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Autore: BBV    07/10/2012    7 recensioni
Sequel di 'A Year Without Rain'.
2011, Wisconsin.
Victoria Hamilton torna a Longwood,
dopo tre anni d'assenza.
Con sé porta i ricordi di un'estate, di Nathan.
Ma tutto è diverso ormai.
"Un po’ le ricordavano Catherine e Heathcliff. In altre circostanze, fissando nella sua mente quelle due anime instabili, avrebbe trovato una certa soddisfazione nel rivedere il suo amore in quello eterno di due personaggi come i protagonisti di Cime Tempestose.
Ma adesso aveva ben chiaro cos’è che tanto le sembrava semplice accostare alle due figure: l’atroce dolore che erano destinati ad infliggersi l’un l’altro senza pietà. Perché quella passione, quell’amore inquieto e distratto, quell’amore così pieno di sé, invalicabile, era tanto forte quanto distruttivo. Li aveva consumati poco a poco, e ancora in quel momento Victoria poteva sentire il logoramento nel suo petto, che lavorava ancora per finire l’opera d'arte."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''The Rain Series''
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Capitolo 12

“L'ultimo giorno in paradiso”

 

Il signor Hamilton aveva tutta l’intenzione di evitare quella parte del ricevimento chiamata danza.

Non ci era riuscito anni prima, durante il suo stesso matrimonio, ma era fiducioso nelle sue capacità di rifiuto e sapeva che questa volta, al matrimonio di suo figlio, sarebbe riuscito a non ballare davanti a tutti.

Un momento come quello lo si riconosceva subito. Le persone cominciavano ad essere sempre più elettrice, disinibite. C’era chi gironzola aspettando un invito, chi fissava la pista da ballo con fermento, e chi impallidiva man mano che il tempo avanzava. Come Shane, che sembrava aver perso quella scioltezza che quasi sempre lo contraddistingueva.

Dal suo canto, Victoria aveva cominciato un competitivo dibattito su cosa ci si aspetta da un matrimonio con Kate e Rachelle, entrambe divertite dall'assenza di vivacità delle persone al loro tavolo.

Non che si aspettassero dei festaioli – nonostante Rachelle ricordava chiaramente Nathan e Lucas come due spiriti liberi – ma almeno il fratello della sposa e la ragazza dell'amico della sposa avrebbero potuto sciogliersi di più e soprattutto non gettare occhiate furtive come se stessero rubando il delizioso cibo del ristorante.

«Di cosa ti occupi, Carmen?», aveva chiesto Kate per sminuire il 'faccia a faccia' tra Victoria e Rachelle che discutevano sui pregiudizi dell'abito della sposa.

La bella ragazza dalla pelle olivastra, indossava un candido abito color panna che sembrava cadergli perfettamente sul corpo con naturalezza.

Sposto l'attenzione dal suo ragazzo, intento a raccontare aneddoti su quando lui, Marnie e Lucas erano piccoli, e si rivolse gentilmente a Kate.

«Per adesso, faccio la segretaria nell'ufficio di un avvocato», ammise. «Ma sto facendo un corso di fotografia, perché mi piacerebbe diventare una professionista».

Sia Rachelle che Victoria smisero di chiacchierare per unirsi all'altra conversazione.

Vicky sentiva ancora su di sé il disagio che aveva provato nel trovarsi Carmen nell'unico posto che credeva fosse immacolato.

«E' una fotografa straordinaria», si intromise Nathan, circondandole le spalle con un braccio.

E lo sa Nathan che hai fotografato anche Lucas? Avrebbe voluto dispettosamente dire, ma non se lo sarebbe mai perdonato, quindi si limitò ad assistere al dialogo.

Non le andava di ribadire a sé stessa quanto fosse bello, in quegli abiti. Indossava, quasi simile allo sposo, uno smoking a cui sostituiva un papillon al posto della cravatta classica. I capelli erano studiati per rimanere perfettamente indietro con chissà quanti strati di quella che John Travolta avrebbe definito brillantina, come un perfetto attraente uomo degli anni '50.

Il suo biondo era leggermente un po' più cenere del solito e i suoi occhi apparivano quasi trasparenti.

Ma Victoria ripeté a sé stessa che era inutile ricordarlo. Nathan era bellissimo, e dirlo mille volte nella sua testa non sarebbe servito a qualcosa.

«No, non esagerare», contraddisse Carmen. Con cautela spostò il braccio che lui le aveva stretto intorno alle spalle e con dolcezza abbassò lo sguardo in un esplicito stato di disagio. Victoria non se la sentì di zittire l'ennesima vocina che le sussurrava “sta avendo rimorsi”, perché il solo pensiero le portava un po' di consolazione insieme ai brividi di disgusto.

L'avrebbe mai scoperto?
Scoperto cosa poi? Vicky aveva assistito ad un bacio tra Lucas e Carmen, non si era mai fermata un attimo a chiedersi cosa ci fosse sotto. Quanto fossero coinvolti gli amanti.

«Adesso basta fingere di divertirvi», la voce della sposa taglio i discorsi e i pensieri dei giovani invitati, con il suo abito sinuoso, privo di spalline ma pieno di ricami e diverse lunghezze, Marnie appoggiò con nonchalance i gomiti sul tavolo, sposando bruscamente il silenzioso Lucas e sbuffando sonoramente. «Perché nessuno vuole mai ballare? E' noioso», annunciò.

«Devono essere gli sposi ad aprire le danze», confessò suo fratello. Marnie gli concesse un occhiataccia per poi rivolgere i suoi occhioni dolci al suo migliore amico.

«Nat, mi faresti l'onore di invitarmi a ballare?», domandò con un tono che non sembrava ammettere repliche. «Magari è la volta buona che Shane si decide ad essere geloso».

I ragazzi scoppiarono a ridere all'unisono, non prima che Victoria scuotesse la testa fissando il fratello visibilmente agitato che gironzolava per i tavoli.

Ormai era sposato. Perché continuava ad essere tanto agitato?

Ma non ebbe il tempo di rifletterci per molto, avevano tutti cominciato ad muoversi sulle loro sedie in trepidazione.

Nathan sorrise a Marnie, e rivolse con gli occhi a Carmen un 'torno subito' ma non ci fu alcun problema per lei. Lucas, audacemente sfiorò una spalla alla ragazza e con un silenzioso invito la trascinò sulla pista, dove la sposa e il suo migliore amico avevano già attirato l'attenzione degli invitati con un rilassante lento.

I due erano al centro della sala, disinvolti l'uno nelle braccia dell'altro, e sorridevano scambiandosi qualche parola sussurrata all'orecchio.

Victoria aveva sempre ammirato quell'amicizia tra i due, che era completamente diversa dal rapporto che Nathan aveva con Lucas.

Lucas era ciò di cui Nathan aveva bisogno, non riusciva a pensare come potesse essere devastante il solo pensiero che lui lo stesse pugnalando alle spalle.

Eppure non riusciva ad avercela con Lucas più di quanto ce l'avesse con Carmen. Victoria non poteva in nessuno modo permettersi di avercela con qualcuno.

Cosa poteva saperne lei di cosa passava per la testa di Lucas, o di come si sentisse?
Con una sola occhiata generale, si accorse che la maggior parte dei tavoli avevano cominciato a svuotarsi, mentre al suo fianco erano rimaste solo le immancabili Kate e Rachelle.

Per un attimo, pur di non lasciare il pensiero andare via, pensò che il legame tra loro tre, fosse simile a quello tra i due amici di Longwood, e immaginò che non fosse affatto facile cercare di comprendere la situazione.

Un'ombra le si parò davanti agli occhi, impedendole di capire se fosse davvero suo padre quello che stavano trascinando a forza sulla pista.

Di Shane nemmeno l'ombra.

Una ragazza con un lungo abito di raso verde smeraldo, prese il posto di Nathan al tavolo delle tre ragazze, fissandole con un enorme sorriso imbarazzato.

Le tre si scambiarono un'occhiata confusa, con aggiunta di smorfia da parte di Rachelle che sembrava voler dire a Victoria “sei tu quella famosa”.

«Ciao!», disse. «Mi chiamo Charlotte, potete farmi un favore?», annunciò parlando in modo troppo rapido da lasciar assimilare le parole.

Victoria spalancò gli occhi fissando ancora con più attenzione la ragazza. Non sembrava molto più grande di lei, ma sicuramente lo era. I suoi capelli erano perfettamente biondi, quasi quanto quelli di Emma ed aveva due grandi occhi scuri che aspettavano con agitazione una risposta.

Kate si era voltata confusa, sperando che arrivasse qualcuno a chiederle di ballare per dare un taglio alla situazione patetica che si era venuta a creare, mentre Rachelle aveva gli occhi puntati, con espressione accigliata, sulla strana ragazza che si era presentata a loro.

«Ti conosciamo?», rispose brusca quest'ultima. Con una gomitata sul braccio Victoria le intimò di stare zitta.

«Scusate, siete le uniche ragazze che non stanno ballando e ho bisogno che mi aiutate», Rachelle fece per rispondere per le rime a quell'orrenda supposizione in cui lei faceva la magra figura di quella che non ballava, ma ancora una volta l'amica le intimò di tacere.

«Potreste fingere di conoscermi e lasciarmi stare al vostro tavolo per qualche minuto? Devo evitare una persona», si voltò lentamente alla sua destra e fissò qualcuno tra le poche persone rimaste dall'altra parte della sala.

«Oh, benvenuta nel club, ti troveresti bene con lei», rispose sarcastica Kate, indicando Victoria.

La ragazza arrossì.

«Ehi, io non evito nessuno», Victoria passò dal rosso al bianco pallido rivolgendosi alla sua intuitiva amica.

«Io ti conosco», si intromise la strana ragazza.

«Già, chi è che non la conosce?», continuò Rachelle con finta aria scocciata.

«Charlotte, loro sono le mie migliori amiche Rachelle e Kate», disse Victoria gentilmente. «Sono Victoria, la sorella dello sposo», si limitò a pronunciare.

Charlotte puntò i gomiti sul tavolo senza troppa grazia, e avvicinò il viso verso Victoria e disse. «Tu sei quella famosa, giusto? Forte!», sorrise ancora dopo aver gettato l'ennesima occhiata alla sua destra.

«Non ti stai nascondendo da un maniaco, vero?», le chiese Victoria, mentre le note di El tango de Roxenne, prendevano forma prepotenti sulla pista. Con un sorriso represso, immaginò suo padre destreggiarsi con un tango tanto...sexy.

Fortunatamente la risata cristallina di Charlotte le tolse quel pensiero.

«Vedete quel ragazzo laggiù?», indicò con la coda dell'occhio un gruppo di persone sconosciute che chiacchieravano allegramente in fondo alla sala.

«Quello con il broncio, i capelli scompigliati e la camicia scura?», i dettagli riuscirono a far sorridere le tre e a trovare con lo sguardo il ragazzo di cui Charlotte parlava. Possibile che Victoria non conoscesse metà degli invitati al matrimonio di suo fratello?
«Lo sto evitando, mi fa sempre arrabbiare in un modo...», mimò un espressione che non aveva parole che fece sorridere Kate e accigliare Victoria.

«Charlotte, per chi hai detto di essere qui?», domandò.

«Scusami, certo! Qui a Longwood ci conosciamo un po' tutti, sapete. Io sono una vecchia amica di Emma, e conosco bene Marnie, andavamo a scuola insieme», ammise con disinvoltura.

La musica era cambiata ancora una volta, segno che gli invitati erano già al secondo o al terzo ballo. Ma non era questo che aveva colpito maggiormente Victoria e l'aveva lasciata senza parole.

 

Ti ricordi Gwen, la ragazza della mia classe?

Gwen ha una sorella, Charlotte.

e Charlie è quasi impazzita. Era ancora innamorata di lui.

 

Scosse la testa con l'intento di scacciare via i suoi sospetti.

Ma una vocina si insidiò tra i suoi pensieri chiedendole “sei sicura che siano sospetti?”. E dopotutto, non poteva darle torto. Le sue supposizioni erano soprattutto frutto di una speranza sincera, priva di legami personali che la distraevano da sé stessa.

Era proprio quella la cosa più incredibile. Interessarsi a qualcosa che non dovesse per forza farle male o renderla infelice.

«Sei la sorella di Gwen?».
«Si, la conosci? Ma certo, che stupida, è in classe con Madison!», annuì sorridente.

La testa di Victoria era già volata verso posti solo a lei conosciuti. L'idea che quella ragazza fosse proprio lì, con la sua storia a portata di mano, la fece sorridere. Sembrava quasi che qualcuno avesse mandato per lei quella storia, quella briciola di un racconto che animava speranza.

Fu sul punto di chiedere ad alta voce e con un impeto straordinario, se poteva togliergli una curiosità, ma l'ombra imponente dello sposo fece capolinea al suo tavolo e distrasse Victoria con il suo sguardo imbarazzato. Eppure lei doveva sapere.

«Idiota di uno sposo! Dov'eri sparito?», pronunciò poco amorevolmente Rachelle. Non importava quanto potesse apparire femminile e provocante: alla sua migliore amica bastava aprire bocca per rompere l'incantesimo intorno alla sua aura angelica.

Shane portò una mano dietro la nuca con fare confuso, quasi non si fosse reso conto di essersi isolato fin troppo. Ignorò Rachelle e fissò sua sorella.

«Devi ballare con me».

«Che strana proposta», sussurrò ironica la nuova ragazza a quel tavolo. Vicky sorrise a Charlotte e le presentò suo fratello.

«Non dovresti ballare con la sposa?».

«Puoi non fare domande e venire con me sulla pista per favore?», domandò con urgenza. Victoria riconobbe l'allarme nella sua voce, il tremolio dell'agitazione e comprese quanto teso fosse ancora.

Marnie era finalmente sua moglie, certo, ma c'era tutto il resto da affrontare e lui aveva chiaramente paura.

Perciò, scusandosi con le amiche ed in particolar modo con Charlotte, si allontanò con suo fratello, trascinando nuovamente con sé il dubbio che comportava l'aneddoto legato a quella curiosa ragazza.

Avrebbe mai saputo com'era andata a finire la sua storia?

In quel momento non doveva essere un suo problema. Alzò le spalle, fiera, e si strinse con eleganza a suo fratello con un piccolo sorriso di incoraggiamento. Insieme a loro, c'era la sposa che volteggiava con Nathan, in un confidenziale gioco di complicità che solo la danza riusciva a donare. Carmen e Lucas erano rigidi l'uno nelle braccia dell'altro seppure i loro sguardi tradissero qualcosa estranea anche all'occhio di Victoria. Suo padre, chiaramente imbarazzato, si limitava ad ondeggiare tra le braccia della più rilassata Norah che sorrideva del suo disagio. Mentre, poco più lontana da lei, Emma sussurrava qualcosa all'orecchio di Simon 'il dottore', che scuoteva la testa divertito.

Guardarsi intorno e riscoprire così tanti visi lasciò nel petto di Vicky un incredibile senso di leggerezza e gioia. Seppure fosse vero che i problemi erano ancora lì, ad aspettarla intrepidi e impudenti a braccia aperte, non voleva dire che lei non potesse sentirsi lieta davanti ad una scena così teatrale come quella.

La danza era il momento esatto in cui l'uomo era disposto a scacciare via la patina che lo avvolgeva ogni giorno per lasciarsi andare, nudo, ai suoi desideri, pronto a soddisfare almeno per una volta il suo più vero io.

Quando la canzone terminò Shane era più rilassato e sorridente, ma non meno teso di quanto non lo fosse uno sposo normale. Alle sue spalle, sua moglie aveva gli occhi pieni di un luccichio irriconoscibile e camminava verso di lui trascinandosi il corposo vestito di nozze.

Non ci furono particolari scambi di parole e Marnie seppe trattenere la sua voglia di prendere a calci il neo marito per non averla fatta ballare ancora.

Ma avrebbero presto rimediato. Nel giro di pochi istanti la sala ebbe un solo attimo di scompiglio e tutti scambiarono posto senza stare in silenzio.

Nelle sue mani non c'erano più le spalle di Shane, ormai al centro di un vortice tra le braccia di Marnie, e il ragazzo dall'espressione seria davanti a lei pretendeva di non doversi togliersi dalla pista.

Nathan lanciò un cenno imbarazzato a Vicky alzando le mani a mò di invito.

Neanche per un secondo esitò e con decisione, la ragazza si voltò per allontanarsi dalla pista. Non era così stupida, dopotutto. Ma probabilmente Nathan lo era tanto dall'afferrarle con forza il polso e a costringerla a volteggiare con lui nella frazione di un istante. Più veloce della sua stessa coscienza che fallì miseramente quando tentò di far ragionare Vicky.

Ballare con il ragazzo che aveva amato, e che con ogni speranza persa amava ancora, non era mai stato così difficile e così facile allo stesso tempo. Erano disarmonici nei movimenti, contrastavano la complicità delle altre coppie. Ma erano disarmanti nella sensazione di forza che emanavano. Come qualcosa di pericoloso da cui non ti puoi allontanare.

Victoria appoggiò con delicata freddezza una mano nella sua, alzò lo sguardo inorgoglito e puntò sulla musica, concentrandosi totalmente nel ritmo dei passi e dei gesti che un bravo ballerino dovrebbe conoscere.

Dal suo canto, Nathan era più divertito che nervoso. Era sempre così con lui: quando toccava davvero il fondo con Vicky, né risaliva in un attimo, lasciando a lei il compito di rimanere sulle sue.

Il ragazzo aveva passato troppo tempo ad essere orgoglioso per voler rimanere ancora una volta solo.

E per quanto Victoria lo irritasse tanto da fargli venire degli attacchi di panico, Nathan era tanto masochista da avvicinarsi ancora di più a lei.

Gli occhi grandi e scuri di lei vagarono per la sala con l'evidente intento di rendere meno sofferti quei tre minuti di musica.

Con la coda dell'occhio raggiunse la figura prorompente e alta della ragazza che aveva conosciuto pochi minuti prima: Charlotte. La sua espressione non era più corrucciata o imbarazzata, dal suo profilo Victoria poté riconoscere un sorriso appena accennato. Il ragazzo da cui sembrava scappare fino a pochi minuti prima aveva dovuto farle cambiare idea, dato che lo stringeva con forza tra le braccia, in modo intimo.

Si ritrovò a pensare inconsciamente – o forse era ben conscia ma non riusciva ad ammetterlo – che aveva un disperato bisogno di farsi i fatti dell'amica di Marnie.

Concentrati, si rimproverò. Dopotutto stava ancora ballando con Nathan.

«Cos'è più interessante di me?», le sussurrò Nathan guidandola delicatamente nei passi basi della danza, senza prendere totalmente il comando. Vicky non si lasciò trasportare dal suo sarcasmo e rimase attaccata con il pensiero a Charlotte e al tizio al suo fianco. Ma perché non coinvolgere anche Nathan nella sua pazzia?
«La conosci?».

«Chi, Charlotte?», Victoria annuì voltandosi verso di lui con contegno.

«E' una ragazza di Longwood, è ovvio che la conosco», ripeté con esagerata convinzione. Un'altra volta, la ragazza tra le sue braccia promise a sé stessa di non lasciarsi intrappolare nella sua tenera rete di sarcasmo e fascino.

Era colpa sua se aveva perso la voce, se era rimasta sola sotto la pioggia quella notte.

Era tutta colpa sua. Perché era più facile, perché era più divertente.

«Non mi interessa sapere dell'infinità di ragazze che hai conosciuto se non sei capace di tenertene stretta una», imitò il suo tono tagliente.

Il ragazzo si irrigidì immediatamente e Vicky maledì se stessa e la sua enorme boccaccia. La sua era stata una sconsiderata e chiara allusione a cosa di cui Nathan non era a conoscenza. Avrebbe provocato un altro enorme guaio.

Riportò gli occhi sull'estremità della sala.

«Come si chiama il ragazzo con Charlotte?», sopperì le ultime parole con una domanda.

«Lui è Sean», disse con convinzione. «Posso sapere perché ti interessa?».

Ma per Victoria era inutile raccontare a chiunque della sua stupida speranza che la storiella di Maddie potesse rivelarsi un raro lieto fine della realtà. L'espressione contenuta del suo viso crollò come una luce che si spegne, attirando ancor di più l'attenzione di Nathan verso di lei.

«Non è divertente neanche per me, ma rimetti su il tuo sorriso e non fare l'egoista. E' il matrimonio di tuo fratello», rimarcò le ultime parole sussurrandole al suo orecchio come se le stesse facendo una proposta indecente.

Victoria tacque.

«Adesso mi preoccupi».

«Cosa ho fatto?».

«Ti ho dato dell'egoista, Vicky», pronunciò con tono solenne. «Tu diventi violenta ogni volta che lo faccio».

Lei alzò le spalle in un gesto sconnesso alla loro impercettibile danza.

«E' una lunga storia».

«C'entrano Charlotte e Sean?», lei si morse un labbro per evitare di dire qualcosa di stupido, Nathan lo colse come un diretto.

Victoria scrollò le spalle e fermò la danza. «Abbiamo ballato più del previsto, grazie», indietreggiò per dimostrare di voler smettere di volteggiare. Con delicatezza e disinvoltura – quasi fosse un gesto abituale – il ragazzo dai capelli biondi riportò la ragazza tra le sue braccia, forse anche più stretta a sé di quanto non fosse prima.

Il tale garbo e la semplicità con cui tornò a farla volteggiare spiazzò Victoria che non riuscì, né con la testa né col corpo, ad impedirsi di lasciarsi soggiogare.

«Mi dici perché ti interessa Sean?».

Vicky fece una smorfia e scosse la testa riuscendo a parlare solo qualche istante dopo.

E in tutto questo non incrociò gli occhi di Nathan nemmeno una volta.

«Non mi interessa lui. E' solo che avevo stupidamente sperato si chiamasse Eddie», confessò.

La realtà le colpì il viso più del vento in inverno: dirlo ad alta voce le sembrava ancora più ridicolo del pensiero stesso.

«Che c'entra il marito di Charlotte, adesso?».

Victoria alzò finalmente lo sguardo fino a guardarlo dritto in viso. «Marito?», balbettò.

«Si, Eddie. Mentre quello lì che hai indicato tu è Sean, il fratello di...», la sua frase rimase in sospeso tra il più bel sorriso di Victoria e la confusione che lei gli aveva fatto indossare.

Vicky credette davvero di essere capace di stampare un lunghissimo e orgoglioso bacio sulla guancia di Nathan, ma si trattenne senza esitare.

Era così bella quando sorrideva.

Guardandosi intorno notò quanto fosse cambiata la situazione: solo poche coppie – sposi compresi – erano rimasti sulla pista ed era chiaramente visibile l'attenzione focalizzata su di loro come un astronomo e le sue stelle.

«Sarà meglio che ritrovi Carmen», asserì lui. La ragazza, con le labbra ancora rivolte in su, gli voltò le spalle e con i piedi pesanti raggiunse il tavolo dove le sue amiche erano ormai scomparse.

Non era nemmeno riuscita a chiarirsi con Nathan dopo quello che le aveva detto.

Pensando e ripensando agli ultimi dieci minuti passati sulla pista, un pensiero prese il sopravvento facendola cadere nel panico. L'ultima volta che Vicky aveva visto Carmen, la ragazza stava ballando con Lucas.

Dov'erano adesso?

Si voltò di scatto per uscire dalla sala e raggiunge Nathan prima che il suo cuore si spezzasse ancora.

Come se si ritrovasse improvvisamente nel testo di una canzone, nell'ultima puntata di una soap opera di serie b, Victoria riuscì solo ad inciampare più di una volta fino ad alzare bruscamente il lungo vestito con le mani.

Non era Cenerentola che scappava dal ballo. Era Belle che salvava la persona che amava.

Perché era quella davvero la sua priorità?

Sbuffò per l'ennesima volta destreggiandosi tra i volti sorridenti degli invitati al matrimonio. Possibile che conoscesse tutte quelle persone?
Le tracce di Nathan erano sparite e il panico in Vicky prendeva sempre più spazio comodamente sulla poltrona situata all'interno del suo stomaco in subbuglio.

E' il suo ultimo giorno in paradiso, Mr. Carver.

 

---

 

Alla porta che dava sul giardino, Victoria tirò un sospiro di sollievo e brividi di terrore quando i suoi occhi toccarono l'immagine di Nathan con Carmen e Lucas.

Socchiudendo gli occhi e dirigendosi verso di loro con agitazione, non notò alcun tipo di smorfia sul volto dei tre, né colse parole che c'entrassero con quello che nascondevano Carmen e Lucas.

Ignorando totalmente il bellissimo paesaggio che circondava il luogo della cerimonia, Victoria si ricordò di rilassare i muscoli e riprendere l'uso della parola.

A pochi passi, i ragazzi si accorsero di lei e – seppure impercettibilmente – la mora dai tratti dolci e la pelle olivastra si irrigidì.

Quando Nathan le rivolse uno sguardo accigliato che chiedeva silenziosamente 'C'è qualcosa che non va?', Victoria ricordò di essere tremendamente fuori posto.

«Lucas!», improvvisò. «Volevo invitarti a ballare», si rivolse al biondo che la fronteggiava.

Al suo incerto assenso, la situazione divenne tanto imbarazzante da costringere Vicky a trascinare il ragazzo con lei, lontano da Carmen, ma soprattutto dal suo migliore amico.

Una volta lontani, la ragazza trovò impossibile ignorare i suoi pensieri.

«Non capisco cosa ti salta in mente! E' il matrimonio di tua sorella! Lui è qui, credevo che tu e Carmen aveste finito di fare Romeo e Giulietta», di tutte le reazione che Lucas poteva avere, quella dello sguardo arrabbiato e la bocca chiusa era sicuramente la meno riconoscibile.

Victoria si era sempre vantata, in un modo o nell'altro, di avere un particolare ascendente sul ragazzo dai capelli biondi che tanto adorava, ma solo in quel momento si rese conto quanto fosse diverso, probabilmente più di tutte le persone che aveva rincontrato dopo tre anni.

Non sembrava più capace di ridere con lei, appariva più vecchio. Lei non era più il suo toccasana. Lei e probabilmente Nathan erano diventati il veleno di Lucas, perciò non poté gridargli quanto disgustoso pensasse fosse il suo rapporto con Carmen.

«E' inutile che ti scaldi tanto, okay?», le sussurrò con cautela.

Victoria alzò gli occhi al cielo battendo le mani sui fianchi come se si stesse trattenendo dal mettergli le mani addosso.

«Che vuoi dire?».

«Io e Carmen ce ne andiamo, Vic», disse con un sorriso amaro, poco divertito. «Ha scelto me. Ha accettato di partire con me», continuò con convinzione.

La ragazza spalancò gli occhi inorridita. Un lampo le attraversò gli occhi e spostò lo sguardo da Lucas alle sue spalle.

«Lei lo sta lasciando, non è vero?», sussurrò guardando da lontano Carmen e Nathan – entrambi in posture poco rilassate – sussurrarsi l'un l'altro.

Lucas annuì e chiuse gli occhi per qualche istante.

Per Victoria fu come raccogliere a mani nude una sconfitta, impotente fissava il ragazzo che amava soffrire per un'altra ragazza. Quanto tremendo, strano, assurdo poteva essere il mondo?
Un giorno amiamo, il giorno dopo odiamo. Desideriamo quello che il giorno dopo temiamo. Era l'essere umano e Vicky non si era mai sentita più umana da quando Nathan era entrato nella sua vita.

«Vuoi sapere perché non è più come quando vi siete conosciuti?», le sussurrò Lucas con calore.
Tacendo, Vicky lo lasciò proseguire.
«Perché quei mesi in cui vi siete arresi a quell’amore vi hanno segnato. Dopo aver smesso, non siete stati più gli stessi. Tu non eri più l’impulsiva ragazzina di città, e lui non era più l’irrequieto figlio di papà del Wisconsin. Siete cambiati, Victoria», disse con un impeto di rabbia indeguato.

Toccava a lui arrabbiarsi perché lei non era capace di comprendere cosa le succedeva?
Forse.

Non trovò la forza di rispondergli, né il coraggio di guardarlo negli occhi per lasciargli intendere quanto avesse ragione. Non ne ebbe neanche il tempo.

Quando Nathan si diresse con le meno nobili intenzioni verso di loro, Victoria sapeva che era arrivato il momento di lasciare a Nathan la sua dose di dolore.

Guardarlo in quel momento fu come avere davanti un cruciverba intricato e rendersi conto solo alla fine che non c'è una risposta giusta.

Victoria strinse forte gli occhi, ma non sparì da quel luogo, né con la mente né col corpo.

Fu interamente testimone del pugno rumoroso che Nate assestò al suo migliore amico con un grido aggressivo. Il resto dei secondi che passarono più veloci delle parole fu una totale confusione, indescrivibile.

Carmen si era catapultata contro di loro, sicuramente più attiva dell'impietrita Victoria, e cercava di fermarli senza dover urlare affinché rovinasse la festa e l'atmosfera creatasi quella sera.

Il sole era ormai un semplice ricordo di una giornata che si spezzava.

E non era l'unica cosa rotta quella volta.

«Con quale coraggio hai potuto farlo, Lucas?», gli gridò contro con rabbia.

Il ragazzo a terra non riusciva a rispondere, Lucas sembrava completamente stordito dal colpo. Carmen singhiozzava.

Quando il fratello di Marnie sussurrò qualcosa, Victoria non riuscì a sentire una parola, si accontentò della risposta meno arrabbiata – ma decisamente più delusa – di Nathan.

«E ti è bastato questo? La ami e quindi mandi all'aria più di quindi fottuti anni d'amicizia?».

«Ti chiedo di capirmi», disse Lucas con voce più ferma.

«Vaffanculo, Luc!», tentò ancora di fargli del male, ma un “basta” lacerante e efficace distrasse Nathan e Lucas riuscì a liberarsi per allontanarsi da lui.

Quel grido apparteneva a proprio a Victoria, che in un impeto di agitazione e paura, si era intromessa attirando l'attenzione.

Sempre che l'occhiataccia e i muscoli rigidi di Nathan significassero attirare l'attenzione su di sé.

In effetti il ragazzo ignorò per un istante l'amico e la sua ragazza per fissare negli occhi proprio lei.

Disarmante, inappropriato, ecco com'era il suo sguardo deluso. Ma perché guardava proprio lei? Quando la ragazza provò a spostare lo gli occhi, comprese la difficoltà di quell'azione: qualcosa sembrava premere contro di lei.

«Fammi indovinare», parlò il ragazzo. «Tu lo sapevi, ovviamente», nel tono c'era falso divertimento e amarezza. Quel cercare di mascherare la sofferenza con il sarcasmo era ancora più lacerante che vederlo in ginocchio in lacrime a pregare che tutto fosse un sogno.

Non rispondendo, Victoria confermò il terrore di Nathan, che ancora più frustrato si avvicinò a lei per afferrarle entrambe le spalle e scuoterla malamente.

Fu così brusco che la lacrime della ragazza uscirono sforzate dal movimento e non per il dispiacere che provava. Accorgersi di provare umiliazione era ancora più frustrante dell'umiliazione stessa?

Probabilmente si.
Ma come poteva, Victoria dimostrare a Nathan umiliare perché ci si sentiva umiliati non era una soluzione?

Proprio dall'uscita da cui erano scappati i quattro ragazzi per ritrovarsi in quell'intricata scena da soap opera, sbucò anche l'inaspettata e non voluta presenza di Shane Hamilton.

«Che cosa diavolo sta succedendo?», Vicky suppose che l'idea di liquidare tutto con un 'niente' non avrebbe funzionato, perciò si limito a rimanere in silenzio.

Era escluso che Shane si intossicasse con tutto quel dolore. Non da quando era un marito.

Ma Nathan continuava a stringerle la braccia fino a farle male e il suo viso tradì il silenzio che fino ad allora era riuscita a sopportare.

Come se nel vedere Shane fosse rinsavito, Nathan chiuse gli occhi e lasciò immediatamente le braccia doloranti di Victoria e si guardò intorno per ritrovare lucidità in quella situazione. O semplicemente qualcun altro con cui prendersela.

Shane non si fermò nemmeno per un istante a pensare, a chiedere spiegazioni. Cosa avrebbe potuto giustificare gli occhi di sua sorella?

«Ehi Nate, voglio farti un regalo», sussurrò irato Shane. Il suo pugno raggiunse la mascella di Nathan prima che qualcuno potesse fermarlo. Il ragazzo cadde a terra, con gli occhi spalancati e confusi. «Volevo ringraziarti per aver fatto del male a mia sorella», sibilò a pochi centimetri dal suo viso. Il terrore che potesse continuare, smosse i muscoli di Victoria tanto da prendere suo fratello per un braccio e scuoterlo fino a farlo tornare in sé. «Che diavolo fai? Shane…», la parole le morirono in bocca. Dopotutto, cosa avrebbe potuto dire di utile?

In un altra assurda situazione anche lei avrebbe fatto lo stesso per suo fratello.

«Ora scusatemi», respirò affannosamente il ragazzo, per lo sforzo. «Ho intenzione di chiedere a mia moglie di ballare».


Fine dodicesimo capitolo.

  
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