Anime & Manga > Death Note
Segui la storia  |       
Autore: Jude92    29/09/2012    2 recensioni
Due ragazze, Yuko e Rachel, partono per il Giappone alla ricerca del padre di una delle due.
Durante il soggiorno nella grande metropoli Rachel farà uno strano e alquanto bizzarro incontro con qualcuno che, apparentemente non dovrebbe esistere...
Il ragazzo non lascia trapelare nulla circa la sua identità e la ragazza, benché dubbiosa, decide di frequentare il ragazzo ma al momento della rivelazione Rachel dovrà accettare le dure conseguenze!
Invece Yuko cercherà con tutte le sue forze di incontrare il padre, ma avvicinarsi a quest'ultimo non sarà facile poichè proprietario del grande gruppo finanziario Yamamoto.
Ce la farà Yuko a parlare con il padre??
E Rachel, riuscirà a restare in equilibrio tra fantasia e realtà???
- Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note pre-capitolo:
Un ringraziamento speciale a MikuSama, Eru Roraito e Night Fury96 per aver recensito i primi capitoli!
Grazie di cuore!



Capitolo 3

 
 
Incontri
 
 
  
 
 
Sognando…
 
 
 
Miss Polly had a dolly who was sick, sick, sick
So she called for the doctor to come quick, quick, quick.
The Doctor, he came, with his coat and his hat
And he knocked on the door with a rat-a-tat-tat.
 
He looked at the dolly and he shook his head.
He said : “Miss Polly put her straight to bed.
I’ll give her a paper for a pill, pill, pill
I’ll be back in the morning yes I will will will”.
…..
 
 
«Hahahaha, che ridere!»
«Vi è piaciuta bambini?»
«Si, maestra!»
«Bene, e adesso?»
«La canzone dell’arcobaleno!!!»
«Si!!!»
«Ok, ma cantate insieme a me!»
 
 
….
Red and yellow
And pink and green
Purple and orange and blue
I can sing a rainbow
Sing a rainbow
Sing a rainbow too.
Listen with your eyes
And see everything you can see
I can sing a rainbow
Sing a rainbow
Sing along with me.!
 
 
Red and yellow
And pink and green...
 
«Forza, Katy anche tu!»
«Maestra io...»
«Cosa c’è mia cara?»
«Io…non voglio che te ne vai maestra Rachel, per favore…»
«Oh, Katy….»
«…..
«Katy, su forza! Non vedi i tuoi compagni? Canta insieme a loro!»
«…..
«Senti Katy, non preoccuparti,non starò via per molto quindi non c’è mot…oh, non piangere. Guardami Katy…tornerò presto!»
«…Va bene maestra…Ti penserò, tutti i giorni.»
«Brava! Anche io ti penserò e poi non dimenticare che ci sentiremo! »
«Si! Rachel, sei la maestra più buona e bella del mondo! »
«Oh, ma cosa dici? E questa principessina che mi è davanti allora???
Ricorda Katy: se vuoi vedere l’arcobaleno devi prima sopportare un po’ di pioggia!»
«Mi mancherà maestra Rachel…..»
 

Il mattino seguente….
 

Aprii timidamente le palpebre e subito fui destata da un flebile raggio di luce di una radiosa mattina d’autunno.

Era l’annuncio di un nuovo giorno; un giorno qualunque a Tokyo, in Giappone.

Mi strofinai gli occhi e, a malavoglia, mi stirai le braccia; lo feci, in realtà, tenendo presente ciò che, poco prima, avevo sognato. In realtà, però, non fu proprio un sogno ma bensì un ricordo recente. Probabilmente era il mio subconscio che mi tormentava, avevo costantemente il timore che, il mio collega Ryan, non sarebbe riuscito a mantenere la situazione “sottocontrollo”. Lui era un tipo abbastanza calmo e amichevole, un venticinqu’enne caratterizzato da un’esagerata bontà e sensibilità, era troppo “buono” per essere il severo supplente che mi aspettavo.

I miei alunni, desiderosi di un’eccessiva creatività, lo avrebbero senz’altro distrutto. Come potevo avere la sicurezza che ciò non accadesse? Semplicemente informandomi direttamente con lui.
Mi alzai e mi diressi in bagno intenzionata a farmi una doccia veloce, dopodiché tornai in camera, ancora con l’asciugamano indosso, presi il cellulare e digitai il numero del mio vecchio amico Ryan. Ai primi tre squilli non rispose, ma subito dopo il quarto riconobbi chiaramente la sua voce.
«Pronto, Rachel?» domandò distrattamente il mio collega.
«Ryan! Finalmente,ma dove tieni il cellulare?» gli chiesi io, consapevole di ricevere un mi dispiace ma..
«Mi dispiace ma, è quasi morto, la batteria di questo cellulare è davvero carente!» affermò lui con tono lievemente seccato.
«E’ tutto a posto? I ragazzi?Le lezioni? Come procedono i compiti in classe?Ryan ci sei? Dimmi che ce la fai!» chiesi curiosa e preoccupata.
«Ehi ehi ehi! Calma! Rachel, respira per favore! Va tutto bene, non ci crederai lo so ma, ho tutto sottocchio! I ragazzi sono fantastici, le lezioni procedono regolarmente e i compiti, beh vanno discretamente, bene anche quelli!» mi confortò Ryan, speranzoso di ricevere una rassicurante risposta.
«Cavolo…davvero?Fantastico! Scusa se ti ho bombardato di domande ma sai come sono fatta..»affermai timidamente io mentre stringevo il lembo del mio asciugamano.
«Si, lo so benissimo. Anzi ti dirò,sono stupito che hai chiamato solo ora! Hahahah! Comunque, non preoccuparti ce la faccio a gestire il tutto, per adesso va tutto alla perfezione. Certo, non sono minimamente alla tua altezza, intendiamoci!» disse ridendo di gusto.
«Ah ah ah, non è divertente! E per la cronaca, sono contenta di sapere che te la cavi. Grazie Ryan.» dissi io
«Non è niente, figurati! Lo faccio con piacere, sono onorato di poter sostituire la mia insegnante preferita!» disse, ridendo di nuovo ma stavolta con un tono di sincerità.
«Ma cosa dici?Ryan! Ti ringrazio ma ti ho già detto che non voglio ricevere complimenti! Anche se lo fossero, non avrebbero alcun senso! Sai che, per me, insegnare è tutto! E’ come se dicessi ad un agente dell’FBI di essere bravo, cavolo, certo che lo è! Probabilmente vive per quel mestiere, è tutta la sua vita! Beh, per me è lo stesso...»affermai mettendo molta franchezza nelle mie parole.
«Ops! Scusa, è più forte di me! Sei modesta ragazza mia!»disse sghignazzando
«Comunque, grazie davvero Ryan.. Salutami Taylor, i bambini e tutti gli altri.»conclusi, cercando di non sembrare triste.
«Ma certo, Rachel, torna presto.»disse con un chiaro segno di nostalgia.
«Okay, non preoccuparti! A presto Ryan! Un bacio!»e riattaccai.
 
Mi avvicinai alla finestra e abbassai lievemente il mento, i miei occhi, visibilmente lucidi, si piantarono verso un punto non definito mentre la mia mente cominciò a viaggiare. Pensai alla mia professione e, automaticamente, ai miei alunni, a quei miei pochi amici e quindi alla mia, solita e soddisfacente, vita in Inghilterra. Ero felice, era il mio sogno avverato, non potevo desiderare nient’altro. La mia vita era completa, non mi mancava nulla eccetto quel sentimento che tutti chiamano “amore” ma io, come al solito, non ci pensavo minimamente. Sapevo già che il mio “tipo” non esisteva nella realtà se non nei miei sogni più intimi. Praticamente, albergava lì da tutta una vita. Scossi leggermente il capo per scacciare velocemente quel pensiero dalla mia testa e subito tornai alla realtà. I miei occhi si posarono, invece, sul meraviglioso cielo limpido di quella stupenda mattina d’autunno. Si, ero a Tokyo, ero in Giappone! Non che non lo ricordassi ma,“presa” da quei pensieri, non ci avevo fatto caso; come mia abitudine, non sapevo distaccare i sogni dalla realtà perdendo, a volte, il “senso temporale”. “Cavolo”, mi sono detta, ero sicura che, per tutto il soggiorno, non avrei avuto la giusta consapevolezza! Così decisi di scendere subito, per andare a “scoprire” quella fantastica città! Tornai in bagno e, svogliatamente, sciolsi l’asciugamano dai capelli; erano abbastanza lunghi e voluminosi di un colore castano chiaro ramato che, ai raggi del sole, diventavano quasi rossi. In fondo, adoravo i miei capelli ma li odiavo allo stesso tempo. Mi ci volle un bel po’ per asciugarli completamente e, non appena si asciugarono del tutto, passai un colpo di piastra; anche se non ce n’era bisogno dato che Yuko mi aveva costretta ad usare il “suo” shampoo per capelli lisci senza piastra. Lei, invece, si era convinta a tagliarli, all’altezza del seno, prima della partenza, ed io per questo, le tenni il broncio per tutta la durata del viaggio. Io “lodavo” i suoi capelli! Lunghissimi, liscissimi e del colore della “pece”. “Erano meravigliosi, maledetta!” dissi tra me e me, mentre mi facevo una treccia.
 
«Rachel? Sei già sveglia?»domandò Yuko ancora, chiaramente, assonnata mentre mi raggiunse in bagno.
«Ehi! Si, si! Scusa, ti ho svegliata?»chiesi io un po’ titubante.
«Ma no! Anzi, mi domandavo perché non mi hai svegliata prima!»affermò lei, strofinando i suoi occhi a mandorla.
«Dovevo?»domandai un po’ presa dal nulla.
«Ma certo che si!»disse lei inarcando un sopracciglio mentre agitava le mani in aria, con un cenno simile ad un“ti pareva”.
«Oh, ma a me non risulta. Credevo volessi dormire ancora un po’!»ammisi io un po’ dispiaciuta.
«Ah, non fa niente..»disse lei facendo spallucce, poi si alzò i capelli con un mollettone intenta ad infilarsi sotto la doccia.
Io la osservai per un istante e poi posai i miei occhi, di nuovo, davanti allo specchio. Cavolo, Yuko era bella anche appena alzata dal letto, mi sentivo sminuita. Lei, altissima e mai impacciata, era perfetta in ogni suo involontario movimento. Insomma, io al suo confronto non ero altro che una stupida “ragazzina”, non ero proprio alta, anzi ero una vera e propria nana! Feci una smorfia e presi il porta trucchi, misi leggermente un po’ di matita e rimmel negli occhi, grandi e castani, poi colorai le guance con un po’ di fard ed infine pennellai le labbra con il mio lipgloss alla fragola.
 
«Devi uscire?»urlò Yuko dalla doccia.
«Certo! Voglio subito ispezionare la città!»le gridai mentre mi guardavo ancora un po’.
«Anche io devo uscire, ma non per ispezionare la città» mi disse lei, sporgendo il capo fuori dalla doccia.
«Ah no? E dove devi andare?»le domandai io curiosa e stupita allo stesso tempo.
«In incognito! Te lo sei già dimenticata???»mi chiese infastidita tornando alla sua doccia.
«Ah già! Che sbadata! Scusami, vuoi che ti accompagni?»domandai mentre ricordavo lo scopo di quel soggiorno.
«Assolutamente no! E’ molto pericoloso e alquanto impegnativo,non posso permettermi di fare errori.» affermò secca lei. Si, Yuko era così. Era sfacciatamente rigida.
«Mmm, come vuoi. Però pensavo che il mio intuito potesse aiutarti. Sai il detto: due teste sono meglio di una?»le ricordai con un filo di arroganza.
«Ma certo che lo so! Tranquilla, per adesso devo solo accettarmi che sia qui, dopodiché passeremo agli stratagemmi e si, in quel caso, avrò bisogno del tuo grande intuito e della tua immensa capacità deduttiva!»disse ridendo.
«Okay okay! Solo.. stai attenta.» dissi con un po’ di preoccupazione. Era vero, lei era forte ed intelligente, sapeva quello che faceva ma non volevo che le accadesse qualcosa.
«Certo mamma!»urlò lei ridendo più forte. Il suo modo per farmi capire quanto fossi premurosa.
«Ah ah.. Non è divertente. Piuttosto, non dimenticare di portare il cellulare così mi fai sapere gli sviluppi, insomma hai capito.»argomentai mentre infilavo i jeans scuri.
«Certo, non preoccuparti. Ah se vuoi, stasera possiamo cenare fuori.»mi propose, consapevole di fare centro.
«Mio Dio si!» dissi io, con occhi sognanti mentre indossavo una t-shirt rossa. Amavo i ristoranti e quindi il cibo prelibato ed elaborato dagli chef.
«Ahaha! Lo sapevo!»gridò lei mentre si strinse nell’asciugamano. Lei, la mia cara amica Yuko, mi conosceva bene. Sapeva cosa faceva illuminare i miei occhi e trasformare il mio umore!
«Ti voglio bene Yuko!»urlai mentre corsi per andarla ad abbracciare. Ma lei mi respinse piano ricordandomi che era tutta, ancora, bagnata.
Così la salutai e mi diressi di nuovo di là per andarmi ad allacciare le converse nere. So già che state pensando, cose del tipo: questa qui è una mediocre sempliciotta! Si, proprio così, in realtà non ero assolutamente il tipo di ragazza che indossava un abito firmato o tacchi vertiginosamente alti, non mi interessava affatto. Amavo il confort e si, la semplicità.
Presi la tracolla ed uscii dalla stanza salutando, nuovamente, Yuko con un urlo.
Entrai in ascensore, che si chiuse subito alle mie spalle, ma qualcuno con una mano fermò le porte facendole riaprire. Era un ragazzo, di bella statura e, a giudicare dall’abbigliamento formale e dalla borsa che aveva in mano, doveva essere un avvocato o qualcosa di simile.
«Scusa, ti dispiace?»mi domandò l’alto ragazzo mentre io, inconsapevolmente, arrossii ed annuii allo stesso tempo.
«Ehm, no! Ma figurati! Prego.»dissi rivolgendo uno sguardo al ragazzo che, per mia sorpresa, mi fissava. Abbassai velocemente lo sguardo per terra, quanto avrei voluto,invece, uscire io da lì. Odiavo queste “circostanze”, mi sentivo stupida ed incapace di formulare un pensiero ed io, che pensavo costantemente durante tutto l’arco della giornata, non potevo permetterlo. Così scossi la testa ed alzai lo sguardo altrove, ero intenta a fissare le in cavità di una piccola lampada posta in alto.
«Hai per caso il torcicollo?»domandò l’alto ragazzo, fissandomi dubbioso.
«Cosa? io che?»poi ci pensai un attimo su e stetti alla sua “osservazione”.
«Si, si! Cavolo, non ho dormito per niente bene!»dissi, attenta a non rilevare il “disagio” di poco prima.
«Oh sai anche io, non è che abbia dormito divinamente! Mi succede sempre, probabilmente devo avere qualche artrosi cervicale e cos’altro o, forse semplicemente, sono una creatura della notte! Chissà.»disse mentre mi rivolse un largo sorriso, aveva dei denti bianchissimi, dopo di ciò riprese a guardarmi. Aveva due preziosi diamanti blu al posto degli occhi e il miele al posto dei capelli, mi sentii letteralmente “infastidita” nel guardarlo in tutto il “suo splendore” mentre cercava di attaccare bottone, il “solito sbruffone” insomma. Subito distolsi lo sguardo e riposai i miei occhi per terra. Si, non riuscivo a guardare qualcuno per più di un minuto, non so il perché ma era così. Mi dava “fastidio”. Era un mio difetto? Ero troppo esagerata? Forse, ma ero così. Con i ragazzi ero così. Finalmente l’ascensore arrivò al piano terra e le porte si aprirono, io mi ci buttai velocemente per evadere da quella scatola, da quella situazione, da quel ragazzo.
«Ciao!»gridò il biondo mentre io mi girai e, con molta disattenzione, feci un cenno con la testa.
Iniziai a camminare, diretta verso gli scorrevoli a vetri dell’ingresso e senza pensarci sorpassai due uomini d’affari. Non appena uscii dall’hotel mi fermai a pensare. Mi chiesi come mai quel ragazzo si trovava lì, a Tokyo. Evidentemente, non era giapponese né americano, dalla sua pronuncia mi sembrò inglese. Si, lo era sicuramente. Sapevo riconoscere il mio amato inglese britannico, ovunque. Poi però, pensai di nuovo al suo abbigliamento e mi convinsi che doveva essere per forza un avvocato. Un avvocato con un caso la cui “arringa finale” doveva svolgersi proprio qui, in Giappone. Si, doveva essere senz’altro così. Scossi il capo e sorrisi lievemente intenta a “cominciare” il mio giro turistico.
Mi diressi verso la metropolitana e decisi di visitare i quartieri di Roppongi, Shibuya e Shinjuku. Guardai l’orologio, erano appena le undici del mattino, ero in perfetto orario.
Così, subito prima che il treno partisse, entrai e mi sedetti in un posto libero, dovevo aspettare per circa trenta minuti prima di arrivare alla mia prima meta:Roppongi.
Il treno era pieno di bambini, adolescenti che andavano, probabilmente, a Yoyogi o Harajuku, e altri uomini d’affari. Devo ammettere che, durante il tragitto, fu abbastanza divertente vedere quegli uomini aspettare tanto quanto osservare i bambini mentre parlavano con i loro amici o parenti sui convogli.
Una volta arrivata, volai fuori dal treno e mi diressi all’uscita della metropolitana. Dovevo sbrigarmi se volevo vedere gran parte del posto.
Arrivata a Roppongi, decisi di visitare il Museo privato Mori Art, il più grande museo mondiale di arte contemporanea (al 52esimo e 53esimo piano nella torre delle Roppongi Hills); il primo museo d'arte giapponese che assumeva un non-giapponese come direttore (l'inglese David Elliot); fu la vista migliore sulla città. Il primo al mondo ad essere collegato con il Museo d'Arte Moderna di New York.
Come mi rivelò l’itinerario, offertomi generosamente dal guardiano del museo, il nome Roppongi, in giapponese, significava "6 alberi". Pensato per essere un riferimento ai 6 antichi alberi di Gingko che una volta erano nell'area, l'ultimo dei quali fu distrutto, insieme con il resto della vecchia Roppongi, dall'irruzione di un attacco di bombe dalle forze alleate nella Seconda Guerra Mondiale. Epico!
Poi visitai il museo Suntory che possedeva una collezione di circa 3000 lavori di arte tradizionale giapponese e artigianato. Scattare foto su oggetti di uso quotidiano (inclusi disegno, ceramiche, tessuti, vetri, e altro)fu molto interessante quanto di ordinaria abitudine.
Feci una scappata anche nel Santuario Nogi, dedicato alla memoria del generale Nogi Maresuke, la cui casa e stabili erano adiacenti al luogo dove oggi sorge il santuario;ma famoso per la sua storia, non ebbi il coraggio di visitarlo al suo interno.
Subito dopo, visitai il gigantesco centro di intrattenimento e shopping, frutto dell'immaginazione del magnate Mori Minoru. Al suo interno 200 premium-shops e dei ristoranti, un cinema a nove-schermi e un anfiteatro pubblico. Una meraviglia impressionante!
Per ultima cosa lasciai Tokyo Tower che mi sembrò un mostro di circa 1039 ft!
La Tokyo Tower è stata sempre intesa come una copia della più famosa torre di Parigi - un paragone del quale ancora oggi i proprietari della Tokyo Tower sono orgogliosi. 
Un più esatto paragone, comunque, potrebbe essere con la britannica Blackpool Tower, poichè all'interno comprende molte attrazioni - il museo delle ceramiche, l'acquario, Holliwood Collection, Trick Art Gallery,il Mondo del cammino misterioso e la galleria di ologrammi - e molto altro. 
Roppongi: ne restai estremamente affascinata!
 
Purtroppo erano già le tredici e trenta e dovevo sbrigarmi se volevo vedere altre, incredibili, meraviglie!
Ritornai di nuovo in metropolitana e aspettai dentro per altri trenta minuti.
 
Arrivai a Shibuya e la prima cosa che “assaporai” fu l’esperienza urbana, che racchiudeva l'essenza della grande città. Sicuramente una delle attrazioni di Tokyo era proprio questa: il suo marcato carattere urbano in termini di paesaggio, tipo di vita e atmosfera. La seconda, invece, furono  i grattacieli e i fiumi di persone, turisti e giapponesi uniti in una grande folla. Passai davanti ai locali, bar, ristoranti, centri commerciali, dove mi fermai a comprare qualcosa, fino ad arrivare anche agli angoli più intimi della città.
 
Erano già le quattro e mezzo del pomeriggio… Così decisi di fare una pausa, superata la strada in salita del quartiere giovane di Tokyo, c'era un bellissimo parco, molto grande, dove, dal traffico di persone e casino della big station, mi ritrovai immersa nella natura. Notai molte persone qua e la che praticavano sport, leggevano, suonavano, e facevano fotografie agli animali. Era lo Yoyogi Park, un’opzione molto piacevole per una pausa di relax. Era una splendida giornata, mi sentivo bene ed ero completamente immersa nella tranquillità. A distogliermi la serenità fu la suoneria del mio cellulare, era Yuko.
 
«Pronto Yuko?» domandai distrattamente.
«Ehi Rachel, senti scusa se disturbo il tuo “tour” ma volevo farti sapere che sono riuscita ad intrufolarmi dentro l’edificio.» mi sussurrò attenta a scandire per bene quelle ultime parole.
«Mio Dio! Davvero? Lo hai visto o lui ha visto te?»domandai curiosa.
«Macché! E’ peggio del principe Henry, è inaccessibile!»affermò con disappunto.
«Oh. Beh? Che intendi fare? »domandai nuovamente curiosa
«Eh, che faccio? Resto qui, vediamo se posso “incrociarlo”. Nel caso non dovessi riuscirci ritorno domani» mi disse con un filo di amarezza.
«Capisco. Beh,tentar non nuoce!»dissi, cercando di risollevarle l’umore.
«Giusto! Beh ti richiamo io! Ah, appena torni mi racconti tutto ciò che hai visto!»disse con tono autoritario.
«Ma certo! A stasera Yuko!»sorrisi e riattaccai.
 
Povera amica mia, ce la stava mettendo tutta per poter “rincontrare” il padre. Il famoso Ken Yamamoto, proprietario del grande gruppo finanziario Yamamoto. Dovevo starle vicino e sostenerla, infondendole coraggio.
 
Sospirai e guardai l’orologio. Erano le cinque e un quarto. Scattai in piedi e mi diressi alla mia ultima destinazione: Shinjuku, il quartiere dei ragazzi.
La zona era divisa in due parti ben distinte e l’immensa stazione della metro faceva da spartiacque. Ci misi, infatti, più di 10 minuti per uscire sulla strada attraversando gallerie, negozi e quant’altro… una città sotterranea!
Nella zona est c’erano negozi e una quantità infinita di ragazzi.
Nella zona ovest invece c’erano, in prevalenza, uffici. Una sorta di centro direzionale ma esteticamente molto più bello. Diciamo che avrei anche potuto saltare, se non fosse stato per due cose: il parco centrale (su cui si affacciava la Hyatt Regency Tokyo) e il famoso edificio di Kenzo Tange, ovvero il Tokyo Metropolitan Government Office. La particolarità di quest’ultimo fu che si poté salire fino in cima (45° piano) e vedere tutta la città dall’alto. Purtroppo, se la luce e la giornata non fossero magicamente “scomparsi”, sarei potuta riuscire a visitare anche il Monte Fuji! Sfortunatamente, in foto non è venuto ma sono riuscita, comunque, a vederlo nonostante la lontananza.
Finalmente, eccomi arrivata nella zona est di Shinjuku, la zona “viva” dove, tra luci, suoni e molti ragazzi, passai diverse ore.
Una zona molto caratteristica in alcuni punti e, molto simile a quartieri che già conoscevo, in altri.
Non a caso, anche questa zona era chiamata Electric Town come quella di Akihabara.
Camminando sentii una voce che intonava qualcosa, una cantante giapponese che promuoveva il suo cd e, dato che era davvero brava e il pezzo era buono, lo comprai.
 
Se non fosse stato per l’orario, avrei sicuramente visitato lo Shinjuku Gyoen, un giardino immenso che vanta una straordinaria varietà di piante. Magnifico nella stagione dell’Hanami, ovvero il periodo della fioritura dei ciliegi!
Avrei voluto tanto andarci ma erano già le sette e mezzo di sera ed era già buio. Così, passai tra le stradine di Golden Gai, dove le case (e padiglioni) non avevano che più di un piano. Vidi locali con bar e karaoke, dove non ci stavano più di dieci persone, comode nell'intimità del luogo. Rimasi  stregata ed in qualche maniera intimorita dall’atmosfera che respiravo in quelle strane vie. Non c’era niente di cui preoccuparsi ma decisi di tornare subito nel quartiere Ginza, poiché distava solo quindici minuti, e quindi in l’hotel. Ad un tratto il suono del karaoke, proveniente da un bar di fronte a me, si fece più forte, ne uscirono tre ragazzi tutti visibilmente brilli. Io, presa di sorpresa, restai a guardarli ma, dopo aver notato i loro atteggiamenti poco gradevoli, mi dileguai in fretta. Disgraziatamente, si accorsero di me e cominciarono a seguirmi. Camminai più svelta che potei, girai a destra e intravidi una minuscola via che, a sua volta, mi portò in una sorta di vicolo chiuso. Ero in trappola, sperai di seminarli ma, per mia grande sfortuna, erano ancora dietro di me. Respirai profondamente ed infine mi girai piano.
«R-ragazzi, calmi eh!»dissi, cercando di sembrare lucida.
«Che c’è agnellino? Hai perso la via?»gridò uno dei tre mentre gli altri ridevano di gusto. Mi buttai giù la saliva e ripresi a camminare, cercando di ignorarli.
«Ne busu doko he iku?» disse un altro ragazzo, probabilmente non parlava che giapponese ed io ero completamente negata. Che cavolo significava ne busu doko he iku???
«Eh?»sillabai esterrefatta ma mi ritrovai nuovamente, di fronte, i tre bifolchi. Man mano che indietreggiavo, mi appoggiai al muro di quel vicolo cieco. Fui davvero cretina ad imboccare quella strada! I tre fecero un ghigno beffardo e si avvicinarono ancora di più a me, facendomi da recinto.
«Ehi, calmi!»esclamai mentre cercavo di trovare un modo per “sfuggirli” ma uno dei tre, il più ubriaco di tutti, mi prese i polsi mentre l’altro mi chiuse la bocca da dietro, l’ultimo mi si avvicinò all’altezza del viso. Rideva. Capii subito ciò che intendeva fare così, liberandomi da quello che mi teneva i polsi, gli diedi un calcio nelle parti basse ed una testata a quello che mi stringeva la bocca. Scappai ma subito mi ritrovai per terra a causa di uno sgambetto. Mi feci un male cane al ginocchio destro ma cercai comunque di rialzarmi. Il primo ragazzo mi prese il viso con una mano mentre con l’altra tirò fuori un coltellino tascabile che, a sua volta, mi puntò in gola.
«Cosa vuoi fare? Aiutoooo!!!» gridai più forte che potei.
«Shh!»mi tappò la bocca.                                                                                                    
 
Ad un tratto….                                                      
 
«Sugu tsuihou shiro!» urlò una voce.
«Anata dare?» gridò colui che mi cingeva il viso.
«Hayaku!» urlò più forte la voce della mia salvezza.
«Anata dare??» gridò il ragazzo, lasciando la presa, stavolta scandendo bene le parole. Si alzò e andò incontro al tizio che, miracolosamente, venne a “salvarmi”.
Non riuscii a capire nulla di ciò che si dicevano ma vidi che stavano facendo a pugni. Cercai di rialzarmi ma mi faceva male il ginocchio, sanguinava, così mi rannicchiai al muro. Alzai il volto per vedere chi aveva la meglio e il tizio, di fronte a me, aveva messo già K.O. gli altri due ragazzi, ora gliene rimaneva solo uno.
«Ike!»disse il tizio mentre invece il ragazzo gli si avvicinò, probabilmente,per continuare.
«Ike!»gridò un’altra volta lo strano tizio, era leggermente “curvo”. Il ragazzo fuggì. Il mio “salvatore” si girò e mi venne velocemente incontro.
«Daijoubu?» mi domandò.
«Eh?»dissi posando lo sguardo su di lui.
«Tutto bene?»disse nuovamente, con voce più calma.
«S-si, credo di essere ancora.. viva.» dissi, sforzandomi di alzarmi ma non ci riuscii.
«Sicura?»domandò mentre si avvicinava per guardarmi più da vicino.
 
Aveva gli occhi neri come la pece caratterizzati da due profonde occhiaie e i capelli spettinati dello stesso colore.
Mi sentii male e le ultime parole che pronunciai, prima di svenire, furono:
«Si, adesso si, mio angelo custode».
 

 
 

 Angolo dell’autrice:
 
Salve ragazzi!!!
Quanto tempo! Eh eh eh! x°D
Lo so, sono in ritardo, assolutamente imperdonabile!
Ci ho messo più del dovuto per scrivere questo capitolo. Il motivo è semplicemente lo stesso di quello precedente: volevo fosse “descritto” nei minimi particolari! Infatti, a mio parere, credo che questo sia “diverso” dai capitoli precedenti forse,più “articolato”? SI PROBABILE! E’ molto più lungo! Hahahah! xD
Comunqueee, tralasciando tutto questo, avete notato “l’entrata di scena” dello strano “tizio”??? :D
Spero vi sia piaciuto!!!
Fatemi sapere ciò che pensate al riguardo!!! ^^
 
Ps: se volete sapere “il dialogo in lingua giapponese” tra i due ragazzi, anche se si può facilmente comprendere, chiedete senza problemi! ^^
 
 
Kisu, kisu! :*
 
Jude92
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Jude92