IL QUINTO IMPERO
Kyousuke;
Takuto
Un pezzo di pane e qualche mela.
Espirò pesantemente. Non poteva aspettarsi molto di più, da un villaggio di
contadini, con i tempi che giravano. Decise che si sarebbe accontentato, e a
passo svelto, silenzioso come suo solito, si diresse verso l’unica locanda che
aveva intravisto mentre si dirigeva dalle parti del
mercato, che tra l’altro aveva trovato semivuoto.
Niente di che. Una baracca, più che altro. L’insegna di legno dondolava al
vento, gonfia d’umidità e rovinata dal tempo.
Si tirò il cappuccio più giù ed entrò, giusto in tempo per vedere un manipolo
di Guardie della Corona uscire tra risate e schiamazzi, lasciando la locanda
nel caos più totale.
I suoi occhi vagarono sullo spettacolo pietoso: tavoli rovesciati, avventori
stesi a terra e garzoni attaccati alla parete, tremanti nelle loro scialbe
divise sporche di olio e vino.
Si fece avanti in silenzio, aiutando quello che apparentemente sembrava il
padrone della locanda (spalle larghe, capelli ondulati di uno strano colore
marrone chiaro e grandi occhi color nocciola) ad alzare un paio di tavoli e
qualche sedia. In cambio ricevette un paio d’occhiate riconoscenti, mentre
l’uomo (avrà avuto poco più di quarant’anni),
commentava con un basso –Basta che non mi facciano
chiudere.- seguito da una mezza risatina per stemperare la tensione.
Non replicò. Per quanto lo riguardava, più le Guardie della Corona gli stavano
lontano e meglio era, per la sua sicurezza e soprattutto per la loro.
-Non c’è molta gente.- si limitò a constatare,
guardandosi attorno: quei pochi clienti che erano presenti al suo arrivo erano
fuggiti a gambe levate appena avevano potuto, e probabilmente anche senza
pagare.
L’altro parve rabbuiarsi –Hanno portato via tutti i dominatori della terra del
villaggio.- disse –E’ rimasto chi ancora non è in grado di esercitare il
potere. O chi non lo ha mai esercitato.- si portò una mano al petto –A parte
qualche viandante, siamo rimasti in pochi, qui.- lo sguardo dell’uomo passò sui
suoi aiutanti, che stavano terminando di mettere in ordine –Facciamo quel che
possiamo.- concluse, pulendosi le mani sul grembiule –Allora, era qui per
mangiare o prendere una stanza, signor…?-
-Kyousuke.-
rispose secco il ragazzo, osservando lo sguardo buono
del capo locandiere da sotto il cappuccio –Per prendere una camera. Devo
fermarmi per una notte.- spiegò laconico, porgendogli un piccolo sacchetto –Mi
mostra la stanza?- chiese quindi.
L’uomo soppesò il contenuto del sacchetto, sgranando gli
occhi –C-Certo, da questa parte.- fece strada. Proprio mentre stava per
mettere piede sul primo gradino della scala che conduceva al piano di sopra,
però, si fermò –Signor Lionel!- lo richiamò una voce.
Quello si voltò, aggrottando le sopracciglia, mentre un ragazzo di non più di
diciassette anni, dai capelli ondulati di un castano sbiadito e gli occhi color
nocciola (Kyousuke si stupì di quanto le poche
persone di quel villaggio si somigliassero tra loro), lo raggiungeva. Si piegò
sulle ginocchia, ansimando. Poi alzò lo sguardo –Cosa è
successo? Ho visto le Guardie qui fuori!- esclamò, accorato, sul
volto disegnata un’espressione parecchio preoccupata.
Il capo locandiere (ufficialmente Signor Lionel),
scrollò le spalle –E’ tutto a posto, Takuto.- gli
rivolse un sorriso gentile, passando una mano tra i suoi capelli,
scompigliandoglieli –La solita giornata rumorosa.- si sciolse in una risata che
rimbombò nelle orecchie di Kyousuke.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, stringendo i pugni –Hanno
di nuovo messo sottosopra il locale?- chiese, guardandosi attorno, e prima che
l’altro potesse rispondere grugnì un –Devono smetterla. Non possono
trattarci così, non ne hanno il diritto.- alzò lo sguardo sul più grande
–Perché non dice niente?-
-Takuto…- sospirò il Signor Lionel,
facendo per replicare, ma la mezza risatina di Kyousuke
lo interruppe, facendoli voltare entrambi.
-Scusi?- tale Takuto inarcò un sopracciglio, le
labbra strette, cercando di trafiggere il ragazzo incappucciato con lo sguardo.
Quello, per tutta risposta, scosse la testa, lasciando che l’ultimo sbuffo
divertito fuoriuscisse dalle sue labbra –E secondo te le Guardie della Corona
si farebbero intimorire da un locandiere e un ragazzino? Che tra l’altro non dominano nemmeno la terra?- incrociò le braccia al petto.
Takuto fece per dire altro, ma infine si risolse ad
avvampare di rabbia –E cosa suggeriresti di fare, tu,
che nemmeno hai idea di cosa stiamo passando, noi, qui?- sibilò, mentre il
Signor Lionel tentava di calmarlo in qualche modo.
-Sii realista. Sfidando le Guardie rischieresti solo di mettere ulteriormente
in pericolo gli abitanti di questo villaggio.- replicò Kyousuke,
questa volta serio, mentre scrutava Takuto da sotto la stoffa leggera del cappuccio. Talmente serio che l’altro ragazzo non potè fare altro che
stringere ulteriormente i pugni e rimanere in silenzio.
Abbassò il capo di modo che la frangia gli coprisse gli occhi –E quindi dovremmo rimanere loro schiavi per sempre, chiusi qui
dentro?- tremava –E’ insopportabile!- abbaiò, alzando gli occhi all’improvviso.
Quindi indietreggiò ed uscì dalla locanda di corsa.
-Perdonalo.- sussurrò il capo locandiere, dopo aver tirato un lungo sospiro,
tornando a salire le scale, dando le spalle a Kyousuke
–Sua madre e suo padre sono stati portati via dalle Guardie. Non lo biasimo per
la sua voglia di ribellarsi.- sorrise mesto.
Il più piccolo non disse altro. Trovava stupida l’idea di ribellarsi alle
truppe dell’Impero. Erano formate interamente da dominatori esperti.
Specialmente Maestri di Dominio. Il che significava non avere alcuna
possibilità di riuscita contro uno di loro. Figurarsi
contro un manipolo. Specialmente quando non avevi nulla con
cui difenderti. “Evidentemente quel ragazzo è convinto di non avere
nulla da perdere” pensò con un sorriso amaro Kyousuke.
Lui qualcosa da perdere l’aveva avuta. E aveva
paura che non fosse più recuperabile.
L’Impero aveva oramai esteso i suoi artigli
sulla maggior parte del territorio del Continente. Non c’erano cittadine o
villaggi salvi dalle sue grinfie, tutti in qualche modo gli erano sottoposti o
avevano nei suoi riguardi un debito incolmabile.
Le città più estese e ricche non avevano alcun tipo di
problema, anzi, dalla guerra traevano qualche vantaggio. Il problema era
per i piccoli paesi, dal quale l’Impero pretendeva forza lavoro e raccolto, e
spesso anche dominatori per rimpolpare l’esercito delle Guardie della Corona.
Molti venivano anche spediti nelle miniere, se erano fortunati e non erano
costretti a combattere contro i propri villaggi e le proprie
famiglie.
Ciò a cui aspirava l’Impero, però, era avere il completo monopolio dei Maestri
di Dominio. Uomini in grado di esercitare il loro potere
sugli elementi senza bisogno di fonti esterne, in grado di generarli dal nulla.
Le loro abilità erano quanto di più simile alla magia rimanesse
nel Continente. Molti di loro si erano uniti spontaneamente
alle forze imperiali, e per questo la loro categoria era ormai vista in
malo modo dovunque. Ma nessuno sapeva che cosa avessero
intenzione di fare esattamente, una volta raccolto il maggior numero di
Maestri.
Nemmeno Kyousuke ne aveva idea.
I Maestri di Dominio, rispetto alla popolazione del Continente, erano in
minoranza. Esisteva chi nasceva già con l’abilità di autogenerare il proprio elemento, e chi invece aveva
bisogno di anni e anni di studio intenso e pratica con il dominio. Ogni essere umano veniva al mondo con le capacità di usufruire del
dominio. Acqua, fuoco, vento o aria lo decidevano la
propria discendenza e le attitudini naturali. In ogni caso, riuscire ad averne
il pieno controllo era un’impresa del tutto ardua, visto
e considerato che non tutti gli esseri umani sono in grado di portarsi ad un
livello di simbiosi con la natura circostante.
Molte persone preferivano lasciare il proprio potere allo stato di base e non
usufruirne, anche se spesso si rivelava decisamente
utile, che fosse per lavoro o anche per svolgere azioni quotidiane.
In ogni caso, essendo i villaggi più piccoli spesso pieni di buoni dominatori,
fortificati dai lavori fisici nei campi o nelle miniere, l’Impero non poteva
permettersi di lasciarli incustoditi, così inviava ogni sei mesi un cambio di
Guardie della Corona che li controllassero e che
riscuotessero il dovuto di uomini e raccolti.
L’unica cosa che Kyousuke non riusciva a spiegarsi,
era come mai in quel preciso villaggio ce ne fossero
così tanti.
Ogni via era presidiata da almeno una Guardia, il volto celato dagli elmi fini
e leggeri, il busto stretto nell’armatura argentata riportante il simbolo
dell’Impero (due ali da tre piume appuntite di colore bianco), il mantello
rosso che a prima vista pareva pesante come un tappeto. I Maestri di Dominio,
se mai indossavano un’armatura, portavano il mantello blu, per distinguerli dal
resto dell’esercito e ricordare agli altri comuni dominatori quanto fossero inferiori rispetto a loro nonostante si trovassero
sotto la guida dello stesso comandante.
Un sorrisetto sarcastico comparve sulle labbra di Kyousuke,
mentre percorreva le strade vuote del villaggio senza una meta precisa.
Era ormai il tramonto, e a quell’ora la cittadina gli
sembrava ancora più triste di quanto non fosse di giorno.
Ad un certo punto la sua attenzione venne attirata da
un vociare poco distante. Tenendosi all’ombra dei palazzi per non farsi notare,
si avvicinò, incuriosito.
Attraversò un paio di stradine laterali, fino a che, facendo
capolino da un angolo, la schiena poggiata al muro dell’edificio dietro di lui,
inquadrò una piccola piazza. Due Guardie dal mantello rosso, un uomo,
una donna e un bambino, tutti e tre con i capelli di quell’insolito castano
sbiadito si trovavano, al centro, vicino a quella che una volta doveva essere
la gogna del villaggio, ormai ben rovinata.
Scorse da sotto il cappuccio varie teste affacciarsi dalle
finestre delle case tutt’attorno alla piazza, occhi sbirciare furtivamente
dagli angoli, persone che camminavano velocemente per allontanarsi.
Ma il silenzio era assoluto.
-Questo bambino è un dominatore.- sentì dire ad una delle due Guardie, che con
uno strattone attirò il bambino, che non aveva più di
otto anni, a sé, strappandolo alle braccia della donna.
Quella si buttò in ginocchio –Vi prego, è solo un
bambino… Non può nuocere a nessuno…- si tese verso il piccolo, che allungò le
manine verso di lei.
L’altra Guardia la ricacciò riluttante indietro con il piede, allontanando
ulteriormente il piccolo –Aspetta qualche anno e vedrai come potrà nuocere a
voi.- ghignò, prendendogli le guance tra le dita e voltandolo da una parte
e dall’altra come fosse merce di scambio. Il bambino ingoiò le lacrime, stringendo le labbra –Potrebbe crescere
bene. Un ottimo acquisto per noi Guardie. Non credi?- si rivolse al compagno,
che nel frattempo aveva steso con una ginocchiata l’uomo, probabilmente il
padre del ragazzino. Quello scrollò le spalle e si aprì in un sorriso
eccessivamente mellifluo. Si voltò di nuovo verso la coppia a
terra –Pensateci. Il ragazzo verrebbe di certo
nutrito meglio che dentro questo schifo di villaggio, al Comando. E
diventerebbe l’orgoglio della mamma e del papà per essere entrato tra le fila
delle Guardie.- spiegò come se ai due genitori fosse data la possibilità di
scegliere per il futuro di loro figlio.
Kyousuke si irrigidì dietro
l’angolo, serrando e rilasciando i pugni, mentre il pianto della donna gli
entrava con prepotenza nelle orecchie.
Si costrinse a non guardare oltre, e quando tornò ad affacciarsi, le Guardie,
le teste dietro le finestre, gli occhi che sbirciavano e i passi veloci di
persone nascoste non c’erano più. Rimanevano l’uomo, riverso su sé stesso, le mani a tenersi lo stomaco, e la donna, che con
i palmi premuti sugli occhi continuava a piangere sommessamente.
Si tirò il cappuccio più giù che poteva e fece per tornare alla locanda, quando
una voce conosciuta tornò a farlo voltare. Takuto, il
ragazzo di quella mattina, era corso verso la coppia chiamando i due per nome,
e adesso ascoltava basito, tra un singhiozzo e l’altro della donna, quello che
era successo.
Lo vide scuotere la donna
–Lo hanno preso? Dove lo hanno portato? Irenee,
dove lo hanno portato?- chiese concitato.
Kyousuke non potè fare a meno di notare il tremito delle
sue mani mentre sorreggeva la madre del bambino che
era stato portato via.
Poi voltò lo sguardo e tornò indietro.
Lionel
era dietro al bancone, quando finalmente Kyousuke
rientrò alla locanda. Stava pulendo il ripiano in
legno con un panno umido, lo sguardo basso e il volto scuro.
Presupponendo il motivo, il ragazzo fece per dirigersi direttamente alla stanza
che gli aveva assegnato il capo locandiere (che tra l’altro era l’unica ad
essere occupata). Ma evidentemente quella non poteva
essere una giornata tranquilla.
Come se la gente che corresse e gridasse fosse del tutto normale, lì al
villaggio (e come se non ne avesse sentite o viste
abbastanza), una ragazza entrò strillando nel modo più acuto e sottile che Kyousuke avesse mai sentito –Vuole andare a prenderlo!- si
aggrappò al bancone, la voce un basso lamento, rischiando di rovinare a terra
–Vuole andare a prendere Jun!- aveva preso a scuotere
la testa –Non sono riuscita a fermarlo, è già andato, vuole riprenderlo. Non ce
la può fare, Lionel, Takuto
non ce la può fare…- rantolava tra un ansito e
l’altro, mentre il suo colorito diventava man mano più bianco.
Kyousuke sgranò gli occhi quando
sentì il nome di Takuto. Allora alla fine aveva
davvero deciso di mettersi contro le Guardie. Si ritrovò a scuotere impercettibilmente
il capo.
Il locandiere scavalcò il bancone per sorreggere la giovane, e lei si aggrappò
al suo grembiule –Porteranno via anche lui…- si morse
il labbro, mentre Lionel tentava invano di calmarla –Lionel, vallo a prendere…- singhiozzò, affondando il volto
tra le braccia del più grande.
-Akane! Dov’è? Dov’è che tengono Jun?- le chiese, le
sopracciglia aggrottate in un’espressione ansiosa e preoccupata al tempo
stesso.
La ragazza non sembrò afferrare per bene, tant’è che
gli occhi le si erano già velati –A-Al
vecchio capannone…- riuscì a soffiare prima di cadere svenuta.
Lionel espirò dal naso e prese in braccio Akane. Si guardò intorno e, inquadrato Kyousuke,
si diresse verso di lui a passo svelto –Ho bisogno di
un favore.- disse solo, porgendogli la ragazza.
Solo in quel momento Kyousuke, che non aveva potuto
fare a meno di ascoltare, notò la carnagione bianca, i
capelli del solito colore chiaro raccolti in due piccole trecce; gli occhi però
erano di un colore simile al lilla. Alzò lo sguardo sul locandiere e tese le
braccia per prenderla.
-Akane è di salute
cagionevole. Ti prego solo di portarla al piano di sopra e di metterla a letto.
Non c’è tempo.- disse solo, facendo per correre fuori dalla
locanda.
Kyousuke respirava piano, mentre guardava le spalle
del più grande alzarsi ed abbassarsi al ritmo della sua corsa.
Gli ricordarono un altro paio di spalle.
–Lionel.- disse
solo, richiamando la sua attenzione. Si riavvicinò all’uomo, fermo sulla soglia
della porta, e gli rimise Akane tra le mani –Vado
io.- concluse.
-Cos…-
-Non c’è tempo.- ribadì il ragazzo –Dov’è questo
capannone?- e ad un tintinnio metallico proveniente da sotto il mantello del
più giovane, il locandiere decise che sarebbe stato meglio dirgli cosa fare.
Il vecchio capannone, così chiamato dagli abitanti del villaggio, non era altro
che un deposito per il raccolto oramai inutilizzato, visto che la maggiorparte dei prodotti presenti lì venivano presi
dall’Impero.
Veniva ricordato come il luogo in cui erano stati radunati i dominatori la
prima volta che le Guardie della Corona erano venuti a prenderli per portarli
all’esercito, e così, ogni qualvolta un nuovo dominatore mostrava le sue
capacità, veniva rinchiuso lì fino a che il corriere diretto al Comando non
passava per ritirarlo.
Come fosse un pacco.
Il deposito era lungo almeno una ventina di metri e largo una quindicina, ed
era stato rivestito in ferro di modo che i dominatori della terra non potessero
combinarci niente. Anche parecchi metri di terra
attorno all’edificio erano stati pavimentati, così da evitare sommosse.
Takuto aveva percorso l’intero perimetro in cerca di
un’entrata secondaria, e tutto ciò che aveva trovato erano state le piccole
finestre, situate a circa tre metri e mezzo da terra, che un tempo avevano permesso al raccolto di non andare a male dopo un
pomeriggio.
Imprecò a denti stretti, mentre sbirciava l’ingresso, dove le due Guardie che
avevano portato via il piccolo Jun giocavano a dadi
come se nulla fosse.
Sentì la rabbia ribollirgli nelle vene.
Valutò la situazione. Due Guardie contro un ragazzo.
Chissà che tipo di dominatori erano.
Fossero stati dominatori del fuoco, il loro potere sarebbe stato del tutto
inutile, ragionò, visto che di fuoco lì intorno non ce ne era.
E nemmeno acqua. Improbabile che
fossero dominatori della terra. Di certo dovevano riuscire a controllare
l’aria. E, diamine, di aria lì intorno ce ne era
quanta volevano.
Fece per tornare indietro e cercare una finestra più bassa, o una scala per
arrivare a quelle più alte (o anche un dannato albero), ma
andò a sbattere contro qualcuno.
-Ah.- la voce gracchiante della Guardia lo colse alla sprovvista –Guarda un
po’. Ancora tu.- sorrise, sgranchendosi le spalle.
Gli occhi sgranati per la sorpresa, il più piccolo indietreggiò, ma –Ops. Preso.- ghignò la seconda Guardia, afferrandolo sotto
le braccia.
Bene.
No, davvero.
Bene.
Che diamine se l’era fatto a fare il perimetro se poi quelli lo beccavano con
tanta facilità?
Prese a dimenarsi, tentando di divincolarsi.
Ovviamente inutile.
Con un gesto veloce della mano, la Guardia che ancora lo teneva ben stretto
esercitò il suo dominio. Non che ce ne fosse mai stato bisogno, lì al
villaggio, dove tutti obbedivano ciecamente all’Impero, pensò Takuto con un sorriso amaro, mentre sentiva l’aria
mancargli.
Dannata Guardia. Dannato dominio. Dannato impero.
Una delle peculiarità del dominio dell’aria era che,
chi fosse capace di manovrarla, fosse anche in grado di privarne gli altri. Di annullarla come se non ci fosse mai stata.
Takuto annaspava, mentre l’ossigeno diminuiva
velocemente. Si aggrappò al braccio dell’uomo in un ultimo, disperato e inutile
tentativo.
Pensò tristemente a come Jun non
sarebbe più tornato a casa, inghiottito nel sistema dell’Impero,
condannato a lottare contro la sua volontà. A come il suo villaggio sarebbe
stato sfruttato fino a che non fosse rimasto più nessuno. A quanto lui stesso fosse debole, perché, diciamocelo, aveva fatto davvero una
brutta figura.
Stava giusto per dare ragione a quel viandante incappucciato della locanda,
quando sentì l’aria invadergli prepotentemente le narici e bruciargli in gola,
mentre le presa della Guardia si scioglieva.
Ci fu un tonfo.
Si voltò, notando l’uomo svenuto ai suoi piedi.
Poi ci fu un grido. E un altro tonfo.
Quando Takuto si voltò
nuovamente, la testa che gli girava, notò che anche l’altra Guardia era a
terra.
Non ebbe tempo di chiedersi cosa stesse succedendo,
perché qualcuno gli prese con violenza il polso, trascinandolo via. Lo portò
dietro il primo angolo –Non fare idiozie. E’ un
concetto difficile da concepire?- sibilò una figura incappucciata vicino
a lui.
Ci mise qualche secondo ad inquadrarla –Tu?- sibilò.
Ma la mano del ragazzo misterioso premette sulle sue labbra –Ne
arrivano altri.- lo vide affacciarsi –Arrivano tutti gli altri.-
e la sua affermazione venne seguita da un rumore metallico di passi –Rimani
qui.- gli intimò, quindi lo vide sparire oltre l’angolo.
Passarono un paio di secondi e lo vide sgusciare agilmente verso la fine della
pavimentazione attorno al deposito, seguito da una dozzina di Guardie.
Ovviamente, Shindou Takuto
non sarebbe rimasto a guardare un tizio sconosciuto (e
probabilmente montato) fare tutto da solo.
E ovviamente, senza tenere conto delle indicazioni,
seguì l’incappucciato verso il terreno, il suo amato terreno.
Solo quando fu abbastanza vicino notò che il suo inaspettato compagno di
combattimento stava maneggiando due lame gemelle ricurve con la facilità con
cui si utilizzano le bacchette per mangiare, ed aveva già steso tre Guardie.
Bhè, non era di certo più figo.
Si tolse le scarpe mentre finalmente lo raggiungeva,
poggiando le piante dei piedi sulla terra nuda, godendo del lieve dolore dei
sassi sotto la sua pelle.
-Oh, alla buon ora.- commentò tiziosenzanome,
calciando sul muso un soldato, spedendolo dritto a terra, per poi girare su sé
stesso e colpire al naso un’altra Guardia con il piatto della spada, evitando
che prendesse Takuto con un’onda d’urto.
Passando sopra l’incredibile agilità di quel tipo, Takuto
storse le labbra in una smorfia –Bhè?- chiese, piccato,
schivando una folata di vento decisamente non
normale. Ma che voleva? Non gli aveva detto di
rimanere al suo posto?
-Se ti avessi detto di seguirmi l’avresti fatto?- si
limitò a chiedere quello, come leggendogli nel pensiero, torcendo il braccio di
una Guardia dietro la schiena, atterrandola.
-Bhè.- Takuto inclinò il
capo di lato. In effetti non l’avrebbe fatto.
La cosa tremendamente irritante era che l’incappucciato disquisiva
amorevolmente nonostante dei diretti sottoposti
dell’Impero lo volessero fare a fette. Quello stesso
incappucciato che gli aveva sconsigliato di fare una cosa del genere.
Ma guarda un po’ te.
-Ora renditi pure utile, magari.- gli
intimò.
Simpaticissimo.
-Sei un dominatore della terra, no?- aggiunse, mandando al tappeto un altro
paio di Guardie come fossero insetti fastidiosi.
Era profondamente irritante la velocità con cui riusciva a –Cosa?- il flusso
dei suoi pensieri venne bruscamente interrotto –Tch, e che vorresti saperne tu?- replicò il ragazzo dai
capelli castani, nascondendo la sorpresa (come aveva fato ad accorgersene?),
mentre con un paio di movimenti veloci delle mani faceva si che un pezzo di
terreno letteralmente si staccasse, per poi spedirlo dritto sulla brutta faccia
di un’altra Guardia con un altro ondeggiare delle braccia. Gli scappò un
sorrisino di soddisfazione.
Quanto aveva desiderato farlo.
Ormai schiena contro schiena, sentì la vibrazione di
una risatina salirgli su per la spina dorsale. Rabbrividì –Hai tolto le
scarpe.- sentì il rumore di lame che si scontravano mescolarsi alla voce dell'altro –Ma suppongo quel masso si sia staccato da terra da
solo.- prima che potesse replicare una qualsiasi cosa, percepì l’incappucciato
dividersi da lui, probabilmente per effettuare un salto.
Senza le sue spalle a sorreggere le sue, per un attimo un terrore acuto gli
attanagliò le viscere.
Ma non ebbe tempo di pensare, perché altre tre Guardie (ma quante diamine erano?!) gli stavano praticamente addosso.
-Un altro dominatore della terra. Ti sei nascosto bene, ma ora farai la fine
dei tuoi amici.- minacciò una.
Due secondi dopo era al suolo, svenuta.
Lanciando un sassolino in aria, Takuto sbuffò –Dicevi?- poi scagliò quello stesso sassolino contro
il secondo soldato. Aiutato dal proprio dominio, che vi impresse
una velocità nettamente maggiore, riuscì a far cadere anche quello.
Era una sensazione meravigliosa. Muoversi, sentire i muscoli
tendersi, reagire ad ogni minimo segnale di pericolo.
Passò qualche secondo, e sentì di nuovo la schiena dell’altro sulla sua.
Ansimavano entrambi per lo sforzo.
-Dobbiamo… Andare a prendere Jun.- ricordò Takuto dopo un paio di minuti di silenzio. Si guardava
attorno basito. Più di una ventina di Guardie era stesa a terra, priva di
sensi.
Non riusciva ancora a credere di averlo
fatto davvero.
Aveva utilizzato il proprio dominio (il suo amato dominio) di fronte a un manipolo di Guardie dopo aver passato anni a
nasconderlo. Ma non poteva sentirsi meglio di così.
Non pareva dovessero arrivarne altre, quindi pensò fosse per
questo che l’altro gli rispose con un –Va bene.- secco.
Voltandosi per fargli cenno di seguirlo, si accorse solo in quel momento che il
cappuccio era scivolato all’indietro e adesso lo straniero aveva un volto.
I capelli di un blu scuro erano tenuti su non si sa in
quale modo (aveva intravisto una sorta di coda, poi), e due ciuffi gli
incorniciavano il volto magro. Un paio di occhi di un
arancione particolarmente acceso, dalle pupille incredibilmente fine e
circondati da ciglia lunghe, spiccavano sulla carnagione decisamente chiara. Lo
vide sistemarsi le lame alla cintura.
Il castano voltò subito lo sguardo, sapendo
che fissare gli sconosciuti non è buona cosa, e prese
a camminare di buon passo verso il capannone.
Era aperto (probabilmente le Guardie non si aspettavano una resistenza del
genere), quindi fu facile entrare.
L’interno era ovviamente spazioso, pieno di casse di legno inutilizzate, molte rovinate, un tempo destinate a contenere il raccolto.
Il piccolo Jun era in fondo alla struttura, le
ginocchia al petto. Quando la porta si era aperta, si era fatto piccolo su sé stesso. Ma vedendo chi fosse, il
suo sguardo si era illuminato –Takuto!- urlò con la
vocina sottile, alzandosi e facendo per corrergli incontro.
Fu a quel punto che la Guardia uscì.
Evidentemente si era appostata dietro una cassa e aspettava solo il momento
giusto. Doveva aver visto i suoi compagni a terra.
Takuto la vide davanti a sé, tremendamente vicina,
una spada in mano.
Pietrificato dalla sorpresa e dal panico, si accorse solo
quando cadde a terra che l’ex incappucciato l’aveva spinto via, aveva
fermato la lama del soldato con una mano, deviandola, e con una testata ben
piantata l’aveva mandato ko.
-Takuto! Takuto!-
continuava ad urlare Jun, che riuscì a catapultarsi
tra le braccia del ragazzo, riuscendo finalmente a sciogliersi in lacrime,
stringendo i pugnetti sulla maglia del più grande.
L’altro, ancora sconcertato, lo strinse a sé –Va tutto
bene. E’ tutto ok.- disse piano, accarezzandogli i capelli –E’ tutto ok.-
La donna piangeva (Kyousuke
pensò che fosse una cosa del tutto naturale, visto che pareva non avere mai
smesso) di gioia, stringendo Jun al petto quasi fino
a soffocarlo.
-Non so come ringraziarti, Takuto.- si fece avanti
l’uomo, abbracciando il ragazzo.
-Non è stato solo merito mio.- masticò un po’ contrariato quello, ammiccando
allo sconosciuto che, il cappuccio di nuovo tirato sulla testa, se ne stava in
disparte, le braccia conserte.
-Grazie anche a te, allora.- sorrise l’uomo, chinando il capo.
Kyousuke scrollò le spalle.
Osservò la famiglia tornare a casa, e si lasciò scappare un mezzo sorrisetto.
Trasalì quando si sentì afferrare la mano, e si
ritrovò Takuto a qualche centimetro, che con occhio
clinico gli esaminava il palmo –Ti sei ferito.- constatò, ammiccando al taglio,
da cui scendeva ancora un po’ di sangue, che il ragazzo si era fatto quando
aveva afferrato la spada della Guardia per deviarla.
Si divincolò dalla presa –Non è niente.- tagliò corto
–E-ehi, ma che cosa stai facen…-
senza aver tempo di fare altro, il castano gli aveva nuovamente preso il palmo
tra le mani e, aprendoglielo per bene, aveva passato la lingua sulla ferita.
Una, due, tre volte.
Kyousuke era sbiancato (per quanto la sua carnagione
glielo consentisse), inorridendo. Quel tipo lo stava leccando. Lo stava… Non
potè fare a meno di percepire una sensazione di incredibile
freschezza, lì dove Takuto aveva passato la lingua.
Ammutolito (e anche abbastanza piccato) alzò il palmo quando
il castano si decise a lasciarlo, seccato.
Sgranò gli occhi -… Si è cicatrizzata.- biascicò, il volto ormai scoperto,
visto che il cappuccio era scivolato giù quando aveva
cercato di divincolarsi.
-Ma allora sei sveglio.- sbottò Takuto che, sviando
lo sguardo dell’altro, tentava di pulirsi la lingua con la mano, abbastanza
schifato –Il tuo sangue ha un sapore orribile.- gli fece notare.
-Non ti ho chiesto di… di fare questa cosa.
Mi hai..Mi
hai leccat--!!
-Un “grazie, Takuto”
può anche bastare. Prego.- Roteò gli occhi l’altro, per poi avviarsi
verso la locanda.
Kyousuke
socchiuse gli occhi, risoluto –Devi spiegarmi che cosa mi hai fatto.-
-Prego? Discendente di cosa?- Kyousuke, di norma, era una persona del tutto seria. Con i piedi per terra ed
anche realista. Ma quello che Lionel
gli stava spiegando non aveva minimamente senso in nessuno dei due modi.
Il capo locandiere rise di gusto –Siamo discendenti di una stirpe nata dai lupi
che vivevano nelle montagne a nord del Continente.- ribadì,
annuendo.
Akane, che si era ripresa ed era scesa al piano di
sotto della locanda, inclinò il capo di lato –Oramai, il sangue di lupo che
abbiamo in corpo è pochissimo, specialmente dopo che le prime specie ebbero
contatti con i cani selvatici delle montagne ad est.- continuò la spiegazione,
gli occhi socchiusi e le labbra stiracchiate in un sorriso placido e gentile –Inizialmente,
secoli fa, cani e lupi, nella notte di Luna Nuova, avevano le capacità di
trasformarsi in esseri umani.- allargò il sorriso in
direzione di Kyousuke, che faticava a stare dietro al
discorso.
Takuto sbuffò contrariato.
-Noi siamo i diretti discendenti di queste specie, che
hanno avuto modo di accoppiarsi anche con esseri umani durante le notti di Luna
Piena.- riprese la parola Lionel –Non possiamo
trasformarci o fare cose di questo tipo, ma la nostra saliva ha un potere
curativo eccellente.- annuì.
-Ecco perché ci sono così tante Guardie, nel villaggio. Diciamo
che siamo la principale fonte medica del Continente.- arrossì Akane, distogliendo lo sguardo.
Kyousuke annuì –Capisco.-
disse, un po’ più convinto, rimirandosi il palmo della mano –E’ stupefacente.-
commentò.
-Direi!- annuì il capo locandiere –E dire che era da decenni che non si stringeva un patto, qui
al villaggio!- esclamò, battendo una mano sul tavolo.
Takuto arrossì appena e borbottò qualcosa di incomprensibile.
-Un patto?- Kyousuke socchiuse gli occhi, non
capendo.
-Mh.- tornò ad annuire l’uomo –Hai salvato la vita a Takuto. Per uno di noi è il dono più grande che possa
essere fatto. E poi, ti ha guarito di sua spontanea
volontà.-
Il ragazzo dai capelli blu continuava a non comprendere –E quindi?-
Il giovane preso in causa picchiò il palmo sul tavolo -Ti devo la vita.- disse
solo, spostando lo sguardo color nocciola in quello arancione di Kyousuke –E’ mio preciso dovere ricambiare.- “e purtroppo
buttarti dalla finestra e poi cercare di salvarti non vale”, aggiunse tra sé e
sé –E guarendo la tua ferita non ho fatto altro che potenziare il patto. Ora…-
arricciò il naso -… Sono tuo.- battè la fronte sul legno del tavolo.
Kyousuke per poco non si strozzò con la sua stessa
saliva –Ossia?-
-Semplice. Finchè non ricambierà il favore,
salvandoti la vita, Takuto avrà il preciso dovere di
restare al tuo fianco, per accompagnarti e proteggerti.- concluse Lionel.
-Come un cane.- sottolineò Kyousuke,
che trovava dannatamente complicato metabolizzare.
-Come un fiero lupo.- ridacchiò il locandiere.
-E se mi rifiutassi?-
Akane sorrise –Tu puoi. Lui no.-
Oh, bhè. Perfetto.
Davvero.
*
Salve a tutti!
Finalmente aggiorno! (e si che questo capitolo è
pronto da quasi due mesi, ma-- *si nasconde*) perdonate il ritardo, davvero *inchino*, so di essere lenta, ma cercherò in tutti i modi
di finire le mie long, quindi per favore, non smettete di seguirmi *annuisce*, mi velocizzerò, promesso!
Innanzitutto, vorrei ringraziarvi davvero tanto: avete letto il prologo in
tantissimi; in moltissimi avete recensito, e ancora in tanti avete aggiunto la
fic alle seguite, alle preferite e alle ricordate *regala cioccolatini*,
spero che la fiducia riposta non venga delusa *si inchina a raffica*
Allora. Questo capitolo vede come protagonisti Kyousuke
e Takuto. Come accennavo nel
Prologo, l’idea per questa fic mi è venuta, principalmente, leggendo un
manga yaoi di nome “The wolves
mountain”, dove uno dei due protagonisti, un mezzo lupo, era in grado di curare
con la propria saliva le ferite altrui. Durante uno dei miei deliri KyouTaku, bhè, mi è preso lo
schiribizzo di volerlo far fare anche a Takuto, e diciamo che, da lì, ho costruito poi tutta la storia (o,
almeno, la storia di Kyousuke e Takuto,
visto che non sono i soli protagonisti).
Ho cominciato a delineare un minimo la situazione del “Continente”,
il luogo dove si svolgeranno gli eventi principali, e a dare un’idea del tipo
di governo che al momento vige in esso. Amo il fantasy, e spero vivamente di
aver reso bene la mia idea!
Allora, che ne dite, ci sta Takuto come Dominatore
della Terra? Saranno i capelli, ma ce lo vedo troppo ahah xD
Ci terrei a precisare che, per quanto nella storia siano in gioco i quattro
elementi come in Avatar, al di là di questo aspetto
non ci sarà nulla di attinente, questa fic non è né un crossover
né direttamente collegata al cartone animato in questione.
Detto questo, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e, se a qualcuno verrà voglia di recensire, mi farebbe piacere sapere se l’avete
trovato troppo lungo: in questo caso, provvederò ad accorciare i capitoli!
Nel prossimo, vi anticipo solo che ci sarà un certo tipo con i codini rosa, e
niente altro u.u spero che continuerete a seguirmi *A*!
Al prossimo capitolo!
Greta.
P.S.: presto arriverà anche qualche schizzo dei
personaggi, oh yeah! *fugge*