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Autore: A Midsummer Night_s Dream    27/09/2012    4 recensioni
-Prima del prologo è stata inserita una breve prefazione-
Si racconta che le anime gemelle siano coloro destinati a non incontrarsi mai.
A soffrire un’intera vita, nel continuo e disperato peregrinare in un universo infinito, alla ricerca dell’altro.
Ma si racconta anche che le anime gemelle siano coloro destinati ad incontrarsi, per poi dividersi perché troppo grande è il loro amore.
Per me?
Le anime gemelle sono coloro destinati ad incontrarsi, sempre.
Nel bene o nel male. In una vita o nell’altra.
Il loro è un amore troppo forte, caparbio, inesauribile per potersi perdere nel silenzio delle stelle che lo hanno visto nascere. Tanto potente da sfuggire persino al controllo del suo dio, Eros, e alle potenti creatrici dello stesso fato, le Parche.
Complementari come due parti perfette di una mela tagliata a metà: potranno essere divise, ma saranno pur sempre il frammento nato da una sola cosa, un solo essere.
Ognuna ha la sua anima gemella, da qualche parte nell’universo.
Il mio nome è Dafne, ed io ho già incontrato la mia: Apollo.
Dalla mia storia, “Gli intrecci del destino”.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prima di lasciarvi alla lettura del capitolo, ci tenevo a ringraziare tutte quelle meravigliose persone che hanno letto la storia inserendola tra le seguite, preferite e ricordate.
Grazie infinite.
Ma un grazie speciale va a coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e che ringrazio di cuore per le meravigliose parole e la loro gentilezza.
(Vi risponderò dopo aver postato l'aggiornamento.)
Detto ciò, noi ci leggiamo giù, buona lettura! :*

 

  

Amnesia






 

« Un amore che per poco tempo la luce della vita conobbe, in un passato assai lontano, in modo crudele fu tranciato.
Non per mano del Fato un dramma così crudele avvenne.» raccontò Lachesi.

« Ma adesso un nuovo intreccio il Fato ha tessuto per i due amanti.
Che nessuno mai più, sia Dio sia mortale, osi dividere ciò che il destino ha unito.» annunciò Cloto.

« Un amore assopito vive nel cuore della fanciulla risvegliata, la sua memoria nel corso del tempo nuova vita avrà. Il susseguirsi di nuove civiltà ella rimembra, la loro storia, la loro evoluzione, ma non le sue origini.
Ricordi e antiche passioni dimenticate che soltanto il tocco del suo signore potrà risvegliare.» presagì Atropo.

« Ma fate attenzione, amanti dal Fato prediletti, perché un pericolo per voi assai più grande si staglia all’orizzonte.» dissero all’unisono.



Così le tre Moire tessevano i fili del destino.

Lachesi cantava il passato,

Cloto il presente,

Atropo il futuro.




________________________________________________________



Il passaggio delle nuvole brucia i fulmini
della sera
e accende profili sulle pareti di un vento
che diluisce nell'acqua.
Dall'ombra, lontana,
mi guardi con occhi
che seguono percorsi non raggiunti
dal caso.
Ogni istante, ogni gesto,
ogni fruscio in boschi sonnecchianti –
il percorso d'una foglia che cade a terra,
volubile e danzerina –
si accorda a delle leggi silenti.

Soltanto spezzando il fragile equilibrio,
il disordine di un tempo scostante
e lieve,
sapremo che tutto era appeso,
irrimediabilmente
a un filo troppo sottile per reggerci.

(Teoria del Caos, Lluís Calvo)





              Sulla Terra, nel frattempo, in una piccola città avvolta dall’oscurità della notte, dove gli esseri umani dormivano ignari di quello che a pochi passi da loro si stava svolgendo, una ninfa riassumeva il suo aspetto umano.

La luna, unica testimone di quella notte senza stelle, silenziosa osservava le radici di un vecchio albero lasciare posto a due lunghe e nivee gambe.
Un tronco che veniva sostituito da un armonioso busto, voluttuosi fianchi e lattei seni ripresero la loro forma.
Foglie d’alloro che man mano sparivano, rami che si univano tra di loro dando vita a due grandi fronde che gradualmente la loro scorza perdevano per poi divenire due snelle braccia.

Infine, il volto di una fanciulla apparve tra le tenebre.

Capelli color mogano che come un oscuro mantello ricoprivano la sua candida schiena, incorniciavano un viso che per la sua bellezza la Dea Venere in persona avrebbe fatto tremare d’invidia.
Pelle che immacolata, come la stessa luna che rischiarava quella fredda notte, formava quei tratti angelici, un naso piccolo e graziosamente all’insù e due occhi in cui qualsiasi uomo sarebbe sprofondato al suo solo sguardo.

Blu, come il zaffiro più lucente.

Pozzi di straordinaria bellezza, i suoi, che l’anima di qualunque mortale e Dio avrebbero stregato.
Occhi che in quel momento, smarriti e impauriti, osservavano l’ambiente a lei circostante con profondo timore.

E come richiamato dalla stessa terra, un soffio di vento si levò nell’aria, lieve come una carezza invisibile accarezzò il corpo della fanciulla, di cui nulla nascondeva la sua nudità, e un fremito scosse le sue fragili membra.
Un breve battito di ciglia, un gemito d’angoscia che si disperse nel silenzio, prima che il corpo della ninfa si accasciasse al suolo privo di sensi.

 

Dafne, figlia della Madre Terra e del fiume Peneo, era tornata a vivere.
***
 



***

 
 




Sentivo come se un grosso macigno pesasse sulla mia testa.
Le tempie pulsavano dolorose, la presenza invisibile di un martellio incessante e rumoroso che non mi dava tregua.

Che diavolo è successo?

Sentii le mie labbra piegarsi una smorfia indispettita, prima che il mio corpo percepisse ciò che la mia mente non aveva ancora registrato.
Un tocco.
Il tocco di un uomo, per la precisione.
La carezza di una mano che, delicata come le ali di una farfalla, sfiorava il mio volto, le mie labbra, i miei occhi ancora chiusi per poi proseguire il suo percorso giù, lungo i miei capelli.
Sentii ogni singolo nervo del mio corpo tendersi, i muscoli irrigidirsi sotto quel tocco indesiderato.

Chi osava prendersi una tale confidenza?

Aprii gli occhi di scatto e con un balzo mi allontanai da quella figura a me ancora sconosciuta, ignorando la fitta di dolore alla testa e la vertigine che mi colpì all’istante a causa del brusco movimento.
Le mie ginocchia si piegarono sotto il peso di un capogiro, strinsi i denti, maledicendo chiunque fosse il colpevole di quel mio malessere.
Maledizione che pensai di aver espresso mentalmente, ma dovetti ricredermi quanto sentii una risata divertita giungere alle mie orecchie.

Lentamente, con un lungo respiro tornai ad assumere una posizione eretta, lanciando uno sguardo di fuoco all’idiota di fronte a me.
Cosa che non fece altro che aumentare il divertimento di quel tizio, visto che riprese a sghignazzare, e un comportamento il suo, invece, che non fece altro che aumentare il mio nervosismo.
“Si può sapere cosa cazzo hai da ridere, idiota?” esplosi alla fine, facendo aumentare così il martellio nella mia testa che riprese più forte.

Che tu sia maledetto!

Alle mie parole, lo sconosciuto gettò la testa all’indietro per poi esplodere in una sonora risata.

Calma. Prendi tre lunghi respiri, poi vai e spacca la faccia a quell’idiota!

Il ragazzo dovette accorgersi del mio sguardo omicida e pian piano smise di ridere, nonostante ciò il suo petto continuò a tremare nel vano tentativo di trattenere un nuovo attacco di risa e gli angoli della sua bocca rimasero fastidiosamente piegati all’insù.

“Calma, dolcezza, ritira gli artigli!”

Nell’udire il suono di quel nomignolo, mi morsi la lingua pur di impedire a degli epiteti poco adatti ad una donna di uscire dalle mie labbra e riversarsi su di lui come un fiume in piena.

Non agitarti. Respira. Brava, così.

Senza dire una sola parola, lasciai scorrere il mio sguardo sul suo volto.
I suo tratti erano armoniosi, capelli biondi coprivano la sua nuca, mentre il ciuffo era tirato all’insù. La linea della sua mascella era definita, seppure il suo volto nel complesso mantenesse un’aria infantile. Le sue labbra erano piccole, rosee e a forma di cuore.
Poteva avere venti, massimo venticinque anni.
I suoi occhi erano di un blu intenso, lucente e che in quel momento brillavano di una luce divertita causata da quel mio attento esame.
Incurante del suo divertimento, continuai la mia ispezione sul resto del suo corpo, cosa di cui mi pentii all’istante quando sentii una vampata di rossore salire sulle mie guance.

Era a petto nudo!

“Ma… ma che diavolo fai? Perché non indossi una maglietta?!” gracchiai stridula e piena di vergogna, mentre spostavo il mio sguardo imbarazzato altrove.

Però, devo ammettere che per essere idiota è un bel esemplare di idiota! La linea perfetta dei suoi addominali, i fianchi stretti e quella piccola… basta!
Ma che pensieri mi passano per la testa? Devo smetterla, subito!

A causa di quei pensieri per nulla casti, sentii il rossore sulle mia guance aumentare, ma per fortuna il ragazzo iniziò a parlare mettendo così fine ai miei vaneggiamenti.

“Forse perché mentre passeggiavo nel bosco, una giovane fanciulla nuda e svenuta ha attirato la mia attenzione e, visto che nessun indumento copriva le sue forme perfette, ho deciso di farle indossare la mia camicia, ma se per te questo è un problema posso anche riprendermela!” affermò con un sorriso malizioso e avvicinandosi a me.
Spalancai le labbra stupita alle sue parole, i miei occhi corsero immediatamente alla stoffa colorata che a stento, effettivamente, copriva la mia nudità. Sentii una nuova vampata di calore infiammare il mio volto e tremante feci alcuni passi indietro mentre lui avanzava sempre più.

“Fermati! Non ho detto questo, non sapevo neanche di indossarla io, la tua camicia!” Urlai paonazza in viso, sentivo il cuore battere tanto forte da temere quasi che a breve sarebbe uscito dal mio petto, mentre l’idiota scoppiava in una nuova risata divertita. Maledetto! “Piuttosto, posso sapere chi diavolo sei?”

La sua risata man mano si spense, un espressione di stupore attraversò il suo volto, per poi essere subito mascherata da una di finto dolore. “Ma come, mio amore? Non ti ricordi di me, del tuo unico ed eterno amore? Così ferisci i miei sentimenti, ma soprattutto il mio povero cuore!”

“Non scherzare!” sibilai irritata, mentre l’istinto di prenderlo a pugni diventava sempre più forte.

Stai rischiando parecchio, idiota, fai attenzione.

“Ok ok calma, cercavo soltanto di stemperare un po’ la tensione! Tu, piuttosto, mi dici come sei finta in questo bosco, di notte, priva di sensi e senza nulla che ti coprisse addosso?”

Aprii la bocca per rispondere, ma alcun suono uscì da essa.
“Io… io non ricordo, mi dispiace…” farfugliai alla fine a disagio, mentre sentivo uno strana sensazione di gelo avvolgere il mio corpo.
Vidi il ragazzo aggrottare la fronte dubbioso, i suoi occhi scrutarmi intensamente, ormai ogni forma di divertimento era sparita dal suo volto.

“Non ricordi nulla, davvero?”

“Io… non lo so.” Il mio fu un piccolo e basso mormorio, che a stento io stessa riuscii a sentire, ma poco m’importava.

Che cosa mi stava accadendo? Perché non riuscivo a ricordare come fossi arrivata in quel bosco?

“Neanche il tuo nome?” continuò lui avvicinandosi di qualche passo.

Tremante, portai le mani alle tempie, strinsi i miei capelli scuotendo la testa pur di ricordare qualcosa.
Qualunque cosa!
Ma vedevo buio, buio soltanto buio! Ecco cosa circondava la mia mente!

Sentii il mio respiro accelerare, diventare ansante, mentre sentivo i miei occhi riempirsi di lacrime e un profondo timore scuotere il mio petto.
Ma poi, nel nulla, in quella fitta nebbia che avvolgeva i miei ricordi, un nome mi venne sussurrato.

Dafne.

“Dafne. Credo che il mio nome sia Dafne…” dissi con un singhiozzo.

Paura. Iniziai ad avere paura.

Treamai quando sentii quel sentimento invadere ogni singola cellula del mio corpo.

“Nient’altro?”

“No…”

Poi bastò una parola, soltanto una parola e quelle lacrime che avevo cercato tanto di trattenere esplosero insieme ai singhiozzi disperati che iniziarono a scuotere il mio petto con violenza, infrangendo ogni mia piccola speranza.

Amnesia…”

Una parola, e ogni cosa intorno a me perse consistenza.

Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo.

Lieve, leggero eppure distruttivo.

Un caos che potrebbe essere generato in qualsiasi angolo del mondo, in qualsiasi spazio del tempo senza però sapere l’esatta ora del suo inizio né quella della sua fine.
Elementi che, apparentemente insignificanti, sono in grado, scontrandosi e interagendo tra di loro, di propagarsi e ampliarsi provocando effetti catastrofici.

Un giardino, per esempio.

Se non più curato perderebbe tutta la sua bellezza. Le piante seccherebbero, i fiori appassirebbero per poi, in breve tempo, morire. Tutto verrebbe corroso dagli eventi naturali, dal tempo che incessante divorerebbe tutto al suo passaggio.

Un azione, quindi, che porterebbe ad un’inevitabile conseguenza catastrofica.

Allo stesso modo, può una semplice parola avere una tale forza distruttiva?

Amnesia.

“Hai perso la memoria…” Un sussurro che penetrò in quello scudo invisibile che sembrava avermi avvolta, una fortezza che sembrava volermi estraniare dal mondo, preservarmi da una sofferenza che presto sarebbe arrivata.

E che, come previsto, non tardò ad arrivare.

Letale. Distruttiva.

“No. No. NO!” Il mio fu un urlo disperato che si perse nella notte, ogni cosa intorno a me tacque, mentre le lacrime continuavano incessanti a scendere sul mio volto.“Non può essere. Non posso non ricordare, non posso…”

E all’improvviso, è come se un peso invisibile ti togliesse il fiato.
Maligno, opprime il tuo petto come un macigno che sembra non voler andare via, anzi cresce, sempre più, fino a soffocarti, riempirti di un dolore che non vorresti provare.

Ma è tutto un’illusione, perché ciò che senti dentro è il nulla.
Un vuoto che ti avvolge l’anima, centimetro dopo centimetro, così come il gelo che sembra impossessarsi del tuo corpo. La tua mente è avvolta da una nebbia fitta che, nonostante tu ti sforza, non ti permette di ricordare.

“Chi sono io?” un sussurro a fior di labbra, il mio.

Nessun ricordo.
Nessuna identità.
Nessuna appartenenza.

Immobile, avvertii i miei sensi annebbiarsi, la mia vista sfocarsi a causa delle lacrime, mentre come spettatrice esterna, osservavo il mio corpo accasciarsi, le ginocchia cedere sotto un peso invisibile troppo grande da sopportare.
Ma quell’impatto tanto atteso con il ruvido terreno non arrivò, sentii due forti braccia avvolgere quel corpo, in quel momento, a me estraneo, mentre gocce salate continuavano a solcare il mio volto.

Chi sono io…”

Nessun ricordo.
Nessuna identità.
Nessuna appartenenza.

“Lo scopriremo, stai tranquilla.”

Sentii la voce di quel ragazzo sconosciuto arrivare in un mormorio lontano, la presa intorno ai miei fianchi farsi più salda, mentre una strana sensazione di disagio invadeva il mio corpo.

Non fidarti di lui.

Dimenai la testa, ignorando quella piccola parte del mio inconscio che, in qualche modo, continuava sussurrarmi di non fidarmi, di correre via, lontano da lui.

Ma perché scappare? Cosa avevo ormai da perdere?

Non avevo più una vita, una casa, un’identità e quel ragazzo sembrava l’unico porto sicuro in cui rifugiarsi, a cui aggrapparsi per non cadere e magari un aiuto per riuscire a scoprire qualcosa del mio passato.
Uno sconosciuto, sì, ma che avevo la sensazione di aver già conosciuto in qualche modo.

Basta pensare, sono così stanca.

Scacciai via ogni pensiero, con un sospiro tremulo appoggiai il capo sulla spalla del ragazzo, mi affidai a lui chiudendo gli occhi e lasciando che fosse il suo corpo a guidarmi verso una meta a me ignota.

Non fidarti di lui, è cattivo.
Ti farà del male.




            Intanto, complice il buio della notte, un espressione di trionfo piegò i tratti di un viso dalle fattezze ancora fanciullesche, la sua chioma dorata illuminata dalla luna risplendette, donando così al ragazzo un aspetto quasi etereo.
Una maschera destinata ad infrangersi al suolo quando due grandi occhi blu si tinsero di una malvagia luce e la sua vera natura venne svelata da un ghigno grottesco che piegò quelle labbra a forma di cuore.

Il volto di un mostro che orchestrava le sue nuove mosse, il suo.

Una fanciulla che, tra le sue braccia, ignara si affidava alle sue grandi fauci.














Note d'autrice:

Buon pomeriggio ragazze, eccomi qui, a poca distanza dalla pubblicazione del prologo di questa storia, a postare il primo aggiornamento de “Gli intrecci del destino”.
Come avrete notato, in questo primo capitolo è stata introdotta la protagonista femminile di questa storia: Dafne.
Dunque, cosa ne pensate? Vi piace questa ragazza dal carattere, come dire, un po’ esplosivo? Io l’adoro!
E della misteriosa figura ancora senza nome, cosa mi dite? Qualche prima impressione su di lui?
Purtroppo, adesso devo scappare, ma noi ci sentiamo presto col prossimo aggiornamento che sarà invece incentrato su un nuovo personaggio, Apollo.
Detto ciò, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e di sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, A Midsummer Night_s Dream!

 

   
 
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