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Autore: Whatadaph    02/11/2012    3 recensioni
Molly Weasley ha diciotto anni, prospettive di una carriera brillante e un gran caratteraccio.
Se a questi tre elementi si associa un fidanzato misantropo e una schiera di cugini ficcanaso, quella che si prospetta può essere solo una grande estate.
Odio quando dimentica le cose importanti – come il mio compleanno o la cena con i miei.
Odio la sua improbabile percezione del tempo e il fatto che sia sempre in ritardo agli appuntamenti. Odio quando sogghigna e si vedono quei suoi canini troppo sporgenti.

[Spin-off dalla saga Metamorphosis, pre-Sulla tua pelle]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lorcan Scamandro, Molly Weasley Jr, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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Atto secondo (o Interludio)


In generale, si chiedono consigli solo per non seguirli o, se si seguono,

è per avere qualcuno da rimproverare per averli dati.

Alexandre Dumas



Scena I – Londra, mattinata estiva

In scena Molly, un doposbornia senza precedenti e una sorella caritatevole


Il risveglio fu traumatico.
In principio credette di avere l’influenza. La sua testa sembrava completamente avvolta di ovatta, aveva la bocca impastata e le braccia le parvero incredibilmente pesanti, pur se abbandonate fra le lenzuola.
Provò a deglutire, ma le sembrava di avere una puntina da disegno incastrata in fondo alla gola. Ad ogni tentativo percepiva un pizzicore quasi doloroso.
Va tutto bene. Hai la febbre e il mal di gola. Può succedere a tutti.
Anche a te.
Faticosamente si tastò la fronte, rimanendo alquanto perplessa nello scoprirla fresca. Sgradevolmente appiccicosa, ma fresca.
Non ho la febbre, okay. Posso alzarmi.
Si tirò su con decisione sui gomiti, e immediatamente le parve che la stanza stesse vorticando attorno a lei. Come se il pavimento si inclinasse alternativamente a destra e a sinistra.
Le salì una nausea terrificante.
Compilò mentalmente un elenco dei sintomi. Era un’abitudine che aveva preso durante gli anni di scuola, quando si auto-diagnosticava il malanno in questione pur di non andare in Infermeria. Odiava chiedere aiuto a qualcuno, anche se si trattava di Poppy Chips.
Mal di testa e giramenti. Mal di gola. Sete. Nausea, senso di vomito. Tentò di tirarsi su. Movimenti rallentati. Affaticamento.
Accidenti, ma cosa ho fatto ieri sera?
Tentò di ricostruire gli ultimi avvenimenti del giorno precedente. Ricordò improvvisamente che il giorno precedente era il suo compleanno... e che Lorcan se n’era dimenticato.
Merlino, Lorcan!
I ricordi – che poco prima faticavano tanto a riaffiorare – le tornarono alla mente tutti assieme. Dominique e Louis che l’avevano trascinata in quel pub. Il succinto abitino blu che era stata costretta a indossare dalla cugina – ricacciò infastidita il fatto che fosse stata troppo demoralizzata per riuscire a opporsi. Lou che ci provava con qualunque essere umano di bell’aspetto che si trovasse di fronte, indifferentemente al sesso, all’età e allo stato civile. I bicchieri di Firewhiskey che si erano succeduti uno dopo l’altro – altro pensiero imbarazzante.
E poi... poi si era Smaterializzata, già. Proprio davanti a casa di Lorcan.
Stralci della loro conversazione le risuonarono in mente.
“Cosa dovrei capire, Molly? Sei ubriaca, cazzo!”
“È il mio compleanno! È il mio compleanno e te ne sei dimenticato! Non mi hai mandato neanche un solo, fottutissimo biglietto!”
“Molly, non mi hai mai detto che il diciassette giugno fosse il tuo compleanno. Lo sai questo, vero?”
“Non te l’ho... Cosa?”
“E il mio compleanno? Che giorno è il mio compleanno, Molly?”
“Io...”

“Vuoi sapere una cosa? Oggi è anche il mio compleanno.”
“Io n-non...”
“Non mi hai fatto gli auguri.”
“Neanche... neanche tu mi hai fatto gli auguri.”
“Vero.”
“Auguri.”

“Molly, la mezzanotte è passata da venticinque minuti.”
“Addio, Lorcan.”
E poi si era Smaterializzata e aveva dato di stomaco sullo zerbino di casa sua, quindi si era trascinata singhiozzante a letto, e poi... poi non ricordava altro. Doveva essersi addormentata.
Abbandonò ogni tentativo di alzarsi dal letto, lasciandosi sprofondare ancora di più fra il piumone e i cuscini. Desiderava scomparire. Il mondo faceva schifo. Stava male e si vergognava da morire e si sentiva terribilmente sconsolata. La vita faceva schifo.
La porta della sua stanza si aprì con un cigolio.
Lucy si fece avanti con la sua migliore espressione di crocerossina. In una mano aveva un bicchiere d’acqua, nell’altra stringeva una fialetta che aveva tutta l’aria di provenire da casa Weasley-Delacour.
Molly la vide storcere leggermente il nasino voltato all’insù.
(Quando erano piccole le diceva sempre che sembrava il naso di un maialetto, anche se non era vero).
“Perché storci il naso?” domandò brusca, demoralizzandosi ulteriormente nel rendersi conto di quanto suonasse gracchiante la propria voce. Somigliava a quella di Cricket, il battente-testa-di-corvo.
Che differenza c’è fra un millepiedi e una zebra?
“Niente.” Lucy si affrettò a sorridere. “C’è un po’ di odore di Firewhiskey.”
Diplomatica come sempre. Probabilmente ci sarà un tanfo infernale.
Adesso che ci pensava, anche lei percepiva l’odore penetrante di alcool. Solo che non ci aveva fatto caso, prima.
Non starò diventando un’alcolizzata?
“Molly, non c’è bisogno di vergognarti a morte!” fece Lucy. “Non sei un’alcolizzata per una sbronza. Okay?”
“Taci, mocciosa,” replicò lei, caustica. “Che ne capisci, tu.”
La sorella roteò gli occhi. Molly, suo malgrado, si sentì un po’ in colpa. “Scusa,” disse, “è solo che...”
“Non fa niente, ormai sono abituata al tuo caratteraccio,” replicò la minore con un sorrisino angelico.
Ingannatore sorrisino angelico: Molly conosceva bene sua sorella. Probabilmente aveva in mente di parlare di Lorcan. Il che era tutto fuorché angelico.
Sembra buona e cara, ma in realtà è sadica.
“Bevi.” Lucy aveva abbastanza buon senso da rimandare. Le porse il bicchiere pieno d’acqua, che Molly mandò giù senza troppe storie. Non appena l’acqua fresca le scorse per la gola – affievolendo leggermente il fastidio della puntina da disegno – si sentì un filino meglio. E un filino peggio.
Era più in sé, più cosciente, più... più tragicamente consapevole.
Si mise il cuscino sopra la testa.
“L’amore fa schifo,” brontolò con voce soffocata.
Lucy tirò via il cuscino con decisione. “Dimentichi questo,” ordinò, inflessibile, porgendole la fiala. Agganciato al collo della bottiglia Molly trovò un biglietto. “Filtro anti-sbornia certificato. Tirati su. Louis,” lesse. “Simpatico.”
“Invece è stato molto gentile,” la rimbeccò Lucy. “Altrimenti ti saresti tenuta il mal di testa per tutto il giorno e non saresti riuscita a parlare con Lorcan.”
L’aveva detta, la Parola Proibitissima.

Molly si premette di nuovo il cuscino sulla faccia, singhiozzando stupidamente.

****


Scena II – Londra, stessa mattinata estiva

In scena Molly, Lucy, vecchi film Babbani in bianco e nero e troppe paturnie


Erano quasi le undici quando Molly si decise a emergere dalla propria stanza. Ormai l’unica traccia della sbronza della sera prima era un vago giramento di testa, ogniqualvolta si muoveva troppo in fretta.
I loro genitori erano al lavoro, il padre Percy all’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale e la madre Audrey al reparto di MagiRadiologia dell’Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche, di cui era primario.
Per fortuna. Se papà scoprisse che ho bevuto, mi farebbe la predica per settimane.
Per fortuna Lucy l’aveva coperta, quella mattina, asserendo con convinzione che Molly stava studiando per l’esame di ammissione al Ministero e non poteva essere disturbata per nessun motivo – e dimostrando così di saper dire anche bugie, all’occorrenza.
Ovviamente, i loro genitori se l’erano bevuta. Era facile fregarli se si puntava sulla triade studio-lavoro-carriera.
Molly ancora non si era decisa a mandare un gufo a Lorcan. Insomma, era chiaro che dovessero vedersi. Per correttezza, insomma... per non finirla a quella maniera.
Che coppia siamo? Non sapevamo neanche il giorno del compleanno l’uno dell’altra. L’antitesi del romanticismo.
Accidenti, non abbiamo molto dialogo. Se parliamo litighiamo.
Per temporeggiare, aveva impiegato il tempo in ogni attività possibile, mettendo in ordine la sua stanza già perfettamente ordinata e organizzando il suo piano di studi per le settimane successive nel dettaglio, con cura maniacale.
Proprio tutto quello che Lorcan non sopporta di me.
Il pensiero del suo – forse non più – ragazzo continuava ad affacciarsi nella sua mente, per quanto Molly tentasse di scacciarlo. Si sentiva così stupida, così frustrata...
Basta.
A quel punto, era uscita dalla propria stanza.
Trovò Lucy in salotto, sprofondata sul divano e immersa nella più beata nullafacenza, tutta intenta alla visione di un vecchio film Babbano che trasmettevano in televisione.
Molly gettò un’occhiata allo schermo e riconobbe la pellicola in questione come Colazione da Tiffany, uno dei cult di sua sorella.
Oh, povero amore!” stava dicendo Audrey Hepburn in quel momento, stringendosi al collo il suo grosso gatto. “Povero amore senza nome! Oh, ma io penso che non ho il diritto di dargli un nome... perché, in fondo, noi due non ci apparteniamo, è stato un incontro casuale. E poi, non voglio possedere niente finché non avrò trovato un posto che mi vada a genio. Non so ancora dove sarà... ma so com’è. È come Tiffany.”
Tiffany?” replicò George Peppard, perplesso. “Tiffany il gioielliere?”
Appunto. Io vado pazza per Tiffany! E... specie in quei giorni in cui mi prendono le paturnie.
Ehm, vuol dire... quando è triste?”
No... uno è triste perché si accorge che sta ingrassando, o perché piove... è diverso. No, le paturnie sono orribili. È come un’improvvisa paura di non si sa che. È mai capitato a lei?”
Molly indietreggiò.
Come un’improvvisa paura di non si sa che.
Forse era più simile a Holly Golightly di quanto mai avrebbe pensato. Anche lei era presa dalle paturnie, di tanto in tanto. E, realizzò improvvisamente, ogni singolo tormento di quel genere aveva qualcosa a che fare con Lorcan.
Aveva avuto le paturnie quando Lorcan le aveva rovesciato un secchio di Vermicoli in testa, al terzo anno. Si era sentita così umiliata e delusa da pensarci per settimane e settimane, con un vago senso d’ansia in sottofondo.
Era successa la stessa cosa quando al quarto anno lui l’aveva provocata al punto da costringerla ad affatturarlo pubblicamente. Al riguardo aveva provato uno strano miscuglio di nervosismo, frustrazione e senso di colpa che non se n’era andato per un bel pezzo. A pensarci, sentiva ancora il cuore sprofondare e un curioso desiderio di dimenticare l’avvenimento.
Al quinto anno Lorcan le aveva rubato metà degli appunti e si erano sfidati a duello in piena Sala d’Ingresso. Il colloquio con la preside che era seguito era stato uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita.
Odiava le paturnie, odiava quell’incertezza e quell’idea improvvisa di futuro vuoto che le appariva talvolta, quando si immaginava Ministro della Magia, con la carriera più rapida e brillante della storia... ma terribilmente sola, costretta a trovare ogni sera una casa deserta, non sapendo come riempire il tempo che la separava dall’ora di andare a dormire.
La mano fresca di Lucy si intrecciò improvvisamente alla sua, tirandola verso il divano. La sorellina le si accoccolò contro mentre alzava il volume. Molly la lasciò fare, e dopo un po’ si ritrovò a poggiare la testa su quella di Lucy, singhiozzando piano.
Non permetterò a nessuno di mettermi in gabbia,” annunciò Holly con convinzione.
Non voglio metterti in guardia, io voglio amarti.”
“È la stessa cosa.”
Odiava l’idea di futuro vuoto, ma odiava ancora di più l’idea di nessun futuro... o meglio, di perdere il futuro che aveva progettato per sé. La carriera brillante che si distendeva davanti ai suoi occhi era una via che avrebbe percorso fiduciosa e determinata.
L’amore sarebbe stato solo un inutile impedimento. Già lo era, no? Invece che studiare per il test di ammissione, si stava crogiolando in quella stupida desolazione e quelle stupide paturnie davanti a Colazione da Tiffany.
Si sentì terribilmente patetica. Non voleva che il suo futuro finisse ingabbiato dall’amore.
Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.
L’invettiva di Paul Varjak le fece stringere i denti.
Detestava i cult di Lucy: la facevano sempre sentire un po’ uno schifo.

****


Scena III – Hyde Park, Londra

In scena Molly e i soliti cugini ficcanaso


“Il punto è che devi parlare con lui, Molly.”
Lanciò un’occhiataccia a Domi, per poi fissare caparbiamente lo sguardo sulla superficie increspata della Serpentine, il celebre lago artificiale di Hyde Park.

Mezz’ora prima si era decisa a uscire di casa, lasciando Lucy a commuoversi davanti all’intera filmografia della Hepburn. Ovviamente, quando Dominique aveva mandato un gufo a casa loro per chiedere come stesse, Lucy aveva risposto facendo la spia sulla sua destinazione.
Quindi Molly aveva dovuto rinunciare ai suoi propositi di piangersi addosso mentre gettava briciole alle anatre – per quanto le piacesse autoconvincersi che avrebbe proseguito la lettura di Uno studio in rosso nella più completa serenità d’animo.
Davvero, le sarebbe piaciuto passare un po’ di tempo in compagnia di Sherlock Holmes e del dottor Watson. Ma la bionda cugina era comparsa improvvisamente davanti alla sua panchina, accomodandovisi su senza complimenti.
“Almeno una lavata di capo dovresti fargliela,” insisté Dominique.
Molly continuo a ignorarla ostinatamente.
“Non puoi far finta di niente.”
Strinse le labbra.

“Un momento...” La voce di Dominique si fece irritante e terrificata. “Non avete già parlato, vero?”
Molly annuì bruscamente.

Ieri sera?” arrischiò la cugina in tono allarmato.
Preparandosi al patibolo, annuì ancora.
“Quando eri completamente sbronza, Molly?”
Non rispose. Rimase perfettamente
immobile.
“E come è andata?”
Scrollò le spalle.
“Cosa ha detto Cane Pazzo per giustificarsi?”
Silenzio. Dominique la fissò, in attesa.
“Era anche il suo compleanno,” rispose infine Molly con un filo di voce.

Che cosa?!”
Le anatre andarono completamente in allarme. Decollarono tutte insieme, volando a rotta di collo dall’altro capo del Serpentine.
“Complimenti, le hai terrorizzate,” commentò Molly con voce piatta.
“Non cambiare discorso!” la rimbeccò Dominique.
“Forse dovresti urlare più forte. Magari a East End c’è qualcuno che non è riuscito a sentirti.”
La cugina roteò gli occhi. “Sei impossibile,” sbottò, irritata. “Dimmi che stavi scherzando. Ti prego, dimmelo.”
“Non sto scherzando.”

“Quindi...” Dominique poggiò sul naso la punta del dito indice, pensosa. “Quindi anche tu hai scordato il suo compleanno.”
“Non propriamente,” mormorò Molly, desiderando scomparire per l’ennesima volta nell’arco della stessa mattinata. “A dire il vero non ci siamo mai detti in quali giorni fossero i nostri compleanni.”
A giudicare dalla sua espressione, Dominique sembrava indecisa se abbracciarla o prenderla a schiaffi.
Non fece nessuna delle due cose: lei non era una tipa particolarmente fisica.
Neanche Molly, se è per questo.
“Beh, è un problema che dovrete risolvere,” sentenziò la bionda dopo qualche esitazione.
“Non riesco a capire se ci siamo lasciati o meno,” confessò Molly, desolata. “Insomma, non è una cosa normale. Io e lui dovremmo essere una coppia.”
Dominique le scoccò un’occhiata penetrante. “A cosa pensi siano dovute le vostre difficoltà?” domandò cautamente.
“Non lo so.” Molly sospirò. “È che con lui è così difficile parlare. Brontola sempre.”
“Sì.” Dominique annuì.
“Però non sempre!” Si ritrovò a difenderlo automaticamente. “A volte è dolce, a modo suo. E... sexy.” Soggiunse, arrossendo.
“Non c’è niente da vergognarsi ad ammettere di fare buon sesso,” intervenne improvvisamente una voce maschile tragicamente familiare.
Molly roteò gli occhi. “Sembrava troppo bello per essere vero, Lou,” sibilò, caustica. “Che non ci fossi, intendo.”
Lui sorrise sornione. “So che non vedevi l’ora di vedermi, cugina.”
“Come sapevi che eravamo qui?” Dominique interpellò il fratello con aria indagatrice.
“La piccola Lucy ha cantato.” Louis emise un sorrisetto sghembo e si accomodò sulla pacchina con i suoi soliti movimenti fluidi.
Dannati un-ottavo-Veela.
Dicevamo?” riprese Dominique, gettando un’occhiataccia al fratello.
“Che Lorcan a volte è dolce a modo suo e sexy,” borbottò Molly, la testa da un’altra parte.

“E così partirai.”
Lorcan aveva ottenuto il posto da apprendista GuardiaDrago che tanto desiderava. Molly era... felice per lui, sì. In qualche modo. E anche orgogliosa del suo ragazzo.
Peccato che sarebbe partito a settembre. Quei tre mesi che mancavano alla loro separazione le parvero improvvisamente troppo brevi.
La guardò. “Tanto devi diventare Ministro, Weasley,” brontolò. “Non avresti comunque tempo per me.”
Lei sospirò. “Mi mancherai, però.”
“Sciocchezze. Dici sempre che sono insopportabile.”
“Tu sei insopportabile, Lorcan.”
“Come farò a mancarti, allora?”
Lei ci pensò un istante. “Mi mancherà il tuo essere insopportabile,” concluse poi. “Anche se ammetterò che studiare i Draghi in Romania con la supervisione di mio zio Charlie costituisce un’alternativa valida.”
Lorcan sorrise in quel suo modo un po’ strano – come se per ostinazione non vi fosse abituato. “I draghi non sono meglio di te, Molly.”
“Che novità!” fece lei, sarcastica. “Anche se da te mi aspetta-”
“Ai draghi non si può fare niente del genere,” le fece notare lui, mentre la afferrava per la vita e poggiava le labbra sulle sue con la solita irruenza.
“No,” convenne Molly mentre lo baciava. “Effettivamente no”.

“Sì, ma è insopportabile.” Dominique la guardava con uno strano sorrisino. “Maleducato e scortese.”
“Però è anche...” Molly
davvero non sapeva come mai continuasse a difenderlo, “Cavalleresco. A modo suo.”

“La nota disciplinare è stata annullata,” annunciò la preside Sinistra, che sembrava in qualche modo sollevata, “e il ruolo di Caposcuola reintegrato. Devo dire che non posso che esserne lieta... era un vero peccato, sa? Un curriculum come il suo!”
Molly sorrise apertamente. Merlino, avrebbe gridato e ballato e saltato per l’entusiasmo!
“Come... come avete fatto a capire che non ero stata io?”
“Beh, il signor Scamandro, qui, ha confessato.”
“Che cosa?!”
La ragazza si voltò verso Lorcan, stupefatto. “Eri stato tu?”
Lui, se possibile, parve impallidire ancor di più, contraendo il viso. Annuì.
“Ma... perché?!”
Lorcan la guardò dritto negli occhi. “Ho sentito Jackie Finigann parlare male di te e di tua sorella.”

“Affatturare una ragazza vuol dire essere tutto fuorché cavallereschi!” la corresse Louis.
Aggrottò le sopracciglia. “Come sei sessista,” commentò.
“Piantala di sviare,” intimò Dominique. “E comunque questi sono discorsi completamente inutili. C’è una sola persona con cui tu debba parlare, e quella è Lorcan.”

****


Scena IV – Ottery St Catchpole, Pomeriggio

In scena Molly e Lorcan



Il tempo funzionava in maniera strana.
Molly era arrivata al luogo concordato fra lei e Lorcan con dieci minuti di anticipo. Inizialmente, il tempo sembrava non passare mai, i secondi scorrevano goccia a goccia. Poi aveva preso a correre. Fuori dal suo controllo.
Quando il tempo scorre lento, alla fine passa tutto assieme.
“Ciao.”
Sobbalzò. Era talmente immersa nei propri pensieri da isolarsi completamente dal mondo che la circondava. “Lorcan,” constatò, senza fiato. Sentiva il cuore in gola.
“Come ti senti?” le domandò lui bruscamente.”
“Ho... Mi fa male la testa. Ecco. E poi... cioè, sto meglio. Rispetto a stamattina,” si impappinò stupidamente.
Lorcan annuì, come a prendere nota della cosa.
“Ma... dovremmo parlare. Credo.”
“Già.” Il ragazzo si lasciò cadere accanto a lei sulla panchina inondata dal sole. Intorno a loro, la vita dei Babbani di Ottery St Catchpole scorreva come se nulla fosse. “Il concetto era abbastanza chiaro, nella tua lettera.”
(“Dobbiamo parlare. Molly.” In effetti il contenuto era stato chiaro e altrettanto conciso).
“Dovremmo... capire cosa non va fra di noi,” si sentì in dovere di chiarire lei.
“Anche questo era abbastanza chiaro,” buttò lì l’altro. “Sai, so leggere fra le righe.”
Davvero? Non l’avrei mai detto. Molly si morse la lingua prima di esternare qualche commento sarcastico che si sarebbe rivelato del tutto controproducente.
“E... cosa pensi che non vada?” Si stupì nel sentire la propria voce esitare in questo modo.
“Secondo te?” Lorcan le scoccò uno dei suoi sguardi inquisitori.
E va bene, pensò Molly. Devo lanciare io il guanto della sfida.
“Forse... forse siamo troppo diversi,” ipotizzò. “Tu non accetti alcuni aspetti di me.”
“Anche tu non accetti alcuni aspetti di me!” si difese immediatamente Lorcan.
“E tu vai subito sulla difensiva!” protestò lei, indignata.
Lorcan sbuffò. “Vedi, non riusciamo neanche a parlare senza litigare.”
“Questo perché tu sei insofferente e brusco.”
“Molly,
tu sei insofferente e brusca!”
Lei aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse. Aveva improvvisamente compreso che Lorcan aveva ragione... ma non solo lui. Erano entrambi dalla parte della ragione e da quella del torto.
Abbiamo gli stessi difetti.
“Forse siamo solo troppo simili,” si ritrovò a mormorare, improvvisamente sfiancata. “Forse... forse non siamo fatti per stare insieme.”
Voleva essere contraddetta, forse per la prima volta in vita sua. Lo voleva terribilmente.
Ma non accadde.
“Credo che tu abbia ragione, Molly. Non siamo fatti per stare insieme.”
Il ragazzo si alzò dalla panchina e fece per andarsene, ma lei lo trattenne per la manica. “Lorcan.”
Lui le gettò uno sguardo triste. “Che c’è?”
Si rese conto di non riuscire a dirlo. Di non essere in grado di formulare in parole comprensibili ciò che stava pensando. Quindi disse la prima cosa che le venne in mente. “Che differenza c’è fra un millepiedi e una zebra?”

“Novantasei zampe,” mormorò Lorcan. “Per il resto sono praticamente uguali.”
“Risposta corretta,” riuscì a esalare Molly in un soffio, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.

Lui si sottrasse delicatamente alla sua presa, quindi se ne andò. Lei lo guardò allontanarsi finché non scomparì dietro l’angolo.
Rimase seduta lì, con le lacrime che le rotolavano sul viso.
Non si era mai sentita così stupida e senza speranze.






Note dell’Autrice
Mi scuso enormemente di aver aggiornato così tardi :(
Ad ogni modo, ecco a voi il secondo capitolo di questo spin-off!
Grazie a chiunque abbia letto e recensito <3

Bacioni!
Daphne

PS: Per chi fosse nuovo alle mie storie, qui trovate il gruppo di Facebook dove posto notizie riguardo a eventuali ritardi, nuovi aggiornamenti, etc... Se siete interessati, liberissimi di chiedere l’add ;)
   
 
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