’avrebbe potuta far campare altri cento anni.
Continuai il mio discorso perché sapevo che se avessi espresso quelle parole lei, dovunque sia adesso, sarebbe corsa da me e mi avrebbe schiaffeggiato.
“Sai nel Medioevo si usava mettere delle rose bianche in una stanza e confidare un segreto, beh dopo di che le rose si lasciavano là segno del segreto custodito e io te ne ho detti tanti di segreti oggi che queste rose non bastano a contenerli ma il tuo cuore sì” a quelle parole altre lacrime mi fuoriuscirono dagli occhi.
Non ce la feci più, salutai frettolosamente quella tomba che richiudeva la mia amica e uscii da quel posto che mi stava risucchiando in esso, mi mancava l’aria, la bocca era dolorante per il troppo piangere  e si era gonfiata.
Una voce entrò nella mia testa.
Signorina mi raccomando, il suo cuore è debole niente emozioni troppo forti rischierebbe la vita le parole dell’uomo in camice mi ronzavano nelle orecchie.
In poco tempo raggiunsi la macchina lasciatemi in eredità da Mag e salii dentro.
Accesi l’auto ma nell’esatto momento che stavo per schiacciare sull’acceleratore, la tasca dei jeans vibrò e la suoneria partì.
Presi l’oggetto e risposi senza nemmeno controllare chi fosse, il cuore mi
batteva a mille, dovevo calmarmi.
La voce all’altro capo del telefono mi distrasse dai miei pensieri.
“Pronto parlo con Isabella?” era una voce maschile molto bella.
Mi agitai, non la conoscevo e cere frasi nei film i sentono appena viene annunciata una brutta notizia, ne avevo avute già abbastanza.
“Sì, mi scusi lei chi è?”
“Sono Edward, non so se ti ricordi di me” disse la voce dall’altro capo.
Era Edward, quell’Edward.
Oddio, cosa faccio adesso?
“Si, si mi ricordo di te” risposi in fretta e furia, dimenticandomi perfino di Maggie.
“Ah bene, sono felice che tu ti ricordi di me Bella” disse lui.
Il mio cuore perse mille battiti al solo sentire pronunciare il mio nome dalle sue labbra.
 

 

Pov scrittrice esterna

 
Usciamo dal cimitero, passiamo davanti al negozio di rose, torniamo ai momenti passati e li rivediamo nelle loro vite prima di un incontro, quell’incontro che gli cambiò la vita.
Che gli stravolse l’esistenza e che riuscì a stravolgere le cose.
 

 




Angolo autrice:

Allora capitolo di passaggio
 che ammetto subito questo fa schifo, proprio schifo ragazzi miei.
L’ho fatto di fretta e furia, partorendolo
con gran fatica per assimilare
Tutte le parole mi dispiace farvi leggere
una tale schifezza ma per ora
non sono riuscita a fare di meglio mi dispiace.
Vi prometto che il prossimo sarà bello e lungo.
A presto
Baci
 Maryluck90
 

 
 
 
 
  
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