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Autore: damnvogue    04/11/2012    6 recensioni
Per quanto le parole di Sofia cercavano di infonderle sicurezza, Charlotte iniziò a far tremare nervosamente la gamba destra senza rendersene conto. Sentiva di averlo perso ancora la sera precedente, lo sentiva dal vuoto che percepiva nel petto. Quel bacio della buonanotte, quel bacio dato troppo velocemente, aveva tutta l’impressione di essere stato l’ultimo bacio.
«X-Factor del cazzo.» Sofia sorrise, dandole una pacca sulla spalla. Charlotte riprese a mangiare, sbattendo la punta della forchetta sulla ceramica del piatto. Non era giusto, per niente. Charlotte aveva bisogno di lui, non quello stupido programma. Che cosa avrebbe concluso se fosse entrato? Sarebbe diventato un cantante di successo del calibro di Leona Lewis? Ma per favore, quelle cose succedevano una volta su un milione, e lui non era di certo quell’uno.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 3

Stole a key,
took a car downtown where the lost boys meet,
took a car downtown and took what they offered me,
to set me free.
Charlie Brown - Coldplay
 


«Smettetela, subito! Harry dacci un taglio!» Charlotte afferrò Sofia per il colletto della maglia e la tirò verso di lei, cercando di tenerla ferma fra i sedili posteriori.
«Mi stai graffiando, stronza!»
«Ripetilo se hai il coraggio, imbécil de mierda!» Sofia si ancorò di nuovo alla stoffa della felpa di Harry, tirandolo verso di sé per colpirlo. Il ragazzo si sbilanciò troppo e finì con le braccia tra il cambio e il freno a mano, tenendo l'indelebile che aveva usato pochi minuti prima aperto nella mano destra.
«Harry, sto guidando cazzo!» Will abbaiò una bestemmia perdendo per un attimo il controllo del volante, facendo sbandare leggermente l'auto. Charlotte, seduta sulle ginocchia di Haydn, lanciò un urlo e perse l'equilibrio, sbattendo la testa contro il vetro del finestrino. Al suono del colpo Harry si girò di scatto e si allungò verso di lei, afferrandole una gamba con la mano.
«Charlie, stai bene?» Charlotte, che si era ritrovata distesa sopra le gambe di Haydn e Nick senza ben capire come, si affrettò a rialzarsi aggrappandosi al braccio del riccio e, rossa in viso per l'imbarazzo, ritornò al suo posto.
«No, - borbottò massaggiandosi la testa - cercate di stare fermi o finiamo per ammazzarci!» Harry, che da quando l'aveva aiutata a rialzarsi non le aveva lasciato la mano annuì, lanciando un'occhiataccia a Sofia. La ragazza, di rimando, si sporse in avanti e diede un'ultima spinta all'amico, che sbatté di schiena addosso al cruscotto.
«ORA BASTA!» Will inchiodò improvvisamente la macchina sul ciglio della strada, facendo sbilanciare tutti i passeggeri in avanti, lui compreso. Harry finì di nuovo addosso al pannello di plastica, ma questa volta per evitare di sbattere di faccia puntò entrambe le mani, compresa quella con cui teneva il pennarello senza tappo.
«Merda!»
«Voi due, mi avete rotto i coglioni! Non basta il fatto che sto guidando una fottut-» Harry lo interruppe, afferrandolo per una spalla.
«Will! Guarda che cazzo hai fatto!» Il riccio gli indicò l'enorme riga nera ancora fresca che tagliava metà cruscotto.
«Io?!»
«Harry!» Charlotte sbiancò, portandosi una mano sulla fronte.
«E tutto perché sei un huevon malparido!» Sofia rifilò un pugno al poggiatesta del sedile di Harry, facendolo vibrare sotto il colpo.
«Porca troia, smettila di parlare spagnolo che non capisco quanto cazzo mi devo offendere!» Harry iniziò ad urlare in direzione della ragazza, visibilmente infuriato. Will si intromise, frenando in malo modo l'amico per la felpa.
«Mi spieghi adesso come facciamo?! La macchina è rubata e hai lasciato un bel segno di gratitudine per il tuo amato suocero.»
«Che cosa?! Rubata?!» Haydn si mise in mezzo, strillando allarmato.
«Rubato cosa?» Nick, che fino a quel momento era rimasto in disparte a fissare dal finestrino le case scorrergli davanti agli occhi, sembrò svegliarsi.
«L'abbiamo presa dal mio garage, è di mio papà.» Charlotte parlò atona, senza smettere di fissare l'enorme striscio lucido sulla plastica grigia. Non che suo padre avesse fatto fatica a permettersi di cambiare il cruscotto, o magari comprare direttamente un'auto nuova, ma quella era la vecchia Mercedes della seconda moglie, ovvero uno dei pochi trofei che si era sudato durante il divorzio. Il trofeo più costoso, per l'esattezza. 
«Ma tu mi avevi detto che era di tua sorella!» Harry si girò verso Haydn e scoppiò a ridere.
«E secondo te mia madre o mia sorella possono permettersi una Mercedes?» Charlotte incontrò per un attimo gli occhi del ragazzo, percependo una nota amara nella sua voce. Più di una volta si era ritrovata Harry a farle proposte indecenti per passare la serata a casa. Passava dall'idea di una deliziosa torta farcita di Nutella, ad un'allettante notte di sesso senza sosta. In entrambi i casi, riusciva sempre a convincerla. Harry la buttava sempre sul ridere, ma Charlotte sapeva che lo faceva per difendere il suo senso di dignità e per nascondere il fatto che avesse il portafoglio vuoto.
«E allora evita di dire stronzate la prossima volta!» Haydn urlò, sbattendo un pugno contro la coscia di Nick senza accorgersene. L'amico lo guardò allibito e, prima che iniziassero tutti a prendersi a pugni, tirò la maniglia dello sportello e se la svignò scendendo dall'auto.
«Ti stavo prendendo in giro, Hay! Nessuno di noi ha la patente, secondo te come facevamo a recuperare una macchina?»
«Ma vaffanculo!» Haydn spostò malamente Charlotte dalle proprie ginocchia e uscì dall'auto, agitando le braccia per aria mandandolo in malora.
«Tu, oltre che a prendere in giro la gente non sai fare proprio altro.» Detto questo, anche Sofia scese e sbatté rabbiosamente lo sportello alle sue spalle, facendo sobbalzare l'amica.
«Harry.»
«E adesso che vuoi?» Il riccio si girò verso Will seccato.
«Sei una testa di cazzo.» Will prese il cellulare sotto il freno a mano e uscì dalla macchina, seguito a ruota da Harry che continuava ad infierirgli contro. Charlotte si ritrovò sola, mentre urla e parolacce rimbombavano dall'esterno dell'auto. Sospirò, pensando che probabilmente quella sera non sarebbero andati a quella dannata festa fuori città.



 

And I'm dying to know: is it killing you like it's killing me?
I don't know what to say since we twisted our game, when it all broke down,
and the story of us looks a lot like a tragedy now.
The Story Of Us - Taylor Swift
 


Charlotte si svegliò di soprassalto, sbarrando gli occhi contro le fessure luminose della persiana. Di riflesso, allungò il braccio dall'altra parte del letto, tastando le lenzuola gelide. Vuoto.
Si rilassò subito e sbadigliò contro la stoffa del cuscino, non sorprendendosi di trovarla ancora umida e macchiata di rimmel. Si alzò dal letto controvoglia, pensando alla chiacchierata con Gemma poche ore prima e alla sua reazione da 'struzzo', come avrebbe precisato suo padre.
Si trascinò fino alla porta e tese l'orecchio, in ascolto. Sentì la voce limpida di un telecronista riecheggiare nel corridoio, e sospirò. Dedusse che, sfortunatamente per lei, Sofia quel pomeriggio aveva deciso di rimanere a casa, mangiando a sbafo davanti al televisore. Sospirò un'altra volta, appoggiando la fronte contro la porta. Quando Gemma le aveva riferito che Harry si sarebbe fermato per quasi tre mesi, l'aveva decisamente presa in contropiede. Era rimasta in silenzio, cercando con la mente di trovare l'ennesima via di scampo e, sviando tutte le rassicurazioni e le scuse dell'amica, era sgattaiolata in camera prima che Sofia concludesse la chiamata con la madre.
Abbassò con decisione la maniglia e uscì dalla camera a passo sostenuto, decisa a passare dritta di fronte alla coinquilina e catapultarsi dietro il bancone della cucina in cerca di qualcosa di alcolico da bere. Quando però passò di fronte al divano, intravide sopra il tavolo da tè un paio di sudicie Nike verde militare; si bloccò ed indietreggiò di un paio di passi.
«Cosa ci fai qui?» Charlotte aggrottò la fronte. Will la guardò torvo, concentrandosi sugli enormi aloni neri di trucco colato che le contornavano gli occhi.
«Sofia è andata a fare la spesa, io sono rimasto a guardare la tv.»
Charlotte lo fulminò, socchiudendo le palpebre. Sofia, ci avrebbe scommesso, prevedendo un crollo emotivo da parte dell'amica, aveva ordinato a Will di rimanere a casa per tenerla d'occhio, responsabile di qualsiasi reazione isterica e incontrollabile in quanto suo migliore amico. 
La ragazza distolse lo sguardo e si incamminò verso il frigorifero, decisa ad ignorarlo completamente.
«Non hai una bella cera, Charlie.» La voce di Will sovrastò il volume del televisore, rimbombandole alle spalle. 
«Non ho nessuna intenzione di parlare di lui con te, o con Sofia o con qualcun altro.» Charlotte ringhiò, subito sulla difensiva. Afferrò con troppa energia una bottiglia di Guinness da dentro il frigo, facendola scontrare contro la plastica del ripiano.
«Io non mi riferivo a lui, ma ai tuoi inquietanti occhi da panda.» La ragazza si aprì nervosamente la birra con l'apribottiglie e ne bevve un sorso, tentando di darsi una calmata. Maledì in silenzio la sua dannata ossessione per il mascara e il pianto a cui si era lasciata andare quel pomeriggio, in camera da sola.
Sia lei che Will rimasero in silenzio, lui con lo sguardo fisso sul televisore, lei su i suoi folti capelli neri. Il ragazzo percepiva dalla cucina lo sguardo dell'amica traforargli la nuca, ma continuò ad ascoltare la voce del giornalista senza battere ciglio. Dopo pochi minuti, si girò di scatto, sorprendendo Charlotte nell'atto di fissarlo, e la guardò con occhi limpidi.
«Qualcosa non va?» La ragazza, presa in contropiede, lo guardò accigliata.
«Smettila, lo so che cosa stai pensando. Se vuoi farmi la solita ramanzina risparmiatela perché non ho nessuna intenzione di ascoltarti.»
«Immaginavo, ecco perché non ne volevo parlare, come ti ho già detto. Se sei una codarda non è colpa mia, dopotutto.»
Provocazione. Il termine balenò nella mente di Charlotte come un lampo, investendola nell'esatto modo in cui Will voleva.
«Codarda? E per quale motivo sarei una codarda?!» La ragazza colse la provocazione, sbattendo la bottiglia contro la superficie del tavolo e avvicinandosi verso il divano.
«Perché continui a scappare. Scappi da ben due anni.»
«Io non scappo! Sto soltanto evitando un'enorme scocciatura sia a me che a lui, nient'altro!»
«Ed è qui che sbagli, Charlie! Sai meglio di me che lui ci tiene ancora.»
«Si, ai suoi soldi.» Will sbuffò, passandosi una mano fra i capelli.
«Sei stupida. Perché fai finta di non sapere che ogni volta che parla con me, con Sofia o con Gemma al telefono chiede sempre di te? Di come stai, se hai trovato lavoro, di come va con tuo padre? La scocciatura di cui parli riguarda soltanto te, non lui.»
«Poteva pensarci prima di lasciarmi, Will! Ormai è finita, non vedo perché dopo due anni dovremmo riparlarci, - Charlie alzò gli occhi al cielo, innervosita - per parlare di cosa, poi!»
«Magari di come tu, dopo anni, non sei ancora riuscita a superare la cosa?» Charlotte a quel punto divenne rossa dalla rabbia, strinse i pugni, e rifilò un calcio al tavolino posto fra il divano e la televisione. Will sobbalzò leggermente, non abituato a certe reazioni da parte dell'amica.
«Non ti permettere di dirmi cosa ho superato o meno.»
«Certo, ma sta di fatto che non si sa bene perché hai ancora quel rottame segnato da Harry.»
«E questo che c'entra?! Non la cambio perché sono abituata a guidarla e mi secca comprare una macchina nuova!»
«Ok, ma tra poco rimani a piedi, sia chiaro.»
«Will, la Mercedes non c'entra un cazzo con questo discorso. Io sto benissimo, voglio solo evitare di vedere o parlare con quello stronzo.»
«Quindi lo odi, lo stronzo?»
«Non ho detto questo.» Il tono di Charlotte si fece gelido. Will incrociò le braccia al petto, riflettendo sugli occhi inespressivi della ragazza. Erano anni che ormai non gli trasmettevano più niente di confortante o tranquillo; era diventati semplicemente due buchi opachi di colore, vuoti sotto ogni aspetto.
Il ragazzo le fece segno di sedersi accanto a lui sul divano, afferrando il telecomando per cambiare canale. Charlotte espirò tutto il suo fastidio e montò a piedi scalzi sopra il sofà, lasciandosi ricadere a gambe incrociate. Will la guardò annoiato, arricciando le labbra.
«Ogni volta che fai questi versi mi sembri il gatto di Gloria.» La ragazza si lasciò sfuggire una risata, pensando al persiano cieco della zia di Sofia che andava a sbattere contro ogni mobile e muro della casa. 
«E' scesa la febbre a tua sorella?»
«Non cambiare discorso, - Will spense la tv e si girò completamente verso di lei, posizionando il braccio sopra il poggiatesta del divano sono curioso di sapere il tuo piano.»
«Non ho nessun piano.» Charlotte sbuffò e si portò le gambe al petto. 
«Ti dovrai pur inventare qualcosa.»
«Sono stanca, Will. Andrò da mio padre, non lo so.»
«Non faresti prima a chiamarlo e dirgli chiaramente che non vuoi vederlo per x e y motivi?» La ragazza lo guardò contrariata e fece una smorfia delusa.
«Non posso.»
«Perché?»
«Perché non posso, non posso e basta!»
«Non credo che oltre ad essere diventato famoso, abbia anche imparato ad uccidere attraverso una cornetta.»
«Non voglio chiamarlo.»
«E allora scappa come una ladra, mi sembra una cosa ragionevole.» Will la stava istigando, convinto che facendola arrabbiare qualche risultato lo avrebbe ottenuto. Non si aspettava granché, probabilmente Charlotte avrebbe finito per mettergli le mani addosso, ma voleva che in qualche modo si sfogasse. La conosceva da abbastanza anni per sapere che tutti quei discorsi evitati, tutte quelle battute scansate non erano altro che un muro di rabbia che si era costruita con il passare del tempo. Un muro di caos, per l'esattezza.
E in più doveva ammettere che si divertiva parecchio a provocare le persone, ovviamente soltanto quelle visibilmente inferiori a lui, di stazza e di carattere. Ad esempio, non avrebbe mai cercato di provocare la sua ragazza; se ci avesse provato, si sarebbe ritrovato con entrambi i testicoli mutilati nel migliore dei casi.
«Ma posso sapere perché dobbiamo per forza parlarne?!» Charlotte sbottò irritata.
«Perché Sofia non ti dice mai un cazzo per paura di deprimerti più di quanto tu non lo sia già, e a me questa cosa da fastidio. E tanto anche, se devo essere sincero. Lei è preoccupata per te, e tu te ne infischi altamente.»
«Sofia si preoccupa sempre per niente.»
«No Charlie, da quando Harry se n'è andato sei cambiata completamente. Ora, sicuramente non sei nelle condizioni di quando ti ha lasciato, ma non puoi dire che sei la stessa di due anni fa.» Charlotte non riuscì a trattenersi. Scoppiò a ridergli in faccia, trovando estremamente spassoso il suo tono ponderato e da soap-opera.
«Will, sei serio?»
«Non c'è un cazzo da ridere Charlie! Ti sei vista? Sei un ammasso di ossa che cammina. Capisco che sei dimagrita, ma io ti porterei più che volentieri da un dottore.»
«Ma smettila, ho solo fatto sparire tutto quel salvagente di ciccia da.. Ovunque.» La ragazza gesticolò, disgustata. Il solo pensiero di tutti quei kili che pesava pochi mesi prima le facevano venire il voltastomaco. Aveva sempre mangiato, certo, ma soltanto in presenza di qualcuno.
«Cristo, tu non stai bene.» Will tirò fuori il telefono dalla tasca dei jeans e iniziò a trafficare con le dita sopra lo schermo. Charlotte lo guardò allarmata.
«Cazzo fai?»
«Niente.» Will entrò nella cartella musica, abbassò il volume al minimo e cliccò sopra una canzone, mettendola subito in pausa. Lanciò un'occhiata a Charlotte di fronte a lui, che lo guardava con aria angosciata. Con il pollice fece scorrere in avanti la canzone, e poi cliccò il tasto play. Il soggiorno si riempì del suono lievemente distorto della voce di Harry, facendo sobbalzare la ragazza.
Charlotte guardò prima Will, poi il telefono fra le sue mani sconvolta. Le salì un groppo in gola che le sembrò colossale, impedendole di parlare o muoversi.
If we could only have this life, for one more day..
Charlotte rabbrividì. Anche dopo due anni di radio spente e televisioni bloccate solo su certi canali, era riuscita a riconoscere la sua voce, senza esitazioni. Non era cambiata di una virgola, se non per qualche tono più basso e rauco, ma era senza dubbio la stessa identica voce che ogni tanto le riecheggiava in testa. Quella che ogni tanto l'avvertiva che stava esagerando, che doveva respirare a fondo e calmarsi; quella che spesso le ricordava di mettere qualcosa sotto i denti, e che se anche usciva di casa con lo smalto sbavato, nessuno se ne sarebbe mai accorto.  
If we could only turn back time..
Appena iniziò il ritornello e alla sua voce si sovrapposero delle altre, Charlotte si svegliò dal suo stato di trance.
«Spegni! Subito!» La ragazza strillò, scagliandosi contro la figura di Will. In quel preciso momento, dall'altra parte del soggiorno si aprì la porta d'ingresso, e Sofia entrò di spalle reggendo due buste di plastica strapiene di spesa. Appena si girò per salutare e per chiedere un misero aiuto, vide Charlotte completamente aggrappata alla schiena del suo ragazzo, nell'intendo di tirargli i capelli. Rimase a guardarli allibita, non riuscendo a trovare un senso alla situazione, ma non appena Will lanciò un grido di dolore si decise ad intervenire, lasciando cadere le buste della spesa a terra.
«Ma che diavolo sta succedendo?!» Sofia si mise fra i due, staccando le unghie di Charlotte dalla carne del suo ragazzo e afferrando frettolosamente il telefono che era caduto dall'altra parte del divano, spegnendo immediatamente la musica.
«Ma posso sapere che caz..» Sofia ammutolì e Will, che stava per sputare una frenetica serie di parolacce sconnesse, si zittì subito, rimangiandole una ad una. Charlotte era lì sul divano, seduta sopra le proprie caviglie a guardarli entrambi con occhi lucidi. La cosa che lasciò più di stucco la coppia però non fu che la ragazza stesse effettivamente piangendo di fronte a loro, fatto che non accadeva da non si sa quanti mesi, ma bensì lo sguardo piatto e spento con cui li fissava. Will non riuscì a capire se fosse delusa, triste o incazzata, sembrava che avesse soltanto smesso di pensare o ragionare. Se ne stava semplicemente lì, piangendo in silenzio ed impassibile.
Inaspettatamente abbassò lo sguardo e si alzò dal divano, scomparendo nel reparto notte.
«Posso sapere che hai fatto?»
«Ma che ne so, non pensavo di farla piangere mettendole una canzone!» Will si tastò il collo e controllò se le dita fossero sporche di sangue. Altroché gli schiaffi o i pugni che si era aspettato, se Sofia fosse arrivata più tardi era convinto che Charlotte avrebbe iniziato pure a morderlo. Di una cosa era certo: non avrebbe più tentato di provocarla.
Sofia, ancora incredula, fece per raggiungere l'amica in camera, ma Charlotte le comparì di fronte prima che riuscisse a lasciare il soggiorno, con il cappotto sulle spalle e la borsa alla mano.
«Dove vai?»
«Da Brad.» Charlotte la superò, senza degnarla di uno sguardo. Si passò diverse volte gli indici sotto gli occhi, cercando di sfumare tutto quel nero che gli accentuava le occhiaie. Voglia di struccarsi lì non ne aveva, ci avrebbe pensato in macchina. Prima che Sofia o Will potessero aggiungere qualcosa, scavalcò le buste della spesa abbandonate all'entrata e afferrò le chiavi.
«Non so quando torno, potrei stare da lui anche un paio di giorni, al massimo ti so dire per sms. -  Charlotte afferrò il pomello della porta d'ingresso e si girò verso Will - E vado a comprare una macchina nuova, ciao.» Detto questo, uscì dall'appartamento.
 

***
 
«Pronto?»
«Ehi papà, sono io.» Charlotte lanciò un'occhiata allo specchietto retrovisore, immettendosi in autostrada.
«Tesoro! Come stai? Tutto bene?»
«Si si, tutto apposto. Senti, oggi pomeriggio hai da fare?» L'uomo, dall'altra parte delle cornetta, si sistemò i gemelli sui polsi e iniziò a sfogliare l'agenda.
«In teoria avrei un incontro con un politico di un certo spessore tra dieci minuti, ma dovrei liberarmi in una mezz'oretta. Come mai me lo chiedi?»
«Avrei bisogno di un piccolo favore.» La ragazza si sistemò il bluetooth sull'orecchio sinistro e spinse il piede sull'acceleratore, raggiungendo i 140 km/h sulla prima corsia.
«Dimmi tutto, tesoro.»
«Vorrei comprare un'auto nuova e dare dentro la Mercedes, ma sai che proprio non me ne intendo di macchine..»
«Oh, grazie al cielo! Finalmente hai deciso di cambiare quel catorcio. Un giorno o l'altro saresti rimasta a piedi senza capire come.»
«Si, lo so, ma non la cambiavo perché mi trovavo bene.» La ragazza lanciò un'occhiataccia alla linea ormai sbiadita sul cruscotto, serrando le labbra. Continuava a ripetersi da quando era uscita dall'appartamento che quella macchina non l'aveva di certo tenuta per quel dannato segno, più per auto-convincersi che per altro.
«Ho capito, ma dopo un tot di anni bisogna cambiarla, accidenti a te. Vieni qui così ne parliamo?»
«Sono già per strada.»
«Charlotte, mi raccomando vai piano che il motore non regge.»
«Si, vai tranquillo. Dovrei essere lì per le 4 e qualcosa, riesci a liberarti?»
«Certo tesoro! Guarda che comunque te la regalo io, non pensare.»
«Eh? No no papà, non se ne parla.»
«Oh si invece! Ora che finalmente hai deciso di liberarti di quel rottame, non ho nessuna intenzione di farti andare in giro con una misera Pegeout e lasciarti rischiare la vita ad ogni incrocio.»
«Guarda che un sacco di persone hanno fatto incidenti in Pegeout e sono ancora vive, mi pare. E comunque pensavo ad una Mini Cooper, con tanto di bandiera inglese stampata sul tetto per onorare la patria. Una BMW può andarti meglio?»
«Una BMW si, ma la Mini Cooper no. E' un giocattolo, non un'auto.» Charlotte sbuffò, visibilmente contrariata.
«Sapevo io che era meglio se mi arrangiavo..»
«So io cosa comprarti, e si dal caso che l'abbia nuova di zecca in garage, giusta arrivata l'altro ieri. Era per me, ma posso benissimo ordinarmene un'altra.»
«Papà, è inutile, lo sai che le Lamborghini non le so guidare.»
«Oh, ma non ti preoccupare tesoro, è decisamente meglio di una Lamborghini questa.»
 

***
 
«Mh. Ci hai messo il sale?»
«Giusto!» Anne strappò il mestolo dalle mani della figlia e lo rimise dentro la pentola, per poi allungarsi verso una mensola e prendere il barattolo di sale. Lasciò cadere dentro la zuppa un pizzico, due pizzichi. Si fermò al terzo giro con la mano sopra la pentola, indecisa sul da farsi.
«Era tanto insipido?»
«Direi.» Anne lasciò ricadere convinta l'ultimo pizzico di sale, richiudendo il contenitore. Stava preparando una strana zuppa ai funghi, seguendo una ricetta che aveva trovato dentro un vecchio libro rilegato di sua madre. Lei si che era sempre stata un portento con i fornelli, se lo ricordava bene. A qualsiasi festività, che sia stata Natale, Pasqua, o anche ad eventuali compleanni lasciavano sempre che cucinasse lei, con le sue mani leggermente macchiate dalla vecchiaia e con il suo naso infallibile; da segugio, come lo chiamava suo padre. In confronto, Anne non era mai stata un granché, neppure con cose semplici come torte e biscotti. Una volta per preparare il pollo aveva quasi fatto saltare per aria il forno, ragione per cui adesso si limitava a scaldare qualsiasi cosa in pentola o al massimo nel microonde, cercando di non mettere a repentaglio la vita di nessuno, esclusa la sua.
«Mamma, continua a mescolare sennò si attacca.»
«Si, mettevo via il sale!» Gemma si sedette sopra il bancone della cucina, con lo sguardo ben fisso sulla pentola al fuoco. Ogni volta che sua madre cucinava, si sentiva in dovere (della cucina) di starle sempre appresso, senza mai perderla d'occhio.
«Accidenti, scotta!»
«Non lo avrei mai detto.» Anne incenerì la figlia con lo sguardo. Gemma in quel momento sentì il telefono vibrare dentro i jeans, lo prese e rispose.
«Pronto?»
«Buongiorno principessa!»
«Buongiorno.»
«Che c'è?»
«C'è che mamma sta cucinando.»
«Cazzo.»
«Chi è?» Anne fece un cenno inquisitorio in direzione di Gemma, fermandosi di mescolare.
«Il tuo figlio disperso negli Stati Uniti. Non fermarti di mischiare ho detto!» Harry dall'altra parte della cornetta rise, continuando ad osservare Liam davanti a sé che preparava la valigia.
«Che cavolo sta cucinando questa volta?»
«Una sottospecie di minestra di funghi che ha tirato fuori dal libro di nonna..» Gemma si allontanò dalla madre, andandosi ad appoggiare con una spalla sullo stipite della porta della cucina, dandole le spalle.
«E' una zuppa!»
«Ecco, una zuppa.» Gemma sbuffò.
«Tienila d'occhio, per favore. Non voglio tornare e trovare la casa esplosa.»
«Sto facendo del mio meglio..» Gemma si girò verso la madre, controllandola. La ritrovò intenta ad osservare la copertina di una rivista che era arrivata quella mattina per posta, un magazine sulla salute che regalavano in farmacia insieme alle aspirine.
«Mamma! Cazzo, mischia!» Harry rise di nuovo, più forte, attirando l'attenzione di Liam.
«Anche io voglio ridere! Di che parlate?» Harry gli fece segno di lasciar perdere con la mano, ma lui si avvicinò mentre cercava di piegare una felpa in pile.
«Ciao Gemma!» Liam urlò in direzione dell'orecchio del riccio, sogghignando.
«Chi è? Liam? Ciao pelaticcio!»
«Che ha risposto?»
«Ti ha dato del pelato.» Harry ridacchiò, schivando con uno scatto un rotolo di carta igienica che stava per arrivargli in pieno viso.
«Maledetti voi Styles!»
«Gems, ti ho chiamato perché devo darti una bellissima notizia.» Harry si schiarì la voce, vedendo uscire da una stanza adiacente Louis con una ragazza alle spalle. Gli accennò di far silenzio con un dito e lui, mezzo barcollante per i postumi della sbronza, annuì. 
«Hai trovato qualcuno che ti sopporta? Se è un uomo va bene comunque!»
«No, arrivo tra due giorni!»
«Che cosa?! No eh.»
«Perché?»
«Cosa è successo?!» Anne si mise in mezzo alla conversazione urlando, di nuovo.
«Harry arriva dopodomani.»
«CHE COSA?! - Anne si bloccò subito dal mescolare e guardò la figlia sgomenta - Accidenti!» La donna abbandonò zuppa e mestolo e corse verso il soggiorno, sbraitando che Gemma si sarebbe ritrovata figlia unica a breve.
«Ma che ha?»
«Le hai soltanto rovinato i piani, credo.»
«Dove diavolo è il telefono di casa?! Gemma!»
«Sopra il divano!» Harry, dall'altro capo della cornetta, fece un cenno di saluto in direzione della ragazza che stava uscendo dalla camera d'hotel, e rivolse a Louis con un'occhiata disgustata. Il ragazzo sorrise sornione e gli sillabò la frase "Sette e mezzo, quasi otto".
«Louis!» Liam stizzito da quel giudizio, gli rifilò un spinta su una spalla. Non c'erano dubbi che si trattasse di una spintarella leggera, ma fu abbastanza inaspettata da far perdere l'equilibrio al ragazzo e a farlo inciampare sopra un ammasso di felpe sgualcite. Si udì un tonfo, e Louis cadde a peso morto contro la moquette del pavimento.
«Cazzo!»
«Che c'è?»
«Niente, Louis è appena caduto di faccia.» Harry si alzò dalla poltrona e si precipitò ad alzare Louis per una spalla, aiutato da Liam.
«Oi, stai bene?» Il ragazzo li guardò entrambi increduli, mentre cercava di reggersi in piedi sulle proprie gambe. Appena lo mollarono scoppiò a ridere come un pazzo, tenendosi la pancia.
«Ha bevuto?» Gemma iniziò a passeggiare per il soggiorno, inseguendo pacatamente la madre che continuava a correre da una parte all'altra della casa, parlottando affannata al telefono.
«Non solo quello, mi sa.» Harry lanciò un'occhiata di intesa a Liam, e l'amico, capendo al volo, agguantò Louis per il collo del pigiama e lo trascinò in bagno.
«Senti, ma perché arrivi prima?»
«Ehm, un servizio fotografico ed un'intervista sono saltati, non si sa bene per quale motivo. In più ci hanno cancellato un paio di incontri in settimana, quindi torniamo tutti a casa prima.»
«Ah, forte.»
«Gemma?»
«Si?» Harry rimase in silenzio, massaggiandosi quella porzione di pelle nuda dietro il collo. La sorella intuì la domanda e sbuffò.
«Si Harry, l'ho avvertita e lei non ha detto niente.»
«Come non ha detto niente?»
«Che avrebbe dovuto dire? Ha detto "Ah ok" e basta.»
«Bugiarda.»
«Eh?»
«Lei non dice mai ok. Ha sempre avuto, dal primo anno, un professore di inglese che odiava la parola 'ok', quindi voleva per forza che i suoi alunni dicessero 'va bene', 'd'accordo', ma mai ok. Perciò posso assicurarti che non può averti risposto così.» Gemma si bloccò in mezzo alla cucina, rimanendo senza parole.
«Harry, ma ti senti?»
«Voglio sapere che ti ha detto!»
«Ha detto che forse se ne va da suo padre, non lo sa!»
«Ah, - Harry si passò una mano nervosamente tra i capelli, scompigliandosi i ricci. Aveva deciso di evitarlo anche questa volta, a quanto pareva - buono a sapersi.»
«Senti Harry..»
«No, stai tranquilla, volevo soltanto saperlo per.. Saperlo. Adesso ti lascio che devo andare a dare una mano a Liam con Louis.»
«Va bene, fai buon viaggio e mandami un messaggio domani quando parti, così vedo di mandarti qualcuno all'aeroporto per venirti a prendere.»
«Agli ordini capo. Dai un bacio alla mamma e digli che mi farò perdonare.»
«Se prima non ti taglia la testa! Ci proverò, ma tu prometti di rilassarti e di non pensare a Charlotte.»
«Ciao Gems.» La ragazza non riuscì a ribattere che la chiamata si concluse, obbligandola a rimangiarsi una bella battuta sarcastica sulla testardaggine del fratello. Pochi istanti dopo, comparì in cucina Anne, trafelata.
«Lo strozzo.»
«Con chi parlavi al telefono?»
«Con il pasticcere! Ho dovuto pagarlo il triplo per spostare l'ordinazione della torta! - La madre la guardò esasperata, raccogliendosi i capelli in una cipolla disordinata - Si sa almeno a che ora torna?»
«Ehm, no.»
«Ah! La fotocopia sputata di suo padre, ecco cos'è! Appena mette piede in casa lo uccido con le mie mani, vedrai. Ed io che mi illudevo che gli fosse entrato un po' di sale in zucca! E' rimasto sempre il solito irresponsabile!» Gemma prese a ridacchiare, ma improvvisamente si accorse che alle spalle della madre la zuppa bollente stava traboccando dalla pentola, riversandosi in gran parte sul ripiano dei fornelli.
«Mamma, la zuppa!»








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Buona domenica! Sarò molto rapida ed indolore, visto che mi devo immediatamente fiondare a fare un'odiosa analisi del testo sull'Orlando Furioso: ecco qui, un capitolo bello lungo per farmi perdonare dell'assenza. Se ci sono errori mi scuso, ma ho dovuto concludere in fretta e furia sia per i compiti che adesso mi aspettano, sia per una promessa ad una cara amica.
Detto questo, spero sia stato di vostro gradimento, anche se personalmente non mi sembra di aver scritto granchè di rilevante. Ringrazio in anticipo chi perderà tempo a recensire, chi perderà tempo ad inserirla nelle preferite/ricordate/seguite, e i particolare quelli che perderanno tempo a leggere questo capitolo! E' stato un parto scriverlo, davvero.
Grazie ancora e alla prossima!


Geo.
  
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