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Autore: lietome_    22/10/2012    9 recensioni
- Allyson vede Harry distante e lontano, diverso. Quella vetrata che li separa sempre, però, non li può dividere per sempre, per loro fortuna.
- Madison è lontana ed è così difficile starle lontano. E' così difficile rinnegare un sentimento nascente. E' così difficile mentire a se stessi, eh, Liam?
- Sarabeth è una fan, nulla di più. Ma ripone il suo cuore tra le mani di Niall, che per uno (s)fortunato caso del destino la nomina ambasciatrice degli abbracci mai dati.
- Chealsea sembra fatta apposta per farlo rialzare dopo la sua ultima caduta, eppure Louis ha paura di ricominciare a mettersi in gioco. Quegli occhi scuri, però, lo spronano silenziosamente, così tanto...
- Brenda è persa a Londra, lontana dai profumi e dai visi a lei famigliari, costretta a ricominciare da capo lontana dalla sua Argentina. Sembra tutto così impossibile, ma poi arriva Zayn, e le strade di Londra si aprono.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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27 – ultimo.
 
Chelsea tiene il viso premuto contro il materasso tiepido e si lascia invadere dalla nuova sensazione che la sta prendendo. Dalla consapevolezza che l’ha svegliata quella mattina. Inspira. Espira.
Sente Louis farsi la doccia nel bagno del suo appartamento e sente l’odore del caffè che sale dal bar lì davanti, violento. E non riesce a non ricondurre anche quello a come si sente, a quella nuova morsa allo stomaco, violenta. A quel nuovo calore, diverso.
Diverso dal calore astratto dei flash delle macchine fotografiche, diverso da quello luminoso delle luci sulle passerelle, diverso da quello dei baci che sua mamma le dava quando ancora c’era, quando era bambina, e diverso perfino dai baci che era Dawson a darle.
È un calore nuovo, come lo era stato quello delle mani si Louis sulla sua pelle quella prima loro sera,  diverso ma, lei lo sa, potente.
Louis esce dal bagno avvolto in un telo morbido di microfibra rosa dalla vita in giù. Davvero molto virile.
Si siede sul bordo del letto e le posa una mano sulla schiena, in silenzio. “Pensi di muoverti, prima o poi?” chiede dopo un po’ e allude al fatto che lei sia nella stessa posizione da mezz’ora. Un mugolio è la sua risposta. “Bene.” Le sorride prima di alzarsi e avviarsi verso la cucina, i piedi nudi sul parquet caldo.
“Questo profumo mi uccide, prendo un caffè. Te ne va uno?”
La voce della ragazza, le sue parole dette veloci e attaccate le une alle altre, soffiate, lo bloccano sulla porta.
“Louispensodiamarti.”
E per fortuna Chelsea non può vedere il sorriso che ora dipinge il viso del ragazzo, la pennellata messa nel modo migliore di sempre.
Lo sapeva, l’aveva sempre saputo. Sperato. E l’ama anche lui, sebbene non sia il momento giusto per dirglielo, per spezzare quel legame ancora così fragile che lei gli sta porgendo. Louis non si gira a guardarla e le torna a parlare cercando di modulare il timbro della voce e di non saltellare in giro per la stanza in preda ad un attacco di fangirlismo.
Lei lo ama.
“Due di zucchero, vero?”
__
 
“Non penso mi riprenderò mai.” La voce ridotta ad un sussurro che Harry riesce a percepire lo stesso. “Le cicatrici raccontano la nostra storia.” Continua.
Allyson sta rannicchiata tra le braccia del ragazzo e lancia veloci occhiate allo specchio in fondo al suo letto, con le dita percorre la cicatrice lunga che le passa sotto l’ombelico.
“Mi dispiace averti mandato via.”
“Lo so.” E lo sa davvero, e sa che ad entrambi dispiace. Dispiace e basta.
“Ci sarà mai un momento in cui ‘andare avanti’ mi sembrerà una scelta giusta? Un’alternativa che non ferisce nessuno? Che non ferisce me?”
“No.” Le risponde lui prima di prenderle il polso e spostarle la mano dalla pancia, prima di baciarle delicatamente la fronte. “Ma in ogni caso io sono qui per te, e tu sei qui per me. E noi siamo qui, noi. E andremo avanti, in un qualche modo.”
“Per quanto masochista mi possa essere sembrato i primi tempi, io davvero volevo una famiglia con te, davvero volevo mandare all’aria tutta la mia giovinezza, tutte le feste future e le nottate in bianco passate a ballare.”
“Tu sarai sempre la mia famiglia, intesi? Sempre.”
E parlano così per tanto, davvero tanto tempo. Fino a quando le cose non sembrano andare un pochino meglio o, almeno, sono meno torbide. Fino a quanto tutte le loro domande non si sono depositate.
Lei chiedendo e lui rispondendo ai quesiti di entrambi, perché ci sono persone che semplicemente vivono in simbiosi, prima e dopo che qualcosa le scuota. Qualsiasi cosa.
Parlano così fino a quando entrambi si addormentano stretti e vicini, troppo deboli per rivivere il passato, ma forse sufficientemente forti per affrontare il futuro.
Perché ci sono traumi che non passano mai, cicatrici che restano davvero per sempre (e che quasi mai sono esterne), parole che danno i brividi e vuoti a forma di persone che non si potranno mai colmare. Ma per ogni trauma Allyson aveva trovato Harry e lui aveva trovato lei; per ogni cicatrice potevano contare nel trucco che l’altro poteva stendere per renderle, almeno agli occhi della gente, invisibili; per ogni parola da brividi avrebbero trovato un’intera canzone che li scaldasse a vicenda e per quanto riguarda i vuoti sarebbero semplicemente stati vicini ad ammirarne la forma, a tracciarne il contorno con le dita. E non c’era niente di più simile al vero amore che avrebbe potuto rompere la vetrata del bar che li divideva all’inizio, e non c’è niente di più simile al vero amore che possa tenerli insieme per sempre.
__
 
Niall guarda l’interno della vetrina ancora per qualche secondo prima di chiudere forte gli occhi, girarsi e riprendere a camminare. Vede le lucine che si muovono ovunque quando li riapre, quando consente alla gente che gli cammina veloce accanto di pensare un ‘wow’ guardandoli. Ricondurli al mare, o a quel cielo di quando erano giovani e liberi e lontani.
Sente che qualcosa lo attrae nuovamente verso la vetrina dalla quale sta cercando di scappare, il negozio che ha lasciato lo chiama ed è davvero difficile non starlo a sentire.
Devia per una stradina secondaria e si siede sugli scalini di una palazzina in mattoni scuri, inizia a muovere ritmicamente la gamba destra cercando invano di calmarsi.
Torna a chiudere gli occhi e appoggia la testa contro il portone in legno, canticchia una qualche melodia che passa nel suo cervello e che gli dà l’impressione di essere integro e fedele a se stesso.
Nei giorni come quello, in cui il sole bacia la pelle ma non è quello a fare caldo, vorrebbe tornare in Irlanda. Sarebbe andato, così, al bar di quel vecchietto così simpatico che diceva cose senza senso e che dava consigli belli da sentire ma indecifrabili.
Se si fosse seduto al suo bancone l’anziano signore, facendo penzolare il sigaro spento tra le labbra, avrebbe detto qualcosa come: “Molte volte i fiori più belli non sono ancora sbocciati, ma nulla ti vieta di prendere il seme e aspettare.”
E lui l’avrebbe guardato e per tanto, tanto tempo dopo avrebbe pensato alle sue parole.
Il ragazzo biondo sorride distratto al cielo di Londra e si alza, allunga il giro e ripassa davanti alla vetrina, continua a camminare in cerchio pensando a cosa deve fare.
Poi si ferma.
 
“Sei bellissima.”
“Sei un bugiardo.”
“Forse, ma tu rimani bellissima.”
Sarabeth gli sorride e due lievi fossette le si disegnano ai lati del viso. Lui le si stende accanto sul telo verde pastello che hanno steso per terra.
“Oggi pomeriggio ho letto qualche fan fiction su di te.”
Niall non si gira quando lei gli parla, si limita a fissare il cielo ora coperto da una lieve foschia. “Tutte ti vogliono felice. Nessuna parla di dolore, o sofferenza, o separazione.”
“E io ho te.”
Le risponde e Sarabeth sorride e gli dà un lieve bacio su una guancia. Gli si spinge più contro, ne sente il calore.
“In una finivi per sposarti con una ragazza che era perfetta. Amo quella storia.”
Niall si gira di scatto e chiude il pugno dentro la tasca della felpa. “Tu sei perfetta.” Continua a dire con il solito tono, cercando di non far trasparire quanto le parole della ragazza l’abbiano colpito. ‘nulla ti vieta di prendere il seme e aspettare’ si ripete mentalmente.
 
Niall si chiude la porta di casa alle spalle e per la prima volta estrae dalla tasca l’acquisto della giornata. La piccola scatola fa un rumore sordo e vellutato quando la appoggia sul tavolo, scatta facilmente sotto la pressione delle sue dita.
Quando si apre rivelando il sottile anello che contiene, Niall non può non sentirsi invadere da un’ondata di caldo improvviso.
Perché quella è la vita che vuole avere, lui e Sarabeth sempre e per sempre.
Si incanta a guardare il piccolo diamante. E se il per sempre non esiste, se è una cosa da fan fiction che a lei piacciono tanto, vorrà dire che saranno lui e Sarabeth finchè morte non li separi.

Chiude la scatola e la ripone al sicuro dentro ad un cassetto, il cuore che gli batte forte nel petto, e si promette di aspettare. I desideri più attesi hanno l’adempimento migliore.
Guardando fuori dalla finestra il cielo ormai scuro si ripete nuovamente la frase del vecchio barista e annuisce pensando che, ancora una volta, avrebb avuto ragione.
“Molte volte i fiori più belli non sono ancora sbocciati, ma nulla ti vieta di prendere il seme e aspettare.”
__
 
“Ciao.”
Quella voce. Quante volte l’ha sognata? Un brivido le scorre lungo la schiena e spalanca gli occhi dietro le mani che li coprono. Li sente umidi di lacrime che non vogliono essere di delusione, di illusione.
Da quando è andata via le è capitato troppe volte di vederlo passare per le strade, di sentire la sua voce a scuola, di sentire il suo tocco sui fianchi, di crederlo lì accanto a lei per poi riscuotersi e trovarsi nuovamente sola. Al freddo.
Le è capitato troppe volte, tante volte, di tornare a casa e cercare la sua orma sul cuscino, sentire il suo profumo nell’aria, di non trovare nulla e sentirsi nuda, spogliata di tutto.
E nulla ha più senso.
Ora respira piano e cerca di concentrarsi su ogni cellula del viso che è a contatto con le mani calde e grandi che le coprono la vista, si impegna per trattenere la sensazione che dà il contatto pelle contro pelle nel caso anche questa volta fosse solo un suo sogno.
Poi le mani si aprono e il sole le brucia negli occhi, la visuale compromessa per qualche minuto.
Si gira lentamente in direzione della voce e trattiene il respiro.
Ed è lui, è davvero lui. Il suo sorriso storto con la lingua tra i denti, i capelli sacrificati sotto ad un cappello in lana grigia e azzurra, gli occhi profondi e scuri che la guardano ridendo.
“Zayn.” È l’unica cosa che riesce a dire prima che la gola le si riempia di lacrime.
È lì, con lei. Così lontano da quella che è la sua casa, così nuovamente vicino a lei.
La voce di Miriam risuona ancora nell’aria tra loro quando il ragazzo annulla la distanza che li divide e la bacia. Ed è un bacio che sa di distanza, di mancanze, di nostalgia e di vuoto. E sa di cuori che scoppiano e fuochi d’artificio, di zucchero e abbracci nuovi.
“Cosa ci fai qui?”
“Senza ossigeno non si vive.” E non le confessa, passandole le mani sul viso come per riconfermare che ciò che aveva sognato tutte le notti era reale, che quella frase se l’è preparata nel volo di dodici ore che l’ha portato lì.
“Non andartene mai più, Miriam.” Le dice stringendola a sé così forte che le nocche gli diventano bianche e la gola gli si secca. Parla con voce impastata dalle lacrime che non vuole versare. “Non lasciarmi mai più.”
La ragazza gli si abbandona contro il petto e ne respira nuovamente l’odore, così tanto più materiale delle sue ormai solite visioni che fa male.

“Dimmi che mi amerai sempre.”
“Ti amerò sempre.” Gli ripete lei poco dopo, seduti su una panchina a caso, in una strada a caso, perché non è il luogo che conta.
“Dimmi che amerai solo me, e che nessun ragazzo di qui potrà mai farti cambiare idea.”
“Sai che è così.” Fa un grande respiro e torna ad appoggiare la testa sulla sua spalla. Quel calore di cui ha avuto così bisogno che nuovamente la riempie.
“E tu dimmi che mi aspetterai, che resisterai anche se sono qui. Dimmi che non mi dimenticherai e che continuerai a sognare un futuro con me.” Torna nuovamente a piangere verso la fine della frase.
Perché tutto davanti a loro sembra incerto e offuscato, ma qualcosa nello stomaco la sprona ad andare avanti, a non arrendersi. Perché il tempo passa veloci, se solo lo si lascia scorrere, se solo si distoglie l’occhio dall’orologio le lancette corrono.
E forse per la prima volta nella sua vita Miriam ringrazia che sia così.
__
 
Liam esce dal bar dove Allyson è tornata a lavorare e dove dove ha accompagnato Harry quella mattina. Esce dal bar e stringe le mani attorno al bicchiere di caffè caldo.
Deve ricostruirsi, riplasmarsi, tornare a respirare.
Madison ha lasciato la propria impronta sul suo petto, la sagoma della sua mano posta accanto al cuore. E ha lasciato un sacco di immagini che non smettono di passargli davanti agli occhi, ha lasciato la sua risata che lo culla ancora la sera.
Ma ha lasciato disperazione e terra bruciata, ha lasciato dolore e lacrime piante contro ad un cuscino. Ha lasciato un vuoto che sembra così enormemente grande e così fermamente incolmabile che lo spaventa.
Lo spaventa davvero il fatto di aver sofferto e di stare soffrendo, lo spaventano le proprie lacrime che lo colgono impreparato, ormai estraneo ai propri sentimenti, come se li avesse gettati ai piedi di quell’albero che aveva preso a pugni, arrabbiato, quell’ultima sera.
L’ultima sera in cui avesse il ricordo di un battito nel petto, l’ultima sera prima della sua discesa nell’apatia.
Deve scuotersi e tornare ad urlare, a cantare con passione, a credere nei propri sogni.
Magari deve finire quel puzzle che tiene sotto al letto e di cui ha già completato tutto il bordo e sicuramente perso qualche pezzo fondamentale per l’intreccio. L’occhio della bambina sulla destra, metà del sorriso della vecchietta sullo sfondo.
È ancora immerso nei suoi pensieri quando passa davanti ad una casetta di un insolito color pesca e va a sbattere contro la ragazza che ne è appena uscita.
È sicuro che la colpa non sia sua ma ad ogni modo è suo il caffè che ora gocciola dal trench beige della ragazza che gli sgrana gli occhi grandi e scuri davanti.
Come la recita di una vecchia poesia che si conosce a memoria Liam si prepara per srotolare la sua infinita serie di scuse, ma la voce cristallina della ragazza lo blocca.
Ride. Si è messa a ridere dopo aver guardato i propri vestiti forse irrimediabilmente compromessi e la faccia del ragazzo che le ha versato tutto addosso prima inespressiva poi come risvegliata.
Ride e Liam sente uno strano caldo alle punte delle dita.
“Senti, mi dispiace davvero.” Attacca a dire lui quando la risata della ragazza si smorza leggermente. Ed è vero dispiacere quello che prova?
“Volevo buttarlo, non ti preoccupare.” Gli risponde lei alludendo al trench, le guance rosse per la risata e gli occhi luminosi.
“A me piaceva.” Confessa lui sorridendo leggermente. È vera attrazione quella che prova?
“Se vuoi un giorno te lo presto.”
Ridono un poco assieme e Liam riscopre fremiti che non ricordava. È vera allegria, questa?
O sono solo tutte immagini distorte che la sua mente gli manda per combattere l’evidente stato di solitudine e isolamento in cui la delusione l’ha fatto chiudere?
“Potremmo discutere dei dettagli a colazione. Il tuo bel cappotto si è appena mangiato la mia.” Le risponde e lei non smette di sorridere.
“È per caso la scena di un film, questa?” chiede la ragazza dai grandi occhi alzando un poco le spalle e guardandosi velocemente in torno in cerca delle telecamere.
“Ha per caso importanza?” le sorride Liam ponendo il primo pezzo per il completamento del nuovo puzzle che ora ha deciso di ricomporre dopo il pugno all’albero: se stesso.
__
 
Liam, Harry, Niall, Louis e Zayn stanno seduti in silenzio dentro al piccolo pullman che li porterà in una nuova città dove potranno urlare al cielo quanto sono felici, o tristi, o incompleti, o soli, o distrutti, o stanchi. Dove potranno cantare quanto sono vivi.
Ognuno è immerso nei propri pensieri, ognuno sente gli altri che fremono piano, che respirano ciò che la vita ha preparato per loro.
E non c’è spazio per la disperazione, o il dolore, o la malinconia accanto a quei visi ormai così noti e familiari. Ognuno le cova dentro di sé, le rinchiude in un piccolo scompartimento buio dentro al proprio cervello per evitare di farcisi divorare.
Liam, Harry, Niall, Louis e Zayn stanno seduti in silenzio dentro al piccolo pullman che li porterà in una nuova città e, lo sanno, ognuno sta pensando esattamente alla stessa cosa: davanti al futuro che gli sorride per poi distruggerli, davanti alle lacrime e al dolore, c’è solo una cosa che possono fare, qualcosa che possono ripetersi mentalmente o che possono far vibrare nell’aria e che avrà sempre la solita, azzeccata conseguenza. Davanti al futuro che li nomina casualmente vincitori o vinti, prede o cacciatori, rimangono loro solo quelle due parole.
 
Inspira. Espira.
 
 



Ciao a tutti, questo è il capolinea.
Mi scuso enormemente per il ritardo assurdo, ma un po’ non avevo ispirazione, un po’ sono stata molto impegnata e un po’, probabilmente, non volevo staccarmi definitivamente da questa storia. Ma tutte le cose belle prima o poi finiscono e io voglio davvero ringraziare tutti, dal primo all’ultimo che ha posato gli occhi sulle mie parole.
Voglio ringraziare chi ha recensito e chi ha letto in silenzio, chi recensirà magari in futuro.
Voglio ringraziare tutti per le belle parole e per il sostegno che forse non sapete di avermi dato.
Tornerò presto con una nuova storia, Word ha un’influenza troppo grande su di me per tenermi lontana molto tempo. E chissà, magari, se vi interesserà, ci rivedremo anche là.
Ancora grazie.
Giulia.
xx
  
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