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Autore: Charlotte Doyle    02/04/2007    2 recensioni
Hogwarts decide di dare un'altra possibilità a Draco. E a Narcissa. Fanfiction scritta per hp_ficexchange su LJ.
Genere: Drammatico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringrazio StoryGirl e tutti quelli che, anche in silenzio, hanno seguito questa fanfiction (che, meraviglia delle meraviglie, è arrivata seconda al sondaggio per la migliore storia del ficexchange!). StoryGirl: spero che l'ultimo capitolo sia di tuo gradimento. Per quanto mi riguarda, spero che anche nel post Deathly Hallows riuscirò a scrivere qualche storia che metta alla luce i personaggi minori, se non i meno popolari (Narcissa, al contrario di Pansy, in genere è molto amata).



The Guilty Ones
Una fanfiction (di)sgraziata di CharlotteDoyle

5 – E ora siamo noi i colpevoli

Decise che quel sabato mattina avrebbe seguito Theodore. Tenne d’occhio l’altro Serpeverde per tutta la colazione – Nott aveva lo sguardo perso nel vuoto, oppure guardava il suo piatto, e non mangiava.
“Draco?”
Notò che Pansy lo stava osservando con curiosità; si accorse che aveva fissato Theodore, un ragazzo, per lungo tempo.
“Non sono gay,” disse veloce.
Pansy rimase perplessa.
“Ah,” disse. Si fece un po’ crucciata. “Questo lo sapevo.”
Sembrò sul punto di aggiungere qualcos’altro, ma poi rimase in silenzio.
Draco si sentì molto stupido.
Tornò a cercare Nott con gli occhi, ma riuscì solo ad incrociare lo sguardo annoiato di Tracey Davis. Nott prima era seduto davanti a lei; ora non c’era più!
Aveva aspettato il primo momento di distrazione per fuggire!

*

Dal diario di Pansy, quarto anno:
24 ottobre 1995


Caro Diario,
penso che Draco sia un paranoico.

Tua,
Pansy

*

“Draco?”
Il ragazzo chiuse gli occhi e cercò di fare mente locale.
“Cosa c’è, Pansy?” chiese.
La ragazza scosse la testa, lanciando un’occhiata fugace a Tracey Davis. “No, niente,” disse. Dopo poco si alzò di scatto. “Scusami,” disse, lo sguardo basso. “Devo… andare.”
E fuggì via in direzione dei dormitori di Serpeverde.
Draco non perse tempo a chiedersi che cosa fosse preso alla ragazza; si alzò anche lui e andò incontro a Tracey Davis.
Non fece in tempo ad aprire bocca che anche lei fece per scappare. Lui le bloccò la strada.
“Ah, no,” disse la ragazza. “Meglio non peggiorare le cose.”
“Che cosa?” disse Draco. “Davis, ti voglio chiedere solo un’informazione.”
Lei lo fissò diffidente, le braccia conserte.
“Dove è andato Nott?” disse Draco.
“Cosa!?”
Draco ripeté gesticolando con le mani, impaziente.
“Theodore Nott, hai visto, stava davanti a te? Dove è andato?”
“E che ne so io?”
“Pensavo, Greengrass dice che siete amici-“
“Oh, davvero!” disse lei. “Quindi anche tu adesso credi a quello che dice Daphne, non è così?”
“Non è questo il punto,” disse Draco.
“No?”
“Ti ho chiesto solo dove fosse andato,” disse lui.
“Se anche lo sapessi…”
“Dunque lo sai!” disse lui.
Tracey sospirò.
“In biblioteca; me lo ha detto prima di andarsene,” disse. “Ma questo non significa che siamo amici. Soprattutto, non nel senso che intende Daphne, visto che io non sono come te.”
Draco la fissò per un momento, non capendo.
“Come me?” disse. “Cosa vuoi dire?”
Tracey non rispose niente per un po’. Poi, cominciò a scuotere la testa, esasperata. “Renditi conto che imbecille che sei, non le hai neanche chiesto scusa, sono giorni che-”
A Pansy? Sì, sta parlando di lei. Un momento!
“Senti chi parla! Tu l’hai fatto solo per dispetto nei suoi confronti!”
Tracey lo guardò con occhi sbarrati.
“Allora? Che c’è?”
“Te l’ha detto lei, questo?” chiese.
Draco annuì, guardandola con disgusto.
Tracey s’era scurita in volto, ma non abbassava lo sguardo.
“E’ meglio che tu ci creda, allora,” disse. “Vattene, Malfoy. E lascia in pace Theodore, ha altro a cui pensare…”
Quando Draco si voltò, lei aggiunse: “Sempre che non ti piaccia, naturalmente.
Decise che dopo aver pedinato Nott, si sarebbe messo all’opera per scoprire chi aveva messo in giro quella voce su di lui.

*

Dal diario di Pansy, terzo anno:
13 marzo 1994


Caro Diario,
(…) Se anche Draco fosse gay, non importerebbe. Io gli vorrei bene lo stesso! (…)

Pansy

*

Nott era seduto ad un tavolo nella Sezione Giornali, e stava sfogliando senza grande interesse una copia ingiallita de La Gazzetta del Profeta. Draco pensò di nascondersi dietro ad uno scaffale per osservarlo.
Non è qui per leggere giornali, pensò. Sicuramente ha qualcosa da nascondere.
Nott infatti lanciava spesso un’occhiata in giro, per controllare che non arrivasse nessuno.
Sotto il giornale aveva qualcosa, Draco non riusciva a vedere bene. Quando Nott tirò fuori una piuma, capì che si trattava di una pergamena bianca. Il ragazzo si mise a scrivere qualcosa; gettò il giornale da una parte, ne prese un altro, lo sfogliò ancora facendo gran rumore.
A che gioco stava giocando?
Tap, tap, tap. Dei passi provenienti da dietro di lui; si nascose dietro una poltrona. Si sporse abbastanza per vedere che era solo Luna Lovegood, diretta anche lei nella Sezione Giornali. Non appena ebbe girato l’angolo, Draco si alzò e si mise di nuovo a osservare Nott dallo scaffale. Lovegood era entrata in scena, e Nott sembrava molto nervoso.
“Ciao, Theodore Nott,” disse la ragazza.
“Lovegood.”
Draco vide Luna tirare fuori una copia del suo giornale dalla borsa, posarlo sul tavolo dove era seduto Theodore, e poi voltarsi verso lo scaffale opposto al suo, in cerca di qualcosa.
Nott la fissava, e non andava più avanti con il suo lavoro.
Luna si girò verso di lui.
“Oggi sono solo venuta a portare l’ultima copia de Il Cavillo per archiviarla, Madama Pince l’ha registrata subito” disse. “Però ero sicura che mancasse anche il numero del marzo scorso…”
“Invece c’è?” chiese Nott, vago.
Luna sorrise. “Oh, sì. Doveva averla presa qualcuno per leggerla, non avevo controllato il registro dei prestiti l’altra volta. Tu c’eri l’altra volta, vero?”
Il ragazzo annuì.
“Che strano, veniamo sempre in biblioteca negli stessi orari,” disse lei.
Nott scostò lo sguardo, facendo finta di niente; Draco avvertì il suo disagio, e cominciò a spaventarsi.
“Che cosa stai facendo, oggi?” chiese allora Luna a Theodore.
“Oh,” disse lui, e tirò fuori la pergamena appuntata a mo’ di prova. “Sto facendo una ricerca per Storia della Magia.”
Mostrò anche le vecchie copie de La Gazzetta del Profeta.
“Bello, il Movimento Distruzionista,” disse Luna. “Anche mio padre ne fa parte.”
Theodore si grattò una guancia, perplesso. Anche Draco era perplesso, in realtà: il Movimento Distruzionista era cosa di oltre duecento anni prima, ma non gli importava. Che cosa diavolo stava facendo Nott?
“Tuo padre… nel 1782?”
Luna rise. “Oh, no, naturalmente no! Io dico quello che esiste oggi.”
Attualmente non esistevano Movimenti Distruzionisti, anche Theodore lo sapeva benissimo.
“Ho… ho capito,” disse.
Luna allora sistemò l’ultima copia de Il Cavillo nello scaffale.
“Adesso vado, mi sta aspettando Ginny Weasley,” disse. Si diresse verso l’uscita della Sezione (Draco si preparò a nascondersi di nuovo. Ah, no, ma era veramente necessario?). “Ci vediamo, Theodore.”
“Ciao,” disse lui. E un momento dopo: “Luna?”
La ragazza si voltò. “Sì?”
“Volevo…” Si schiarì la voce. “Volevo dirti, per l’altra volta…”
Luna scosse la testa, e fece un gran sorriso. “Non importa, Theodore. Lo so che non intendevi… fare quello che hai fatto. Non devi preoccuparti.”
Theodore non disse niente; sembrava disperato.
“Ciao, allora,” disse Luna.
“Ciao.”
Luna se ne andò. Passando davanti a Draco (che alla fine non si era preoccupato di nascondersi), lo salutò cortesemente: “Ciao, Draco Malfoy.”
Il ragazzo non le rispose.
Fossi matto. Dovessi finire pure io a inventarmi le ricerche per Storia della Magia per venire in biblioteca nei suoi stessi orari, o a passare le notti insonni, e i pasti senza mangiare, con lo sguardo perso nel vuoto… ah, no, diretto verso il tavolo di Corvonero, ovvio! E io che pensavo a Voldemort! Dicono che io sia patetico; io ribatto: questo è patetico.
Aspettò qualche secondo, il tempo che Luna uscisse dalla biblioteca, e poi andò diritto nella Sezione Giornali, parandosi davanti a Theodore Nott, il quale, accortosi della presenza dell’altro per il saluto della ragazza, non si era messo a raccogliere le sue cose e piuttosto era rimasto ad aspettarlo.
Draco lo fissò furibondo.
“Luna Lovegood?!” fu l’unica cosa che gli uscì di bocca. “Luna Lovegood?!” ripeté.
“Sono affari miei,” disse Nott.
“Luna Lovegood,” disse Draco, a mo’ di spiegazione. “E’ stata una di quelli che ha messo in prigione i nostri padri!”
“Vuoi che non lo sappia?” rispose Nott. Cominciò a sistemare le sue cose nella borsa, seccato.
Draco inspirò profondamente. “Bene, stai facendo tutto questo perché vuoi vendicarti di lei, allora. È stata lei ad uccidere tuo padre, è comprensibile. Nott?”
L’espressione di disgusto sul volto dell’altro era spaventosa, quasi disumana.
Cosa voleva dire? ‘Mi fai schifo, Draco Malfoy’?
“Lei,” disse Theodore, piano, con voce strozzata, “Mi piace davvero.”
Era così, dunque.
Gli diede le spalle e fece per andarsene, ma poi ancora una volta si voltò, e disse: “E a proposito, Malfoy: l'unico responsabile della morte di mio padre... è stato mio padre. E mio padre soltanto.”
Draco rimase a guardare Nott che raggiungeva l’uscita della biblioteca e si dileguava.
Cosa sarà mai, si disse. E’ solo uno Cid mancato. Le sue parole non hanno alcun senso.
E allora perché si sentiva tanto inquieto?

*

Vagando per i corridoi di Hogwarts, senza una meta, si sentiva pieno di sconforto. Nott magari non c’entrava niente, ma lui era pur sempre in pericolo. Voldemort già una volta lo aveva chiamato, gli aveva detto: ‘Vieni, o sarò io che verrò a prenderti, ecco, sto arrivando.’
E si ritrovò a pensare: perché proprio a lui? E poi, con una certa cattiveria: non avrebbe potuto scegliere Nott, sin dal principio? Sarebbe stato più adatto, e Draco avrebbe potuto vivere un sesto anno tranquillo, pieno di svaghi. Se così fosse andata, in quello stesso momento magari si sarebbe ritrovato lì, ma da Caposcuola, non da piccolo criminale sorvegliato, e non avrebbe avuto bisogno di guardarsi le spalle dal Signore Oscuro, dalla McGonagall e da sua madre.

Senza volerlo, eppure volendolo fortissimamente, si ritrovò davanti alla porta del suo ufficio. Bussò; e poco dopo i passi, il rumore del chiavistello. “Chi è?” chiese la voce dall’altra parte.
“Draco,” disse lui.
La porta fu aperta, e sua madre era sulla soglia.
“Posso entrare?” disse lui, guardando in basso.
La madre si scansò per farlo passare e gli indicò la via con una mano. Draco fece qualche passo in avanti, poi aspettò di sentire Narcissa richiudere la porta. La donna armeggiò con la serratura per qualche secondo; allora lui si diresse verso la prima sedia che incontrò e si sedette, appoggiandosi con le braccia sul piano della scrivania.
Rimasero diversi minuti in silenzio, senza neanche guardarsi. La madre fece finta di controllare l’allineamento dei quadri sulle pareti.
Poi, una domanda la fece voltare.
“La porta,” disse Draco, che però aveva lo sguardo perso nel vuoto. “Perché non hai usato la magia?”
Narcissa, con tono piatto, rispose: “Non mi fido più.” Dopo un poco aggiunse: “Vuoi un tè, Draco?”
Il ragazzo dapprima si accorse che non stava ascoltando, che forse non aveva capito bene. Un tè?
“Sì,” disse. “Grazie.”
Si dimenticava sempre di dirlo.
Narcissa puntò la bacchetta verso la teiera poggiata su un mobile vicino; quella cominciò a fare tutto da sola. Narcissa spostò di nuovo l’attenzione su Draco. Lo scrutò con attenzione, fin nei minimi particolari. Il ragazzo, che l’osservava di rimando, ma con meno passione, rimase in silenzio.
“Ti senti male?” chiese la donna.
Draco si accigliò. “Perché?”
“Hai una pessima cera. Sei sicuro di aver dormito bene?”
Bisognava ricominciare di nuovo con la solita vecchia solfa? Draco non rispose.
“Il Marchio Nero?”
Draco scosse la testa. “Sto bene, Madre,” disse.
La teiera giunse sul tavolo insieme a due tazzine e due sottopiattini, e cominciò a servire il tè. I cucchiaini e lo zucchero, il latte, ed ecco che le tazzine presero i loro posti, davanti madre e figlio.
Draco afferrò la sua, cominciò a guardare il tè girarsi con grande interesse.

Quando dopo un lungo anno l’aveva rincontrata, sotto il dominio di Voldemort, non aveva avuto tempo di osservarla a lungo. Lei si era gettata addosso a lui e l’aveva stretto forte, e l’unica cosa che Draco poteva vedere era l’espressione infastidita di zia Bellatrix davanti a loro, che non si capacitava di come sua sorella potesse aver tanti riguardi per una delusione come lui. D’accordo, Bella era furiosa più per Snape che per Draco; ancora, però, lo slancio di Narcissa risultava ridicolo.
Draco aveva pensato a tutto questo, e aveva fatto suo quel pensieri, pur di evitare di sciogliersi tra le braccia della mamma, la quale non diceva niente e non piangeva, eppure voleva dimostrare tanto.
La sera lei era venuta a dargli la buonanotte, come era solita fare, e lo aveva abbracciato di nuovo, ancora più forte. Lui questa volta, in assenza di sguardi indiscreti, aveva ceduto, e aveva detto a sua madre: “Ti amo.”
Perché la salvezza li aveva portati tanto lontano da lì? Dumbledore era un mistificatore; no, non voleva salvarli, voleva solo distruggere la sua famiglia.
Perché Voldemort invece li teneva uniti. Il terrore, la pressione, la paura; era molto più facile amarsi davanti alla morte.

Il tintinnio della porcellana lo fece rinvenire da quei pensieri. Alzò lo sguardo, e vide sua madre tremare, e con lei tazzina e piattino.
“Che cosa…?”
Ma Narcissa interpose tra i loro sguardi una mano aperta per nascondersi, poi cominciò a singhiozzare, e scoppiò a piangere.
Draco vide la proiezione di se stesso alzarsi di scatto, farsi accanto a lei, scuoterla, chiedere cosa fosse successo. In realtà però rimase immobile, paralizzato, completamente ignaro sul da farsi.
Paralizzato, e pieno di orrore in petto. Inutile dire che non l’aveva mai vista così prima d’ora; lei era sempre stata brava a nascondere le sue emozioni: anche quando suo padre era stato sbattuto in prigione, lei era venuta a prenderlo a King’s Cross, e aveva fatto finta di niente per tutto il resto della giornata, parlando di Lucius come se fosse in vacanza.
Adesso invece piangeva.
“M-madre…?”
“Mi dispiace,” disse Narcissa, tra i singhiozzi. “Mi dispiace di non aver potuto fare per te quello che tuo padre avrebbe fatto, se fosse stato qui.”
Si fermò per un momento, ma poi riprese, con più forza. “Per te non volevamo questo, Draco. E io non sono riuscita a proteggerti da Lui, e adesso ti vedo così infelice, e mi sento terribilmente in colpa.”
In colpa.
Draco tornò con la mente al giorno dell’assassinio di Dumbledore, ma senza volerlo; l’unica cosa che voleva era dimenticare. No, non aveva fatto entrare i Mangiamorte a Hogwarts; non aveva mai rischiato di ammazzare nessuno, non il vecchio Preside né i due insulsi Grifondoro; non aveva avuto nessuna parte in quel piano; ma davvero! Era la guerra, era Voldemort, erano i suoi genitori; lui non aveva nessuna colpa.
Oppure l’aveva.
E allora tutte le sue scuse in merito si frantumarono come uno specchio; anche quelle di sua madre non ebbero più senso: cos’era altrimenti il Voto Infrangibile? Si chiese come qualcun altro riuscisse a preoccuparsi della sua vita più di quanto non lo facesse lui.
“Non è colpa tua,” disse allora.
Narcissa alzò lo sguardo e lo fissò.
Dracò continuò. “Be’, non solo tua. E’ anche colpa…”
Mia! Mia! Mia!
“…mia.”
Narcissa non disse niente.
“Aspetta, ho un fazzoletto,” disse Draco, frugandosi nella tasca. Si alzò e lo porse alla madre; quella lo prese, le mani si toccarono. Narcissa sorrise mentre si asciugava gli occhi.
“Draco, hai perso qualcosa?” disse poi, indicando un piccolo rotolo di pergamena, caduto a terra mentre lui tirava fuori il fazzoletto. Draco non si ricordava di averlo in tasca. Lo raccolse e lo aprì, e vi trovò qualche riga scritte nella grafia di Pansy.

Mi hai fatto male. Non volevo dirtelo, non volevo fartelo pesare, ma non ci riesco, mi dispiace. (…)

Avrebbe finito di leggerlo dopo; sapeva cosa doveva fare. Lo ripiegò e se lo mise di nuovo in tasca.
“Cos’era?” chiese la madre.
“Niente,” disse lui. “Devo riparare ad una cazz-“ La madre lo fulminò. “Ad una stupidaggine che ho fatto.”
“Tutto bene, comunque, sì?”
“Sì.”
E si apprestarono a bere il tè.

Fine.


---

Note
1* Cos’era successo “l’altra volta” tra Theodore e Luna? E’ scritto nel mio drabble Theodore e Luna (2), che pubblico in contemporanea.
2* Testo intero del biglietto da Pansy:
Mi hai fatto male. Non volevo dirtelo, non volevo fartelo pesare, ma non ci riesco, mi dispiace. Ti voglio bene, davvero tanto. Ma a volte mi chiedo quanto rifletti su quello che dici e su quello che fai.
Non posso capire, io? L’unico che non capisce sei tu, Draco Malfoy.
  
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