Seven Days
Venerdì
La mattina del giorno dopo, Hermione si svegliò in preda al peggiore mal di testa degli
ultimi anni, il che era davvero dire tutto. Il solito provvidenziale aiuto da parte di
Silente era riuscito a trarre in salvo le due ragazze prima
che i giornalisti le prendessero letteralmente d'assalto, ma quando le aveva
convocate nel suo studio, per qualche minuto, non aveva concesso loro di vedere
Harry e Ron, che al momento
si trovavano all'interno dell'infermeria, riparati dai fotografi e dalle
domande indiscrete. Silente aveva sostenuto che lasciarli un po' da soli fosse
l'idea migliore - anche se né Hermione né Ginevra
parevano esserne particolarmente convinte - e così le aveva rispedite nel
dormitorio attraverso un vecchio vicolo pressoché sconosciuto, che sbucava ai
piedi della Strega Gobba.
Inutile dire che nessuna delle
due aveva dormito per più di qualche inutile motivo, per cui la sensazione del
risveglio dava modo al cervello di recuperare disordinatamente i fatti appena
avvenuti, e la consapevolezza del suo essere inutile la colpiva sempre con più
forza.
Ogni volta che si svegliava, lei,
pensava.
Così, quel mattino, quando di alzò
definitivamente dal quel letto insolitamente scomodo e inutile, barcollò fino
al bagno e vi si rinchiuse per qualche istante, per poter meditare nel
silenzio. La sua mano si rifiutava anche solo di far andare lo spazzolino da
denti per la bocca, così lo lasciò perdere, preferendo
il confortante sapore alla menta di una cicca babbana. I suoi capelli non avevano
mai rappresentato la perfetta personificazione dell'ordine cosmico: dunque,
poteva anche permettersi di lasciare il pettine posato sulla specchiera, per
quella mattina. Fece lo stesso ragionamento più o meno
con tutte le superflue processioni a cui ubbidiva quotidianamente.
Quando scese per colazione, sembrava l'Hermione Granger trasandata e
stanca di qualche anno prima, che non sapeva concedersi null'altro che il
monumentale sapere contenuto nella biblioteca. Hermione
ricordava gli sguardi che le venivano lanciati spesso,
a colazione, e non si stupì di ritrovarne alcuni quella mattina: il derisorio
scatto di sopracciglia era sempre snervante. Ignorò la folla di zotici che si
apriva davanti ai suoi occhi e si diresse con passo traballante verso Ginevra,
che versava più o meno nelle stesse condizioni. La
mora non l'aveva mai vista così provata dal quinto anno, quando erano tornati (più o meno) salvi dal Ministero della Magia. Le occhiaie
profonde che solcavano i loro visi erano ormai arrivate a lambirne gli zigomi
pronunciati.
- Sembri uno spettro, Hermione.
-
- E tu un fantasma. - sussurrò
esausta. Si lasciò scivolare sulla panca senza alcun riguardo per cose e
oggetti nelle vicinanze. Atterrò con un tonfo sgraziato.
Nessuno osò fissarla: erano tutti a conoscenza del fatto
avvenuto la sera prima, e sapevano tutti molto bene cosa significasse
contrariare Hermione Granger
- per altro già contrariata. Lei alzò gli occhi sui
suoi compagni di Casa.
- E' venuto qualcuno a dire qualcosa? Non so, riepiloghi,
punizioni, visite… -
Lavanda si schiarì la voce e poi disse
che no, non era venuto nessuno. - Non ci sono nemmeno gli insegnanti, adesso. -
aggiunse Dean Thomas,
additando lo spoglio tavolo del consiglio docenti. Hermione si voltò brevemente alle sue spalle. Constatò
l'effettiva mancanza dei professori: si girò verso gli altri e annuì.
- Bene. - fece una pausa. - Suppongo che prima o poi verrà qualcuno a chiamarci. Non possono
ignorarci per sempre. -
Un paio di persone fecero delle smorfie irriconoscibili. Ginny teneva gli occhi chiusi, ma l'inequivocabile piega
sulla fronte non lasciava spazio a equivoci: era
furiosa. L'altra fece finta di nulla, come nel nulla aveva lasciato l'occhiata
che Draco Malfoy le aveva
lanciato qualche istante prima. Tra tutto quello che
era successo la notte precedente non aveva decisamente
il tempo per dedicarsi anche a lui: inoltre, non era nemmeno così tanto sicura
che fosse totalmente estraneo alla situazione. Lo lasciò a cuocere nel suo
brodo, e la scelta non fu nemmeno così tanto
difficile.
- Ti sta guardando male. Gli hai ucciso il serpente
preferito? -
Alzò gli occhi, confusa. - Come? -
Ginny roteò gli occhi, probabilmente
sull'orlo di una simpatica crisi di nervi. - Malfoy.
Ti sta incenerendo con lo sguardo. Hai ucciso qualche sua bestiola? -
- No. Lo sto semplicemente evitando. -
- Ah. - considerò il suo viso per qualche istante. -
Probabilmente è anche peggio. -
Hermione mugolò, lasciandosi scappare
un'espressione stralunata. - Gin, ti prego non mettertici
anche tu. - si chiuse il viso fra le mani. - Mi basta già il pensiero di quei
due rinchiusi come delle bestie dentro l'infermeria. -
- Sono stati trattati seguendo la loro bestiale inclinazione, signorina Granger. -
L'esatta percezione della frase "Può sempre andare
peggio di così" non le era mai parsa più chiara quanto in quel momento. La
voce flautata del professor Piton le aveva dolcemente
carezzato il collo e si era insinuata, viscida, tra le
pieghe del suo abito. Lei rabbrividì. Quando si girò
verso l'uomo, poté scorgere ancora l'ombra del solito ghigno insolente sparire
nell'espressione assorta che era uso assumere in quelle situazioni.
- Professore. - l'apostrofò.
Lui inclinò un sopracciglio. - Stia zitta, Granger, e veda di seguirmi in infermeria senza troppe
storie. Che nessuno - il tono della voce di scompose e
colpì, vibrante, ogni alunno della sala - ci segua. Sono stato chiaro? -
Nessuno annuì, ma era lampante che il concetto si fosse
ben impresso nella mente di tutti.
- Molto bene. - commentò lui. Infine girò sui tacchi e si
allontanò verso il corridoio a grandi falcate veloci. Ad
Hermione non restò altro da fare che trotterellare
per riuscire a sostenere il suo passo, come si confaceva ad un piccolo
cagnolino affidabile.
***
Se quello era il concetto del "pensare" di Ronald Weasley, Hermione non osò nemmeno immaginare quale fosse quello di "agire".
Che i due se le fossero date di
santa ragione, era chiaro. Entrambi ostentavano una
non indifferente collezione di lividi ed escoriazioni. Harry
in particolare sfoggiava un grazioso occhio nero: evidentemente Ron l'aveva preso di sorpresa.
Nessuno dei due osò proferir parola. Ma quando Hermione spalancò la bocca per parlare, il rosso azzardò un
- Hermione, penso che… -
- Zitto. - lo ammutolì lei. - Non pensare. Il più delle
volte si rivela dannoso. - sbottò acidamente.
- Non ci posso credere! - cominciò infine. - Due bambini,
uno peggio dell'altro! Cosa diamine vi è saltato in testa di
fare tutta quella confusione, nel bel mezzo del corridoio, poi. Non
volevo crederci, quando me l'hanno raccontato. Ho passato tutta la notte in
pensiero, io!,
mentre voi idioti stavate qui a mangiare cioccorane!
-
I dolci di Silente spiccavano sui comodini di entrambi.
Fece per ricominciare a parlare, quando all'improvviso una
voce li - o meglio la - interruppe.
- Signor Potter, Signor Weasley, Signorina Granger. Vi trovo in forma. -
Tre paia d'occhi si alzarono contemporaneamente al cielo mentre una divagante Sibilla Cooman
s'impadroniva dell'attenzione all'interno dell'infermeria, spandendo olezzo
d'incenso un po' ovunque. Madama Chips storse il
naso, preoccupata.
Come al solito, pareva essere
completamente estranea a qualsiasi avvenimento esterno alla sua preziosa e
soffocante aula nella torre, tanto che i suoi occhi evanescenti, piuttosto che
fissare riottosamente i due coinvolti nella rissa, si puntarono su Hermione. - Ah, Signorina Granger, quanto dolore mi provoca vederla qui. -
- Professoressa. -
Il tono con cui la ragazza scandì quel saluto fece voltare
i suoi amici, che preoccupati si prepararono ad assistere ad una memorabile
sfida Ragione-Visione. Fortunatamente
- Sibilla, Sibilla! -
Lei spalancò gli occhi scuri e liquidi, facendo appena
socchiudere le labbra. Infine, pronunciò la sua tormentata sentenza. - Una
visione, mia cara. Una tremenda, terribile, visione. -
Harry socchiuse gli occhi. - Per caso,
professoressa, le è comparso un gramo in sogno? -
- Per Tutti i maghi con la barba, Potter,
sì! -
Hermione nascose l'espressione disgustata
solo grazie a quel rispetto congenito che tendeva ad impadronirsi di lei in
presenza d'un professore. Ron
sogghignò.
- E' stato tremendo. Tremendo. - ormai la strega pareva
persa nel racconto della visione. - Orde, orde di grami che
mi sovrastavano latrando, mentre la pioggia bruna rendeva fetido il loro odore.
E poi, all'improvviso, quando tutto mi appariva ormai perduto… -
- Magari è arrivato un centauro a salvarla. -
Era abbastanza palese che Piton
fosse completamente disgustato dalla situazione: ed era anche chiaro che
considerasse quella donna un insegnante quasi quanto se stesso simpatico - il
che era chiaramente ridicolo.
- Oh, no. Diamine, no, professor
Piton. Piuttosto… - e si chinò verso Harry con un sorrisino consapevole, come se lui avesse la
fortuna di condividere il dono con lei - … ho sentito una voce emergere tra i
guaiti. Ed era la tua, Potter.
-
Hermione sbuffò.
- Davvero, professoressa Cooman?
E cosa… cosa, ehm, dicevo? -
- Prima di tutto, mi pare ovvio, - s'inquietò - ti sei
preoccupato della mia preziosissima salute. E infine m'hai
suggerito di recarmi in infermeria, immediatamente. -
Tutti tacquero. Ron si lasciò
sfuggire un'espressione decisamente disperata - Hermione provò persino del rimorso per avergli inveito
contro, qualche minuto prima: niente era distruttivo quanto
Passarono alcuni attimi di silenzio in cui Hermione considerò la dolce
ipotesi di mandare la sua ex insegnante a quel paese, ovviamente con un
adeguato impiego di parole forbite. Proprio quando si decise per un elegante
"Professoressa, lei è molto stanca", quella si decise a darle
ragione: di punto in bianco, svenne.
Dopo essere rimasta per qualche istante al suolo, fissa e
rigida come un animale imbalsamato, il suo corpo venne
scosso da alcuni tremiti appena percettibili, che misero tutti in uno stato di
agitazione più che normale.
Infine la professoressa Cooman,
aprendo gli occhi spiritati e serrando i denti sulla lingua, parlò. - Dovreste
immediatamente cercare il serpente giallo. Sicuramente ha stretto lo scarabeo. E qualora un certo ammiratore delle saette decidesse di
stare vicino al libro, sarebbe meglio se il libro lo allontanasse. -
Pronunciata la sentenza - di cui nessun aveva capito
nulla, o quasi - si schiantò nuovamente al suolo, senza che alcuno si muovesse
per afferrarla al volo. Solo quando udì l'inconfondibile tonfo di un corpo per
terra, Ron decise di smuoversi.
- Qualcuno ha capito qualcosa? -
- No. -
- Mh, direi di no. -
- Assolutamente no. No, no, chi
mai potrebbe capire qualcosa di quelle sciocchezze, perché sono sciocchezze, è chiaro, ovviamente. Che
fandonie, assolutamente. E quella donnaccia ha deciso di scuotervi così, poveri
ragazzi, dovreste dormire, chiamerò Ginny per dirle
di non venire a disturbarvi, anzi no!, credo che andrò
a cercarla per dirglielo di persona! -
- Hermione…? -
Il tempo d'arrossire furiosamente per la reazione, la
ragazza era già scomparsa dietro alle cortine dei letti. Due istanti dopo,
sentirono la porta sbattere con violenza contro il battente. Se
n'era andata.
***
Che Hermione
Granger non fosse mai stata una buona bugiarda,
questo lo sapevano tutti. Ma decisamente, con quello stacchetto pubblicitario aveva superato se stessa nell'arte
dello smascheramento immediato.
Sospirò, affranta, mentre superava con un balzo alcuni
gradini che la separavano dall'anticamera verso il dormitorio Slytherin. Se il sospetto che
l'aveva colta nel bel mezzo della premonizione della Cooman
- per un attimo sperò che fosse vera - si fosse rivelato esatto, allora quella
era la strada giusta per riuscire a risolvere il mistero.
Quello che non si era aspettata, oltre ai giornalisti,
alla zuffa e alla Cooman - il che comunque
aveva reso la giornata abbastanza imprevedibile - era il suo insegnante di
Pozioni ben ancorato davanti al quadro del suo dormitorio, ritto e minaccioso
come un cane da guardia.
Per un attimo, le sembrò Fuffy.
Poi il paragone le parve troppo assurdo, ed evitò di concentrarvisi troppo. -
Ehm, professore. -
- Come faceva a sapere che… -
- Legimens,
Granger. -
Già. Detestava essere prevedibile quasi quanto lo detestava un diciottenne qualsiasi. E
la voce flautata del suo insegnante le fece capire che era stata molto prevedibile.
- Qualunque cosa tu abbia capito
di quella profezia, Granger, devo pregarti di essere
molto accorta nei tuoi movimenti e nelle tue azioni. Nessuno di noi due vuole
degli scandali, qui, vero? -
Hermione annuì lentamente. - Intesi,
professore. -
Infine Piton si spostò di lato,
facendo un cenno al ritratto. Quello si spalancò immediatamente, lasciando
passare una lieve corrente d'aria fredda che dall'interno spirò verso la tromba
delle scale.
Lei rabbrividì.
***
- Li hai chiamati tu, i giornalisti. - non era una domanda
e di questo Draco Malfoy
pareva essersi reso pienamente conto, tanto che si era appoggiato più
comodamente allo schienale della sua poltrona, invitandola con un gesto a
proseguire.
- Continua, ti prego. -
- Prima ero in infermeria a parlare con Harry e Ron
- Draco sfoderò un sorrisino ironico. - e improvvisamente
- Ha detto delle cose chiaramente incomprensibili, non mi aspettavo altro da lei, ma una cosa chiara, beh, l'ha
pronunciata. Ha detto che il serpente giallo aveva
stretto lo scarabeo. -
Malfoy inclinò un sopracciglio. Se aveva colto il problema, era evidente che stava cercando di
dimostrare tutto il contrario. - Continuo a non capire. Credi alla Cooman piuttosto che a me? -
Hermione l'ignorò. - Non ci ho fatto
immediatamente caso. - disse - Ma poi, ripensandoci un
attimo, mi è parso chiaro che il serpente biondo non potevi che essere tu. -
Lo Slytherin rise.
La mora proseguì. - Compreso che stava parlando per
metafore, ho cercato di pensare a chi diamine potesse
essere lo scarabeo. E poi mi è venuto in mentre che al
quinto anno tu ti eri servito della Skeeter per
screditare Harry: e guarda caso, quando
quell'orribile donna si trasforma, diventa uno scarabeo.
Collegando un poco gli avvenimenti, era chiaro che lo avevi fatto di nuovo. Ti sei servito della Skeeter perché seguisse Harry e Theodore, così che, appena fosse successo qualcosa, sarebbero arrivate frotte di giornalisti curiosi. -
Lui continuava a ridere, scosso da continui fremiti. Aveva
gli occhi chiusi e sul viso non c'era traccia di espressione,
positiva o negativa che fosse. Ad un certo punto, applaudì. - Ma brava la mia piccola Gryffindor.
-
Hermione strinse i denti, infastidita da
quella reazione. - Dimmi solo una cosa, Malfoy:
perché l'hai fatto? -
Tornò improvvisamente serio e l'abbagliò con i suoi occhi
grigi. - Mi pare abbastanza chiaro, Granger, che io e
te esistiamo solo per distruggere. - fece una pausa di
riflessione, come se stesse soppesando con cura le parole da dire. - Per
distruggere qualcosa che non doveva nascere, per essere
precisi. Ti ricordi, Hermione? Il nostro
patto, il nostro piccolo segreto… - il tono di voce
era andato calando, ed Hermione si ritrovò a
socchiudere gli occhi, come se il ricordare di quegli eventi l'avesse colta
impreparata.
Era vero: si erano messi insieme per far lasciare Harry e Theodore.
La loro unione non aveva avuto altre motivazioni se non
quella. La consapevolezza d'averlo dimenticato la fece sobbalzare.
- Pensavi che lo scandalo li avrebbe divisi? -
- Già. -
- Non mi pare che abbia funzionato più di tanto. -
Draco grugnì, evidentemente consapevole
del fatto. Roteò gli occhi, infastidito. - E' evidente che ho
sottovalutato il problema. - disse.
Hermione fece per aggiungere qualcosa, ma
un improvviso bussare alla porta l'interruppe nel bel mezzo del respiro
iniziale.
- Avanti. - urlò Malfoy.
La testa di Theodore Nott fece timidamente capolino oltre l'uscio, arrossendo vistosamente per l'imbarazzo: d'improvviso Hermione si chiese con quale diritto avesse deciso di
rovinare la vita a quel povero ragazzo, che le pareva così dolce e gentile da
non sembrare nemmeno uno Slytherin.
- Ehm, Draco, volevo sapere se
il tuo camino era accesso. Per prendere un paio di braci per accendere il
nostro. - farfugliò.
Malfoy nicchiò con eleganza. - Sì, è
acceso. -
Era così tranquillo che la sua capacità nel mentire quasi
deluse Hermione: solo lei lo trovava così
dannatamente imbarazzante? Non ebbe la possibilità di meditarci su. Il saluto
di Theodore - sempre educato - la riscosse.
Nella stanza, mentre il ragazzo afferrava con la bacchetta
alcuni tizzoni, calò all'improvviso un silenzio cupo,
che lasciò tutti quanti, se non a disagio, quanto meno straniti. Poi Malfoy calò l'asso nella manica, il vero potenziale di ogni Slytherin: l'ironia. -
Pensavo che per accendere bastasse la saetta. - ghignò.
Se Theodore
s'irrigidì tutto ad un tratto, punto sul vivo, Hermione
ebbe due reazioni. Prima di tutto, si sentì indignata per il trattamento che veniva riservato a Theodore; in
secondo luogo, la parola "saetta" provvidenzialmente utilizzata da Malfoy le aveva fatto scattare la scintilla nel cervello
ancora parzialmente al buio.
- Ma certo! - esclamò. - Sei tu
l'ammiratore delle saette. - disse guardando Theodore.
- Ed è evidente che io sono il libro, certo. -
- Granger…? -
- E se "E
qualora un certo ammiratore delle saette decidesse di stare vicino al libro,
sarebbe meglio se il libro lo allontanasse" allora tu dovresti stare… - un lampo di preoccupazione le animò lo
sguardo - … tu dovresti stare lontano da me. - finì, spaventata.
Fu un attimo di distrazione: una voce, dal nulla, urlò a
squarciagola la parola "traditori!".
Un secondo dopo, la stanza esplose.