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Autore: Ale666ia    27/11/2012    3 recensioni
Un mondo in putrefazione.
O sopravvivi o sei uno di loro.
Genere: Angst, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Aveva ancora il sapore dell'acido in bocca ma non poteva far nulla per eliminarlo.

«Perché ci siamo fermati?» chiese, la testa reclinata all'indietro. In quella posizione aveva il gozzo ben esposto al resto del mondo. Strappargli la trachea sarebbe stata un'operazione da niente per uno di quei cadaveri. Fortunatamente era al sicuro all'interno della macchina.
«Abbiamo finito la benzina, ma non preoccupiamocene ora.» rispose Michael, compresso sul piccolo sedile destinato al guidatore. «Tu piuttosto come stai?»
Jared sollevò lievemente la testa, schiudendo gli occhi per guardarlo. «Mi sento ancora un po' debole, però sì... sto meglio.»
L'uomo annuì. «Bene. Se hai bisogno di aria, apriamo i finestrini. Basta che tu ce lo dica.»
Fuori stava piovendo forte. Quando aveva vomitato non se ne era reso conto. Alissa era precipitosamente uscita dal veicolo con due pistole alle mani per controllare il perimetro circostante, bagnandosi nuovamente i vestiti che si erano asciugati solo in modo parziale per la precipitosa nuotata della sera prima.
Scosse la testa. «No, sto bene. Grazie.»
«Okay.» Michael fece scorrere gli occhi su ognuno dei presenti. «Ragazzi... Come ho detto prima, la benzina è finita. Ho guidato per tutta la notte.»
Il silenzio che seguì fu gravido di pensieri funesti.
«Quindi io avrei alcune proposte.» continuò «Potremmo avventurarci alla ricerca di una nuova casa a piedi, come abbiamo sempre fatto. Zaini in spalla, camminiamo dalla mattina alla sera con brevi soste fino a quando non troviamo un posto adatto a piantare le tende. Oppure, se avete paura di essere attaccati dagli zombie, ci portiamo dietro la macchina. Potremmo organizzarci ed andare a cercare una stazione di rifornimento pregando che questa abbia della benzina da qualche parte. Oppure... spingiamo.»
Ancora silenzio.
«In tal caso avremmo un tetto sotto la testa, una protezione contro i morti.» batté le mani, i cani sollevarono le orecchie al rumore. «Cosa facciamo?»
Colin sollevò una mano in aria. «Io voto per la benzina.»
Concordarono tutti.
«E se non la troviamo?» chiese Dakota.
«Vedremo cosa fare quando arriverà il momento.» rispose Michael. «Intanto aspettiamo che smetta di piovere... O che per lo meno l'intensità diminuisca.»
Ognuno di loro si ritirò nei propri pensieri. Jared scrutò di sottecchi il paesaggio circostante. Vedeva poco o niente con tutta quell'acqua che scorreva incessantemente lungo i finestrini. Probabilmente non c'era nulla da vedere. Il paesaggio sembrava estendersi senza interruzioni in un pianura dall'aspetto decisamente noioso e poco interessante.
«Che noia.» Dakota spezzò il silenzio con un sospiro.
«Già.» confermò Colin, stiracchiandosi con difficoltà. Era tutto piuttosto stretto, lì dentro. «Parliamo di qualcosa. Tipo... Secondo voi cos'era quella nave?»
«...Una nave.» rispose Alissa, acida.
«Dicevo,» Colin alzò un po' il tono di voce, ignorandola. «perché era lì? Perché così grossa? Ve lo siete chiesto?»
«Secondo me era una nave che trasportava dei sopravvissuti.» rispose Dakota. «Poi un infetto a bordo ha cominciato a contagiare tutti e sono finiti fuori rotta.»
«Ci ho pensato anche io, ma se fosse andata così mi viene da chiedermi un'altra cosa: come riuscivano a navigare per bene?»
«Forse il capitano è riuscito a barricarsi nella cabina di comando ed è stato preso da un colpo di sonno... Oppure gli infetti sono riusciti ad entrare. E così si è arenato.»
«Quindi ci sarebbe la possibilità di aver lasciato indietro un altro sopravvissuto?» chiese Colin con un brivido.
«È possibile.» rispose Michael mestamente.
«No, non voglio pensarci.»
«Anche se fosse, non potremmo più fare niente ormai.» disse Alissa «Siamo troppo lontani. È passato troppo tempo perché possa aver trovato scampo... A meno che non è riuscito ad arrampicarsi sull'albero. Ma, ehi!» si voltò verso Colin. «Può darsi che fossero tutti infetti su quella nave. In ogni caso, ripeto... pensarci adesso è inutile.»
«Ok...» disse lui, pensoso. «Escludendo la possibilità di un uomo ancora vivo, il solo fatto che la nave navigasse vuol dire che nei serbatoi aveva ancora del carburante.»
Michael annuì. «Può darsi che fossero in viaggio da poco.»
«Quindi questo potrebbe voler dire che da qualche parte, a terra...!»
«...Ci sono ancora dei sopravvissuti.» Jared sussurrò in un sorriso, a occhi chiusi.
A Colin brillarono gli occhi. «Chissà dov'era diretta quella nave! Potremmo tornare indietro, mandare tutti quei mostri al creatore e frugare nelle mappe della sala di comando! Sicuramente lì dentro ci sono delle cartine, qualche foglio con delle indicazioni per le basi dei sopravvissuti, potremmo incontrare una nuova comunità che riparte da zero, che-»
«Ehi, frena.» Alissa gli lanciò uno sguardo divertito dallo specchietto retrovisore. «Può darsi che quella nave girasse senza meta in mare aperto da anni.»
«Ma se abbiamo appena detto che c'era del carburante e quindi era per forza partita da poco, altrimenti non si sarebbe schiantata a tutta velocità sulla spiaggia! E poi lasciami ai miei sogni ad occhi aperti!»
«Ha ragione lui, Alissa. Non riuscirai a distruggere i suoi sogni di gloria così facilmente.» ridacchiò Michael.
«Maledizione!» lei schioccò le dita con un'espressione di disappunto.
«Avanti, non vorrai farmi credere che quella nave fosse in viaggio da dodici anni!»
«Dodici anni?» chiese lei. «È già passato così tanto tempo?»
«Se teniamo conto delle prime contaminazioni, sì. Parlo di quando nei telegiornali cominciavano a raccontare di questa malattia sconosciuta. I casi isolati, insomma.» si strinse nelle spalle.
«Ce la siamo cavata bene, per essere sopravvissuti tutto questo tempo. Dovremmo ricevere un premio.»
«Premio Nobel, premio Pulitzer, premio per la Pace... ormai è tutto andato.» mormorò Jared.
«Se non altro abbiamo smesso di distruggere il pianeta.» sorrise Alissa.
«Secondo me nessuno ha mai desiderato veramente che accadesse una cosa del genere.»
«Io ero tra quelli che dicevano “Wow, un'apocalisse di zombie? Sarà una figata!”» rise Colin. «Adesso mi prenderei a schiaffi solo per aver pensato ad una cosa del genere.»
«Se vuoi ti prendo a schiaffi io.» rispose Alissa con noncuranza.
Colin roteò gli occhi ma non rispose. Tornò il silenzio, pesante, che fu spezzato nuovamente da Colin.
«Tornando alla faccenda della spedizione verso la nave...»
«No. Non se ne parla.» Michael bloccò il suo discorso sul nascere. Fu categorico.
«Potrebbe essere la nostra possibilità di salvezza.» rispose lui infastidito.
«Andare incontro alla morte certa per dover mettersi a cercare all'interno di una nave delle mappe di cui non conosciamo neanche l'effettiva esistenza? E anche se riuscissimo ad eliminare tutti gli zombie, scalare la nave (perché, fidati Colin, la nave la dovremo scalare con corde e rampini dato che si è arenata su di un fianco), trovare le mappe... dovremmo anche metterci a cercare una base di sopravvissuti che forse è stata fatta fuori dagli infetti?»
«Sì!» Colin annuì, deciso.
«No, no e ancora no.»
«Ma perché?» alzò la voce. «Cosa progetti di fare, adesso?»
«Non transigo, io...»
Colin sovrastò le sue parole. «Tu cosa? Siamo scappati, di nuovo! E questa è la... sesta volta, credo, da quando mi hai trovato! Vivremo per sempre così? Sempre in viaggio, sempre col terrore di un attacco incombente? Grandioso! Una vera meraviglia, svegliarsi la mattina e pensare a quante lattine di cibo ci restano prima di rimanere a morire di fame! Potremmo avere una possibilità, Michael, se solo ci decidessimo a prendere il coraggio a due mani!»
Ma l'uomo non si girò neanche a guardarlo negli occhi. Si limitò a starsene appoggiato con un braccio al finestrino, una mano a sorreggergli la fronte. «Nessuno di noi tornerà indietro.»
Colin rimase a fissarlo a bocca aperta per qualche secondo, poi fece bruscamente aderire la schiena al sedile. Braccia incrociate, sopracciglia talmente tanto corrucciate che quasi andavano ad un unirsi nel mezzo. Sapeva che era una battaglia persa mettersi contro di Michael: era lui il capo. A malincuore e con una grande rabbia nel petto, desistette dal rispondergli ulteriormente.
 
Attendere la fine della pioggia era stata un'operazione decisamente snervante, specie con la tensione che si era andata a creare tra l'uomo e il ragazzo. Era palpabile, come se Colin riuscisse ad emanare ondate di rabbia nera ed invisibile che colpivano tutti i presenti, senza sosta. Vedere un flebile raggio di sole colpire il terreno circostante era stato quasi un miracolo: finalmente potevano uscire da quella scatola piena di emozioni negative che era diventata la macchina.
Il terreno era fangoso. Si scivolava facilmente. I cani, appena toccarono terra, cominciarono ad annusare all'impazzata qualsiasi cosa.
«Che ore sono, secondo voi?» chiese Dakota.
«Le nove del mattino, credo... Forse le dieci.» rispose Alissa. Le nuvole non si erano dissipate del tutto, ma si intravedeva a sprazzi un bel cielo azzurro dall'aspetto tipicamente mattutino.
«Bene. Ora, dato che è mattina, direi di cominciare a cercare qualcosa che possa considerarsi carburante.» Michael si avvicinò a loro, sfregandosi le mani. Faceva un po' freddo. «Dividiamoci. Chi rimane qui a sorvegliare macchina e bagagli?»
«Io voglio andare a sgranchirmi le gambe.» annunciò Alissa, torcendo il busto per far sciogliere i muscoli rattrappiti dalle troppe ore di forzato riposo.
«Beh, facciamo così. Dato che Colin...» e qui Michael scoccò un'occhiata sorniona al ragazzo, che ricambiò lo sguardo in una maniera decisamente infastidita. «...non mi sembra dell'umore giusto per affrontare una ricerca e visto che Dakota è da un bel po' di tempo che non viene a fare un giretto, lui e Jared rimarranno qui. Saremo di ritorno tra un paio d'ore, forse tre.»
«Ok.» rispose Dakota. Jared si limitò ad annuire, Colin continuò a mantenere le labbra serrate. Anche quando aveva litigato con Alissa, due giorni fa, si era comportato allo stesso modo: sopracciglia corrucciate, bocca sigillata.
Tirarono fuori dalla macchina il pacco mal chiuso contenente le armi, ne scelsero alcune e, dopo che si furono coperti un po' di più con alcuni vestiti vagamente più asciutti degli altri, Dakota, Michael ed Alissa si incamminarono alla ricerca di qualche auto abbandonata, di una stazione di servizio, di qualsiasi cosa potesse far carburare l'auto rimasta a secco nonostante si trovassero in mezzo al nulla assoluto. Si vedeva solo il mare, poco lontano, perché durante la fuga erano rimasti lungo la costa. I cani li seguirono, zampettando eccitati poco più avanti, quasi volessero mostrare il sentiero agli umani.
 
 
Quando le loro figure si furono dissolte in lontananza, Colin rilassò i lineamenti del viso. Gli rimasero dei solchi nel punto in cui le folte sopracciglia si avvicinavano.
Jared si appoggiò alla macchina, incrociando le braccia. Erano passati anni da quando gli aerei avevano smesso di solcare i cieli, e quando alzò lo sguardo poté godersi la vista di un cielo completamente privo di scie fumose decisamente antiestetiche.
«Le sigarette le abbiamo lasciate nella palafitta, giusto?» chiese Colin bruscamente.
Jared ci pensò qualche secondo. «Non saprei. Cerchiamole, tanto non abbiamo nulla da fare.»
Rovistarono all'interno dei bagagli, in silenzio. Cercarono di stendere alla meglio gli abiti zuppi d'acqua, appoggiandoli a cavalcioni delle portiere semiaperte.
«Eccole! Ma guarda che fortuna, dentro al pacchetto c'era anche un accendino.» disse Colin. Era ancora visibilmente arrabbiato, la sua voce era uscita distorta e lievemente canzonatoria nei confronti di nessuno in particolare. Nessuno che fosse presente, perlomeno. «Ne vuoi una?»
«Sì, dai.» Jared prese quella che Colin gli stava porgendo. «È l'ultimo pacchetto?»
«Credo di sì.» rispose lui.
Jared aspirò. «Grazie.» disse, mentre il fumo bianco fuoriusciva dalle sue labbra per arrampicarglisi sul viso.
«Di che?»
«Beh. Di avermi tenuto i capelli mentre vomitavo.»
«Più che un “grazie” mi meriterei uno “scusa”!» rise Colin, apparentemente dimentico del suo umore nero.
Jared lo guardò, interdetto. «Perché?»
Colin non rispose, si limitò ad indicare una serie di macchie bianchicce rapprese lungo la coscia dei pantaloni, le labbra incurvate in un sorriso nonostante fossero impegnate a serrare una sigaretta che si andava rapidamente consumando.
Jared realizzò che ciò che quelle macchie decoratrici erano state provocate dalla vomitata di poco prima. Si portò una mano alla faccia, coprendo gli occhi ed arrossendo lievemente.
«Dio... sono proprio una persona di merda. Scusa.»
«Poteva andare peggio.» rispose Colin allegramente. «Potevi vomitarmi in faccia. E non abbiamo neanche l'acqua per lavarci, momentaneamente. Pensa che schifo! Sarei dovuto rimanere col tuo vomito addosso per giorni interi!» improvvisamente, il tono cordiale scomparve così com'era apparso. «E comunque, cosa ne pensi della cosa di prima?»
«Della nave?»
«Sì.»
Ci fu un attimo di silenzio. «Non lo so, Cole.» sospirò. «Capisco perfettamente il tuo punto di vista, sul serio. Capisco che vuoi dedicarti al raggiungimento di un obiettivo concreto, e che non vuoi viaggiare così, cercando di sopravvivere e basta. Ma io sono rimasto chiuso in casa per anni interi. Non mi dà fastidio viaggiare senza una meta.» gettò via il moncherino di tabacco che gli era rimasto tra le dita. «Per ora.»
«Mi sento molto incompreso.» si lagnò Colin, scoraggiato.
«Guarda che io sono d'accordo con te su un sacco di cose!»
«Tipo?» lo guardò, affranto.
«Beh.» Jared chiuse gli occhi, sorridendo. «Ad esempio: Alissa è una stronza.»
«Ok. Noi due siamo ufficialmente diventati migliori amici.»
Jared rise.
«Se avessimo ancora avuto Facebook, sarei subito corso a scriverlo sul mio stato personale, o come si chiamava quella roba dove ci potevi scrivere quello che ti passava per la testa. Oh, non ci posso credere che finalmente potrò condividere tutto l'astio che provo nei confronti di quella donna con qualcuno!»
Passarono svariate ore condite da una colazione dalle dubbie proprietà nutritive, discorsi stupidi e un'attenzione praticamente nulla per quanto riguardava il terreno circostante che avrebbero dovuto sorvegliare durante l'assenza degli altri. Avevano aspettato circa quattro ore prima che quelli tornassero da loro, tra le mani svariati galloni di carburante colmi fino all'orlo.
  
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