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Autore: vul95    02/10/2012    3 recensioni
"Tradimento." gli gridava il suo cervello mentre correva verso i suoi compagni, che ansimando continuavano a combattere.
-Il re è caduto!- gli urlò Ichirouta, e finalmente potè udirlo chiaramente.
"Tradimento!" la parola gli rimbalzava in testa, mentre gocce di sudore freddo gli scivolavano giù per il collo, dentro l'armatura argentata "Tradimento! Tradimento! Tradimento!"

Era solo l'inizio del Quinto Impero.
3. Hikaru:
La nave fu sbalzata nuovamente dalla corrente, e rovinarono entrambi a terra. Intorno a loro, un caos di marinai che gridavano e pochi passeggeri che fissavano terrorizzati il loro lavoro. Non sarebbe servito a nulla tirare corde, ammainare le vele, spiegarle o qualsiasi altra cosa. La nave sarebbe affondata senza ombra di dubbio.
Hikaru non pensava sarebbe morto così presto. In fondo, aveva solo sedici anni, e così tante cose da fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kyosuke; Takuto

IL QUINTO IMPERO


Kyousuke; Takuto


Un pezzo di pane e qualche mela.
Espirò pesantemente. Non poteva aspettarsi molto di più, da un villaggio di contadini, con i tempi che giravano. Decise che si sarebbe accontentato, e a passo svelto, silenzioso come suo solito, si diresse verso l’unica locanda che aveva intravisto mentre si dirigeva dalle parti del mercato, che tra l’altro aveva trovato semivuoto.
Niente di che. Una baracca, più che altro. L’insegna di legno dondolava al vento, gonfia d’umidità e rovinata dal tempo.
Si tirò il cappuccio più giù ed entrò, giusto in tempo per vedere un manipolo di Guardie della Corona uscire tra risate e schiamazzi, lasciando la locanda nel caos più totale.
I suoi occhi vagarono sullo spettacolo pietoso: tavoli rovesciati, avventori stesi a terra e garzoni attaccati alla parete, tremanti nelle loro scialbe divise sporche di olio e vino.
Si fece avanti in silenzio, aiutando quello che apparentemente sembrava il padrone della locanda (spalle larghe, capelli ondulati di uno strano colore marrone chiaro e grandi occhi color nocciola) ad alzare un paio di tavoli e qualche sedia. In cambio ricevette un paio d’occhiate riconoscenti, mentre l’uomo (avrà avuto poco più di quarant’anni), commentava con un basso –Basta che non mi facciano chiudere.- seguito da una mezza risatina per stemperare la tensione.
Non replicò. Per quanto lo riguardava, più le Guardie della Corona gli stavano lontano e meglio era, per la sua sicurezza e soprattutto per la loro.
-Non c’è molta gente.- si limitò a constatare, guardandosi attorno: quei pochi clienti che erano presenti al suo arrivo erano fuggiti a gambe levate appena avevano potuto, e probabilmente anche senza pagare.
L’altro parve rabbuiarsi –Hanno portato via tutti i dominatori della terra del villaggio.- disse –E’ rimasto chi ancora non è in grado di esercitare il potere. O chi non lo ha mai esercitato.- si portò una mano al petto –A parte qualche viandante, siamo rimasti in pochi, qui.- lo sguardo dell’uomo passò sui suoi aiutanti, che stavano terminando di mettere in ordine –Facciamo quel che possiamo.- concluse, pulendosi le mani sul grembiule –Allora, era qui per mangiare o prendere una stanza, signor…?-

-Kyousuke.- rispose secco il ragazzo, osservando lo sguardo buono del capo locandiere da sotto il cappuccio –Per prendere una camera. Devo fermarmi per una notte.- spiegò laconico, porgendogli un piccolo sacchetto –Mi mostra la stanza?- chiese quindi.
L’uomo soppesò il contenuto del sacchetto, sgranando gli occhi –C-Certo, da questa parte.- fece strada. Proprio mentre stava per mettere piede sul primo gradino della scala che conduceva al piano di sopra, però, si fermò –Signor Lionel!- lo richiamò una voce. Quello si voltò, aggrottando le sopracciglia, mentre un ragazzo di non più di diciassette anni, dai capelli ondulati di un castano sbiadito e gli occhi color nocciola (Kyousuke si stupì di quanto le poche persone di quel villaggio si somigliassero tra loro), lo raggiungeva. Si piegò sulle ginocchia, ansimando. Poi alzò lo sguardo –Cosa è successo? Ho visto le Guardie qui fuori!- esclamò, accorato, sul volto disegnata un’espressione parecchio preoccupata.
Il capo locandiere (ufficialmente Signor Lionel), scrollò le spalle –E’ tutto a posto, Takuto.- gli rivolse un sorriso gentile, passando una mano tra i suoi capelli, scompigliandoglieli –La solita giornata rumorosa.- si sciolse in una risata che rimbombò nelle orecchie di Kyousuke.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, stringendo i pugni –Hanno di nuovo messo sottosopra il locale?- chiese, guardandosi attorno, e prima che l’altro potesse rispondere grugnì un –Devono smetterla. Non possono trattarci così, non ne hanno il diritto.- alzò lo sguardo sul più grande –Perché non dice niente?-
-Takuto…- sospirò il Signor Lionel, facendo per replicare, ma la mezza risatina di Kyousuke lo interruppe, facendoli voltare entrambi.
-Scusi?- tale Takuto inarcò un sopracciglio, le labbra strette, cercando di trafiggere il ragazzo incappucciato con lo sguardo.
Quello, per tutta risposta, scosse la testa, lasciando che l’ultimo sbuffo divertito fuoriuscisse dalle sue labbra –E secondo te le Guardie della Corona si farebbero intimorire da un locandiere e un ragazzino? Che tra l’altro non dominano nemmeno la terra?- incrociò le braccia al petto.
Takuto fece per dire altro, ma infine si risolse ad avvampare di rabbia –E cosa suggeriresti di fare, tu, che nemmeno hai idea di cosa stiamo passando, noi, qui?- sibilò, mentre il Signor Lionel tentava di calmarlo in qualche modo.
-Sii realista. Sfidando le Guardie rischieresti solo di mettere ulteriormente in pericolo gli abitanti di questo villaggio.- replicò Kyousuke, questa volta serio, mentre scrutava Takuto da sotto la stoffa leggera del cappuccio. Talmente serio che l’altro ragazzo non potè fare altro che stringere ulteriormente i pugni e rimanere in silenzio.
Abbassò il capo di modo che la frangia gli coprisse gli occhi –E quindi dovremmo rimanere loro schiavi per sempre, chiusi qui dentro?- tremava –E’ insopportabile!- abbaiò, alzando gli occhi all’improvviso. Quindi indietreggiò ed uscì dalla locanda di corsa.
-Perdonalo.- sussurrò il capo locandiere, dopo aver tirato un lungo sospiro, tornando a salire le scale, dando le spalle a Kyousuke –Sua madre e suo padre sono stati portati via dalle Guardie. Non lo biasimo per la sua voglia di ribellarsi.- sorrise mesto.
Il più piccolo non disse altro. Trovava stupida l’idea di ribellarsi alle truppe dell’Impero. Erano formate interamente da dominatori esperti. Specialmente Maestri di Dominio. Il che significava non avere alcuna possibilità di riuscita contro uno di loro. Figurarsi contro un manipolo. Specialmente quando non avevi nulla con cui difenderti. “Evidentemente quel ragazzo è convinto di non avere nulla da perdere” pensò con un sorriso amaro Kyousuke.
Lui qualcosa da perdere l’aveva
avuta. E aveva paura che non fosse più recuperabile.

 

L’Impero aveva oramai esteso i suoi artigli sulla maggior parte del territorio del Continente. Non c’erano cittadine o villaggi salvi dalle sue grinfie, tutti in qualche modo gli erano sottoposti o avevano nei suoi riguardi un debito incolmabile.
Le città più estese e ricche non avevano alcun tipo di problema, anzi, dalla guerra traevano qualche vantaggio. Il problema era per i piccoli paesi, dal quale l’Impero pretendeva forza lavoro e raccolto, e spesso anche dominatori per rimpolpare l’esercito delle Guardie della Corona. Molti venivano anche spediti nelle miniere, se erano fortunati e non erano costretti a combattere contro i propri villaggi e le proprie famiglie.
Ciò a cui aspirava l’Impero, però, era avere il completo monopolio dei Maestri di Dominio. Uomini in grado di esercitare il loro potere sugli elementi senza bisogno di fonti esterne, in grado di generarli dal nulla. Le loro abilità erano quanto di più simile alla magia rimanesse nel Continente. Molti di loro si erano uniti spontaneamente alle forze imperiali, e per questo la loro categoria era ormai vista in malo modo dovunque. Ma nessuno sapeva che cosa avessero intenzione di fare esattamente, una volta raccolto il maggior numero di Maestri.
Nemmeno Kyousuke ne aveva idea.
I Maestri di Dominio, rispetto alla popolazione del Continente, erano in minoranza. Esisteva chi nasceva già con l’abilità di autogenerare il proprio elemento, e chi invece aveva bisogno di anni e anni di studio intenso e pratica con il dominio. Ogni essere umano veniva al mondo con le capacità di usufruire del dominio. Acqua, fuoco, vento o aria lo decidevano la propria discendenza e le attitudini naturali. In ogni caso, riuscire ad averne il pieno controllo era un’impresa del tutto ardua, visto e considerato che non tutti gli esseri umani sono in grado di portarsi ad un livello di simbiosi con la natura circostante.
Molte persone preferivano lasciare il proprio potere allo stato di base e non usufruirne, anche se spesso si rivelava decisamente utile, che fosse per lavoro o anche per svolgere azioni quotidiane.
In ogni caso, essendo i villaggi più piccoli spesso pieni di buoni dominatori, fortificati dai lavori fisici nei campi o nelle miniere, l’Impero non poteva permettersi di lasciarli incustoditi, così inviava ogni sei mesi un cambio di Guardie della Corona che li controllassero e che riscuotessero il dovuto di uomini e raccolti.
L’unica cosa che Kyousuke non riusciva a spiegarsi, era come mai in quel preciso villaggio ce ne fossero così tanti.
Ogni via era presidiata da almeno una Guardia, il volto celato dagli elmi fini e leggeri, il busto stretto nell’armatura argentata riportante il simbolo dell’Impero (due ali da tre piume appuntite di colore bianco), il mantello rosso che a prima vista pareva pesante come un tappeto. I Maestri di Dominio, se mai indossavano un’armatura, portavano il mantello blu, per distinguerli dal resto dell’esercito e ricordare agli altri comuni dominatori quanto fossero inferiori rispetto a loro nonostante si trovassero sotto la guida dello stesso comandante.
Un sorrisetto sarcastico comparve sulle labbra di Kyousuke, mentre percorreva le strade vuote del villaggio senza una meta precisa.
Era ormai il tramonto, e a quell’ora la cittadina gli sembrava ancora più triste di quanto non fosse di giorno.
Ad un certo punto la sua attenzione venne attirata da un vociare poco distante. Tenendosi all’ombra dei palazzi per non farsi notare, si avvicinò, incuriosito.
Attraversò un paio di stradine laterali, fino a che, facendo capolino da un angolo, la schiena poggiata al muro dell’edificio dietro di lui, inquadrò una piccola piazza. Due Guardie dal mantello rosso, un uomo, una donna e un bambino, tutti e tre con i capelli di quell’insolito castano sbiadito si trovavano, al centro, vicino a quella che una volta doveva essere la gogna del villaggio, ormai ben rovinata.
Scorse da sotto il cappuccio varie teste affacciarsi dalle finestre delle case tutt’attorno alla piazza, occhi sbirciare furtivamente dagli angoli, persone che camminavano velocemente per allontanarsi.
Ma il silenzio era assoluto.
-Questo bambino è un dominatore.- sentì dire ad una delle due Guardie, che con uno strattone attirò il bambino, che non aveva più di otto anni, a sé, strappandolo alle braccia della donna.
Quella si buttò in ginocchio –Vi prego, è solo un bambino… Non può nuocere a nessuno…- si tese verso il piccolo, che allungò le manine verso di lei.
L’altra Guardia la ricacciò riluttante indietro con il piede, allontanando ulteriormente il piccolo –Aspetta qualche anno e vedrai come potrà nuocere a voi.- ghignò, prendendogli le guance tra le dita e voltandolo da una parte e dall’altra come fosse merce di scambio. Il bambino ingoiò le lacrime, stringendo le labbra –Potrebbe crescere bene. Un ottimo acquisto per noi Guardie. Non credi?- si rivolse al compagno, che nel frattempo aveva steso con una ginocchiata l’uomo, probabilmente il padre del ragazzino. Quello scrollò le spalle e si aprì in un sorriso eccessivamente mellifluo. Si voltò di nuovo verso la coppia a terra –Pensateci. Il ragazzo verrebbe di certo nutrito meglio che dentro questo schifo di villaggio, al Comando. E diventerebbe l’orgoglio della mamma e del papà per essere entrato tra le fila delle Guardie.- spiegò come se ai due genitori fosse data la possibilità di scegliere per il futuro di loro figlio.
Kyousuke si irrigidì dietro l’angolo, serrando e rilasciando i pugni, mentre il pianto della donna gli entrava con prepotenza nelle orecchie.
Si costrinse a non guardare oltre, e quando tornò ad affacciarsi, le Guardie, le teste dietro le finestre, gli occhi che sbirciavano e i passi veloci di persone nascoste non c’erano più. Rimanevano l’uomo, riverso su stesso, le mani a tenersi lo stomaco, e la donna, che con i palmi premuti sugli occhi continuava a piangere sommessamente.
Si tirò il cappuccio più giù che poteva e fece per tornare alla locanda, quando una voce conosciuta tornò a farlo voltare. Takuto, il ragazzo di quella mattina, era corso verso la coppia chiamando i due per nome, e adesso ascoltava basito, tra un singhiozzo e l’altro della donna, quello che era successo.

Lo vide scuotere la donna –Lo hanno preso? Dove lo hanno portato? Irenee, dove lo hanno portato?- chiese concitato.
Kyousuke non potè fare a meno di notare il tremito delle sue mani mentre sorreggeva la madre del bambino che era stato portato via.
Poi voltò lo sguardo e tornò indietro.

 

Lionel era dietro al bancone, quando finalmente Kyousuke rientrò alla locanda. Stava pulendo il ripiano in legno con un panno umido, lo sguardo basso e il volto scuro.
Presupponendo il motivo, il ragazzo fece per dirigersi direttamente alla stanza che gli aveva assegnato il capo locandiere (che tra l’altro era l’unica ad essere occupata). Ma evidentemente quella non poteva essere una giornata tranquilla.
Come se la gente che corresse e gridasse fosse del tutto normale, lì al villaggio (e come se non ne avesse sentite o viste abbastanza), una ragazza entrò strillando nel modo più acuto e sottile che Kyousuke avesse mai sentito –Vuole andare a prenderlo!- si aggrappò al bancone, la voce un basso lamento, rischiando di rovinare a terra –Vuole andare a prendere Jun!- aveva preso a scuotere la testa –Non sono riuscita a fermarlo, è già andato, vuole riprenderlo. Non ce la può fare, Lionel, Takuto non ce la può fare…- rantolava tra un ansito e l’altro, mentre il suo colorito diventava man mano più bianco.
Kyousuke sgranò gli occhi quando sentì il nome di Takuto. Allora alla fine aveva davvero deciso di mettersi contro le Guardie. Si ritrovò a scuotere impercettibilmente il capo.
Il locandiere scavalcò il bancone per sorreggere la giovane, e lei si aggrappò al suo grembiule –Porteranno via anche lui…- si morse il labbro, mentre Lionel tentava invano di calmarla –Lionel, vallo a prendere…- singhiozzò, affondando il volto tra le braccia del più grande.
-Akane! Dov’è? Dov’è che tengono Jun?-  le chiese, le sopracciglia aggrottate in un’espressione ansiosa e preoccupata al tempo stesso.
La ragazza non sembrò afferrare per bene, tant’è che gli occhi le si erano già velati –A-Al vecchio capannone…- riuscì a soffiare prima di cadere svenuta.
Lionel espirò dal naso e prese in braccio Akane. Si guardò intorno e, inquadrato Kyousuke, si diresse verso di lui a passo svelto –Ho bisogno di un favore.- disse solo, porgendogli la ragazza.
Solo in quel momento Kyousuke, che non aveva potuto fare a meno di ascoltare, notò la carnagione bianca, i capelli del solito colore chiaro raccolti in due piccole trecce; gli occhi però erano di un colore simile al lilla. Alzò lo sguardo sul locandiere e tese le braccia per prenderla.
-Akane è di salute cagionevole. Ti prego solo di portarla al piano di sopra e di metterla a letto. Non c’è tempo.- disse solo, facendo per correre fuori dalla locanda.
Kyousuke respirava piano, mentre guardava le spalle del più grande alzarsi ed abbassarsi al ritmo della sua corsa.
Gli ricordarono un altro paio di spalle.

Lionel.- disse solo, richiamando la sua attenzione. Si riavvicinò all’uomo, fermo sulla soglia della porta, e gli rimise Akane tra le mani –Vado io.- concluse.
-Cos…-
-Non c’è tempo.- ribadì il ragazzo –Dov’è questo capannone?- e ad un tintinnio metallico proveniente da sotto il mantello del più giovane, il locandiere decise che sarebbe stato meglio dirgli cosa fare.

Il vecchio capannone, così chiamato dagli abitanti del villaggio, non era altro che un deposito per il raccolto oramai inutilizzato, visto che la maggiorparte dei prodotti presenti lì venivano presi dall’Impero.
Veniva ricordato come il luogo in cui erano stati radunati i dominatori la prima volta che le Guardie della Corona erano venuti a prenderli per portarli all’esercito, e così, ogni qualvolta un nuovo dominatore mostrava le sue capacità, veniva rinchiuso lì fino a che il corriere diretto al Comando non passava per ritirarlo.
Come fosse un pacco.
Il deposito era lungo almeno una ventina di metri e largo una quindicina, ed era stato rivestito in ferro di modo che i dominatori della terra non potessero combinarci niente. Anche parecchi metri di terra attorno all’edificio erano stati pavimentati, così da evitare sommosse.
Takuto aveva percorso l’intero perimetro in cerca di un’entrata secondaria, e tutto ciò che aveva trovato erano state le piccole finestre, situate a circa tre metri e mezzo da terra, che un tempo avevano permesso al raccolto di non andare a male dopo un pomeriggio.
Imprecò a denti stretti, mentre sbirciava l’ingresso, dove le due Guardie che avevano portato via il piccolo Jun giocavano a dadi come se nulla fosse.
Sentì la rabbia ribollirgli nelle vene.
Valutò la situazione. Due Guardie contro un ragazzo.
Chissà che tipo di dominatori erano.
Fossero stati dominatori del fuoco, il loro potere sarebbe stato del tutto inutile, ragionò, visto che di fuoco lì intorno non ce ne era. E nemmeno acqua. Improbabile che fossero dominatori della terra. Di certo dovevano riuscire a controllare l’aria. E, diamine, di aria lì intorno ce ne era quanta volevano.
Fece per tornare indietro e cercare una finestra più bassa, o una scala per arrivare a quelle più alte (o anche un dannato albero), ma andò a sbattere contro qualcuno.
-Ah.- la voce gracchiante della Guardia lo colse alla sprovvista –Guarda un po’. Ancora tu.- sorrise, sgranchendosi le spalle.
Gli occhi sgranati per la sorpresa, il più piccolo indietreggiò, ma –Ops. Preso.- ghignò la seconda Guardia, afferrandolo sotto le braccia.
Bene.
No, davvero.
Bene.
Che diamine se l’era fatto a fare il perimetro se poi quelli lo beccavano con tanta facilità?
Prese a dimenarsi, tentando di divincolarsi.
Ovviamente inutile.
Con un gesto veloce della mano, la Guardia che ancora lo teneva ben stretto esercitò il suo dominio. Non che ce ne fosse mai stato bisogno, lì al villaggio, dove tutti obbedivano ciecamente all’Impero, pensò Takuto con un sorriso amaro, mentre sentiva l’aria mancargli.
Dannata Guardia. Dannato dominio. Dannato impero.
Una delle peculiarità del dominio dell’aria era che, chi fosse capace di manovrarla, fosse anche in grado di privarne gli altri. Di annullarla come se non ci fosse mai stata.
Takuto annaspava, mentre l’ossigeno diminuiva velocemente. Si aggrappò al braccio dell’uomo in un ultimo, disperato e inutile tentativo.
Pensò tristemente a come Jun non sarebbe più tornato a casa, inghiottito nel sistema dell’Impero, condannato a lottare contro la sua volontà. A come il suo villaggio sarebbe stato sfruttato fino a che non fosse rimasto più nessuno. A quanto lui stesso fosse debole, perché, diciamocelo, aveva fatto davvero una brutta figura.
Stava giusto per dare ragione a quel viandante incappucciato della locanda, quando sentì l’aria invadergli prepotentemente le narici e bruciargli in gola, mentre le presa della Guardia si scioglieva.
Ci fu un tonfo.
Si voltò, notando l’uomo svenuto ai suoi piedi.
Poi ci fu un grido. E un altro tonfo.
Quando Takuto si voltò nuovamente, la testa che gli girava, notò che anche l’altra Guardia era a terra.
Non ebbe tempo di chiedersi cosa stesse succedendo, perché qualcuno gli prese con violenza il polso, trascinandolo via. Lo portò dietro il primo angolo –Non fare idiozie. E’ un concetto difficile da concepire?- sibilò una figura incappucciata vicino a lui.
Ci mise qualche secondo ad inquadrarla –Tu?- sibilò. Ma la mano del ragazzo misterioso premette sulle sue labbra –Ne arrivano altri.- lo vide affacciarsi –Arrivano tutti gli altri.- e la sua affermazione venne seguita da un rumore metallico di passi –Rimani qui.- gli intimò, quindi lo vide sparire oltre l’angolo.
Passarono un paio di secondi e lo vide sgusciare agilmente verso la fine della pavimentazione attorno al deposito, seguito da una dozzina di Guardie.
Ovviamente, Shindou Takuto non sarebbe rimasto a guardare un tizio sconosciuto (e probabilmente montato) fare tutto da solo.
E ovviamente, senza tenere conto delle indicazioni, seguì l’incappucciato verso il terreno, il suo amato terreno.
Solo quando fu abbastanza vicino notò che il suo inaspettato compagno di combattimento stava maneggiando due lame gemelle ricurve con la facilità con cui si utilizzano le bacchette per mangiare, ed aveva già steso tre Guardie.
Bhè, non era di certo più figo.
Si tolse le scarpe mentre finalmente lo raggiungeva, poggiando le piante dei piedi sulla terra nuda, godendo del lieve dolore dei sassi sotto la sua pelle.
-Oh, alla buon ora.- commentò tiziosenzanome, calciando sul muso un soldato, spedendolo dritto a terra, per poi girare su sé stesso e colpire al naso un’altra Guardia con il piatto della spada, evitando che prendesse Takuto con un’onda d’urto.
Passando sopra l’incredibile agilità di quel tipo, Takuto storse le labbra in una smorfia –Bhè?- chiese, piccato, schivando una folata di vento decisamente non normale. Ma che voleva? Non gli aveva detto di rimanere al suo posto?
-Se ti avessi detto di seguirmi l’avresti fatto?- si limitò a chiedere quello, come leggendogli nel pensiero, torcendo il braccio di una Guardia dietro la schiena, atterrandola.
-Bhè.- Takuto inclinò il capo di lato. In effetti non l’avrebbe fatto.
La cosa tremendamente irritante era che l’incappucciato disquisiva amorevolmente nonostante dei diretti sottoposti dell’Impero lo volessero fare a fette. Quello stesso incappucciato che gli aveva sconsigliato di fare una cosa del genere.
Ma guarda un po’ te.

-Ora renditi pure utile, magari.- gli intimò.
Simpaticissimo.
-Sei un dominatore della terra, no?- aggiunse, mandando al tappeto un altro paio di Guardie come fossero insetti fastidiosi.
Era profondamente irritante la velocità con cui riusciva a –Cosa?- il flusso dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto –Tch, e che vorresti saperne tu?- replicò il ragazzo dai capelli castani, nascondendo la sorpresa (come aveva fato ad accorgersene?), mentre con un paio di movimenti veloci delle mani faceva si che un pezzo di terreno letteralmente si staccasse, per poi spedirlo dritto sulla brutta faccia di un’altra Guardia con un altro ondeggiare delle braccia. Gli scappò un sorrisino di soddisfazione.
Quanto aveva desiderato farlo.
Ormai schiena contro schiena, sentì la vibrazione di una risatina salirgli su per la spina dorsale. Rabbrividì –Hai tolto le scarpe.- sentì il rumore di lame che si scontravano mescolarsi alla voce dell'altro –Ma suppongo quel masso si sia staccato da terra da solo.- prima che potesse replicare una qualsiasi cosa, percepì l’incappucciato dividersi da lui, probabilmente per effettuare un salto.
Senza le sue spalle a sorreggere le sue, per un attimo un terrore acuto gli attanagliò le viscere.
Ma non ebbe tempo di pensare, perché altre tre Guardie (ma quante diamine erano?!) gli stavano praticamente addosso.
-Un altro dominatore della terra. Ti sei nascosto bene, ma ora farai la fine dei tuoi amici.- minacciò una.
Due secondi dopo era al suolo, svenuta.
Lanciando un sassolino in aria, Takuto sbuffò –Dicevi?- poi scagliò quello stesso sassolino contro il secondo soldato. Aiutato dal proprio dominio, che vi impresse una velocità nettamente maggiore, riuscì a far cadere anche quello.
Era una sensazione meravigliosa. Muoversi, sentire i muscoli tendersi, reagire ad ogni minimo segnale di pericolo.
Passò qualche secondo, e sentì di nuovo la schiena dell’altro sulla sua.
Ansimavano entrambi per lo sforzo.
-Dobbiamo
… Andare a prendere Jun.- ricordò Takuto dopo un paio di minuti di silenzio. Si guardava attorno basito. Più di una ventina di Guardie era stesa a terra, priva di sensi.

Non riusciva ancora a credere di averlo fatto davvero.
Aveva utilizzato il proprio dominio (il suo amato dominio) di fronte a un manipolo di Guardie dopo aver passato anni a nasconderlo. Ma non poteva sentirsi meglio di così.
Non pareva dovessero arrivarne altre, quindi pensò fosse per questo che l’altro gli rispose con un –Va bene.- secco.
Voltandosi per fargli cenno di seguirlo, si accorse solo in quel momento che il cappuccio era scivolato all’indietro e adesso lo straniero aveva un volto.
I capelli di un blu scuro erano tenuti su non si sa in quale modo (aveva intravisto una sorta di coda, poi), e due ciuffi gli incorniciavano il volto magro. Un paio di occhi di un arancione particolarmente acceso, dalle pupille incredibilmente fine e circondati da ciglia lunghe, spiccavano sulla carnagione decisamente chiara. Lo vide sistemarsi le lame alla cintura.

Il castano voltò subito lo sguardo, sapendo che fissare gli sconosciuti non è buona cosa, e prese a camminare di buon passo verso il capannone.
Era aperto (probabilmente le Guardie non si aspettavano una resistenza del genere), quindi fu facile entrare.
L’interno era ovviamente spazioso, pieno di casse di legno inutilizzate, molte rovinate, un tempo destinate a contenere il raccolto.
Il piccolo Jun era in fondo alla struttura, le ginocchia al petto. Quando la porta si era aperta, si era fatto piccolo su stesso. Ma vedendo chi fosse, il suo sguardo si era illuminato –Takuto!- urlò con la vocina sottile, alzandosi e facendo per corrergli incontro.
Fu a quel punto che la Guardia uscì.
Evidentemente si era appostata dietro una cassa e aspettava solo il momento giusto. Doveva aver visto i suoi compagni a terra.
Takuto la vide davanti a sé, tremendamente vicina, una spada in mano.
Pietrificato dalla sorpresa e dal panico, si accorse solo quando cadde a terra che l’ex incappucciato l’aveva spinto via, aveva fermato la lama del soldato con una mano, deviandola, e con una testata ben piantata l’aveva mandato ko.
-Takuto! Takuto!- continuava ad urlare Jun, che riuscì a catapultarsi tra le braccia del ragazzo, riuscendo finalmente a sciogliersi in lacrime, stringendo i pugnetti sulla maglia del più grande. L’altro, ancora sconcertato, lo strinse a sé –Va tutto bene. E’ tutto ok.- disse piano, accarezzandogli i capelli –E’ tutto ok.-

La donna piangeva (Kyousuke pensò che fosse una cosa del tutto naturale, visto che pareva non avere mai smesso) di gioia, stringendo Jun al petto quasi fino a soffocarlo.
-Non so come ringraziarti, Takuto.- si fece avanti l’uomo, abbracciando il ragazzo.
-Non è stato solo merito mio.- masticò un po’ contrariato quello, ammiccando allo sconosciuto che, il cappuccio di nuovo tirato sulla testa, se ne stava in disparte, le braccia conserte.
-Grazie anche a te, allora.- sorrise l’uomo, chinando il capo.
Kyousuke scrollò le spalle.
Osservò la famiglia tornare a casa, e si lasciò scappare un mezzo sorrisetto.
Trasalì quando si sentì afferrare la mano, e si ritrovò Takuto a qualche centimetro, che con occhio clinico gli esaminava il palmo –Ti sei ferito.- constatò, ammiccando al taglio, da cui scendeva ancora un po’ di sangue, che il ragazzo si era fatto quando aveva afferrato la spada della Guardia per deviarla.
Si divincolò dalla presa –Non è niente.- tagliò corto –E-ehi, ma che cosa stai facen…- senza aver tempo di fare altro, il castano gli aveva nuovamente preso il palmo tra le mani e, aprendoglielo per bene, aveva passato la lingua sulla ferita. Una, due, tre volte.
Kyousuke era sbiancato (per quanto la sua carnagione glielo consentisse), inorridendo. Quel tipo lo stava leccando. Lo stava… Non potè fare a meno di percepire una sensazione di incredibile freschezza, lì dove Takuto aveva passato la lingua.
Ammutolito (e anche abbastanza piccato) alzò il palmo quando il castano si decise a lasciarlo, seccato.
Sgranò gli occhi -… Si è cicatrizzata.- biascicò, il volto ormai scoperto, visto che il cappuccio era scivolato giù quando aveva cercato di divincolarsi.
-Ma allora sei sveglio.- sbottò Takuto che, sviando lo sguardo dell’altro, tentava di pulirsi la lingua con la mano, abbastanza schifato –Il tuo sangue ha un sapore orribile.- gli fece notare.

-Non ti ho chiesto di… di fare questa cosa. Mi hai..Mi hai leccat--!!

-Un “grazie, Takuto” può anche bastare. Prego.- Roteò gli occhi l’altro, per poi avviarsi verso la locanda.

Kyousuke socchiuse gli occhi, risoluto –Devi spiegarmi che cosa mi hai fatto.-

-Prego? Discendente di cosa?- Kyousuke, di norma, era una persona del tutto seria. Con i piedi per terra ed anche realista. Ma quello che Lionel gli stava spiegando non aveva minimamente senso in nessuno dei due modi.
Il capo locandiere rise di gusto –Siamo discendenti di una stirpe nata dai lupi che vivevano nelle montagne a nord del Continente.- ribadì, annuendo.
Akane, che si era ripresa ed era scesa al piano di sotto della locanda, inclinò il capo di lato –Oramai, il sangue di lupo che abbiamo in corpo è pochissimo, specialmente dopo che le prime specie ebbero contatti con i cani selvatici delle montagne ad est.- continuò la spiegazione, gli occhi socchiusi e le labbra stiracchiate in un sorriso placido e gentile –Inizialmente, secoli fa, cani e lupi, nella notte di Luna Nuova, avevano le capacità di trasformarsi in esseri umani.- allargò il sorriso in direzione di Kyousuke, che faticava a stare dietro al discorso.
Takuto sbuffò contrariato.
-Noi siamo i diretti discendenti di queste specie, che hanno avuto modo di accoppiarsi anche con esseri umani durante le notti di Luna Piena.- riprese la parola Lionel –Non possiamo trasformarci o fare cose di questo tipo, ma la nostra saliva ha un potere curativo eccellente.- annuì.
-Ecco perché ci sono così tante Guardie, nel villaggio. Diciamo che siamo la principale fonte medica del Continente.- arrossì Akane, distogliendo lo sguardo.
Kyousuke annuì –Capisco.- disse, un po’ più convinto, rimirandosi il palmo della mano –E’ stupefacente.- commentò.

-Direi!- annuì il capo locandiere –E dire che era da decenni che non si stringeva un patto, qui al villaggio!- esclamò, battendo una mano sul tavolo.
Takuto arrossì appena e borbottò qualcosa di incomprensibile.
-Un patto?- Kyousuke socchiuse gli occhi, non capendo.
-Mh.- tornò ad annuire l’uomo –Hai salvato la vita a Takuto. Per uno di noi è il dono più grande che possa essere fatto. E poi, ti ha guarito di sua spontanea volontà.-
Il ragazzo dai capelli blu continuava a non comprendere –E quindi?-
Il giovane preso in causa picchiò il palmo sul tavolo -Ti devo la vita.- disse solo, spostando lo sguardo color nocciola in quello arancione di Kyousuke –E’ mio preciso dovere ricambiare.- “e purtroppo buttarti dalla finestra e poi cercare di salvarti non vale”, aggiunse tra sé e sé –E guarendo la tua ferita non ho fatto altro che potenziare il patto. Ora…- arricciò il naso -… Sono tuo.- battè la fronte sul legno del tavolo.
Kyousuke per poco non si strozzò con la sua stessa saliva –Ossia?-
-Semplice. Finchè non ricambierà il favore, salvandoti la vita, Takuto avrà il preciso dovere di restare al tuo fianco, per accompagnarti e proteggerti.- concluse Lionel.
-Come un cane.- sottolineò Kyousuke, che trovava dannatamente complicato metabolizzare.
-Come un fiero lupo.- ridacchiò il locandiere.
-E se mi rifiutassi?-
Akane sorrise –Tu puoi. Lui no.-
Oh, bhè. Perfetto.
Davvero.

*

Salve a tutti!
Finalmente aggiorno! (e si che questo capitolo è pronto da quasi due mesi, ma-- *si nasconde*) perdonate il ritardo, davvero *inchino*, so di essere lenta, ma cercherò in tutti i modi di finire le mie long, quindi per favore, non smettete di seguirmi *annuisce*, mi velocizzerò, promesso!
Innanzitutto, vorrei ringraziarvi davvero tanto: avete letto il prologo in tantissimi; in moltissimi avete recensito, e ancora in tanti avete aggiunto la fic alle seguite, alle preferite e alle ricordate *regala cioccolatini*, spero che la fiducia riposta non venga delusa *si inchina a raffica*
Allora. Questo capitolo vede come protagonisti Kyousuke e Takuto. Come accennavo nel Prologo, l’idea per questa fic mi è venuta, principalmente, leggendo un manga yaoi di nome “The wolves mountain”, dove uno dei due protagonisti, un mezzo lupo, era in grado di curare con la propria saliva le ferite altrui. Durante uno dei miei deliri KyouTaku, bhè, mi è preso lo schiribizzo di volerlo far fare anche a Takuto, e diciamo che, da lì, ho costruito poi tutta la storia (o, almeno, la storia di Kyousuke e Takuto, visto che non sono i soli protagonisti).
Ho cominciato a delineare un minimo la situazione del “Continente”, il luogo dove si svolgeranno gli eventi principali, e a dare un’idea del tipo di governo che al momento vige in esso. Amo il fantasy, e spero vivamente di aver reso bene la mia idea!
Allora, che ne dite, ci sta Takuto come Dominatore della Terra? Saranno i capelli, ma ce lo vedo troppo ahah xD
Ci terrei a precisare che, per quanto nella storia siano in gioco i quattro elementi come in Avatar, al di là di questo aspetto non ci sarà nulla di attinente, questa fic non è né un crossover né direttamente collegata al cartone animato in questione.
Detto questo, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e, se a qualcuno verrà voglia di recensire, mi farebbe piacere sapere se l’avete trovato troppo lungo: in questo caso, provvederò ad accorciare i capitoli!
Nel prossimo, vi anticipo solo che ci sarà un certo tipo con i codini rosa, e niente altro u.u spero che continuerete a seguirmi *A*!
Al prossimo capitolo!

Greta.

P.S.: presto arriverà anche qualche schizzo dei personaggi, oh yeah! *fugge*

  
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