Eccoci all’ultimo appuntamento della
Kurtbastian Week, passata anche più rapidamente di quanto
avevo immaginato,
malgrado stessi lavorando su queste tracce da quasi un mese, ma bando
ai
rammarichi e alla nostalgia.
Questa è stata in assoluto la prima
storia
della Kurtbastian Week che abbia scritto: è cominciato una
Domenica mattina in
cui ero particolarmente ispirata e sono letteralmente sgusciata dal
letto.
Questa fan fiction non sarebbe stata possibile se Irene,
a cui la dedico
per quanto sia un gesto semplice e riduttivo rispetto alla nostra
amicizia, non
mi avesse spronato a conoscere Gossip Girl. Devo ammettere di aver
avuto molti
pregiudizi e tuttora alcuni elementi della fiction mi lasciano a
desiderare, ma
sono felice di essermi fidata di lei, anche in qualcosa di
così semplice. Mi
sono lasciata sedurre dagli intrighi di Blair, dal mistero alla base
della
fiction e dai tanti volti e vicende che si intrecciano e ho pensato che
un
Crossover con Kurt e Sebastian fosse irresistibile. Seppur A/U per una
questione
di trama, ma lo vedrete.
Per coloro che non
conoscono Gossip Girl, vi tranquillizzo perché non ci
saranno
menzioni particolari che vi impediranno la lettura scorrevole, ma
comunque
provvederò ad inserire qualche breve nota che possa
aiutarvi. Per coloro che la
conoscono, non c'è una cronologia precisa a cui affidarsi ma
spero che il
divertimento sia doppio.
Rinnovo i ringraziamenti a chiunque abbia
letto, recensito, preferito, seguito e ricordato questa Week, ne sono
molto
onorata.
Un bacione alla mia Blaine e Sebastian e non
mi resta che augurarvi una buona lettura!
CROSSOVER:
Gossip Glee
Sono Gossip Girl[1],
la vostra sola fonte di notizie sulle vite scandalose
dell'élite di Manhattan.
Anche quest'anno l'inverno si
preannuncia gelido,
amici dell'Upper East Side; sembra il momento che una torbida passione
possa
scontrarsi con il drastico calo delle temperature. E, per mia fortuna,
la mia
Principessa preferita è sempre pronta a far parlare di
sé.
Avvistati: B che ospita un
uomo nel suo letto e...
non si tratta di Chuck Bass. E neppure di Nate Archibald...
Un lieve mugugno e la giovane
si era tolta la
fascia che le copriva gli occhi: aveva emesso un lamentoso pigolio
quando
Dorota, la sua fedele governante, aveva schiuso le tende e lasciato che
la luce
del giorno entrasse nella stanza.
“Deve alzarsi, signorina Blair,
come diciamo in
Polonia...”.
“Mhm, va via, Dorota”
aveva pigolato la giovane che
si era ulteriormente rannicchiata contro le coperte, incurante dei
bonari
rimproveri della sua dipendente.
“Come desidera ma
poi non si lamenti con me se
arriverà in ritardo e dubito sua madre sarà
comprensiva: è la settimana della
moda e ha bisogno di tutto l'aiuto possibile[2]”.
La giovane Waldorf le aveva
fatto un cenno
imperioso con la mano e un mugugno più forte: se non avesse
voluto disturbare
il cosiddetto sogno di bellezza del giovane accanto, l'avrebbe
già minacciata
con parole ben più eloquenti e il suo caratteristico tono
perentorio. Si era
messa di un fianco, abbracciando ancora il cuscino, prima di osservare
con un
sorriso il viso del ragazzo: sembrava davvero fatto di porcellana, come
poi
veniva comunemente definito seppur in un'accezione del tutto ironica.
Dopotutto
qualcosa di buono Hamphrey[3]
l'aveva anche
fatta, conducendolo a quel brunch nel quale si era subito
contraddistinto per
la sua splendida mise e il gusto impeccabile per la moda. Quando aveva
saputo
del suo trasferimento a New York e della sua ricerca di un lavoro
nell'ambito
della moda, era stato automatico far cadere casualmente
l'attenzione su
di lui – era bastato avvicinarsi e far scattare una
fotografia da Penelope[4] e inviarla a Gossip Girl.
In vero, non si era
dimostrato soltanto la sua anima gemella in quanto a competenza
nell'ambito
della moda (anch'egli la considerava un'arte che attingeva anche alla
storia e
lo dimostravano alcuni elementi decisamente retrò del suo
guardaroba colorato e
multi - accessoriato) ma ne amava la tempra ironica e quel pizzico di
vanità,
la sua scrupolosa cura di se stesso che nascondevano un animo
più fragile e
sentimentale.
Qualcosa che, in fondo,
riusciva ad accomunarli. Se
lo avesse conosciuto prima, non avrebbe mai avuto bisogno di quella
biondastra
butterata e... scosse il capo. Non voleva certamente rovinarsi la
mattinata
partorendo pensieri omicidi nei confronti di S[5].
Sarebbe soltanto
occorso del tempo perché tutti ne comprendessero la sua vera
natura ed ella
restasse sola quando anche quel bifolco di Humphrey avrebbe compreso
che... ma perché vi stava ancora
pensando?
Suo malgrado, per quanto
detestasse le prese di
iniziativa di Dorota, che le facevano venir voglia di rispedirla in
Bielorussia
o da qualunque paese dell'Est Europa provenisse la sua famiglia, non
poteva
ignorare quell’ammonimento e sapeva che sua madre non sarebbe
stata affatto flessibile.
Aveva sorriso e si era
avvicinata al giovane,
rannicchiandosi contro il suo pigiama di seta, cingendolo appena e
sfiorandogli
la guancia con un bacio.
Lo sentì mugugnare
qualcosa.
“Dormito bene?” aveva
domandato e, lentamente, il
giovane aveva schiuso le palpebre per rivelare quelle iridi
più splendenti
degli zaffiri di cui ella stessa amava circondarsi. Lentamente le sue
labbra si
mossero in un sorriso, seppur sostò qualche altro istante
contro il guanciale.
“Meravigliosamente bene: mai
sentito un materasso
più comodo” aveva convenuto e la giovane non aveva
potuto trattenersi
dall'emettere uno sbuffo divertito. Non che ne dubitasse: era soltanto
perché
conosceva Kurt e la sua cura di se stesso se ospitava qualcuno che
aveva
respirato la stessa aria del loft più simile ad una
discarica di Dan Humphrey.
Lo stesso nel quale, e represse il pensiero con un brivido di disgusto,
spesso
aveva pernottato la sua acerrima nemica.
Si era addolcita
nell'osservarlo e aveva sorriso
ulteriormente prima di accoccolarsi maggiormente alla sua spalla e
sentirlo
sfiorarle gentilmente i capelli, quasi a volerla ulteriormente cullare
per un
altro breve istante.
Vi era sempre stata un'intesa
particolare, aveva
convenuto Blair: riuscivano a comprendersi e non soltanto quando
condividevano
opinioni e pareri sugli abiti che la madre metteva in mostra nelle sue
sfilate
ma spesso la loro comunicazione, seppur mancasse di parole di
particolare
stucchevolezza, riusciva a lenire al tutto con un semplice gesto. Si
era sempre
sentita al sicuro nel suo abbraccio, una sensazione che non aveva
più provato
da quando suo padre si era allontanato dalla madre o almeno fino a
quando la
madre non si era risposata.
“E' la prima volta che indosso
lingerie nuova
dormendo con un ragazzo e non rischiando che mi sia strappata rudemente
via”
aveva commentato con tono più frivolo e compiaciuto che
aveva fatto appena
arrossire Kurt all'allusione a Chuck Bass e al suo precedente
fidanzato, Nate
per il quale – mai lo avrebbe confessato – aveva
avuto un'infatuazione fin
dalla prima volta che ne aveva scorto il profilo a quel brunch in cui
Dan lo
aveva condotto, invitato da Serena. Colei che, nelle ultime ore, era
divenuta
rappresentante del “fronte nemico”.
“... che è
esattamente il motivo per cui le madri
adorano gli amici gay delle figlie e poi rovinare una vestaglia di Raulph
Lauren!” era letteralmente rabbrividito alla sola
prospettiva e Blair aveva
riso, pizzicandogli il naso.
“Sei la mia anima gemella gay,
Kurt Hummel. Sei
sprecato per Brooklyn e Humphrey”.
Kurt aveva schiuso le labbra,
quasi in procinto di
dire qualcosa ma vi aveva ripensato: in fondo, non era il caso di
suscitarle
qualche attacco nevrastenico di prima mattina circa le sue supposizioni
di
quanto, invece, sarebbero stati una coppia interessante. Il fascino
fine ed
elegante, capriccioso e vanitoso di Blair, Principessa di Manhattan e
quello
più urbano e trasandato, dal capello e dalla barba incolti
– almeno fino a
quando non lo avrebbe trascinato lui stesso da un barbiere di fiducia
– di Dan
Humphrey.
All'ennesimo richiamo di
Dorota, avevano esclamato
entrambi un “Il bagno è mio!” prima di
scapicollarsi verso lo stesso.
Sospirò quando una
Blair trionfante si chiuse la
porta alle spalle: “Posso usare le tue creme?”
aveva gridato dall'interno per
poi ridere con un “Grazie, sei un amore!” prima
ancora che potesse proferire
risposta.
Aveva scosso il capo e si era
lasciato ricadere sul
letto, sentì i capelli afflosciarsi nell'esatto momento in
cui toccò il
materasso e si passò una mano sul viso.
Ma quando vide Blair uscire in
accappatoio ed
esaminare il suo vasto guardaroba, non poté trattenersi dal
sorridere mentre le
passava accanto e la sentiva strillare dopo averle stropicciato
affettuosamente
i capelli.
“Non adesso, Kurt, ho
un'emergenza moda da
affrontare prima del pranzo e ancora non so cosa indossare stasera alla
festa
di Chuck”.
Dopo averle indicato il
cerchietto che si sarebbe
perfettamente abbinato alla mise del giorno, nonché averle
suggerito quali
scarpe abbinare e averla vista girarsi su se stessa con fare
compiaciuto,
dovette sorridere.
Forse, in qualche particolare
accezione, erano
veramente anime gemelle.
~
Anche quella mattina non
poté fare a meno di
domandarsi per quale motivo ancora sostasse nella casa di Lily Van Der
Woodsen[6]
( o era Buss e poi Humphrey?), quella sorta di mausoleo che
assomigliava ad un
misto tra un bordello, a giudicare dai ragazzi e gli uomini che
l'avessero
frequentata per anni alla mercé di Lily e di Serena (e poi
lui era giudicato
dai bigotti il “prostituto” di famiglia?) e una
sorta di mostra d'arte
contemporanea. Anche quella mattina, un ghigno stampato sul viso mentre
contemplava il suo riflesso dallo specchio del bagno ornato di marmo,
si disse
che dopotutto avrebbe potuto trarre un qualche vantaggio dall'avere per
“mammina” una donna la cui vastità di
esperienze in ambito sessuale era pari
soltanto alla quantità di zeri del suo conto bancario. Non
che l'avesse mai
considerata una figura materna e, se fosse dipeso da lui, avrebbe
beatamente
continuato a vivere la sua vita parigina con il padre e la sua nuova
compagna,
la donna che lo aveva cresciuto, quella che si era dedicata sempre e
soltanto a
suo padre, Thomas Smythe[7].
Ma poiché la cara
mammina si era lasciata prendere da qualche pseudo rimorso di coscienza
–
volubile almeno quanto gli abiti che indossava e che per, spasmodico e
vitale
bisogno, cambiava spesso almeno quanto l'intimo – che cosa
gli impediva,
dopotutto, di trascorrere nella nota città americana quelle
due settimane?
Soprattutto se ciò comportava il poter girare in limousine,
avere accesso a
ristoranti e feste e luoghi di intrattenimento; avrebbe anche potuto
sopportare
stoicamente quella situazione degna di uno sceneggiato televisivo di
pessima
specie.
A fare tanto atmosfera da
fiction adolescenziale,
sembrava che tutti in quella città – e quella
famiglia di svitati che lo
ospitava non faceva certo eccezione – fossero ossessionati da
un'anonima e
psicopatica nevrotica che, evidentemente incapace di una vita sociale
e/o
sessuale, sembrava raggiungere l'orgasmo intellettuale nel diffondere
notizie e
pettegolezzi, scandali e retroscena delle famiglie più note
e prestigiose. Tale
soggetto si faceva chiamare Gossip Girl e sembrava che nessuno avesse
la benché
minima idea di chi fosse la
pettegola
in questione; che lui personalmente aveva ribattezzato Psyco Stalker
Girl.
Non che non avesse meditato di
vendere lui stesso
le confessioni di un figlio gay abbandonato dalla bizzosa Lily Van Der
Woodsen
quando ancora in fasce, in seguito ad una breve e torbida relazione. Ma
perché
rovinarsi il soggiorno con lacrimevoli accuse ed eccessi di isterismo
di due
arrapate donne mestruate che, quando non riempivano la giornata con il
marito/fidanzato del momento, sembravano crogiolarsi nell'eccitante
attività di
darsi ad un'appassionata litigata con una nevrotica ancora
più mestruata.
Oppure – gioia di tutte le gioie – partecipare a
gala e cene lussuose per il
puro gusto di finire sui giornali ed essere viste come icone di moda e
di
filantropia.
Quell'ambiente non era
decisamente sano neppure per
un gay e probabilmente l'unico modo di sopravvivervi senza perdere
l'uso della
ragione, era vivere nella propria ed incantevole bolla di sapone:
limitarsi a
far strisciare la carta di credito di Lily e cercare qualche locale gay
– Chuck
Bass[8]
(il fratellastro della sua sorellastra o qualcosa del genere) era
sembrato
interessato alla sua idea – in cui trascorrere la serata, il
più lontano
possibile da quell'eccesso di estrogeni e di profumi mangia-uomini.
Giunto alla cucina aveva arricciato le labbra in una smorfia di disgusto a quell'evidente quadretto familiare che sembrava tanto l'icona della perfetta famigliola felice e, ancora una volta, dovette sforzarsi per trattenersi dallo sciorinare una delle sue impietose battute o verità scomode. Soltanto quando Lily lo richiamò mettendosi in piedi e sorridendogli, si limitò a farsi avanti e prendere posto accanto a Serena. Allungò il braccio verso la caraffa del caffè mentre Lily tornava a parlare alla figlia, evidentemente avvinta dall'ennesimo dilemma adolescenziale su quale cerchietto far ingoiare a Blair Wandolf oppure quale fosse il prossimo ragazzo con il quale sarebbe uscita, così da anticiparne le mosse e scoparselo, possibilmente nel retrobottega di un matrimonio ancora in corso, giusto per dare alla sveltina un carattere più “sacro”.[9]
“Tu e Blair attraversate sempre
qualche piccola
crisi: certo quando tra l'una e l'altra incorre così poco
tempo, probabilmente
varrebbe la pena chiedersi se ne valga la pena”.
Serena aveva sospirato con
fare melodrammatico nel
riporsi le ciocche di capelli dietro l'orecchio e cincischiare con la
forchetta
nel proprio piatto.
“E' la mia migliore amica e, al
contempo, la mia
peggior nemica: per quanto tempo dovremo continuare a
distruggerci?”.
“Serena” l'uomo al
fianco di Lily di cui non
ricordava il nome aveva preso a sua volta la parola: evidentemente ogni
tanto
doveva ricordarsi di essere l'uomo di casa. A quanto aveva compreso il
suo
unico contributo, da quando era giunto in quella casa, era stato quello
di
farsi quasi sottrarre la neo-moglie dal suo primo ex marito e poi,
cosa?
Coprire la scervellata bionda da una disperata crisi di
identità a causa della
quale aveva rimandato a data da stabilirsi il suo ingresso alla Brown
per poi
decidere di seguire la “migliore amica barra
nemica”.
A quel punto aveva
ufficialmente spento i suoi
sensori di ricezione dell'udito mentre un sorriso quasi perverso gli
sfiorava
le labbra – improvvisamente così secche da
doversele lambire lentamente – al
ricordo di uno di quei riccastri figli di papà che gravavano
intorno a quella
casa. Un peccato che fosse troppo interessato alla sodezza del suo
sedere per
ricordarsi il nome, anzi no, convenne tra sé. Valeva
decisamente la pena
ricordare i suoi pensieri su quanto sarebbe stato appagante poter-
“Sebastian?” aveva
sbattuto le palpebre nel momento
in cui la donna aveva allungato la mano verso il suo braccio.
“Mi stavo
chiedendo: la festa di Charles” aveva
notato quanto ancora una volta la
sua voce aveva assunto quell'intonazione nasale. Era così
irritante, senza
contare che è inutile che gli improvvisi un nome
d'arte, gallina decrepita:
hai una figlia battona d'alta società e un figliastro
puttaniere e promotore
della prostituzione etero, bisessuale e gay. [10]
E poi seriamente? Come si
poteva dubitare del suo
nome di battesimo quando il suo era un disco rotto che ripeteva
costantemente
“sono Chuck Bass”; evidentemente il viagra naturale
più potente a cui
ricorresse prima di masturbarsi nella sua limousine.
Strinse i pugni lungo i
fianchi e cercò di
trattenersi dal pronunciare quelle parole.
“... potrebbe essere un'ottima
occasione per
presentarti ufficialmente e andarci tutti insieme come una
famiglia” sbatté
educatamente le palpebre quasi aspettandosi ch'ella si rendesse conto
di quali
parole aveva effettivamente pronunciato.
“Esattamente quale
famiglia?” si sentì
replicare, la tazza di caffè ancora sospesa tra le mani.
“Temo di aver perso il
contro tra ex mariti, defunti mariti e vecchie fiamme che diventano i
nuovi
mariti, senza offesa Reginald”.
“Rufus” aveva
risposto l'altro a denti stretti.
“Il fatto che io non mi ricordi
il tuo nome dovrebbe
spiegarti quanto mi importi” aveva risposto impietosamente ma
prima che l'uomo
potesse reagire – sembrava stesse perdendo le staffe
– Lily gli aveva posto una
mano sul braccio quasi ciò avesse potere lenitivo sulla
ferita che doveva aver
posto al suo amor proprio. Probabilmente ben poco restava quando si
poteva
legittimamente dubitare che degli uomini incontrati durante una
giornata, la
legittima moglie se ne fosse portati a letto almeno la metà.
“Posso chiederti almeno, fino a
quando resterai
sotto questo tetto, di provare a
sforzarti di essere quanto meno educato?” al solito Lily dava
sfoggio di quel
parlare pacato e gentile. Sembrava che nulla potesse scomporla e le
sopracciglia si sollevavano appena, nessuna ruga ne increspava la
fronte ma
molto probabilmente ciò era imputabile alla bravura del
chirurgo estetico.
Un vago sorriso gli
increspò le labbra mentre si
sollevava dalla propria sedia per poi indossare il proprio cappotto.
“Signore e nuovo marito, se
poteste cortesemente
scusarmi, avrei delle commissioni che mi attendono. Nel frattempo siete
tutti
pregati, cortesemente si intende, di andare a
farvi fottere” aveva sorriso
dell'espressione scandalizzata che era apparsa sul viso della donna
improvvisamente pallida e della reazione indignata dell'uomo che si era
sollevato così bruscamente da far cadere la sedia alle sue
spalle.
“Possibilmente con lo stesso
partner, la sifilide è
davvero una gran brutta faccenda a quanto ho sentito. E,
Serena” si era volto
verso di lei con le sopracciglia inarcate e un ghigno che ne fece
illuminare le
iridi. “... visto che siamo in vena di confidenze
familiari, sono stato io a mandare a Gossip Girl il video di
Blair, temo di
aver firmato con il tuo nome. Buona giornata”.
Un ultimo e affettato sorriso,
aveva sentito Serena
alzarsi dal tavolo e provare ad inseguirlo coi tacchi, prima di premere
il
pulsante dell'ascensore, dopo averle rivolto un ultimo e suadente
sorriso.
Dopotutto, la vita a New York
continuava a non essere noiosa.
~
Evidentemente il nervosismo e
lo stress erano
componenti essenziali ed imprescindibili quando, come nel caso della
sua
referente, nonché leader e proprietaria dell'atelier cui
aveva dato il proprio
nome, ci si avvicinava ad un evento di fondamentale importanza
nell'ambito
lavorativo.
La nuova collezione autunnale,
infatti, avrebbe
dovuto dare nuovo slancio alle industrie Waldorf dopo una battuta di
arresto in
seguito alla crisi economica; anche l'abbigliamento aveva bisogno di
nuovi
orizzonti e vedute ed ella non mancava in tale occasione di servirsi
anche
della fantasia e dell'ingegno dei suoi sottoposti.
Kurt non faceva eccezione ma
ciò non lo esimeva dal
dover collaborare anche ad una maniera più umile come
l'acquisto delle miscele
di caffè preferite per tutti i membri del meeting di
metà mattinata. Era un
sacrificio cui, tuttavia, si prestava ben volentieri, soprattutto
l'idea del
prestigio che il cognome Waldorf avrebbe apportato sul suo curriculum
nonché
una dimostrazione di come il sogno americano potesse realizzarsi: e da
semplice
tirocinante divenire, un giorno, lui stesso direttore di un atelier
d'alta
moda. Un sorriso trasognato ne aveva illuminato le iridi azzurrine
mentre, un
vassoio carico di bicchieri di plastica i cuoi coperchi erano
contraddistinti
per colore ad indicare la diversa miscela, si era voltato rapidamente,
dopo
aver pagato.
Così facendo, un
verso stridulo di sorpresa e di
imbarazzo, cozzò contro il soprabito di un ragazzo e se
aveva sgranato gli
occhi alla vista del caffè versato sullo stesso,
(“Mi dispiace, sono desolato:
ero completamente sovrappensiero!” aveva squittito) quando
l'attimo dopo
indietreggiò e sollevò lo sguardo, fu un'altra
emozione quella che gli
trasfigurò il viso.
Aveva boccheggiato e le sue
gote si erano colorate
di una delicata sfumatura rosata mentre, il viso leggermente reclinato
data la
differenza d'altezza, non poteva fare a meno di rimirare il viso del
giovane.
Doveva avere più o meno la sua stessa età: una
figura alta e statuaria dalle
spalle larghe e la silhouette ben delineata seppur si riuscisse ad
intravedere
pettorali e bicipiti tonici di chi doveva tenersi in forma con
esercizio
fisico, palestra probabilmente.
Il viso era un perfetto ovale,
aveva lineamenti
cesellati ad arte e sulla fronte ricadevano ciocche di capelli di un
biondo
cenere, vaporosi e ben curati in quel caschetto. Si sentì
totalmente avvinto
dal suo sguardo smeraldino e dalla piega delle belle labbra dal taglio
virile
mentre osservava la chiazza colorata.
Kurt arrossì ancora
più intensamente. Aveva
avvicinato timidamente una salvietta al suo cappotto, il viso ancora
reclinato
ad osservarlo.
“Mi rincresce moltissimo: mi
permetta di pagargli la
tintoria, io...” si interruppe nel notare il sorriso che
aveva curvato le
labbra del giovane, dopo quel primo istante in cui aveva contemplato il
disastro con una vaga smorfia.
“Potresti pagarmi il
caffè: caldo e corretto col
cognac” aveva replicato, le braccia incrociate al petto
mentre lo scrutava con
un sorrisetto saputo ed allusivo, scrutandone la figura con interesse
che ne
fece scintillare le iridi e procurò a Kurt un singulto
strozzato. Aveva
annuito, tuttavia, controllato l'ora e depositato il vassoio sul primo
tavolo
libero, per poi voltarsi verso il balcone, cercando lo sguardo del
barista per
la nuova ordinazione.
Era trasalito e aveva
sussultato quando aveva
sentito il fiato caldo del giovane sulla propria nuca e il suo respiro
a
soffiargli nell'orecchio.
“Solitamente non mi faccio
offrire il caffè da un
altro gay sconosciuto” e Kurt era sobbalzato prima di
voltarsi in sua
direzione: le sopracciglia inarcate e le labbra schiuse per l'imbarazzo
e
l'incredulità.
“Cosa... come...?”
Come aveva fatto a capire che
fosse... un momento. Aveva appena detto lui stesso di essere
omosessuale?
Scosse il capo come a rimuovere quel pensiero spontaneo e repentino ma,
quasi
fosse riuscito a leggergli il pensiero, lo sconosciuto
sogghignò maggiormente.
“A giudicare da come mi hai
scrutato o lo sei sempre
stato o lo sei diventato negli ultimi tre minuti” aveva
replicato in tono
perfettamente composto e divertito, indugiando nuovamente con lo
sguardo sul
suo volto, facendolo boccheggiare ed arrossire mentre indietreggiava
istintivamente.
“Signore, signore... voleva
ordinare?” il barista
aveva sbuffato l'ennesima volta prima di richiamarlo. Kurt era stato
lieto di
poter avere un espediente per riprendere lucidità prima di
ordinare l'ennesimo
bicchiere di caffè oltre a quello che aveva versato in parte
sulla giacca del
giovane alle sue spalle.
Si era voltato e aveva
boccheggiato quando il
giovane sembrava essersi volatilizzato fino a quando non lo scorse
seduto sullo
stesso tavolo cui aveva appoggiato il vassoio. Gli posò di
fronte il caffè
corretto col cognac, fece per riprendere il vassoio ma l'altro era
stato lesto
ad allontanarlo dalla sua portata. Aveva sorriso, schioccando la lingua
sul
palato.
“Continuo a non accettare il
caffè dagli
sconosciuti” aveva recitato nuovamente e Kurt dovette
trattenersi dal sorridere
con fare troppo languido seppur si rendesse conto di essere
completamente alla
mercé dei suoi occhi.
“Kurt Hummel” aveva
sussurrato porgendogli la mano
che il giovane aveva ignorato mentre continuava a scrutarlo
pensierosamente,
lambendosi lentamente le labbra ancora prima che il caffè le
sfiorasse. Così
facendo suscitò un singulto strozzato a Kurt che dovette
ricordarsi di essere
atteso da Eleanor e dai suoi collaboratori.
“Sebastian Smythe”
aveva replicato, indicandogli con
il mento il posto di fronte al suo ma Kurt si era morso il labbro.
“Scusami Sebastian,
è stato un piacere e se vorrai
che ti paghi la lavanderia...”.
“Lascia perdere la lavanderia:
sarebbe scortese
lasciarmi solo a prendere un caffè che mi hai
così gentilmente offerto” aveva
continuato in tono blando e la sfumatura soave della voce che
contrastava con
quel sorrisetto allusivo e sicuro di sé. “...
Kurt” aveva soggiunto,
pronunciando il suo nome ad una maniera tale che il giovane
sentì letteralmente
la terra mancargli sotto i piedi. Un suono quasi languido e sensuale
per il
modo in cui le sue labbra si erano schiuse e il tono era divenuto roco
nel
pronunciarlo, quasi lo stesse letteralmente assaggiando.
“Io...” oh quanto
avrebbe voluto! “mi dispiace,
magari un'altra volta e...” si era sporto per riprendere il
vassoio ma il
giovane nuovamente lo aveva spiazzato cingendone il braccio, pur
restando
seduto, il viso sollevato a rimirarlo.
Fu un momento di stasi nel
quale quel contatto fece
scorrere un brivido lungo la spina dorsale di Kurt. Così
presi da
quell'improvvisa contemplazione da non essersi accorto di Penelope che,
un
sorriso suadente sul volto, scattava una fotografia.
Pochi istanti dopo quasi tutti
i cellulari dei
presenti, compreso quello di Kurt, presero a suonare ad indicare
l'arrivo di un
messaggio. Kurt si aggrappò persino a quell'espediente
mentre, una volta
liberatosi della pressione dell'altro, estraeva l'iPhone dalla tasca
del
soprabito per poi paralizzarsi quando, dalla consueta finestra che
indicava il
messaggio di Gossip Girl, vide i loro volti riprodotti.
Se le regine del dramma, B e
S, in quest'uggiosa
giornata autunnale hanno deciso di abbandonarmi, fortunatamente posso
sempre
contare sulla gentile collaborazione di parenti misteriosi arrivati
clandestinamente o di amicizie recenti e già compromettenti.
Avvistati in uno Starbucks del
centro: l'amico gay
della Principessa B. con nient’altri che il fratellino di S.
E a giudicare dalla stretta,
sembra che ci sia
qualcosa che sta bollendo ma non è soltanto il
caffè...
“Che c'è?”
aveva domandato Sebastian che, il caffè
ancora tra le dita, stava scrutando il giovane.
Kurt fissava il display e, dal
colorito pallido in
viso, sembrava prossimo allo svenimento.
“Tu sei il fratello di Serena
Van Der Woodsen” aveva
pigolato e, di fronte al suo sguardo attonito, aveva mostrato il
proprio
cellulare. Il giovane aveva aggrottato le sopracciglia nel leggere la
notizia
appena pubblicata sul celebre blog prima di sorridere allusivo.
“Siamo venuti bene: ma forse
dovremmo impegnarci per
un vero scandalo” aveva sogghignato ma Kurt neppure
sembrò averlo udito.
“Hai detto di essere Sebastian
Smythe!” lo aveva
accusato con voce più stridula che lo aveva fatto sospirare
prima di stringersi
nelle spalle.
“Siamo solo fratellastri, padri
diversi” spiegò in
tono spiccio ed indifferente.
“Ma è
orribile!” aveva strillato Kurt con voce in
falsetto che fece ridere il suo interlocutore.
“Perché credi che
ogni notte mi svegli urlando?”
Kurt aveva alzato le mani a zittirlo, evidentemente agitato.
“Tu non capisci: a quest'ora
Blair lo avrà già
letto, posso considerarmi un uomo morto e sono in ritardo da quella
tiranna di
sua madre, quindi sono morto e nuovamente morto” aveva
continuato a parlare in
tono agitato.
“Non credi di star leggermente
esag-”.
“Kurt!”
“Sebastian!” si erano
entrambi riscossi alla vista
delle due giovani che si erano fermate di fronte al loro tavolino:
avevano
scrutato entrambi prima di fissarsi l'un l'altra.
“E TU CHE CI FAI
QUI?” si erano aspramente
rimbeccate mentre Kurt gemeva, una mano sul viso.
“Che ti avevo detto?”
aveva pigolato, afferrando
nuovamente il vassoio mentre Blair, dopo aver scambiato altre occhiate
di fuoco
con Serena, lo afferrava per il braccio.
“Andiamocene, Kurt,
non è luogo per noi” aveva
commentato altezzosamente fissando schifata la sua rivale.
“Avanti, facci un
video mentre usciamo guardandoti con disprezzo”.
“Per l'ultima volta B, non sono
stata io a filmarti
insieme a Chuck, è stato.. Sebastian!” il giovane
si era alzato dalla sua
postazione, una mano affondata nella tasca del suo soprabito, l'altra
che
reggeva il suo caffè, passò davanti a tutti senza
degnare di alcuno sguardo le
due litiganti.
Solo quando passò
vicino a Kurt, schiuse appena le
labbra.
“Stasera, all'Empire Hotel di
Chuck Bass, non
mancare”.
Kurt boccheggiò e,
le voci di Serena e Blair
registrate in un angolo remoto della sua mente, continuò ad
osservare la figura
del giovane mentre si faceva largo tra la folla prima di uscire in
strada.
Occorse molto tempo e
un'invettiva di Blair perché
si rendesse conto che non aveva ancora smesso di sorridere.
~
Come aveva immaginato, ben
lungi dall'essere la
serata di beneficenza tanto decantata dagli articoli dei giornali,
quella
serata avrebbe ospitato, nello stesso salone celebrativo,
l'élite di Manhattan.
Che altro non consisteva in donne di mezza età che ancora
cercavano un anelito
di popolarità: evidentemente avere un conto bancario
spropositato non
compensava la mancanza di un minimo senso in tante vite futili. Che lui
riuscisse a sentirsi la voce della moralità in quel contesto
nel quale tutto
ciò che contava era il denaro, il lusso e le apparenze
sociali, era abbastanza
eloquente del tipo di situazione nella quale si fosse cacciato.
Era stato particolarmente
soddisfacente, tuttavia,
illudere Lily di aver abboccato alla sua iniziativa da
“famigliola felice ed
unita” ed era certo che la figlia fosse ancora troppo scossa
dal recente
litigio con Blair e si stesse preparando ad un'altra serata, per dirle
quale
fosse il proprio intento.
Aveva osservato il suo
riflesso con evidente
soddisfazione: dopotutto quei tight d'alta moda non facevano che
metterne in
risalto la figura longilinea e, tanto per entrare bene nel ruolo, aveva
modellato i capelli perché gli ricadessero all'indietro,
mettendo così in
risalto i bei lineamenti e la lieve spruzzata di barba.
Si era presto scostato dal
clan Van Der
Woodesn-Humphrey con la scusa di prendere un drink ma aveva cominciato
a far
vagare lo sguardo tutto attorno, domandandosi se avrebbe scorto un viso
familiare tra tante persone anonime, per quanto tutte calzanti abiti di
alta
sartoria o circondate da lustro e sfarzo che, così riunito,
diveniva quasi
pacchiano e persino qualcosa di naturale.
Scosse il capo tra
sé, prima di avvicinarsi al
balcone per farsi preparare da bere: il bicchiere tra le dita e il
gomito
appoggiato indolentemente sulla superficie piana mentre faceva
nuovamente
vagare lo sguardo sulla sala. La sua lenta e annoiata contemplazione si
interruppe
nello scorgere una familiare sagoma e un sorriso gli curvò
le labbra prima di
rimettersi eretto e, dopo aver ordinato un bicchiere di champagne, si
rimise in
piedi.
Si stava guardando attorno con
lo stesso entusiasmo
di un bambino nello scorgere qualche viso evidentemente familiare: era
evidente
che quell'ambiente gli suscitasse una sincera trepidazione, il braccio
porto
cavallerescamente alla capricciosa Blair, fino a quando Sebastian non
si era
fermato alle sue spalle.
Si era chinato al suo orecchio
come quella stessa
mattina, il calice di fronte a lui e un sorriso nel sfiorare appena
l'orecchio
con la punta del naso.
“Sei arrivato” aveva
sussurrato con voce roca e
flebile nell'orecchio, sorridendo del suo evidente trasalimento:
l'attimo dopo
si era volto in sua direzione, gli occhi sgranati di sorpresa, le
labbra
schiuse e le guance rosate.
“Sebastian” ne aveva
bisbigliato nuovamente il nome,
quasi riuscisse a malapena a respirare.
“Chuck Bass” si
intromise un'altra voce suadente,
nel volgersi al gruppetto per poi osservare la giovane e porgerle il
braccio. “Un
incantato Chuck Bass, se possibile questa sera sei persino
più splendida".
“Lo so” Blair aveva
scrollato le spalle seppur un
sorriso compiaciuto le curvasse le labbra: lasciò il braccio
di Kurt dopo aver
scambiato uno sguardo allusivo e si strinse a quello di Chuck.
“Signori, buon
divertimento” si rivolse a questi
ultimi. “E se avete bisogno di una suite, non esitate a
farmelo sapere” aveva
ammiccato in direzione di Sebastian che aveva fatto schioccare la
lingua sul
palato, lo sguardo ancora incatenato a quello di Kurt.
“Non mancheremo”
aveva commentato, il sorriso
persino più esteso al vedere il giovane imbarazzato.
Era sempre stato romantico di
natura, in vero, Kurt
ma – appena varcata la soglia del lussuoso hotel - non aveva
potuto fare a meno
di domandarsi se nuovamente avrebbe incontrato il giovane di quella
mattina. Vi
era qualcosa nel suo sguardo, nel suo modo di sorridere così
sicuro di sé e del
suo fascino, quel modo di agire molto più estroverso e
sfacciato che riusciva,
ad una maniera del tutto particolare, a metterlo in soggezione. O
probabilmente
era il ricordo ancora palpabile dell'esatta sfumatura delle sue iridi:
il solo
pensiero di quello sguardo penetrante e del modo in cui avesse
sussurrato al
suo orecchio e persino di quella sorta di invito, erano sufficienti a
strappargli il respiro. A renderlo davvero scalpitante e trepidante
all'idea di
rivederlo.
Non aveva neppure parlato ma
era riuscito a
riconoscerlo ancora prima che si palesasse e ne scorgesse nuovamente il
volto,
quasi una parte di sé gli fosse ormai così
avvinta da distinguerne la presenza.
Non poté trattenere
l'effluvio di emozioni a
scorgerne nuovamente il viso: sembrava persino più
affascinante in quel bel
completo di marca, in quell'acconciatura che sembrava impreziosirne i
lineamenti e conferirgli un alone più signorile e dovette
ringraziare il suo
impeccabile gusto per la moda, se non si era sentito a disagio da quel
versante.
L'altra coppia si era appena
allontanata che aveva
visto il giovane porgergli la mano ed indicare la pista da ballo, dopo
aver
posato il suo bicchiere sul vassoio del primo cameriere di passaggio.
“Vieni, diamo a Gossip Girl un
motivo per cui
parlare” aveva sussurrato in tono sardonico ed allusivo, di
nuovo quel sorriso
più suadente ma Kurt sentì le gote infiammarsi.
“Qui...?”.
“Kurt, di solito non porto un
ragazzo che ho appena
agganciato nel cubicolo di un gabinetto: sarebbe così volgare”
aveva
commentato, storcendo il naso ad una maniera così
aristocratica ed altezzosa
che Kurt avrebbe persino potuto ridere se non fosse stata ben altra
emozione a
scuoterlo nel profondo.
Probabilmente avrebbe dovuto
essere quello il
segnale a fargli comprendere che avrebbe seriamente rischiato di
lasciarsi troppo
andare: ma, di fatto, guardandosi nervosamente attorno, si stava
lasciando
condurre verso la pista da ballo.
Sebastian doveva averne
intuito l'imbarazzo ma
aveva sorriso maggiormente e, l'attimo dopo, con un fluido movimento,
la sua
mano ne aveva cinto il fianco e l'aveva avvinto a sé. Si era
chinato al suo
orecchio, un sospiro nuovamente appena percepibile.
“Rilassati: non mordo, almeno
fino ai preliminari”
aveva alitato nel suo orecchio e il giovane aveva emesso un verso
strozzato
d'emozione e di indignazione.
Aveva sollevato il mento, le
sopracciglia
aggrottate per quel continuo schermirsi di lui: le braccia esili che ne
cingevano il collo in un gesto più intimo e confidenziale,
ignaro degli sguardi
loro volti.
Le sopracciglia inarcate e le
labbra piegate in un
sorrisetto più allusivo.
“Pensi davvero di arrivare a
tanto?” aveva
domandato, il tono volutamente ironico malgrado sostasse in quella
posizione,
dondolandosi a sua volta a tempo di musica e lasciando che gli facesse
fare una
lieve piroetta prima di avvincerlo nuovamente a sé, la presa
ben salda sul suo
fianco.
“Non lo penso” aveva
sussurrato contro il suo
orecchio, facendo scivolare il respiro lungo la linea sensibile del suo
collo.
“Io lo so” aveva soggiunto, strappandogli un verso
di indignazione ma una
rapida risposta altrettanto ironica.
Ma più volte
dovette cercare di non sorridergli,
più volte di nascondere l'emozione di quel contatto o di non
lasciarsi
completamente annullare da quello sguardo che sembrava cercare qualcosa
di
preciso, scavare tra le sue emozioni e renderlo più
vulnerabile di come si
sentisse.
Persino quando, una volta
allontanatisi dalla
folla, si ritrovò premuto contro la parete, e il respiro di
Sebastian contro il
proprio orecchio, cercò di restare fedele a se stesso.
Persino negli sguardi che si
incontravano a poche
spanne, nel respiro più accelerato e in quel luccichio dello
sguardo quando lo
guardò: non lo stava semplicemente contemplando, sembrava
volerlo letteralmente
immobilizzare nello sporgersi al suo viso.
Aveva sentito tutto il sangue
fluire al viso, la
mano di Sebastian ancora avvinta al suo fianco, il suo respiro caldo
sul viso
ma si era irrigidito, le labbra tremanti.
Dovette accorgersene
perché si fermò e Kurt arrossì
ulteriormente ma fu lesto ad appoggiare le mani al suo petto, quasi a
trattenerlo.
“Scusami” aveva
bisbigliato, la voce più rauca. “...
mi piaci. Mi piaci molto” aveva soggiunto, le guance che si
erano nuovamente
arrossate, facendo sorridere l'altro giovane.
Questi aveva sfregato il naso
contro la sua
carotide, strappandogli un singulto strozzato e facendogli
letteralmente
scoppiare il cuore in gola, nel tentativo di restare lucido e presente
a se
stesso.
“Ma... io...”.
“Tutta questa timidezza
è insolitamente eccitante”
aveva replicato l'altro, il sorriso sulle labbra mentre sfilavano lungo
la sua
guancia, scivolando verso il collo, rendendo il respiro di Kurt persino
più
flebile. Fu con un enorme sforzo che riuscì ad aumentare la
pressione sul suo
petto così da farlo gentilmente scostare per rimirarlo in
viso: si stava
morsicando il labbro, lo sguardo basso e le guance ancora arrossate.
“Mi dispiace, non posso... non
così” aveva
sussurrato con voce flebile.
Sentì la pressione
di Sebastian sul suo fianco
venir meno e pregò perché infrangesse quel
silenzio sceso tra loro, fin quando
non lo sentì sollevargli il mento così da
rimirarlo in viso: le sopracciglia
inarcate e lo sguardo interrogativo.
“Non hai mentito: so di
piacerti” aveva constatato
guardandolo negli occhi e fu ancora più difficile per Kurt
trovare le parole.
“... allora qual è il problema?”.
“Il mio primo bacio”
aveva esalato, le guance
infiammate e le labbra tremanti “... se prima potessimo
frequentarci,
conoscerci meglio, se tu volessi una-”.
“Una relazione?”
aveva domandato Sebastian ma, di
fatto, si era già scostato, le braccia incrociate al petto e
le sopracciglia
inarcate.
“Torno in Europa tra
due settimane, Kurt e temo di
non essere il tipo da relazioni. Almeno quelle che durano
più di quindici
minuti, il tempo necessario per... sì, hai capito”
aveva replicato e Kurt sentì
il cuore strozzato in una morsa dolorosa, il respiro venir meno mentre
gli
sembrava che tutta l'aria fosse venuta a mancare.
Boccheggiò ma
rimase silente.
Ma sembrava già
aver capito, già deciso: si strinse
nelle spalle e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni,
completamente
incurante di sgualcirle a quella maniera.
Un ultimo sguardo o
così lo interpretò Kurt.
“Se cambiassi idea, saprai dove
trovarmi. Buona
notte, Kurt” non aveva atteso risposta e si era allontanato.
Lo aveva osservato a lungo,
cercando di convincersi
che la propria fosse stata la giusta decisione.
Ma sembrò arduo,
terribilmente arduo, soprattutto
nel loft che condivideva con Dan, quando, dopo essersi congedati,
rimase a
lungo seduto sul proprio letto a sfiorarsi le labbra.
Quasi riusciva a sentirlo: il
dolore di un bacio
mancato.
Chi aveva detto che la Francia
fosse il paese
dell'amore? Sicuramente non conosceva il fratellino rinnegato di S.
Sembra
proprio che il caro SebastiHard abbia portato dall'Europa qualcosa di
più dello
spazzolino da denti. Forse qualche abitudine che non era nota alla cara
mammina?
Avvistato: SebastiHard che
esce dal bagno di uno
streap bar per gay nel quartiere più dissoluto della
città; sembra che
dopotutto non tutti soffrano il gelo invernale. E sembra, soprattutto,
che io
abbia trovato un nuovo amico.
xoxo Gossip Girl
Aveva lasciato ricadere il
cellulare sul comodino
accanto al letto, si era immerso maggiormente sotto le coperte.
Affondò il viso nel
cuscino, morse le lenzuola e
chiuse con forza gli occhi, sperò che il sonno lo
raggiungesse subito.
~
Blair storse il naso mentre
faceva scorrere la
timeline della schermata del sito di Gossip Girl: sembrava che negli
ultimi
giorni, la tanto odiata fonte di gossip si fosse concentrata su un solo
obiettivo. E come se non bastasse aveva bellamente ignorato i suoi
spostamenti
nonché la sfilata della madre, se non riportando soltanto un
breve articolo
mostrando una fotografia di Kurt particolarmente provato ed alludendo
ad una “sindrome di mancanza da
SebastiHard”.
“Stai scendendo sempre
più in basso, Gossip Girl”
commentò tra sé e sé mentre
tambureggiava con le dite smaltate sul touchpad del
portatile.
“Non che mi sorprendi,
è figlio di Lily” aveva
soggiunto con la stessa smorfia sprezzante. Si riscosse alla vibrazione
del
blackberry e lo sollevò per poi osservare il nome del
chiamante. Premette il
pulsante per ignorare la telefonata, prima di ricevere un sms.
[From
Serena 11.24 AM]
B, rispondi. Non è
una domanda.
“Come se le Waldorf prendessero
ordini da qualcuno”
aveva borbottato infastidita, mentre Dorota, il pancione sempre
più proteso per
l'imminente e seconda nascita, prendeva a spolverare.
“Signorina Blair, non
può continuare ad ignorare la
signorina Serena”.
“Allora rispondile tu, sempre
che in Polonia esista
qualche rito voodoo che possa essiccarle le ovaie per linea
telefonica”.
La cameriera aveva borbottato
qualcosa nella sua
lingua madre prima di rispondere al telefono che non aveva smesso di
squillare
dall'ultimo messaggio che aveva deliberatamente ignorato.
“Signorina Serena, salve.
Sì, è qui con me ma non
vuole rispondere!” aveva alzato la voce alle ultime tre
parole, una smorfia in
direzione della giovane che in risposta aveva incrociato le braccia al
petto,
gli occhi sollevati al cielo.
Dopodiché si era
messa in ascolto, annuendo.
“Dice che è
importante” aveva commentato, porgendole
il cellulare ma la ragazza si era ritratta come se le avesse sferrato
contro un
pugnale.
“Forse vorrà
informarti su quanti gay single il suo
fratellino si sia portato a letto nell'ultima ora”.
“Dice che è per il
signorino Hummel”.
“Kurt?” aveva
domandato la giovane che era sembrata
evidentemente indecisa di fronte allo sguardo promettente di Dorota.
Aveva
sbuffato, infine, e le aveva fatto cenno di avvicinarle il cellulare
all'orecchio.
“Hai due minuti, S., non ho
tempo da perdere”.
~
Non sapeva esattamente
perché si trovasse in quel
luogo fuori dall'orario lavorativo dopo che, per giunta, Eleanor era
andata in
Francia per una settimana di relax dopo gli impegni per la sfilata. Ma,
come
aveva scoperto da quando si era trasferito a New York, non era
assolutamente
facile, anzi era impossibile dire di no a Blair
Waldorf ed aspettarsi
che ella desistesse tanto rapidamente. Certo, la prospettiva di poter
provare
qualche abito della sfilata o persino di curiosare nelle zone
più remote di cui
Blair aveva l'accesso, era una prospettiva eccitante. Ciò
almeno gli avrebbe
impedito, per qualche ora se fosse stato abbastanza fortunato, di
continuare a
scrutare imperterrito il proprio cellulare, alla ricerca di qualche
nuovo
aggiornamento dallo spietatissimo sito di gossip.
Non era mancato giorno nel
quale non avesse
osservato quelle fotografie e ripensato a quella serata e
ciò che ne sarebbe
stato dell'epilogo se si fosse completamente lasciato andare.
Si costrinse a tornare alla
realtà quando Blair gli
mostrò un completo, ancora avvolto nel cellofan, costituito
da una camicia nera
di seta e un paio di attillati pantaloni dorati che avevano davvero
l'aria di
essere una riproduzione di...
“Oh, mio Dio: sono, sono loro!
I pantaloni che
indossava-”.
“
Hugh
Jackman
in “Not the boy next door”: mia madre era una sua
fan o forse il compagno di mio padre, non lo so[11]”
aveva borbottato
in tono chiaramente indifferente prima di porgergli il tutto con
delicatezza.
“Perché non li provi?”.
Lo sguardo di Kurt
sembrò essersi illuminato ma
altrettanto rapidamente aveva indietreggiato e scosso il capo.
“No, non posso” .
“Oh, avanti: quando mai ti
potrà ricapitare, non
puoi vivere nell'Upper East Side senza commettere qualche
follia”.
“Veramente io vivo a
Broo-”.
“Per carità, non
nominarlo neppure quel luogo” aveva
ribattuto con sguardo sprezzante prima di indicargli il camerino con le
sopracciglia inarcate, muovendo il completo di fronte a lui come un
giocattolo
di fronte ad un cucciolo.
Un sorriso suadente le aveva
curvato le labbra
nell'osservarlo ritirarsi dietro il camerino prima che il suo cellulare
l'avvertisse dell'arrivo di un messaggio.
[From Serena 03.35 PM]
Stiamo arrivando, trattienilo.
Non avrebbe mai ammesso di
essersi, se così si
poteva dire, abituato all'Upper East Side, di certo tutta quella sorta
di fama
e popolarità era piuttosto divertente, ed era stato un modo
abbastanza efficace
per trascorrere gli ultimi dieci giorni.
Avrebbe soltanto dovuto
concludere la settimana in
bellezza prima di far ritorno alla sua vita parigina. Studiò
accigliato la
ragazza al suo fianco, ancora incredulo di essersi davvero lasciato
convincere
a seguirla: aveva osservato le porte dell'ascensore richiudersi con il
caratteristico ronzio.
“Ricordami ancora
perché mi trovo qui”.
“I modelli gay, ricordi? E poi
Eleanor ha visto le
tue foto su Gossip Girl, saresti un perfetto testimonial”.
La risposta parve essergli
sufficiente visto il
sorriso tronfio e sicuro di sé.
“E immagino che questo non sia
un modo per
infastidire ulteriormente la tua ex amichetta” aveva
domandato con le
sopracciglia inarcate e le mani affondate nelle tasche del soprabito.
“Più o
meno” aveva risposto vagamente, sorridendo
all'arrivo di un messaggio.
“Di nuovo Gossip
Girl?” aveva domandato
sfacciatamente sorridente ma Serena ma si era stretta nelle spalle.
“E' Dan”
aveva risposto con un sorrisetto allusivo al che Sebastian aveva alzato
gli
occhi al cielo prima di osservare le porte schiudersi con evidente
sollievo.
Non avrebbe sopportato i retroscena della cosiddetta “Derena
Love Story”
intrisa di separazioni e di riappacificazioni che facevano concorrenza
ad una
squallida soap opera adolescenziale.
Si lasciò condurre
dalla giovane attraverso gli
ampi corridoi dalle cui vetrate si poteva osservare il sole morente che
donava
all'ambiente un alone rossastro e quasi rilassante alla vista.
Si era guardato attorno
piuttosto circospetto,
soprattutto il denotare che non sembrasse esserci alcuna presenza della
Direttrice, tanto meno di sarti o modelli che facessero avanti ed
indietro.
“Là
dentro” lo aveva esortato Serena e, dopo averle
rivolto un altro sguardo circospetto, era entrato in quella che
sembrava essere
la camera di prova delle modelle data la presenza degli ampi specchi
sulle
pareti.
“Blair?” una voce
familiare dal camerino alle sue
spalle e, l'attimo dopo, così lo vide dal riflesso, Kurt Hummel vestito di un
paio di pantaloni
dorati, incredibilmente attillati, e una camicia di seta, comparve a
pochi
passi da lui.
Fissarono entrambi il riflesso
dell'altro, senza
parole.
“E' entrato?” Blair
era uscita dal nascondiglio con
la stessa espressione esaltata di quando un complotto giungeva a buon
fine.
“Credi che andrà
tutto bene?” aveva domandato Serena
con tono preoccupato e Blair si era stretta nelle spalle.
“Credo che Kurt
potrà ritenersi fortunato se non gli
strapperà quei pantaloni con lo sguardo” aveva
replicato e si erano osservate
un lungo istante prima di ridere.
“Mi dispiace, B per tutta la
faccenda del video”.
“E' acqua passata, avrei dovuto
saperlo che non era
opera tua: ma dovrò escogitare un modo per farla pagare a Sebastard.
E
se farà soffrire di nuovo Kurt, lo farò deportare
in Bielorussia”.
Aveva sgranato gli occhi ed
era rimasto immobile,
completamente sconvolto: sembrò aver perso il respiro, il
viso era divenuto
completamente esangue mentre indietreggiava, dopo essersi guardato
nervosamente
attorno ed aver compreso cosa doveva essere successo.
Alla fine lui stesso era stato
vittima di uno dei
famosi intrighi di Blair Waldorf ma di certo non avrebbe immaginato che
ciò
avrebbe comportato la presenza dello stesso giovane il cui ricordo non
aveva
mai smesso di tormentarlo.
Sebastian non
sembrò essersi scomposto: dopo il
primo istante di stasi e di immobilità nel quale era rimasto
ad osservarne
l'esile figura alle sue spalle, studiandolo attraverso lo specchio, si
era
voltato.
I loro sguardi si incrociarono
nuovamente e Kurt si
sentì più vulnerabile e fragile che mai: se aveva
sempre avuto la percezione
che il giovane di fronte a lui riuscisse a sondare la sua stessa anima,
indossare quelle vesti tanto compromettenti sembrava essere un vero e
proprio
suicidio involontario.
Silenziarono a lungo ma
lentamente le labbra di
Sebastian si piegarono in un sorriso allusivo. Lo osservò
umettarsi lentamente
le labbra e quasi istintivamente si ritrasse ulteriormente,
suscitandone un
verso di lieve ilarità.
“Quel rossore continua ad
essere eccitante. Ma non è
la sola cosa” aveva convenuto, le mani ancora affondate nelle
tasche mentre, il
viso inclinato di un lato e il sorriso suadente, si avvicinava: lo
sguardo
incatenato a quello del giovane che non aveva potuto che
indietreggiare, quasi
sgomento. In trappola, un pensiero
repentino che lo indusse ulteriormente ad irrigidirsi.
“N-Non sapevo che saresti stato
qui” si sentì in
dovere di dire, per qualche strano motivo che fece soltanto sogghignare
il
giovane.
“Oh, non lo metto in
dubbio” aveva replicato l'altro,
senza tuttavia interrompere quello scambio di sguardi. “...
ma se non vuoi
essere baciato, hai sbagliato pantaloni” aveva sussurrato una
volta che si era
fermato di fronte a lui: si era chinato a sussurrare quelle parole al
suo
orecchio e Kurt aveva emesso un ansimo d'emozione, percependo
nuovamente quella
scarica di brividi.
Brividi caldi e freddi scesero
lungo la spina
dorsale: consapevole che se non vi fosse stata la parete alle sue
spalle non
sarebbe stato in grado di sopportarne lo sguardo.
Aveva reclinato il capo, il
bisogno di continuare a
sondare in quello smeraldino e, tuttavia, la consapevolezza ch'egli non
avrebbe
agito.
Non se non lo avesse
desiderato.
“Se non vuoi che io possa
conoscerti, hai sbagliato
ad avvicinarti” aveva sussurrato e, malgrado il rossore sulle
guance e la
difficoltà ad articolare persino motto, ne aveva sostenuto
lo sguardo.
Rimasero entrambi immobili e
silenziosi, un altro
lungo istante prima che Sebastian sorridesse, vagamente ironico, il
viso
inclinato di un lato.
“Me ne andrò tra
quattro giorni” lo aveva informato,
scostandosi ma era stato Kurt questa volta a ridurre le distanze, le
mani
adagiate al suo petto a trattenerlo.
“Allora ti chiederò
soltanto quattro giorni” aveva
replicato, la voce più flebile mentre, lentamente, lo
sguardo di Sebastian era
attraversato da un remoto guizzo di divertimento o di qualcos'altro,
non
avrebbe saputo dirlo.
Un vago cenno d'intesa.
“Quattro giorni saranno
sufficienti a farti
desistere”.
~
Non aveva avuto mai niente di
simile ad una vera e
propria relazione per propria idiosincrasia al riguardo e
ciononostante, quella
che stava vivendo con il giovane in quei giorni era stato quanto di
più vicino.
Aveva imparato ad apprezzarne in breve la compagnia: ben lungi
dall'osservarlo
soltanto ad un'ottica meramente fisica e carnale, seppur l'occhio,
specie un
occhio allenato come il suo!, volesse la sua parte.
Ciò che ne aveva
apprezzato fin da subito, una
volta superato quel velo di emozione che lo faceva sembrare
così timido ed
indifeso (non che ancora non mancasse di arrossire a quella maniera
deliziosa,
nei momenti in cui ardiva qualche parola o gesto di particolare
confidenza)
erano quelle schermaglie ironiche che intrattenevano spesso e
volentieri. Nelle
quali entrambi adottavano un atteggiamento più puerile
nell'ostinarsi a volere
ragione sull'altro e spesso e volentieri per le questioni
più frivole come il
gusto nell'abbigliamento che Kurt riteneva intoccabile; ma tutt'altro
che
litigi all'insegna dell'ostilità. Al contrario, sembravano
all'insegna della
mera e semplice complicità che li vedeva sostare persino in
quei battibecchi
con un sorriso più spensierato.
Per la prima volta,
soprattutto, aveva vissuto
l'emozione scalpitante di un primo bacio: il primo bacio di Kurt, il
quale lo
aveva accolto con quel rossore sulle guance e quello scintillio nello
sguardo
così devoto ed emozionato che persino lui era riuscito a
sentire l'anelito di
un calore sconosciuto da molto tempo.
Il riflesso delle sue stesse
emozioni che
sembravano invaderlo, come potessero trascendere da quel corpo
più gracile che
stringeva quasi con l'implicito timore di poterlo spezzare ad una
pressione
troppo intensa eppure, al contempo, volendo trattenerlo come ad
assicurarsi che
non avesse a sfuggirgli.
Avevano cenato nel loft di
Brooklyn (dopo che Kurt
lo aveva letteralmente trascinato e, per una volta, si era detto
d'accordo con
Blair nel rimirare quel distretto come una discarica a cielo aperto
rispetto al
lusso e sfarzo da cui era si era fin troppo abituato in quelle
settimane) nel
quale Kurt si era premunito di creare un'atmosfera ad arte con tavola
apparecchiata per due, candele e musica di sottofondo.
“Se hai scelto questa sera per
perdere la tua
verginità, potrei essere di buon umore” aveva
convenuto con suadente divertimento
nel vederlo arrossire come da regola.
Erano usciti nel balcone dopo
aver consumato la
cena: rimirando il cielo stellato come le luci dei locali dell'Upper
East Side
non avevano mai concesso ed era stato quanto una folata di vento aveva
scarmigliato
i capelli di Kurt, che Sebastian aveva compreso di non poter
più pensare di
trascorrere un altro istante con lui senza avvalersi di quel bacio
ancora in
sospeso tra loro.
Era stato un momento spontaneo
quello con cui ne
aveva spostato quel ciuffo sbarazzino che soleva spesso ricadergli
sulla
fronte: i loro sguardi si erano incrociati, aveva osservato il rossore
sulle
sue gote eppure entrambi erano rimasti immobili a contemplarsi, in
attesa di
quel gesto che suggellasse quel momento.
“Scostati adesso se non
vuoi” aveva sussurrato con
voce più rauca ma il giovane aveva sorriso in risposta
mentre le braccia
affusolate ne cingevano il collo.
“Hai intenzione di farmi
attendere ancora per
molto?” aveva domandato in tono sardonico mentre l'altro
aggrottava le
sopracciglia, facendolo cozzare contro il muro esterno del loft.
“Non provocarmi”
aveva sussurrato a fior di labbra
ma non vi era stato tempo per altro o non gli avrebbe comunque concesso
diritto
di replica.
Non in quel momento almeno.
Era stato con un movimento
fluido quello con cui ne
aveva cinto la gota con la mano libera e si era chinato finalmente a
cogliere
il respiro sulle sue labbra: aveva sentito le sue braccia stringersi
più
strettamente intorno al suo collo, i suoi battiti cozzare contro i
propri e il
sorriso che ne aveva curvato le labbra nel bel mezzo del bacio. Aveva
inclinato
il viso di un lato, dopo essersi scostato per un breve istante, a
coglierle con
maggiore pressione. Ne sfiorò il fianco e lo
attirò maggiormente a sé: il tempo
necessario a lambirne le labbra con più intensità
e conferire un sapore a quel
momento.
Si era scostato dopo un lungo
istante, il sorriso
ancora sostava sulle labbra di Kurt, l'espressione così
trasognata e raggiante
che non aveva potuto che sorridere nuovamente, per poi inarcare le
sopracciglia
al vederlo alzarsi sulle punte.
“Ingordo” lo aveva
blandito, un vezzo ironico che si
estinse nel sorriso che lui stesso impresse nell'ennesimo contatto.
~
Malgrado la sua indole
romantica e sognatrice, non
avrebbe saputo quale termine fosse più opportuno per
definire il suo rapporto
con Sebastian.
Neppure avrebbe saputo dire se
il loro, da parte
propria, fosse un esempio di quello che la letteratura e i film
sentimentali,
ai quali si dedicava spesso e volentieri, definivano “colpo
di fulmine”. Non
perché non mancasse di ricordare quel primo incontro con
evidente emozione e un
anelito più divertito, ma perché non credeva
esistessero metri di paragone per
il tipo di rapporto che avevano instaurato. E neppure per descrivere il
modo in
cui sembrasse esser divenuto così intensamente e
così semplicemente parte di sé
e della propria quotidianità, come fosse divenuto parte dei
suoi pensieri e
fatto presa sui propri sentimenti.
Si era ripromesso che non
avrebbe lasciato che l'imminente
ritorno di Sebastian a Parigi potesse intaccare quell'ultima serata ma
sembrava
che, malgrado nessuno dei due ne facesse parola, il semplice bisogno di
sostare
l'uno tra le braccia dell'altro, fosse più vivo e
scalpitante che mai. E così
avevano sostato anche quella serata tra le consuete schermaglie, una
passeggiata e momenti nei quali le parole erano fin troppo superflue
eppure mai
completamente esaustive.
Lo aveva condotto nella sua
camera d'albergo –
aveva preferito lasciare l'abitazione dei Van Der Woodsen e, a
giudicare dagli
ultimi giorni, aveva particolarmente giovato della totale privacy della
suite
che Chuck gli aveva messo a disposizione – e aveva cercato di
ignorare la vista
delle valigie nelle quali aveva già iniziato a riporre parte
dei suoi effetti
personali. Ma c'era quell'inevitabile tensione negli sguardi, a
comprensione di
quel pensiero che sostava silenzioso tra loro.
Sarebbe stato forse il giusto
momento di parlare di
sentimenti? Forse avrebbe dovuto cercare di guardare dentro se stesso e
comprendere quanto ormai fosse divenuto parte di sé e l'idea
della separazione
gli troncasse il respiro.
A quale pro rendere
più evidente quella realtà che
sarebbe stata fin troppo espressiva e crudele da lì a poche
ore?
Sembrò intuire lo
stato d'animo perché gli si
sedette accanto, togliendogli il bicchiere che neppure aveva sfiorato
dalle
mani, prima di costringerlo a guardarlo in viso.
“Non pensare a nulla
adesso” aveva sussurrato al suo
orecchio e, malgrado quell'intonazione più suadente che lo
contraddistingueva,
vi era quella nota più dolce che fece stringere il cuore di
Kurt, il respiro
appena più convulso.
“Sebastian” ne aveva
sussurrato il nome a mo' di
preghiera o di supplica ma aveva emesso un languido gemito e si era
abbandonato
alla pressione delle sue labbra, laddove quel bacio sembrò
racchiudere tutto
mentre si abbandonavano sul materasso.
Sostò con il capo
affondato contro il suo petto: si
sollevò sul gomito ad osservarlo un lungo istante e, sotto
il suo sguardo
incuriosito, le sopracciglia inarcate, percorse con la mano e
gentilmente quei
lineamenti tanto noti, indugiando laddove i nei ne sfioravano la
guancia a
creare una linea curva immaginaria.
“Kurt”.
“Voglio restare,
stanotte” aveva sussurrato e il
ragazzo aveva schiuso le labbra in un modo di reale sorpresa nel
sollevarsi
appena con il busto: sembrò in procinto di dire qualcosa ma
non gliene diede il
tempo.
Ne sfiorò
nuovamente le labbra, con maggiore
intensità, ricercando la sua mano con la propria,
stringendola e affondando per
un altro istante il viso contro il suo collo, apponendo le labbra a
seguire la
linea immaginaria creata dai nei, baciandoli con devozione.
“Non voglio alcun rimpianto,
nessuna paura o
incertezza: solo noi” aveva sussurrato, lo sguardo azzurro
brillante di una
nuova determinazione nel rimirarne gli occhi. Prima di essere avvinto
tra le
sue braccia con maggiore intensità e sentire le sue labbra
sulle proprie con
maggiore passione e quasi disperazione nell'intrecciare le dita alla
sua nuca,
a trattenerlo per serbare quel calore.
~
La sua pelle era chiara e
delicata come l'aveva
immaginata, quasi rivestita di un pallore perlaceo alla luce della
luna;
sembrava realmente fatto di porcellana e non si sorprendeva fosse un
nomignolo
che gli era stato affibbiato.
Non erano mancate singole
nottate nelle sue
esperienze e neppure di riuscire a intingersi del sapore della pelle di
qualcun
altro, sentire quel calore irradiare e fremere lungo la spina dorsale
ma, per
qualche motivo su cui non voleva realmente interrogarsi, fu tutto
diverso.
Scoprì una
delicatezza e un'attenzione, una premura
che non incisero sulla foga e la passione che sembravano irradiare ma
fecero
riscoprire dei gesti cui non era più avvezzo, eppure
così naturali mentre si
specchiava in quell’azzurro sconfinato dei suoi occhi.
Laddove i respiri si fondevano
e il suo sapore non
era mai sufficiente, laddove continuò a stringerne la mano e
ne intuì la
preghiera anche quando ritrovò se stesso in quel turbine di
emozioni.
Aveva continuato a stringerlo
tra le braccia, aveva
lasciato che si adagiasse al suo petto, ne aveva coperto le spalle con
il
lenzuolo e aveva osservato il modo in cui il suo viso riuscisse a
trovare un
incavo perfetto nello spazio tra il collo e la spalla, laddove lo
sentì
sfregarvi il naso, inducendolo a sfiorarne i capelli.
“Non dimenticarmi”
aveva sussurrato, quasi timoroso:
quasi che quelle parole, se pronunciate a voce troppo alta, potessero
corrodere
quell'atmosfera.
“Come potrei dimenticare un
simile culo?” aveva
commentato in risposta in quel blando tentativo di ripristinare
quell'atmosfera
più suadente e briosa.
Rise Kurt, ma quando Sebastian
rafforzò la
pressione dell'abbraccio, si abbandonò in un tremore
più delicato e
fanciullesco nel socchiudere gli occhi: la mano adagiata al suo torace
ad
ascoltarne i battiti del cuore, socchiudendo le palpebre ad ogni tocco
della
mano di Sebastian lungo la schiena.
Sorrideva, tuttavia, quel
mattino mentre ancora
dormiva: era stato attento a non svegliarlo mentre si scostava per
alzarsi dal
letto ma, anche quando si fu lavato e vestito e le valigie furono
pronte, restò
a rimirarne il volto a lungo.
Non aveva mai amato gli addii
e se anche sarebbe
stato semplice allontanarsi dalla famiglia Van Der Woodsen senza
tradire alcuna
emozione (non che fosse divenuto così sentimentale!), non
avrebbe voluto vivere
il momento della separazione.
Sarebbe stato più
semplice ricordarsi quegli ultimi
giorni e sperava che lo comprendesse e non avesse, così, a
portargli rancore.
Sospirò e rimase
immobile per un altro lungo
istante prima di chinarsi a sfiorarne le labbra, sostò a
pochi centimetri dal
suo viso, un'ultima carezza sul viso di porcellana. Scostò
quel ciuffo
sbarazzino dalla fronte ma si sentiva già lontano un oceano
da lui.
“Addio Kurt”.
Aveva cercato il posto contraddistinto dal suo biglietto per l'imbarco
e si era
lasciato cadere con un sospiro. Ancora un vago sorriso sulle labbra al
ricordo
delle parole di congedo di Lily e come sembrassero realmente
dispiaciuti della
sua imminente partenza. Come, poi, cercasse di nascondere che una parte
di sé
fosse nettamente sollevata perché il suo cognome non sarebbe
più stato
associato a quello che era stato conosciuto dai media come SebastiHard.
Aveva saputo fin dall'inizio
che non sarebbe mai
appartenuto all'Upper East Side ma, fin quando aveva visto quegli occhi
di
zaffiro, era stata una piacevole illusione.
Constatò con uno
sbuffo che gli era toccato il lato
corridoio ma si era seduto, ben intenzionato a ignorare qualsivoglia
presenza.
Neppure si accorse che il suo
vicino aveva appena
abbassato il giornale, un sorriso sbarazzino sul volto.
“Non ho mai visto la Francia ma
la settimana della
moda deve essere incredibile. Te l'ho detto che parlo un ottimo
francese,
vero?”.
Era trasalito e con un gemito
di sorpresa aveva
sondato in quel sorriso compiaciuto e sbarazzino in quel moto
d’allegria con
cui si era dondolato con il busto.
“Kurt”.
“Perché
così sorpreso? Fai un bel sorriso, questa la
mandiamo a Gossip Girl”.
Aveva sorriso, puntando
l'iPhone di fronte a loro e
avvicinando il volto a quello del giovane prima di scattare la
fotografia.
“Un ottimo francese, hai detto.
Niente ripetizioni
di lingua, quindi?” aveva domandato, sporgendosi al suo
orecchio, quella
scintilla di suadente divertimento-.
Ma nella carezza con cui gli
sfiorò il viso e nello
scintillio dello sguardo, vi era tutta la dolcezza, il sollievo e la
gioia di
quell'istante.
Lo aveva visto sollevare gli
occhi al cielo ma vi
era un sorriso vezzoso sulle labbra mentre si sporgeva a sfiorare le
sue per un
breve istante.
“Peut-être[12]”.
“Oh sì, decisamente
sì”.
Lo confesso, questa partenza
mi rattrista ma
dopotutto non sarebbe la prima volta che la vostra intrepida amica,
riesca a
varcare gli oceani. Non ho mai avuto una particolare predilezione per
questi
finali da commediola romantica ma per una volta, e soltanto per questa,
potrei
fare un'eccezione.
A quanto pare il nostro
SebastiHard tornerà in
Francia e non sarà soltanto una valigia quella che
porterà con sé: preparatevi
perché la Kurtbastian Oktober Fest si
è appena conclusa ma non si può
mai sapere!
Sapete di amarmi,
Bisous Bisous,[13]
Gossip Girl
Al solito, i commenti sono benvenuti e sarei curiosa di sapere quale dei sette racconti sia stato il più gradito o se avete una classifica personale al riguardo.
Ringrazio nuovamente tutti coloro che hanno seguito l’intera settimana, chissà che non torni con qualche altro progetto Kurtbastian, ma per questo mese posso dirmi sinceramente soddisfatta di aver contribuito umilmente e dato un piccolo pegno della mia passione per questa coppia, che diventi canon o meno.
Per questo mese è tutto, buon Halloween!
Kiki87
[1] Gossip Girl di cui non si conosce l’identità (a parte nella quinta stagione dove si sono nascoste Giorgina e poi Serena dietro lo pseudonimo), è la gestrice di un sito internet nel quale si raccontano le vicende delle principali famiglie nonché i protagonisti della fiction. Soprattutto attraverso la collaborazione di loro stessi (mandando soprattutto foto e filmini) quando ne fanno ricorso per spionaggio, vendetta o per semplice amore di pettegolezzo. Ha l’abitudine di assegnare a personaggi dei soprannomi o chiamarli con l’iniziale (B sta per Blair, infatti).
[2] Blair è figlia di Eleanor, una famosissima stilista di New York che dirige un atelier a suo nome.
[3] Dan Humphrey, un altro dei protagonisti della fiction: vi basti sapere che vive a Brooklyn e ciò fa sì che spesso venga trattato con sufficienza, soprattutto Blair che non manca spesso di rinfacciarglielo almeno fino ad un loro avvicinamento nella quinta stagione. E’ nel loft che apparteneva ai genitori che ospiterebbe il nostro Kurt.
[4] Nelle prime stagioni era una dei lacchè al servizio di Blair ma non manca di tirarle ogni tanto qualche tiro mancino, aspirando lei stessa alla sua stessa fama e popolarità.
[5] Serena Van Der Woodsen, un’altra delle protagoniste della fiction nonché miglior amica/nemica di Blair, hanno un rapporto abbastanza distruttivo e non è poco comune che litighino più volte in una stessa stagione per i più disparati motivi; di certo Blair che ama essere al centro dell’attenzione spesso si sente minacciata dal modo in cui Serena attiri su di sé l’attenzione. Ha avuto una lunga relazione con Dan Humphrey.
[6] La madre di Serena nonché vecchia fiamma di Rufus Humphrey (il padre di Dan). Si badi bene che, a parte l’ironia, Sebastian non esagera affatto poiché ella è stata sposata per tre – o quattro?! – volte prima di sposare Rufus; suo marito “attuale” nella narrazione.
[7] Tutto questo è ovviamente farina del mio sacco ma doveva esserci un motivo se Sebastian è giunto a NY, diciamo che è un Crossover e A/U
[8] Chuck è fratellastro di Serena, in quanto Lily è stata sposata anche con Bart, suo padre per l’appunto. Ed essere figlio di Lily – che i RIB mi fulmino! – lo renderebbe fratellastro di Serena a sua volta.
[9] Qui Sebastian fa riferimento al famoso matrimonio Sheppard, rimasto celebre nella fiction perché lei e Nate, allora fidanzato con Blair, avevano fatto sesso prima che ella scappasse dal locale e poi dalla città.
[10] Chuck è stato per molto tempo al timone delle industrie del padre e non è insolito che tra varie attività, vi siano locali o intrattenimenti a luci rosse.
[11] Come si scopre nella prima stagione, il padre di Blair ha abbandonato la moglie, in quanto innamorato di un modello che lavorava con Eleanor.
[12] Traduzione: “Forse”.
[13] Solitamente Gossip Girl si firma con “xoxo”, in un caso come questo ricorrerebbe ad un “baci baci” in lingua francese.