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Autore: aniasolary    12/09/2012    7 recensioni
Embry Call non aveva mai avuto relazioni serie e stava bene così. 
Ma ora le cose sono cambiate e finisce allo stesso modo tutte le volte.
Fa sempre lo stesso errore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Embry Call, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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2.

Sono le dieci e cinquantuno.

Tìn.

Sono le dieci e cinquantadue.

Tìn.

Sono le dieci e cinquantatre.

Tìn.

«Ashley? »

Seguo la voce e Mary è davanti a me. Scuote la testa, una ciocca nera le finisce davanti agli occhi in tutto il suo disordine.

«Vuoi che mangi le tue patatine?» Annuisco senza nemmeno pensarci. Mi toglie la vaschetta di mano così velocemente che mi sfiora il cellulare che ho poggiato sul tavolino. L’unica cosa a cui cerco di pensare è non cadere, ti prego.

Dio… sta cadendo!

Tìn.

Si sente il rumore del campanellino delle ordinazioni. Riesco ad afferrare il cellulare con tutte e due le mani e trattengo il fiatone in corpo.

Si sente l’odore di fritto della pizzeria.

«Tu sei proprio svitata.» Mary addenta una patatina e mi passo una mano fra i capelli.

Il sorriso mi scompare dal viso in un attimo.

Tìn.

Non chiamerà.

 

L’aria umida di fuori mi arriva in fronte, sospiro. Aspetto di sentire nella mia tasca una vibrazione che so benissimo, non arriverà mai.

«Ma mi spieghi che cavolo ti prende?» Mary prende le chiavi della sua auto dalla borsa e mi guarda, le sopraciglia inarcate.

Non ci sarà nessun “buon giorno”, “buonanotte”, “ciao”, “che fai?”.  

Lui è andato, disperso.

Estinto.

«Ma che cosa vuoi che mi prenda? Io volevo dirtelo, ma se mangi le patatine fritte è normale che non ti si abbassi il colesterolo. E ho capito che è una cosa di famiglia, ma non puoi sempre aggrapparti a quello che dice tua nonna. Vedi, non ti dice cose costruttive. Se ci fosse stato Albus Silente sicuramente ti avrebbe detto qualcosa come… »

«Ash. »

«Sono le scelte che facciamo, Harry, – in questo caso, Mary – che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità. »

«Ash. »

«So che tu reputi i libri fantasy robetta per bambini, ma no, non è assolutamente così. “Harry Potter” è la saga per eccellenza, per qualunque età, qualunque persona. Non puoi giudicare una persona una bamboccia perché legge “Harry Potter”, capisci? E quello che dice Albus Silente non te lo dirà mai nessuno, capisci? Nessuno! E lui è morto alla fine del sesto libro e ho pianto tanto, tanto, tanto… »

«Ash, ma non la senti la vibrazione del tuo cellulare? »

«Cosa?! » Mi metto la mano in tasca e lo afferro. Sullo sfondo ci sono io in una mia deplorevole smorfia. «Non c’è nessun messaggio. »

«Appunto.» Mary apre la portiera. Sbuffo e mi infilo nella macchina, le gambe al petto.

“Mi dispiace, piccola. Ti prometto che stasera ci vediamo.”

“ Alle otto?”

“Alle otto, minimo.”

 È arrivato a mezzanotte.

«So bene quanto sia stato eccitante tastare ogni superficie liscia di casa tua con un ragazzone di La Push a riempire il vuoto che hai dentro… »

«… Mary! »

«Io studio filosofia e tu biologia. Trai le somme. Sapevi che sarebbe andata così, no? »

No, non so niente. So solo che adesso piove; comincia a piovere e lui non è sulla strada, bagnato di pioggia. Ad aspettare di fronte all’università scrosciante d’acqua solo per parlare con me. Mi trattengo, non lo guardo, poi c’è la sua macchina e so che non voglio nient’altro che la sua bocca.

Mi passo una mano fra i capelli e sento il fuoco nelle guance anche senza toccarlo. Chiudo gli occhi, una canzone d’amore alla radio che Mary non si è ancora azzardata a cambiare.

«Sì.» Scuoto la testa. Il mio riflesso nel vetro è solo capelli di fiamme e occhi verdi sbavati dalla pioggia.

«Non ti chiamerà.» Mary armeggia con lo specchietto. «E nel frattempo tu ti darai alla pazza gioia. »

«Pazza gioia? Intendi fare sesso? Ma ti rendi conto della persona con cui sta parlando? Io non sono quel tipo di ragazza, non lo sono mai stata, insomma, lo sai. E sai anche che non lo farei nemmeno se si presentasse davanti a me Jared Leto, o Paul Walker, o Kurt Cobain pace all’anima sua di figo. Perché io sono una ragazza che ha ancora quei valori che la società si ostina a catalogare come morti e sepolti… »

«Io ho bisogno di dimagrire e domani mattina andremo a fare footing sulla spiaggia. » Mary si ferma al semaforo. La luce rossa si riflette sui suoi lineamenti rigidi, è tedesca in tutto e per tutto, non solo per le origini. Ed io sono sicura che la mia mascella sia finita a terra.

«Quale spiaggia? »

 

***

Chi vuoi che ci sia, alle sette di mattina, a Novembre, a LaPush?

Nessuno.

Ma siamo arrivate in spiaggia solo alle dieci. Forse è stata colpa mia, mi sono alzata tardi, ma Mary non ha fatto obiezioni.

«È la seconda volta che ti fermi, Ashley.» Mary corre dieci metri davanti a me, le sue scarpe da ginnastica che creano un’orma profonda nella sabbia bagnata.

«Forse sono stanca? » Prendo la bottiglietta dell’acqua dalla borsa e comincio a bere. Mary continua a correre. Corre veloce e non dà nemmeno il minimo accenno a voltarsi verso di me. Do un’occhiata al cellulare chissà perché.

È il suo modo di lasciarmi? No, perché se è così va bene. Avrei preferito una cosa faccia a faccia, ho un’intera collezione dell’Enciclopedia di “Esplorando il corpo umano” da buttargli addosso. Perché non  dormo, e non respiro e non vivo se non ho almeno una risposta, un segno dall’altra parte. Non posso avere nemmeno questo?

“Quando tornano i tuoi?”

“A momenti.” Ma parlo poco e le mie labbra sono ancora sulle sue. Il divano non è mai stato così scomodo in due eppure so che potrei restare così per sempre. Mi mordicchia le labbra.

“Vuoi che ci becchino?” Rido, sospiro. Mi bacia il collo e lo odio, lo voglio, non lo sopporto. Si stacca da me con un gemito, mi dovrò mettere una sciarpa per una settimana per questi segni rossi. Si alza dal divano e recupera i jeans, la maglietta. “Ti chiamo io.”

E sorride in un modo che fa morire, i capelli che gli cadono davanti agli occhi.

Lo vedo, come mi ha chiamato. La borsa a tracolla mi scivola dal braccio e la aggredisco con un calcio. 

‘Palle. Non è colpa della borsa. Embry. Perché non mi molla? Perché ci tiene tanto a fare sesso proprio con me? Perché non si scoccia di starmi a sentire? Perché si lascia insultare?

‘Palle. 

E tanti calci.

Nella borsa c’è il cellulare, cretina!

Alzo lo sguardo.

Ci sono tre ragazzi.

Senza maglietta, –  è Novembre, ma come fanno? – hanno tutti la stessa carnagione bronzata e riflessa dal sole.

Un ragazzo lascia il gruppo e si dirige verso la riva.

Aguzzo la vista.

Tutti i raggi del sole si moltiplicano verso di lui, e un sorriso bianco splende più di ogni cosa perché mi sta guardando ed io potrei sprofondare perché è troppo lontano.

Embry.

Sto correndo e mi sto divertendo.

«Ashley? »

Mi sento volare e lo stomaco balla e ogni cosa trema mentre lui mi prende per i fianchi e sono fra le sue braccia, così piccola e forse leggera da essere sollevata almeno per metà dalla sua spalla.

«Mettimi giù! »

I miei pugni vanno a finire su quella schiena tesa che ora si sforza per me, perché i miei piedi lottano nell’aria per scendere giù. Sta infrangendo la legge di gravità per tenermi così, lo metteranno in prigione? Lo spero, almeno questa volta avrà una buona scusa.

«Mettimi giù, idiota! Non voglio essere neanche minimamente toccata da uno come te! Ti sto mandando messaggi da due settimane e non ti degni nemmeno di rispondermi. Mettimi giù, stronzo che non sei altro!»

Ecco la terra friabile sotto le mie scarpe. La testa mi gira e il cielo è troppo vicino, un soffitto troppo basso. 

«Anche tu mi sei mancata, piccola. »

No.

Mi sta abbracciando.

Allaccia le sue mani alla mia schiena e respira sul mio collo. Ed è gioia e euforia anche se è silenzioso, perché non capisco. Non capisco perché continuo a dirgli stronzo, e ti odio, ancora e di nuovo. Ma lo abbraccio e ha il profumo più buono del mondo, foresta e menta, mare e salsedine.

«Dovevi aspettare che ci incontrassimo per caso? » gli chiedo.

«Niente è per caso. »

Sbuffo. E sciolgo l’abbraccio così lentamente che posso leggere la sua delusione come se se la fosse dipinta con l’inchiostro. Quanto mi fa male quando mi guarda.

Ricomincio a correre.

«Ash. »

«Diciassette messaggi.»

«Lo so. »

Continuo a correre e non è più footing. Sto solo scappando da quello che non voglio incontrare perché mi farà male, inciamperò e sanguinerò e non voglio guarire perché non voglio ammalarmi. È lui che mi ha detto ti amo, non sono stata io. Non voglio più vederlo se continua così e non riesce a capirlo. Non voglio più vederlo, perché non riesco a dirlo?

«E allora? Tornatene da dove sei venuto. »

«La spiaggia è… pubblica? »

«Io non sono pubblica. » Sospiro. Sono stanca di correre, di correre via da lui, correre da lui, correre e correre e “correre” è tutta la mia vita da quando lui ci è entrato dentro. Non gli basta spingere e farmi vedere il mondo, costruisce favole in cui non potrò mai credere e le fa cadere davanti ai miei occhi con tutte le cose che non mi dice.  

«So anche questo. »

«Ma a me sembra che non te ne importi. Volevo vederti ma mi hai fatto perdere tutte le speranze. Odio essere trattata così.»

Non so come succede.

Cos’era, una corteccia? Che ci fa una corteccia in spiaggia? Sento il sapore della sabbia in bocca, l’acqua che mi bagna i vestiti e prego tutti i santi e i folletti che conoscono. 

Ti prego, dimmi che non è vero.

«Puh. » Sputo fuori la sabbia. Dio, che schifo. Ci mancava solo questo. Un’altra onda mi travolge.

Voglio morire.

«Ehi.... sta' attenta, ti sei...»

Mi metto in piedi, così almeno non sembro davvero morta. Non mi farò seppellire nella sabbia. Sento Embry che mi prende la mano e il suo petto mi percuote, perché sta trattenendo una risata.

«Dov’è finita Mary? » dico. La cerco con lo sguardo e vedo la sua chioma nera. Sta parlando con un ragazzo e si volta solo per farmi l’occhiolino.

Ma che stronza.

Embry ride senza contegno.

Ma che stronzo.

Perché sulla terra c’è questa miriade di stronzi?

«Ashley, tu mi fai morire.» Si passa una mano fra i capelli e un leggero venticello mi fa sentire il freddo nel punto in cui l’acqua mi ha bagnato. Incrocio le braccia.

«E allora muori! » Cerco di togliere via la sabbia che mi si è appiccicata ai vestiti. «Chi me lo doveva dire. Lotte avrebbe fatto affari con te, lei che ama questo tipo di relazioni ma io non lo so, non capisco niente… devo finire la tesi e leggere quel libro e non ti voglio vedere...Tu e la tua faccia di bronzo! Smettila di ridere sei… sei… »

Tremendamente bellissimo quando i capelli gli si scompigliano e lui sorride?

No!

«Lasciami indovinare… » Si porta la mano al mento, poi la fa scendere sul suo petto, come se non si curasse di niente. Come fa a non avere freddo? «Volevi dire stronzo, vero?»

Mi mordo le labbra. Trovo una ciocca di capelli da intrecciare al mio dito e non distolgo lo sguardo dai suoi occhi, nocciola caramellata che scende lenta su di me. «No. » Nocciola caramellata che si scioglie su di me.

«Echinometra mathaei!»

Ben detto.

«Eh? »

«Ah! » Cerco di dargli uno schiaffo ma mi schiva. Sbuffo e mi vanno i capelli davanti agli occhi. Ho freddo, mi abbraccia e un brivido mi prende la schiena. Il freddo passa con un battito di ciglia e non riesco a staccarmi da lui. «È la razza di un riccio di mare! Ed è davvero orribile.»

«Vuoi leccare la parte dolce?» 

Apro la bocca per dirgli qualcosa di memorabile ma il massimo che mi viene fuori è solo uno schiocco di lingua.

Si lecca le labbra.

«Scemo. » Sospiro. Sento dolore quando mi stacco da lui e mi stringo la borsa vicino alla coscia. Sto tremando. «Devo andare.»

«No.» E nella sua voce non ci sono più scherzi. Cerco di ignorarlo, perché continuo a tremare?

«Mary?» La mia amica è troppo indaffarata a… flirtare?

«Vieni con me, dai. »

«No! » Embry cerca di afferrarmi per il braccio ma io mi scosto. «Non verrò a casa tua! L’ho già vista da qualche parte, questa scena. Lui che la porta a casa e lei che è tutta bagnata e infreddolita e lui che dice cose tipo “stingiti a me, baby” e lei – che sarei io – dovrebbe guardare lui con gli occhi da pesce lesso per poi… »

«Ma zitta mai, tu, eh?»

Sono così impegnata a lasciarmi andare ad una risata che mi ritrovo intrappolata nella sua presa. Sì, lui sa addirittura camminare veloce. Sorpassiamo i suoi amici, ridacchiano. 

«Lei è la rossa che invade sempre i tuoi pensieri? » dice qualcuno. 

«Sì, e che pensieri! » È la voce di qualcun altro.

Benissimo. Embry deve aver raccontato delle cose di noi… e se ha raccontato delle cose di noi o è perché sono importante o perché se l’è voluta tirare.

La seconda, ne sono certa.

Embry mi spinge in macchina e mette in moto. Batto i denti, cerco di sistemarmi i capelli. Guardo nello specchietto retrovisore. La riga che mi sono fatta stamattina è un zig zag imprecisato. Ho ancora un po’ di sabbia sulla guancia e… oddio…

«Io volevo chiamarti. » Embry stringe la mani sul volante e guarda davanti a sé. «Ho avuto dei problemi e sul serio, Ash, io volevo chiamarti ma… »

«Potresti cominciare a parlarmi di questi tuoi problemi. » 

Incrocio le braccia e aspetto.

Lui deglutisce.

Imbocca una curva.

Si passa una mano fra i capelli, il suo profilo accarezzato dai capelli castani chiari che non sento sotto le dita da due settimane sullo sfondo del finestrino.

Parcheggia.

«Sono davvero estasiata dal tuo discorso.» 

Esco dall’auto e la pioggia mi bagna. Corro sotto il portico e lui addirittura riesce a superarmi. Dai suoi capelli cade qualche goccia. Gli bagna la mascella, scende sul collo, e poi sul petto.

«Non posso parlarne. » Apre la porta, entro in casa e quasi non riesco a concentrarmi su quello che dovrei. È la prima volta che metto piede in casa sua. Mi prende per il braccio e incontro di nuovo i suoi occhi. «Questo non significa che tu non sia importante. »

Certo.

Ed io ci credo davvero, no? Ne so abbastanza su di lui. Abbastanza per essere sicura che queste sono frasi fatte, molto probabilmente usate per diecimila ragazze. Ma perché dobbiamo sempre arrivare a questo punto?

Poteva dirmelo chiaramente. Gli avrei detto di no e punto. Ciao.

«Ma vai a cagare. »

«Veramente il bagno è di là. Vuoi toglierti la sabbia di dosso?»

«Posso anche farlo a casa mia. »

«O posso aiutarti io. »

«A fare cosa? »

«A toglierti i vestiti.»

«Ah-ah, molto, molto simpatico e brillante e divertente… »

«Mi manchi. » E me lo dice con una voce che viene fuori piano, è lenta e vibra fra i muri, raggiunge le mie orecchie e tremo di nuovo.

Anche tu.

Sospiro. Non so come mi ritrovo fra le sue braccia e lui mi respira sul collo come se questo fosse sempre stato il suo posto e anche il mio. Le sue mani premono sulla schiena, mi ritrovo schiacciata contro il muro e non riesco a smettere di rabbrividire. Embry alza lo sguardo, socchiude le labbra come per passarsi la lingua sopra.  Ma insieme alla bocca socchiude gli occhi e mi respira addosso. Le sue labbra sono morbide sulla mia, e la sua lingua mi tocca e non so che cosa faccio, come mi ritrovo alta quanto lui, a sostenermi alle sue spalle. Le mie mani fra i suoi capelli, setosi, qualche nodo sotto le mie dita.

Geme.

Apro gli occhi e la sua pelle è bollente sotto le mie mani.

Che cosa sto facendo?

«Vado… vado…»

«Ash… »

Mi chiudo la porta del bagno alle spalle e la chiudo a chiave. Respiro forte. Non ci credo. Stava per succedere di nuovo. Dio, lo voglio. Una volta ogni due settimane, ogni giorno, ogni minuto... ma… cosa mi sta succedendo? Perché è nei miei pensieri in ogni secondo?

Mi spoglio.

Perché non vedo l’ora di risentirlo, e mi arrabbio quando non mi dice perché non mi ha chiamato e vorrei che fosse sempre la verità, vorrei che parlasse davvero con me…

Entro nella doccia.

Perché non lo fa? Che cosa succede nella sua vita? Ho fatto qualcosa che non dovevo? Dio, voglio aiutarlo. Voglio esserci per lui, ma perché lui non c’è? Entra nella mia vita ed è un uragano, mi lascia con il suo odore addosso, il ricordo dei suoi baci e la sua voce che mi striscia nel sonno. È così perfetto quando finalmente riesco a dimenticarmi di mandarlo a quel paese. E invece…

Mi metto un accappatoio addosso.

Sul lavandino ci sono solo due spazzolini. Uno blu e uno rosa.

Uno blu e uno rosa.

Convive con un’altra!

«Ash, mia madre ha lasciato dei vestiti puliti sul cesto. »

Oh, grazie al cielo.

Mi avvicino al cesto e la prima cosa che prendo è una camicia tremendamente larga. Il resto sono jeans in cui potrei entrare per intera. «Ma questa è roba tua.»

«Scusa ma non ho la taglia Small. » Sbuffo. «In nessun campo. »

Mi rimetto almeno la biancheria intima e una camicia a quadri, azzurra come la maglietta che avevo quando ci siamo visti la prima volta. Dio, la maglietta che ho messo quel giorno alla sala giochi. Figuriamoci se lui se la ricorda.

È così bello.

Esco dal bagno, sono a piedi nudi e non penso a niente. Sono solo tanto stanca di arrabbiarmi per i ritardi, le volte in cui non mi risponde al telefono, quella che poi dimentica tutto un paio d’ore dopo in cui l’ha rivisto. Il punto è che un paio d’ore non è ancora passato, ma il cuore mi canta nel petto quando mi appoggio alla porta, sulla soglia della sua camera, e i suoi occhi sono un po’ arrossati, ugualmente splendono contro il riflesso della tv.

Gioca alla playstation e mi viene da ridere.

«Ehi.» Mi sorride.

«Ehi. » Non gli sorridere, non gli sorridere, non gli sorridere…

Sorrido.

Continua ad armeggiare con il joystick.

«Il bagno è libero.» dico.

«Vuoi ancora che vada a cagare? »

Sbuffo, i miei capelli sono ancora umidi. Sento l’eco del gioco che fa “Game over”. 

Mi giro verso la televisione.

«Ma hai perso? »

«Mi hai distratto. » Una luce che ho già visto altre volte si accende nei suoi occhi. Si alza dal letto ed io resto lì, attaccata al muro quando so che, se voglio davvero allontanarmi da lui, dovrei pensarci subito.

Ma non ci penso.

Mi prende per le spalle e mi sfila la camicia, la fa cadere a terra. Chiudo gli occhi  e la sua bocca è sul mio collo, a sussurrare. 

«Se ti potessi contattare con il pensiero sarei con te in ogni momento. »

Sei già con me in ogni momento.

Gli accarezzo i capelli e non so cosa mi succede. Trattengo le lacrime. Perché mi guarda in questo modo? Non ci stiamo lasciando. È vero che gliel’ho detto tantissime volte ma non ci riesco, non ce la faccio, è lui, è Embry, ed io sono fottutamente incasinata.

Che cosa gli succede? Lo vedo stare male, che cos’è che lo strema così tanto?

«Se solo… »

Mi bacia. Mi bacia e gli mordo le labbra e sento di dimenticare. Dimenticare. Ogni cosa diventa nebbia e lui diventa nitido e vero nei miei pensieri, ancora di più. Come se non lo fosse già sotto le mie mani. Si passa la lingua sulla bocca e prende ad accarezzarmi. Le mie gambe sono intorno al suo bacino e non vedo più niente.

Lasciati guardare, voglio vederti. Passo troppo tempo a sognarti.

«Guardami. »

E lo guardo. Mi mordo le labbra mentre la sua mano mi raggiunge, e il ritmo è più veloce e lo sento sempre più forte. Gli graffio le spalle con le unghie e sento solo che potrei urlare se non finisce. Sono stanca di sognarlo, voglio che esista davvero.

Ora è dentro di me e dico il suo nome. Lo sto chiamando mentre spinge ed è forte. Lo sto cercando, mi sta cercando con tutte le sue forze. Lo sento e le lacrime mi attraversano il viso. Scende con la bocca sul mio petto ed io stringo, e lui spinge. E ancora, e sempre più forte. 

E non smettere perché deve essere abbastanza per restare anche quando tu sarai andato via. 

Inarco il collo, cerco la sua bocca. Dio, quanto dovevo aspettare per averlo qui con me? E perché mi sento così? Stiamo facendo l’amore e mi fa male perché mi manca. Mi manca tutte le volte e ora siamo insieme e mi manca. Perché non mi dice altro che questo. Come può amarmi così senza dirmi davvero la verità? Sono così sua che sento le sue mani come il fuoco e mi sta lasciando dei marchi che non si cancelleranno mai.

Mi graffia le cosce con le sue mani, non si ferma. Va veloce e forte e mi guarda, trova la mia bocca, resta con quegli occhi aperti con le ciglia lunghissime e voglio baciare anche solo quegli occhi per averli per sempre.

Mi lascio andare e lui mi sta seguendo. Posso sentirlo, gli sfugge un ringhio sul mio seno. Non posso credere di essere arrivata a questo. Ci guardiamo. Come fa a continuare anche se è finita? Sono sua sempre, anche quando sono solo occhi e sguardi. Mi lascia mettere i piedi a terra, piano. Ed io mi sento scivolare ed ho le lacrime agli occhi ed un sorriso ebete in viso perché lo amo da troppo tempo e non posso dirglielo perché altrimenti sarà vero e allora mi farò davvero del male.

«Stai bene? »

Ma che mi prende? Prendo il suo viso fra le mani e lo bacio. Lo bacio a lungo e lui bacia me. «Sto bene. » E lo bacio di nuovo. E lo voglio di nuovo. E lo amo. Quanto dovrò aspettare la prossima volta, un mese? Lo bacio ancora. E cade qualcosa perché Embry ha allungato le gambe e lui è altissimo. Rido. Mi solletica il collo con il suo naso. Morde. Lo amo. Recupero la camicia, forse abbiamo finito. Forse no perché lui torna su di me. Il pavimento è freddo, lui è caldo e ha il sorriso più vivo del mondo.

«Hai perso al settimo livello. Ora dovrai ricominciare tutto di nuovo. »

«Ne valeva la pena. »

«Ma mi fai capire che hai di strano? C’è un letto a un metro da noi eppure finiamo sempre… »E mi bacia di nuovo ed ha un sapore che non riuscirò mai a dimenticare. Lo tocco. Sospira e lo scopro. Mi accarezza i capelli, il viso. Mi sfiora con le mani e la luce che gli ho visto prima negli occhi ora non mi fa nemmeno vedere bene, perché è tremendamente luminosa.

«Ti amo. »

Mi si chiude lo stomaco. Le farfalle volano e mi fanno il solletico. Embry mi guarda, la sua bocca scende fino al collo, e poi sulla pelle vicino al seno. Dio, lo amo anch’io.

«Embry… »

«Embry, sono a casa… mi aiuti con le buste? »

Embry si sposta improvvisamente, mi passa la biancheria e la camicia. Dio mio, dimmi che non sta succedendo davvero.

«Embry? »

«Sì, mà… un attimo… »

«Embry, Embry, ti prego, fai qualcosa, per favore, non posso restare qui mezza nuda… » E lo dico a voce così bassa che credo che nessun altro che sia un essere umano possa sentirmi. Eppure mi guarda e sono sicura che il suo rossore sia solo una piccola sfumatura del mio. Mi metto in piedi e mi prende per le spalle. È il momento meno opportuno per un abbraccio, lo so, eppure non faccio altro che aderire il mio corpo al suo.

«Ok, ok, ci sono… » biascica fra i miei capelli.

«Embry? »

Questa voce non è la mia.

Questa voce non è di Embry.

Questa voce è tremendamente vicina. 

Voglio un mantello dell'invisibilità!

*

*

*

*


Tanti auguriii a te! Tanti auguri a Noemi, tanti augurii a te! <3
                     Questo che questo capitolo è il tuo regalo di compleanno <3

Trascorrilo al meglio, gli anni passano ma sarai giovane sempre,

con i poster appesi in camera e la voglia di vivere e di sognare,

che ti renderà sempre speciale <3 <3 <3

Sei una forza della natura, carissima <3

Ti voglio bene

Et Voilà, ecco il secondo capitolo di questa storia, lo aspettavate?

Un grazie speciale ad Eryca, che ha letto questo capitolo prima di tutti e mi ha dato la sua benedizione ** passate a leggere la sua storia originale, non ve ne pentirete <3
Spero che vi sia piaciuto, mi sono divertita tanto a scriverlo <3, perché io sono una ragazza seria (...) e ho scritto cose serie (...) e va be', si fa per dire XD Dal punto di vista emotivo, vi dico che adoro Embry e Ashley insieme, e spero che piacciano anche a voi. Questa storia è nata come one shot ma ecco che diventa una long! <3 

Grazie a tutti quelli che mi lasceranno una recensione, sono proprio curiosa di sapere che cosa ne pensate <3

Grazie mille a tutti voi

Ania <3



   
 
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