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Autore: mairileni    26/11/2012    5 recensioni
"Cosa avete intenzione di fare? Di me, intendo."
"Non lo so."
"Sei un bugiardo del cazzo."
"Ti sbagli. Io non mento mai." Mentre lo dice fa un sorriso furbetto.
"Non hai risposto."
"L'ho fatto! Non lo so. Davvero. Questo..." Mi solleva la mano ammanettata. "Questo non era... nei piani" dice, e guarda un punto indefinito del pavimento, mentre lo fa. "In realtà è stata una sorpresa anche per me... quindi non lo so."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi!
Buonasewa EFP!
 
Dunque, questo capitolo è stato un po' sofferto, però non voglio anticiparvi nulla!
Quindi grazie a chi continua a scrivere e  seguire la mia storia, eccovi:
 
A li ~ Bentrovata! Ti è piaciuta la scena dell'autogrill, che bello! E dire che non ero troppo convinta, ma bene, bene! Per quanto riguarda la mamma di Matt sono ancora più contenta, perché volevo rendere bene quella parte a cui (non so perché) voglio bene.
Spero che continuerai a seguire! ^^
 
aleale00 ~ Buonasewa Roby! Una nuova lettrice, che piacere! Ti ringrazio molto per aver scritto, vediamo se riuscirò ad incuriosirti ancora di più con questo capitolo! *no* :) un bacio!
 
Irene ~ Ciao cawa! >.> Certo, YOU DESERVE RESPECT TOO! Davvero ti è piaciuto? Bene, sono molto contenta! ^^ Sì, esatto molto oliver twist is in the air! Sì, sapevo della possibilità di rispondere a una per volta, ma dato che alla fine sto aggiornando abbastanza spesso mi fa piacere fare una cosa così all together (?)! Se preferisci, però, la prossima volta rispondo subito! :) baccci!
 
Sono davvero felicissima che stiate continuando a recensire, davvero, grazie a tutte! 
 
Ed è con questo spirito che vi presento il capitolo 3!
 
Buona lettura!
 
pwo_
 
 
*** *** ***
 
You led me on
 
 
Non sento un tuffo al cuore, né mi spavento. 
Credo che sia solo perché non ho realizzato, o probabilmente perché credo ancora di poter scappare, in qualche modo.
 
Non c'è molto altro da dire, quindi resto in silenzio per un po', con Stan in sottofondo che spara qualche battuta di cattivo gusto ogni tanto, ma non lo sento neanche.
Saranno venti minuti che siamo qui fermi, quindi me ne esco con un:"Perché non partiamo?" seccato.
So perché non partiamo.
Stan ride con quella sua risata acuta e soffocata che mi fa venir voglia di picchiarlo pesantemente:"Ognuno ha le proprie necessità, ragazzo, ognuno!".
Cerco di nascondere la mia irritazione e guardo fuori dal mio finestrino, senza fiatare.
 
Dal nulla qualcuno bussa al vetro non troppo gentilmente, facendomi sobbalzare.
"Ma guarda chi abbiamo qui!" è il commento di Stan a Matt, che ha quasi finito di fumare una sigaretta.
 
Pure la sigaretta.
 
"Apri."
Apro.
Tiri fuori le manette e siamo di nuovo legati insieme, tu neanche mi guardi.
 
Mentre saliamo dietro, attenti che non ci veda nessuno, noto il leggero velo di sudore che ti copre la faccia, e ti odio.
 
***
 
Nel buio del furgoncino, alla tua destra, sto cercando di capire se mi viene da vomitare per l'auto, per l'insonnia, o perché sono appena stato con una femmina.
 
Non è per l'auto.
 
Ti guardo cercando di non farmi vedere. È cambiato qualcosa? No. 
Note to self: farsi una femmina non aiuta a dimenticare un maschio.
 
Tu nel frattempo non hai detto neanche una parola, e hai ragione. 
Però io non lo sopporto.
 
"Quindi Stan ti ha detto."
"Come lo sai?"
 
Bravo, Matt, ottima mossa, sei proprio un coglione.
Pensa in fretta.
 
"Vi ho visti parlare. Non credo abbiate troppi altri argomenti in comune."
"Mi ha detto che sei il suo preferito."
 
Che figlio di puttana.
 
La voce mi trema leggermente dall'irritazione:"Ah sì?" 
Ma tu pensa.
"Sì."
 
Cala il silenzio.
 
"Sei di Teignmouth?" chiede.
Mi sembra ridicolo non rispondergli, anche perché se volesse identificarmi, potrebbe farlo anche solo descrivendomi. Ci sono, nel database della polizia.
"Sì. Perché?"
"Io di Stockport." Pausa:"Sto cercando di capire dove ti ho già visto."
"Teignmouth non è proprio New York."
"È come se mi ricordassi di te per un motivo particolare..."
No, no, no, ti prego.
"Matthew."
 
Ancora. 
Matthew. 
Oggi è una bella giornata.
 
"Er...Sì?"
"Da quanto tempo fai... questa cosa?"
Cazzo. Eccolo.
"Due anni."
"E dove stai, quando non..."
"Non ho una sistemazione fissa."
"Ah." Pausa:"Stan ha parlato di ruoli."
 
Ruoli. Lui li chiama 'ruoli'.
 
"Ah, sì?" cerco di non far sentire il tremore furioso della mia voce.
"Sì. Ha detto che a seconda della fascia d'età si possono fare... tante cose diverse. Quindi mi chiedevo due anni fa cosa potessi fare tu."
 
Bingo.
 
Non te lo dico. Non te lo voglio dire.
 
***
 
Se non rispondi è perché non vuoi dirmelo, quindi non insisto, anche se un'idea ce l'ho.
 
Vorrei chiederti anche un'altra cosa.
 
"Ti sei fatto la ragazza del bar?" 
Avrei voluto una cosa più discreta, ma mi è uscito questo.
 
La risposta tarda ad arrivare:"E una volta che lo sai che fai?"
Stronzo. Odio il modo in cui rispondi alle domande con altre domande.
"Era per sapere."
"Sì."
"Ah."
Ti odio, ti odio, ti odio.
 
Il resto del viaggio passa in fretta, anche perché per la maggior parte del tempo dormo scomodamente seduto di fianco a te o rimugino su possibili metodi per scappare.
 
Per quattro ore e mezza che restano non dici più nulla, a tratti mi dimentico anche di averti accanto.
 
La destinazione, che raggiungiamo intorno alle sei e mezza, è un anonimo paesino, abbastanza triste, con l'insegna della gelateria che si illumina ad intermittenza, il benzinaio, la chiesa, il supermercato e decine di case di quelle che hanno le facciate che sembrano di gesso.
 
La specie di pensione dove ci fermiamo sembra quasi carina comparata a questo posto.
"Una tripla, per favore." chiede Stan.
La vecchietta dall'altro lato del bancone è magrissima, con i capelli bianchi, corti e ricci, e parla piano, con la voce arrochita dagli anni:"Mi dispiace, figliolo, ma non abbiamo triple."
"Non avete triple?"
"Beh, sai, non passa molta gente qui, e, se passa, non si ferma." 
In effetti. Il pensiero di dormire per terra stanotte non voglio neanche considerarlo, quindi confido nella prudenza di Stan. Ti prego, ti prego, ti prego, nessuno zio farebbe dormire un nipote per terra, quindi ti...
"Quant'è per una doppia e una singola?"
Sì! Grazie!
Grazie! Grazie signora che gestisce una pensione dai prezzi bassi! Grazie!
 
In un angolo remoto della mia testa, pregusto la convivenza forzata che questa notte dovrò affrontare con Matthew.
 
***
 
Questa pensione alla fine non è malaccio, abbiamo un piccolo angolo cottura, due letti, e sono con Dom. 
Per quanto mi riguarda non sarebbe stato un grosso problema averne anche solo uno, di letto.
 
"Ma come cazzo sopravvive, la gente, in questo posto di merda, se il supermercato chiude alle cinque, eh?" grida uno Stan furioso, rientrando in casa dopo un'uscita che sarà durata sì e no dieci minuti.
Cerco di rispondergli:"È chiuso?"
"Sì! È chiuso, cazzo! Quindi ora devo sbattermi fino al centro commerciale di Exmouth."
"Non c'è neanche un negozio aperto?" Faccio lo scandalizzato, ma in realtà se si togliesse dai piedi sarebbe solo un piacere.
"Neanche uno! Tutti a cena, i signori! Una cazzo di città fantasma! Vaffanculo!"
propongo debolmente:"Se vuoi vado io." 
Dimmi di no.
"No. Ieri al notiziario si parlava di te."
"Non... Non me l'avevi detto."
"Non mi sembrava rilevante."
"In che termini si parlava di me?"
"Dicono che sei morto."
"... E chi lo dice?" La mia voce è sempre più bassa.
"Ci metterò un'ora, se va bene."
E si chiude la porta alle spalle.
 
Rimango lì fermo per un po', non so quanto.
Dicono che sono morto.
Mia madre sa che sono vivo, ed è quello che conta.
 
*** 
 
Il bagno della nostra stanza ha una piccola finestra quadrata da cui non passerebbe neanche un pollo, e comunque ci sono delle sbarre di ferro.
Senza contare che siamo al terzo piano.
Figuriamoci.
 
Esco dalla doccia respirando a fatica, perché c'è solo vapore intorno a me.
Mi avvolgo un asciugamano intorno alla vita, mentre con un altro mi asciugo il resto del corpo.
 
Passo la mano sul vetro appannato dello specchio, quel poco che basta da vedermi.
 
Ciao, Dom. 
Stai proprio uno schifo, sai?
 
"Hey, Britney, per quanto ancora dovrò aspettare?"
Mi metti di buon umore, e ti rispondo come a un fratello:"Vaffanculo!" cantileno.
 
Credo di sentire una risatina.
Sembriamo una di quelle coppiette di ragazzini rincoglioniti.
 
"Sul serio, Dom, sei lì dentro da quaranta minuti buoni!"
"Io ci tengo."
Mi ha chiamato Dom.
"Dai, davvero..." Apre la porta, e mi fa prendere un colpo.
Lui avvampa e abbassa gli occhi:"Ah, ma sei proprio... Sei... appena uscito."
"Sì. Mi sono lavato anche i capelli."
Sorride, soffiando col naso.
"Posso usarla io, quindi?"
"Ora dovrei farmi la barba."
"Eh. E allora?"
"Beh... ah, no, ok, vai pure. Cioè, vieni pure."
 
Torni dopo pochi secondi, e l'unica cosa che hai addosso è un asciugamano.
 
Oh, cazzo.
Ti prego Dom stai calmo. Respira.
 
Sto ammettendo che mi piace un maschio, ma ora non ho tempo di pensare a questo, sono troppo impegnato a cercare di non saltargli addosso.
 
Lui entra nella doccia, butta l'asciugamano sulla sbarra metallica a cui la tenda è attaccata, e apre l'acqua. 
 
Un ragazzo è nudo dietro una tenda ad un metri da me e io sudo freddo. 
Oh cazzo. 
Non sono gay, quindi dev'essere una di quelle cose che ti capitano una volta su mille, sì, dev'esserci qualche tratto del viso in cui mi ricorda una ragazza, dev'essere quello.
 
Non riesco a prendere in giro neanche me stesso.
 
Quando esci vorrei non essere lì, ma ovviamente ci sono, perché in bagno sono peggio di una donna.
 
Ci muoviamo imbarazzati in quello spazio troppo stretto, ma in qualche modo alla fine riusciamo a vestirci -tu sei pronto prima di me, pur essendo entrato in bagno quaranta minuti dopo-, giusto in tempo per l'arrivo di Stan.
 
La cena passa in fretta, tu hai cucinato la pasta al sugo, a quanto pare sei un bravo cuoco.
 
Durante la serata Stan si è chiuso in camera sua, né nessuno ha insistito perché rimanesse.
 
Nella nostra stanza c'è una piccola TV, la accendo. BBCnews, la voce atona della telegiornalista.
 
"...Per Dominic Howard, scomparso il giorno 22 novembre nella piccola cittadina di Teignmouth. La famiglia, distrutta per l'accaduto, continua a diffondere la foto del ragazzo, nella speranza di ottenere nuove informazioni sul suo presunto rapimento.
Il capo della polizia, Mike Collins, in una conferenza stampa, ha dichiarato che il caso potrebbe essere collegato a quello  di Matthew Bellamy, il quindicenne che due anni fa scomparve senza lasciare traccia sempre nello stesso luogo..."
 
Sullo schermo compare un'immagine. C'è un ragazzino, tutto vestito di nero, occhi azzurri, capelli scuri, appoggiato al muretto, quello che dà sulla spiaggia. Riconosco il muretto.
Riconosco lui.
 
"... Matthew, nei giorni precedenti alla scomparsa, è stato visto più volte allontanarsi insieme ad un uomo sui trent'anni, su una Aston Martin nera. Collins ha parlato di un possibile traffico di minori destinati alla prostituzione, ma a quanto pare Howard non è mai stato visto in atteggiamenti simili. La..."
 
Prostituzione. 
Matthew. Non ci posso credere.
 
"... L'ennesimo appello."
 
Una ragazza bionda.
Mia sorella. Cazzo, quella è mia sorella! Che cosa... Perché piange? No, Emma, ti prego.
Cosa dice, cosa...?
 
Dom, ti prego, ci manchi, ti prego, Dom, torna a casa, mamma e papà non sono arrabbiati, ti prego, sei la mia vita, torna, Dom, torna qui.
 
Non so in che ordine abbia detto queste cose, che ora mi trafiggono la testa, e il petto. Fatto sta che mentre parlava si è interrotta, ed è crollata, in lacrime. Allora l'inquadratura passa su mio padre, che ha gli occhi lucidi, ma si regge in piedi. 
 
Dominic torna. Noi ti aspettiamo, 
sempre.
 
Non mi ricordo come si faccia a muovere i muscoli.
 
"...anche la madre di Matthew, che sostiene di sapere con certezza che il figlio è ancora vivo."
 
Ora c'è un'altra donna, sullo schermo, e ha gli occhi lucidi, e azzurri, e la voce che trema ed è ferma nello stesso tempo. È uguale a suo figlio. 
 
Matthew, lo so che sei vivo, e tu lo sai che lo so, ti prego, torna, Matthew, non ce la faccio senza di te, Matt, finirà tutto, se solo torni, torna, ti prego.
 
La televisione si spegne, ed è come se qualcuno mi tirasse fuori da un sogno, di forza.
 
Mi giro di scatto, e ci sei tu con il telecomando in mano, impassibile.
Sei vuoto.
 
Mi giro di nuovo, e mi prendo la faccia nelle mani, e piango, piango, piango, e vedo mia sorella che piange, mio padre, mia madre, e non esiste nient'altro.
 
***
 
Ti sei addormentato, non so se esiste una specie di meccanismo per cui quando piangi poi dormi, ma tu lo fai.
 
Ti ho lasciato lì a piangere, perché in quel momento io non c'entravo nulla, e ora ti ho portato fino al letto, in braccio, storto, in qualche modo, ma ti ci ho portato.
 
Ho visto mia madre, mia madre con dieci chili in meno e molte rughe in più.
Sono vivo, lo so che lo sai, mamma.
Tu sai tutto.
Sembri così lontana che l'idea di tornare pare quasi ridicola.
 
Mi distendo sul mio letto, o almeno il mio corpo lo fa, mentre la mia testa viaggia, ricordando il tempo in cui ti chiedevo di restare con me, la notte, così magari riuscivo a dormire. 
Sorrido. 
Quando c'eri ci riuscivo sempre.
 
Ora invece sono sveglio da trentadue ore, mamma, eppure le pillole che prendo sono sempre quelle.
 
Mi ricordo il primo episodio di... quello. Ti eri spaventata tanto. Ti sentivi quasi in colpa, 'Mi dispiace', dicevi.
Ero spaventato anch'io, ma ora è l'unica cosa che ci tiene in contatto e vivo nel terrore di perderla.
 
Mi ricordo di papà, delle litigate, degli urli, e dei soldi, che non c'erano. La casa della nonna, l'odore di sapone del bagno, il pezzo di piastrella che mancava sul muro della cucina.
 
Mi ricordo che piangevi segretamente.
Anche se io lo sapevo, com'era ovvio che fosse.
 
Ero uscito, perché volevo trovare un modo di aiutarti con i soldi, mamma.
Ma ero troppo piccolo per lavorare da Harvey, o da John, o dalla signora Stewart.
 
Allora ho trovato qualcosa che si potesse fare a tutte le età, perché niente sarebbe stato terribile se fosse servito ad aiutarti, mamma.
 
Non mi importava che mi vedessero, che mi puntassero il dito contro, non sono mai stato troppo popolare comunque.
 
Poi una sera mi era andata male, e sulla via del ritorno avevo incontrato Stan. E lui mi aveva guardato le ferite, e aveva detto che se fossi tornato a casa in quelle condizioni avrei dovuto raccontare come era successo, e se l'avessi fatto ti avrei spezzato il cuore, perché ti saresti sentita incapace di prenderti cura di me. 
Ma io lo so che se non uscivi dalla tua stanza era perché stavi male, e che non potevi sapere che la sera non ero da Becky, perché ti fidavi.
 
Fatto sta che come tu ti sei fidata di me io mi sono fidato di Stan, solo per proteggere te, mamma.
E guarda com'è andata a finire.
 
***
 
Mi sveglio alle quattro.
Cerco di ricordarmi l'ultima cosa che ho fatto prima di dormire, e quando mi torna in mente è come un pugno.
 
Improvvisamente odio tutto, vorrei uccidermi, vorrei uccidere Matthew, e bruciare quei momenti in cui ho pensato a lui in modo diverso che a un rapitore.
Se davvero fosse stato preso anche lui con la forza, sarebbe già scappato, è troppo intelligente per non riuscire a farlo.
Non mi ha neanche ammanettato, stanotte, non ha avuto il coraggio.
 
E non rifletto neanche. 
Sono già vestito.
 
Ascolto. Niente.
 
Mi alzo, attento a non fare rumore, e ad ogni movimento mi fermo, per ascoltare di nuovo.
 
Mi avvicino al tuo letto, la luce rossastra dell'insegna di fronte alla pensione entra dalla finestra, illuminando poco la stanza. Vedo che hai gli occhi chiusi e che respiri piano.
 
Ce la posso fare.
 
C'è la tua giacca, accanto a te.
Forza Dom.
 
Apro la zip, ed è silenziosa, ma mi sembra una tromba da stadio in questo momento.
 
Ti prego non svegliarti.
 
Infilo la mano dentro. Lo sapevo. Tiro fuori una chiave di metallo. Ho visto, che la mettevi lì.
 
C'è un'altra zip già aperta.
Ti guardo, hai ancora gli occhi chiusi.
Dentro alla tasca dei soldi, non so quanti siano, ma basteranno, prendo tutto quello che trovo.
 
Ok. Vai, Dom.
 
Mi avvicino alla porta, piano, senza smettere di guardarti.
 
Infilo la chiave nella toppa. Non fare rumore, non fare rumore.
 
Giro la chiave.
Un leggero scatto metallico, che a me ora sembra un colpo di pistola.
Ti prego, ti prego.
 
Non ti svegli. I cardini della porta non cigolano -Dio benedica la signora che gestisce questo posto-, ho aperto la porta.
 
Non può essere, dev'esserci un inghippo, eppure eccomi qua, con la porta aperta davanti a me.
La chiave del portone, come ci ha detto la proprietaria, è nel vaso a destra, perché l'apertura automatica costava troppo.
Sulla stessa strada c'è un auto noleggio 24 ore su 24, ho visto l'insegna quando siamo arrivati. Non so quanto costi una macchina, ma i soldi che ti ho preso ingrossano parecchio la mia tasca, e devono essere tanti.
Non so dove dovrei andare, ma se c'è un auto noleggio ci sarà anche un tizio che mi dirà che direzione prendere.
 
Tu dormi. Scusa, Matthew.
 
Si può fare Dom, ci sei.
 
Ti guardo un'ultima volta, ed esco.
 
***
 
Quando metti la mano nella tasca della mia giacca sono fiero di te.
A volte sapere le cose prima che succedano può tornare utile, perché così ho avuto il tempo di riempire quella tasca di soldi.
Grazie, mamma.
 
Dovrebbero essercene abbastanza per un'auto, qualcosa da mangiare, una cartina, e altro.
 
Ora sei sulla porta fermo. Dai, Dom.
Puoi farlo.
 
Mi guardi con quell'aria un po' indecisa, e sei pericolosamente bello mentre lo fai.
Poi esci.
 
Dalla stanza, da questa situazione di merda, dalla mia vita.
 
Sorrido, perché sono felice per te.
Ho gli occhi bagnati, perché vorrei poterti seguire.
 
 
*** *** ***
 
 
Bene... ecco qui! *v*
Che ne pensate? *nulla*
Se avete voglia ditemelo!
 
Grazie a e grazie per aver letto, ci vediamo al capitolo 4!! c:
 
   
 
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