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Autore: KayS    10/09/2012    6 recensioni
Non puoi dire di conoscere qualcuno finchè i vostri sguardi non si incrociano.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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L'ultima goccia corse lungo  il vetro verde della bottiglia per arrivare calda e amare alla sua gola, ancora intrisa dei suoi ultimi respiri.
  April si sciolse i capelli sulle spalle, annodandosi l'elastico al polso.
  Guardò le proprie mani aperte sulle ginocchia graffiate dal freddo, bianche e screpolate.
  Notò piccole macchie di vernice arancione incastrata sotto le unghie.
  Le chiuse a pugno, poi le nascose dentro alle maniche del giubotto.

  I suoi occhi vagarono lungo le porte a vetro della centrale, perlustrando ogni centimetro usurato dal tempo. I segni delle scritte sulla condesa dei vetri trasparenti erano ancora leggibili per lo più.
  Le impronte lasciate dalle mani e dai polpastrelli pigiati stretti contro il vetro sotto respiri e sospiri si potevano scorgere dalla penombra.
  April avrebbe voluto vedere i volti di chi li aveva tracciati.
  Ne immaginò di giovani e scarni e di rotondi e pieni.
  Immaginò le voci che avevano riempito quei corridoi prima della sua, le espressioni di chi si guardava attorno timoroso e quelle di chi, spavaldo negava i propri errori.
  Esattamente come aveva fatto lei.
  Fuori, i lampioni stendevano la loro luce opaca sull'asfalto grezzo e sull'erba che sbucava dal cemento.
  Mosche e zanzare giravano attorno alle luci, ingannate dal tepore delle lampadine.
  Un camioncino passó sullo sterrato, sollevando una nuvola di polvere e ghiaia.



  In quel momento, la terra alzata ebbe l'aspetto di milioni di lucciole.


  Poi, la magia svanì, quando le lampadine elettriche appese alle finestre rivelarono i puntini scomposti che si riabbassavano.
  April chiuse gli occhi, solo per un secondo.
  Immaginò la rugiada bagnare già il prato.

  - Dovresti venire a farti prendere da qualcuno. - Liam si girò verso di lei.

  - Cosa ti fà pensare che io abbia qualcuno disposto a venirmi a recuperare dalla dogana? - La voce di April fù dura, quanto sincera.

  Fuori, gli alberi si scossero come finte divinità al controllo della sera: Le foglie gracchiarono e stormirono.

  - Potresti richiamare quel ragazzo, Zayn. Sembrava... - Si fermò un attimo per scegliere le parole giuste. - Disponibile, verso di te.

  April scosse la testa. - Non ne ho voglia.

  - È il tuo ragazzo? - Sorrise nel chiederlo.

  Era tremendamente a suo agio nel parlare di relazioni.
  April poteva quasi vederlo in un ufficio, fra l'odore di caffè e pulito a spiegare l'amore a qualcuno.
  La camicia abbottonata fino al colletto e un paio di scarpe italiane.
  Poteva immaginarlo senza problemi anche sull'orlo della tristezza, in cerca di un paio di occhi ai quali aggrapparsi.

  Schioccò le labbra. - Lo conosco da quanto conosco te.

  - Non l'avrei mai detto. - Liam si strofinò il mento con il dorso della mano.

  - Ed il che è strano per te, che mi hai già inquadrata e catalogata. - C'era un che di sarcastico nel tono di April.

  Nella mente le riapparve l'istantanea di Liam in un ufficio.
  Questa volta, a parlare d'amore con lui, c'era lei.

  - Chiama qualcuno. - Le disse poi appoggiandole il cellulare sulle ginocchia.

  L'apparecchio emise il suono d'accensione mentre sullo schermo grigio lettera per lettera, appariva il nome dell'operatore.
  April lo strinse fra le dita e si alzò, pronta a ripetere che non c'era nessuno che lei potesse chiamare, al quale chiedere aiuto.
  Sorpassando il terreno a grandi falcate, Liam era già a metà strada.
  Lo sentì rabbrividire e lo vide stringere il colletto della giacca tanto che le unghie divennero bianche.
  Apparve come un'ombra lontana e confusa finchè non fù investito dalla luce dei lampioni.
  April notò chiaramente le mani ruvide e forti allacciarsi allo sportello.
  Si girò a guardarla convinto che si sarebbe avvicinata e gli avrebbe restituto il telefono.
  Che gli avrebbe chiesto un passaggio e dopo si sarebbero dimenticati l'uno dell'altra.
  Invece lei abbassò lo sguardo sul cellulare ed iniziò a comporre.

  Rimasero a guardarsi per un pò, finchè il segnale della segreteria non giunse, meccanico e flebile dall'altra parte.

  - Niall, sono April. Ieri sera ho combinato un disastro ed ora ho bisogno che tu mi venga a prendere al commissariato. Dovevi immaginarlo che sarebbe successo, non sono abituata a gestire situazioni in modo.. - Inspirò lentamente.  - Corretto. Ho sbagliato e questo lo sappiamo entrambi, ma.. - Un rumore dall'altra parte troncò il messaggio. 

  April rimase per un pò con il cellulare appoggiato all'orecchio, ad ascoltare lo stridio delle interferenze.
  Poi guardò lo schermo lucido e bianco e riavviò la chiamata.
  Attese il segnale. 

  - Ho bisogno di aiuto, cerca di venire il prima possibile. Dobbiamo parlare di tante cose e non è stato bello vederti così. Mi sono spaventata. Mi hai spaventata. Credevo che fossero ormai anni da che non cadevamo in una situazione simile, eppure.. - Un'altra volta il messaggio si autoconcluse.

  April lasciò cadere il cellulare da una mano all'altra mentre si avvicinava alla porta anti panico.
  Non uscì subito.
  Prima continuò a ripetersi che si stava comportando nel modo giusto, un po' per calmare se stessa, un po' per calmare le voci che la assilavano da ore.
  Poi premette con il polso sulla sbarra e la porta si aprì a scatto.
  Mentre raggiungeva la macchina si sentì irradiata della luce dei fari accesi.
  Le pupille si restrinsero e si chiese se appariva esattamente come si sentiva: un animale spaurito.
  Quando raggiunse il finestrino di Liam guardò il suo riflesso nel vetro nero e lucido e si accorse delle due occhiaie profonde, all'altezza del setto nasale.
  Si passò orizzontalmente una mano sul viso, cercando di svegliarsi le membra stanche.
  Ciò che ottenne non fù altro che matita nere sbavata sugli zigomi.
  Passò il cellulare fra le mani di Liam, con delicatezza.

  - A presto April. - Le fece un cenno con il capo.

  Girò la chiave ed il motore ronzò.
  Uno scoppiettio ritmico provenne da sotto il cofano mentre gli pneumatici stridevano contro il ghiaccio.

  - A presto. - Solo dopo averlo pronunciato si rese conto che, effettivamente, era rimasta sola.
  E che aveva paura.

  Si sedette sul marciapiede e attese.
  Una parte di lei credeva che Niall sarebbe venuto a prenderla, l'altra semplicemente ci sperava.
  Aveva bisogno di esorcizzare tutti i pensieri ed i fantasmi che le urlavano contro le tempie.
  Aveva bisogno di far rallentare il suo battito che correva, di dimenticarsi di tutto ciò che in quel momento la stava consumando internamente.
  Il freddo le attraversò le ossa e un brivido le risalì la spina dorsale.
  Guardò dietro di sè le luci della centrale e le due bottiglie di birra abbandonate sulle sedie rosse e vecchie.
  Per distrarsi decise di ripensare a Liam e nel farlo si ricordò del loro primo incontro, di come dipingendolo si era ripetuta di dover ricordare il suo viso, le fossette chiare ai lati degli occhi e la bocca piena e carnosa.
  Si chiese se il disegno lo avesse conservato o se fosse scivolato sotto un sedile, in attesa di essere ricontrollato.
  April sperava vivamente che lo avesse conservato bene. Per lei era importante.
  Lo immaginò la mattina, appena sveglio e si domandò come dovesse essere alzarsi e venir avvolti dal rumore del caffè sul bollitore e dalla sua voce.
  Provò ad immaginare la sua ragazza e la pensò alta, un po' secca e con boccoli castani oltre le spalle.
  Provò a ricordarsi cosa significasse portare il sapore delle labbra di qualcuno sulle proprie e come fosse portarle contro le sue, con dolcezza.
  Si domandò se fosse il tipo di persona che la sera ti augura la buonanotte o se si limitasse ad infilarsi sotto le coperte, con strategica freddezza.
  Ripensò a quando ai piedi del campanile lei si stava raccontando, e di come lui avesse corrugato fragilmente la fronte.
  Improvvisamente sentì il bisogno di distendere le pieghe sulla sua pelle con le proprie mani, ma si trattenne, prima che le sue riflessioni potessero perdere del tutto il senno.

  Girò la testa in direzione della strada e sorrise di un sorriso spezzato a metà, insicuro e debole.
  La Range Rover grigia brillava da dietro la sbarra a telepass.
  Il ragazzo che ne scese mosse qualche passo avanti, poi la vide e si bloccò.
  Quando April si alzò e mosse i primi passi verso di lui iniziò a contare i proprio respiri e le volte in cui si inumidiva le labbra passandosi sopra la lingue fredda.
  Ascoltò il rumore della saliva sul collo mentre deglutiva.
  Il sorriso si ritirò del tutto sottopelle, assorbito dalla carnagione diafana quando lo vide, serio, gli occhi vuoti e stanchi.
  Passando sotto la sbarra intravide un uomo, dentro la cabina.
  Un forte odore di salsa e bruciato invase l'aria.

  - Non hai chiamato con il tuo telefono. - I capelli di Niall sferzarono forte contro il suo viso. Erano tornati quasi completamente castani, ormai di biondo non aveva che le punte, secche e spente.

  - Tu non hai più chiamato e basta. - Si pentì quasi subito di averlo detto.

  Le Timberland marroni di Niall cigolarono nella neve, quasi come se stessero scandendo un  tempo immaginario.
  Un conto allo rovescia.
  Una volta arrivati alla macchina April si sedette sul retro.
  Cercò di scaldarsi le mani infilandosele fra le cosce mentre sbirciava dai vetri oscurati la televisione dentro alla cabina che mandava video musicali a palla, oscurati dai pixel.

  - Cosa volevi dirmi? - Le mani erano salde attorno al volante, la schiena dritta.

  - Hai una sigaretta? - April si sporse sotto i sedili a controllare.

  - Cerchi di cambiare argomento? - Incrociò il suo sguardo nello specchietto retrovisore - Sei infantile, se non mi sono più fatto sentire è proprio per questo. - Il tono fù fermo e deciso.

  Lei si sentì schiaffeggiata all'orgoglio, invece.
  Preferì perdersi nel mormorio della radio, che nel frattempo, passava grandi successi del passato.



  La porta rimase socchiusa, accogliendo a casa la schiera di odori serali.
  Le luci del vicinato erano ancora accese, nonostante fossero ormai le undici passate. April si rese conto che per lo più, erano quelle di televisori e apparecchi elettrici.
  Gettò il proprio cappotto sul divano e ci si sedette vicino.
  Per un secondo la sua testa ritornò indietro, fino ad arrivare alla lite.
  Anche la casa sembrava bloccata in quel frangente: i pennelli gocciolavano acqua a terra, sparpagliati sul mobile difronte alla TV.
  Segni di vernice ancora per metà umida si raccoglievano nello spazio stuccato fra una mattonella e l'altra.
  Niall si sistemò il colletto sbuffando ed alzò lo sguardo al soffitto, perlustrando le lampadine bruciate e quelle che ancora splendevano.
  April pensò che dovesse sentirsi davvero a disagio, perchè di quella casa conosceva ormai ogni angolo: dai cuscini bagnati dalla pioggia che entrava dalla zanzariera rotta la mattina presto, al boschetto sul  retro.
  Cercò di fermarlo lì, davanti al piano cucina grazie ai pensieri, e per un pò parve addirittura funzionare.
  Poi mosse un passo verso la porta, ed April sentì la stanchezza esploderle in fuochi d'artificio contro le tempie, si chiese se non fossero solo le prime lacrime che le pungevano le palpebre.

  - Mi sono dimenticata di dirti una cosa per messaggio. - Lo disse velocemente e ad alta voce, per paura che Niall non sentisse.

  Lui si bloccò a metà, come se infondo non aspettasse che un pretesto per restare. - Sarebbe? - Non avrebbe saputo dire se c'era aspettativa o noia nel suo tono.

  - Non ti ho chiesto scusa. - Mormoró April.

  - Non è questo il punto, April. Il problema quì è che avresti potuto restare e spiegare ciò che sentivi invece che scappare nel bel mezzo delle urla. - Spiegò Niall. La voce addolorata e rotta.

  - Non sono mai stata brava a dimostrare affetto, lo sai bene. Non sono il tipo di persona a cui qualcuno ha insegnato come si ama. Non sò nulla di questo genere di cose, nessuno me ne ha mai parlato. - La prima lacrima le rigò verticalmente la guancia mentre la vista iniziava a sfocarsi in modo dolce e pacato.

  - Non si tratta di essere il tipo, è totalmente sbagliato. Non è che non sei del genere che si dice 'ti voglio bene' o che si manda messaggi appena accade qualcosa di bello. Semplicemente tu non vuoi bene a nessuno. Ecco perchè non sei il tipo. - Il tono di voce di Niall si alzò un po' troppo.
  Ed April aveva sempre odiato le grida.

  - Non ce la faccio a vederti andare via.. Ti voglio bene, so che è così. - Le guance le bruciavano e le labbra le pizzicavano.

  - Forse è così che deve finire. Magari riesci a trovarti più amici se mi lasci perdere. - Niall si infilò entrambe le mani in tasca.

  - Non sarò felice se ti perdo, però.

  - Magari è il prezzo da pagare è questo.

Si girò in direzione della porta torturandosi le labbra con le dita.
Non girò la maniglia, non uscì fuori.
  Rimase a guardarla, in silenzio.

  - Mio padre è migliorato. - April spezzò il silenzio dopo un po'. - Ora stappa solo un paio di Jhonny Walker al giorno.

  - Bene.

  Sapeva che Niall era sempre stato a disagio quando si parlava di suo padre. Ricordava ancora di come lei fosse abituata a scappare i pomeriggi in cui alzava troppo il gomito e a passare fuori la notte.
  Quando l'aveva conosciuto aveva iniziato a passare più tempo a casa sua, ed i problemi erano dimezzati.
  La madre faceva lo stesso, uscendo la mattina tardi e rientrando quella seguente.
  A volte suo padre usciva e la veniva a cercare, altre era solamente April a crederlo.

  - Ho bisogno d'appoggio, almeno finchè non saprò se mio padre è autonomo. - Girò la testa in direzione dell'amico.

  - Marge è una donna in gamba, vedrai che finirà tutto bene. - Niall si slacciò i primi tre bottoni del cappotto. - I miei hanno optato per il divorzio. - Disse tutto d'un fiato.

  - Mi dispiace. - Forse non era così, sapeva che se anche i suoi avessero divorziato tutto sarebbe stato migliore.

  - Mi sembrava ovvio come passo successivo. - Rispose sorridendo.

  Appoggiò la giacca sull'attaccapanni d'ottone.
  La stoffa sussurrò contro il metallo.

  - Resti?

  - La mia era solo una mossa disperata. - Si sedette sul bracciolo del divano.

  April lasciò scivolare la sua testa fra i cuscini, mentre le clavicole ossute le scricchiolavano. Ascoltò i suoni ovattati provenire dal mondo fuori e si perse nei suoi: nell'atto di respirare e nel ritmico alzare ed abbassare il petto.
  Fece scivolare la sua testa sotto l'ascella di Niall e sentì la sua polo bruciare, il petto andare a fuoco mentre il battito rallentava, rilassato.

  - Forse dovremmo chiudere la porta. - Le passó una mano sui capelli e le mise una ciocca dietro all'orecchio, trasportandola con l'indice ed il pollice.

  April scacciò la sua mano da davanti gli occhi soffiandoci sopra. - Che entrino pure se devono rubare, mi basta che non facciano rumore.

  Le prime goccie di pioggia iniziarono a calare ritmiche.
  Battevano leggere contro i vetri portate dal vento e scendevano dalla grondaia, fischiando e lamentandosi.
  Le nuvole, che coprivano la luna si allargarono, portate dal vento.
  Niall iniziò a canticchiare, nel bel mezzo del concerto di suoni serali, mentre le grida delle nubi che si rincorrevano echeggiavano fra i vicoli londinesi.

 
Rise up shepherd, rise up.


Your flock has roamed far from the hills.


The stars have faded, the sky is still,.


the angels are shouting “Glory Hallelujah”.




Alzati pastore, alzati


Il tuo gregge ha pascolato lontano dalle colline,


Le stelle sono scomparse, il cielo è fermo


Gli angeli stanno urlando “Gloria Hallelujah”




Forty days and nights of rain have washed this land,

Jesus said the money changers in this temple will not stand.


Find your flock, get them to higher ground,


flood waters rising and we’re Canaan bound.


We’ve been traveling over Rocky Ground, Rocky Ground.



Quaranta giorni e quaranta notti di pioggia hanno lavato questa terra,


Gesù disse che i mercanti non possono stare in questo tempio.


Trova il tuo gregge, portali su un posto più alto,


Un’inondazione d’acqua si alza e noi siamo al confine di Canaan.



Abbiamo viaggiato su questo suolo roccioso, suolo roccioso

Bruce Springsteen- Rocky Ground.

  April si ricordò di come aveva sentito quella canzone la prima volta, sul cammino per una nuova vita, al trasloco.
  La natura sussultò di tuoni, più bassi e meno rumorosi quando abbassó le palpebre e s'addormentò.



  Quando si svegliò la luce opaca e debole filtrava dalle serrande calate, illuminando poco più che le prime quattro mattonelle e gli occhi di Niall.
  Uno spicchio d'azzurro spuntava da dietro le palpebre per metà abbassate, come una specie di sole al tramonto.
  April rise fra sè.
  "Dorme con gli occhi aperti." Pensò.
  Nessun rumore dall'altra parte della porta se non quello delle auto che sfrecciano sulle superstrade. Lanciò un'occhiata alla sveglia digitale.
  Le undici e quarantasette.
  Si chinò a recuperare un mazzo di carte da sotto il divano, dovette rimescolarle, dato che alcune erano girate dal lato sbagliato.
  La trama sul retro era a quadri blu e bianchi mentre le figure, assimmetriche e spigolose si alternavano da numeri a persone.
  Si posizionò un cuscino sulle ginocchia e iniziò a capovolgerle a testa in giù, con l'intenzione di iniziare un solitario. Una volta che ne ebbe stese quaranta, ricoprì i loro dorsi con altre quaranta carte, stavolta girate, in modo tale che lei potesse vederle.
  Lanciò uno sguardo a Niall mentre tentava di trovare una scala.
  Si agitava e risistemava di continuo, quando si fermò, socchiuse la bocca, scoprendo la dentatura candida, segnata dal filo dell'apparecchio trasparente.
  April aveva completato ben tre scale quando lui si svegliò.

  - Che desiderio hai espresso? - Domandò lui una volta che si fù seduto comodo.

  - Mi sono dimenticata di esprimerne uno.. - Si ricordò di quella volta in cui sua madre le aveva detto che se il solitario riusciva, dopo aver espresso un desiderio, quello si sarebbe avverato.

  Niall la guardò negli occhi. - È un peccato. - Si alzò lentamente dal divano. - Sembra che stia riuscendo.

  April sorrise.
  Quando lui si risedette reggeva in mano un accendino ed una Winston Blue.

  La ragazza scoppiò a ridere. - Sei proprio un principiante.

  Lui premette sulla rotella nera e fece scattare la fiamma. - Non sarà una Camel, ma è giusto per iniziare.

  Quando la fiamma si attaccò alla nicotina l'aria si riempì d'odore di carta bruciata. Ad April non andava che qualcuno fumasse a casa, ma trattandosi di Niall, la situazione era assai ironica.

  - Da quando hai ripreso a fumare? - Chiese lei. Le sembrava strano di non essersene accorta prima.

  In tutta risposta lui bloccò la sigaretta fra le labbra rosee mentre le prendeva il mazzo dalle mani.
  Erano così chiare che sembravano fatte di luna.

  - Non ho mai ripreso, fumo solo quando sono nervoso. - Esalò una lunga boccata prima di dare le carte.

  - A che vuoi giocare, Horan? - La ragazza si passò  una mano fra i capelli scuri, socchiudendo gli occhi.

  - Poker. - Poi tornò a guardarla. - Non mi hai detto che è successo ieri, però.

  - Ho conosciuto un ragazzo, ieri. - Disse mordicchiandosi l'interno della guancia. - E poi sono quasi finita in prigione.

  - Gli hai rubato il cellulare? - Niall sollevò un sopracciglio.

  - La macchina. - Rispose April pescando.

  Le sue guance si illuminarono di rosso quando tentò di soffocare una risata.

  - Che tipo di macchina?

  - Mustang nera. - Rispose calando il primo tris.

  - Te ne andasse mai male una.  - Niall alzò gli occhi al cielo.

  April scoppiò a ridere, e stavolta, rise con il cuore.
  
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